Italia 1788.
Si vende in Venezia al Negozio Albrizzi a San Benedetto.
D’una donna di spirito sul declinare della sua età ad una sua amica.
V’È una situazione crudele, e disgustosa per una donna che ha eccitato per lungo tempo i desiderj, questa situazione è appunto in momento in cui il suo specchio le dice: voi non siete più graziosa e seducente come una volta, la vostra bellezza va dissipandosi, e quantunque l’ecclisse delle vostre attrattive sia impercettibile, non è per questo meno reale.
Si vorrebbe smentire un cristallo veridico, ma, oh Dio! . . . . Quando io faccio tacitamente l’esame del mio volto getto un profondo sospiro. L’amor proprio mi parla in vano. La verità è più forte, e più terribile di esso. Un’amara angoscia abbatte il mio cuore. Perdendo il brio e le grazie naturali conosco bene ch’io vado a perdere a poco a poco la mia esistenza.
Tutti quelli che io seppi incatenare al mio carro gettarono appena sopra di me uno sguardo indulgente. Quelli poi che ho rigettati celebrarono il loro trionfo, osservando svanite le mie povere at-
Una donna esiliata così dalla Società risente un dispiacere cento volte più vivo di quell’ambizioso Ministro, che si trova ad un tratto privo del potere, e dell’autorità di cui era sì geloso e sì superbo. Tutti due versano segretamente delle lagrime, gettando da lontano un colpo d’occhio verso il mondo, verso questo padrone volubile, e tirannico che nella sua ingratitudine si scorda di tutto ciò che si è fatto da esso. Tutti due sono ancora divorati da una tacita ambizione; ma quella di una donna si trova la più impotente. Non essere più accettata nel vortice del mondo, le sembra un disprezzo ch’è crudele del disonore.
Per salvarci da quest’orribile stato, da questa
Tutto ciò che si può fare è di mettere in uso tutti i possibili artifizj per allungare il nostro regno, e ritardare la nostra caduta. Infatti osservate che una donna non ha mai quarant’anni. Tutte fanno sempre un salto dai trenta ai sessanta; e siccome tutti i loro amici per politezza e per prudenza non si oppongono, le donne quadragenarie non esistono più.
Abdeker, ossia l’arte di conservare la bellezza. Traduzione del Francese in 12 Tomo primo 1787. In Italia.
OH il bel libro ch’è questo per le donne! Per quelle però che non sanno il Francese, perchè si lusinghiamo che le prime lo avranno prima d’ora ben digerito, trattandosi di un oggetto tanto di moda, e da loro sì ricercato. Abbiamo trovato in questo libro dei segreti di Toletta che noi annun-
Questo libro è una specie di romanzo. Abdeker è un medico, ma un medico Amoroso, che inizia la sua Amante, la più bella femmina del mondo in tutti i misteri della bellezza: penetra fin nel Santuario del piacere, ma senza punto offender le grazie che ne guardan l’entrata. Si descrive le bellezza, se ne fa l’elogio; si parla della pinguedine, della magrezza, e dei mezzi di evitarle, oggetti che abbiamo noi pure nei primi nostri foglj presi ad esame senza veder questo libro; ed in alcune posteriori osservazioni si trovano diversi segreti di toletta, ed altre coserelle degne del sesso, e relative all’essamminatezza, ed al lusso.
Favola.
SI è trovata finalmente una nuova Isola al Nord dell’Europa resa già famosa per la libertà di pensare e di agire di cui godono gli abitanti.
Dove la maniera di vestirsi facendo ogni gior-
Dove fra le donne del primo rango, quella si crede la più distinta, la quale può maggiormente approssimarsi alla sordidezza della sua Cameriera; ovvero sotto un abito di campagna rassomigliare da lungi ad un ladro, che viene audacemente a domandarvi la borsa.
Dove le giovanili bellezze scordansi dell’amabilità, e della dilicatezza, che sono l’appanaggio del loro sesso, imitano le Amazzoni, prendono le armi, e non attaccano che la gioventù, che sono certe di espugnare.
