Zitiervorschlag: Gioseffa Cornoldi Caminer (Hrsg.): "Num. XXIV", in: Donna galante, Vol.2\24 (1786), S. NaN-384, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4809 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

Num. XXIV.

Ebene 2► Ebene 3►

[355] Lagnanze matrimoniali.

Brief/Leserbrief►

Lettera d’un Cittadino di . . . . alla Compilatrice.

Sono così comuni le lamenta matrimoniali che, or mai non vi si fa più attenzione; ma non avviene però, che sieno le medesime meno afflittive. È pur qualche cosa il poter sollevare il proprio cuore; e almeno otterrò questa consolazione confidandovi le mie pene. Io sono un mercante; la mia fortuna ed il mio stato sono abbastanza considerabili, e vivo in un modo proporzionato alla mia situazione. Sono già quindici anni da che ho sposato una donna che colla sua mano io credo mi abbia dato il suo cuore. Durati i primi dodici anni noi abbiamo condotta una vita dolce, innocente, ed economa. Ammassai del denaro, e quantunque abbia quattro figlie e due maschi, io posso dare a ciascuna di elle cento cinquanta mille lire; ma oh Dio! che sono mai centocinquanta mille lire per sostenere il treno di vita che la cara mia moglie giudicò a proposito di far loro adottare?

Ebene 4► Fremdportrait► Voi dovete sapere che per fare qualche conoscenza dall’uno all’altro canto della Città, per [356] aver preso il gusto dei piaceri e del giuoco, e per essere stata consultata e considerata nelle nostre adunanze, prese la testa di mia moglie una giravolta, e certamente si scordò, o piuttosto non fu più in istato di adempire i doveri di Sposa, Madre, di Padrona, e d’Amica.

Ella è continuamente impegnata. Sono immense par quanto ella dice le sue conoscenze, e può appena vederne la metà; ella corre incessantemente per le conversazioni e per le case di giuoco, ovvero fa della casa sua un eterno rendez-vous di tumulto e di confusione. Il suo spirito non è più occupato che di abbigliamenti, di piaceri, di carte, e di frivolità. Dalle orgie sue notturne ritorna a due, tre, o quattr’ore della mattina: i miei domestici sono rivolti a questo genere di vita che mi mette in confusione, e sparge il disordine in tutta la mia famiglia. Voi potete immaginarvi che non si leva di buon mattino: a mezzo giorno è vestita per metà, e appena ha il tempo di ricevere alcune visite dei frivoli, e delle pettegole, ovvero corre per le botteghe o ai passeggi, e che so io. Si sollecita finalmente di ordinare la sua testa per non scomparire al pranzo, e si mette a tavola facendo qualche scusa ad alcuni amici che avrò invitati: ella è stata tanto prodigiosamente occupa-[357]ta, ella ebbe tante cose da fare, che le sue impossibile di trovare il tempo di vestirsi; ma subito dopo il pranzo corre alla sua toletta, e questa grand’opera la tiene ordinariamente occupata due o tre ore colle due figlie maggiori: ◀Fremdportrait ◀Ebene 4 sono queste due belle ragazze, ma, mia Signora, il cuore mi strugge quando penso alle conseguenze di tutto questo. Iniziate fin da principio ai piaceri con quale vivacità non ne prenderanno il gusto? Abbandonate fin quasi dalla culla alle stravaganze del lusso, quale fortuna potrà bastare alle spese che feco porta una tale abitazione? Con uno spirito trascurato ed incolto diventeranno ellene forse spose adorabili, e compagne dilettevoli? Quando io penso all’educazione che ricevono le nostre figlie, devo restar sorpreso che uomini sensati possino pensare a sposarle, e non preferire delle unioni meno brillanti? Sono sicuro, che l’interesse della