Dove le pettegole si danno degli assidui rendez vous alla Chiesa, in cui communicarsi le quotidiane calunnie ed i fatti altrui.
Dove il sesso, che assetta divozione, sa mirabilmente unire i ricami ed i bijoux coi termini di vil creatura, di miserabile peccatrice ec. ec.
Dove il fare un affronto, e sostenere la sua insolenza colla spada alla mano, egli è aver coraggio, e onore.
Dove si fabbricano dei palazzi d’una tale munificenza che quando sono finiti non si trova più denaro da accendere il fuoco in cucina.
Dove per desinare da qualcuno bisogna pagare ai domestici tre volte più del valore del pranzo, ed essere ancora molto obbligati al Padrone.
Dove si è scoperto che il naso è un organo molto convenevole alla parola della bocca.
Dove il collo inchinato è la pofitura più decente.
Dove gli uomini più intimamente uniti sono i più crudeli nemici se si fanno del male in proporzione dell’interesse che vi trovano.
Dove i proverbj inventati per mettere in ridicolo il vizio sono diventati altrettante regole di condotta.
Dove la potenza, ed il credito s’arrogano il diritto di cangiare la natura delle cose.
Dove l’arte di lusingare è quella di riuscire, ed il segreto di fare dei balordi è il mezzo di avere dei protettori.
Dove ec. ec.
Quì s’arresta il relatore che riprenderà la penna un’altra volta.
Questa brillante mascherata non si pratica solamente per le sale degli spettacoli, ma lungo ancora nei passaggi, e nelle visite ordinarie. Esse portano questa maschera fin nelle Chiese; giacchè le donne sono tanto portate adesso all’incognito, che non vorrebero mostrarsi a viso scoperto neppu-
Vi sono dei popoli nell’Asia che prendono moglie senz’averla veduta avanti le nozze. In Europa vi sono molti mariti che vivono colle loro moglj più di trent’anni senz’averla vedute una volta. Le donne accordano ogni sorte di possesso, eccettuato quello di godere il loro viso. Forse ciò non è sì male immaginato per conservare l’unione nel matrimonio. Ci vuol tanto poco a disturbare la pace domestica che la negativa dalla parte del marito di un poco di bianco, e un poco di rosso basterebbe sovente per questo.
L’incognito previene per quanto sembra il divorzio fra il marito e la moglie: forse se essi si vedessero si separerebbero ben presto. Non v’è niente di più facile che il mostrare della bellezza. Basta avere una testa per procacciarsi un viso grazioso. Ogni donna conserva il suo piccolo vasetto. L’età non lo distrugge, poichè il vasetto può rinnovarsi con pochi soldi. Un’imposizione eccessiva sul bianco e sul rosso sarebbe il colpo fatale ver le donne.
Quanto mai questo parolone di Filosofia spaventa certe anime, che si dicono dilicate, e sono forse le più grossolane, poichè altro della Filosofia non gustano sennon il nome, e se ne abusano! A queste tali sarà bene dunque deffinire questa sorgente di ogni felicità umana, questa cognizione indispensabile all’uomo vivente.
Li mezzi, che ad essa conducono sono la cognizione dell’uomo e de’suoi doveri, l’arte di godere de’piaceri, sopportare i dolori.
Tanto i piaceri, come i dolori sono reali, o immaginarj, falsi o veri. Li piaceri reali sono quelli, che la natura offre a tutti gli uomini; li piaceri immaginarj sono quelli, che a noi procura l’immaginazione, la quale più o meno suol frammischiarsi nei piaceri.
Li falsi piaceri sono quelli, che vengono seguitati dai dolori, ed ufficio della Filosofia si è l’allontanarli. Li veri piaceri sono quelli, che non si traggono dietro ne’rimorsi, ne’pentimenti; e li medesimi la Filosofia ne insegna a conoscere, e ci permette di seguire,
L’obbietto del Filosofo esser deve
Di oprar sì ben, che mai del proprio oprare
Abbia ad aver rossore: ei solo attende
A poter diventar di se padrone,
E in ciò felice tiensi, e glorioso,
Senza volere con le sue opinioni
Imporre altrui, giammai desso non parla,
Se non con il linguaggio delle azioni.
In cambio, che si stilli il suo cervello
E l’unico sistema è l’esser giusto,
L’esser verace, e buono; umil nel lieto
Grande nel tempo avverso, e ritrovare
Nella sola virtude il suo piacere,
Esser contento d’un agiata vita,
Compiangere i viziosi, odiare il vizio:
Ecco qual sia il Filosofo, e se tale
Non è, si usurpa senza l’opre il nome.
LOde alle Muse! la nostra osservazione si conferma. I burberi secentisti, gli cruschevoli quincentisti gracchino pure. Il nostro Teatro è migliorato, ed a gran passi si avvicina alla sua perfezione. Voglia il genio tutelare degli oziosi, non frapporvi ostacoli, i quali benchè in apparenza frivoli, pure nel Teatrale sistema sono insormontabili. Io non ne darò singolari giudizj, poichè nulla v’ha di più ridicolo, quanto il volere in Foglio periodico decidere di materia alcuna, e particolarmente di Teatro, in cui tante sono le decisioni, quanti sono i gusti, e le teste; e quelli, e queste, oh quanto sono differenti! Il Sole, e le tenebre si assomiglieranno, quando gl’intelletti umani non saranno dispari. Torniamo a bomba. V’ha nulla di più appagante quanto le Tragedie del Coriolano, e dell’Aristodemo, e le Commedie del Pittore Naturalista, e de’Falsi Galantuomini? Eh Signori miei, non mi crediate nè cieca, nè stolida, nè fanatica. So benissimo che ogni composizione ha i suoi difetti; che alcuni ne ha il Pittore Naturalista, e moltissimi la seconda di dette enunciate Commedie. Ma i Caffè ne par-Pelandi, quella detta della Battaglia, ce ne avvalorano le speranze.
Riguardo all’Opera si può pretendere maggiore decorazione di scene, ed abiti, di quella, che s’ammira nel Teatro Veneto a S. Samuele nel Dramma presente, il Pirro? La Musica del celeberrimo Maestro Paisello, la bravura nel Canto della Pozzi, e del Babbini, l’accordo di tutti gli altri Attori, rende quel Spettacolo assai gustoso, tanto più quanto v’ha in esso novità, le quali benchè non analoghe a Dramma serio, pure lo sono alla Musica, e dall’ottimo Maestro superate. Arie interrotte da sentimenti affatto opposti d’amabile, di focoso, di tenero, e di fiero. Finali, che chiudono gli Atti alla foggia de’Drammi buffi, ma che però sono seriamente condotti; ed imitatori delle Opere musicalj Francesi.
Che direm noi de’ Balli? Senza adulazione l’In-Ricciardi, distintosi altre volte, si è nella presente segnalato; ben’inteso però che i balli aver debbono inverisimiglianze, e tutti o gran parte di que’difetti, che sono imperdonabili ad una Tragedia, e ad una Commedia. Il primo, l’Artaserse Mnegmone è un vero ballo, e non già una sola pantomima. Il secondo, il Solimano all’assedio di Belgrado è di merito non inferiore; e quel che più vale all’uno, e nell’altro, (e vale sicuramente più) si è che le Danzatrici lono Catterina Pitrot, la Tommasini, la Torcelli, la N. N. sono propriamente tali. Eh; Signor Leggitore mio, ricordatevi, che chi scrive è una Donna; e che deve lodare principalmente il proprio sesso! Non trascuro per altro gli Teatranti maschi; mi piacciono; gli riguardo con quelle viste, che a saggia femmina si convengono; ma sono anch’io di parere, che le persone di Teatro d’ambi i sessi formano una Colonia, con cui la umanità illuminata non deve imbrogliarsi, ma solamente ammirarne i talenti, quando ne abbiano, e ne facciano buon’uso.
Se però oltrepassa la espettazione lo Spettacolo suddetto, non eccede meno nella spesa, e nel tentativo di buon gusto l’altro che si dà nel Teatro Ademira. Cappari canta il Rubinelli! L’Italia tutta gli accorda uno de’primi Posti; la sua voce è delle più sonore, e rare. L’apparato del Teatro, e delle Scene, il ricco vestiario ne’due Balli inventati dal Sig. Ballon, ed eseguiti anche dalla sua Sposa; il carattere diverso di Spagnuoli, Americani, ec. in essi rappresentati nelle violenti azioni, e ne’vestiti, infine combinazioni tutte giovevoli rendono altresì questo Spettacolo accetto non meno che applaudito.
Oh fortunata Venezia! Oh memorabilissimo Anno 1787! (poichè porta quì tale Data fino a tutto Febbraro prossimo) Oh gara degna de’prischi tempi! Oh scarsellini che si vuotano! Tempo che si perde! Una fortuna sì è ben reale, che il Carnovale è breve; altrimenti . . . . Ma finalmente il mio incarico non è di correggere i costumi, ma bensì di cinguettare; ed ho eseguito abbastanza al mio dovere.
Tale differenza tra il colore dei colletti e dei bottoni, e quello del mezzo-rendingotto, si vede nel basto della prima Dama vestita con un mezzo-redingotto di taffetà bianco a colletti e bottoni color violetto vescovile: sarebbe forse stato impossibile di spiegare meglio tali differenze.
Devesi portare sotto questo mezzo-redingotto una sottana color violetto, ovvero una bianca; con un corsetto verde pomo, se li sottana è color di viola, e di questo colore, se bianca è la sottana.
Al collo tiene un fazzoletto foglio, assai gonfio, ed alquanto aperto verso il mento.
L’affetto del capo è a piccioli ricci, quattro de’quali più grandi a due giri le cadono per parte sul seno: i capegli di dietro restano sciolti alla senatoria, legati con due nastri blò a distanze eguali.
Ha in testa un bonnetto a la Calpigi questo
L’altra Dama con una vestina all’inglese di taffetà color coda di canarino è acconciata con un semplice beretto di velo blò guarnito di barbe di garza bianca ritagliata cadente di dietro, con una ghirlanda di velo giallo chiaro, e con un grosso nodo collocato davanti di nastro violetto.
La pettinatura è tutta a ricci staccati. Quattro a due giri le cadono per parte sul seno: ed i ca-
Tiene al collo un fazzoletto a lunga punta ritagliata assai gonfio, aperto verso il collo, incrocicchiato davanti, ed aggruppato di dietro alla cintura.
I guanti sono di pelle bianca.
Le maniche della vestina sono guarnite di manichetti di garza soglia. Sotto quest’abito deve portare una sottana di taffetà, o di mussolina, o di linon bianco senza trasparenze d’altro colore.
Il redingotto che porta la Dama qui rappresen-
Gli abiti di taffetà sono stati abbandonati fino dalla metà dello scorso mese, come pure tutti gli abiti di Estate. Le stoffe di Autunno sono quelle che si portano adesso. Queste stoffe sono tutte quelle che abbiamo dettagliato altre volte, cioè tutte le altre, eccettuato il raso, ed il taffetà. Sono esse il gragamo, grossagrana, la chyprienne, la mussolina, il Pechino, ed anche il linon.
La Dama qui presentata porta due orologi attaccati per parte quasi nel mezzo del corsetto. Questa moda è imitata da quella ridicola adottata dalla maggior parte della gioventù di portare cioè i loro orologi nelle sacoccie del loro gilet, e che noi ci siamo ben guardati di annunciare allorchè vide la luce, intimamente convinti della poca sua durata, ma meglio convinti dei pericoli a cui si esponevano i suoi seguaci. Noi non crediamo perciò di mancare verso dei nostri Associati non an-
Ai due orologi restano pendenti due semplici cordoni fatti di strette fettuccie di seta blò, e legati con una piccolissima fibbia d’acciajo lustro. Questa moda di portare dei semplici cordonetti fatti di stretti nastri di seta di colore, e uniti con una piccolissima fibbia di acciajo solio, svanisce, e trona di nuovo di tempo in tempo. Di raro si guarniscono tali cordonetti di bijoux, di figilli, e di chiavi; si portano nudi o tutto al più guarniti di una chiave. Se non abbiamo ancora annunziato una tal moda si fu per non averci pensato.
Questa Dama porta al collo un fazzoletto di garza tutto solio, assai gonfio, ed aperto verso il collo.
Alle maniche del suo redingotto dei semplici manichetti di garza d’Italia frastagliata.
Alla destra una legger canna sormontata d’un piccolo dado d’oro.
Le scarpe sono di Pechino color di rosa con fal-
Porta in testa un cappello di nuova invenzione, e d’uno stile semplicissimo fatto di taffetà color di borato d’un nastro verde rotolato. La testiera è circondata di simili fettuccie, che sembrano formare delle righe vicine le une alle altre, ed è formontata d’una specie di corona fatta a nodi di tali nastri. Sotto alla testiera forte un largo velo di garza solia rilevata in lunghissime barbe.
L’affetto del capo è a mediocri ricci distaccati. Quattro a due giri inclinati restano cadenti per parte sul seno. I capegli di dietro sparsi alla Senatoria.
Quando si vedrà che una moda comincia sopraccaricarsi, si può dire: s’avvicina la sua fine, e
Noi ci crediamo obbligati in tutta coscienza di prevenire i nostri Associati di tutto ciò che può loro esser utile, quantunque non dobbiamo rappresentare che cose piacevoli, affinchè ciascuno se stesso consulti prima di adottare tale e tal altra maniera, o per rapporto al suo gusto, o per rapporto alla spesa.
Non crediamo che ci si voglia domandare perchè mai rappresentiamo una moda che deve ben presto passare, in questo caso a tale richiesta fuori di proposito risponderemmo, che dovendo noi figurare la moda attuale, questa è quella che esiste.
Il Cavaliere qui rappresentato è vestito con un abito di panno di Louviers, a righe larghe verdi cariche e a righe rosse parimenti cariche ben distinte.
Si portano molti panni di diversi colori a due
Le due righe sono ordinariamente d’un giallo pallido, o d’un nero pallido; verdi carichi, e gialle pallide; violette e rosse; violette e color di rosa, blò, e gialle ec.
Le tre righe sono violette, rosa, e blò celeste, cioè la riga rosa nel mezzo, bigie bianche, e blò; colla riga bianca nel mezzo; color scarlatto giallo, e violetto, colla riga gialla nel mezzo ec. ec.
L’abito qui rappresentato è foderato di stoffa incrocichiata di color rosso, e bordata d’una pistagna violetta.
Sotto l’abito porta un gilet di basin bianco bordato di un lungo sfilato di seta bianca.
I calzoni di panno casimir, colle cuciture dei centurini, e della bottoniera sono di seta verde e formano dei leggieri ricamini.
Si ricordi che due mesi fa abbiamo detto che la moda delle cuciture di diversi colori cominciava a prender vigore: questa è la sola oggi addottata.
Le calzette sono di seta bianca.
Nelle scarpe le fibbie sono ovate larghe. Due orologi, dall’uno dei quali pende una catena
L’affetto del capo è a due lunghissimi ricci per parte con un tapet alla greca a schiena d’asino ridotto di dietro a ferro di cavallo, e verso la fronte in fuori spuntato come già da gran tempo si usa: i capegli di dietro incodati à la Panurge.
La camiccia è guarnira di manichetti, e d’una gala di fina batista soglia.
Al collo una larga crovatta che gira tre volte e che forma d’avanti un mediocre nodo.
Tiene in mano il suo cappello acconciato à l’Androsmane. Egli è rappresentato inchinato per salutare, camminando in un pubblico passeggio.
Delle Materie contenute in questo Numero PRIMO.
Lettera d’una Donna di spirito pag. 3
Anedotto 5
Letteratura 6
Il Razzo. Favola. 8
Nuova scoperta singolare. 9
Riflessioni Galanti sul Belletto. 22
Piacevolezze Contadinesche. 14
Definizione della Filosofia. 15
Filosofo. 17
Spiegazione delle Tavole I. II. Fig. I. 6. 3. 4. Pag. 21. e 26.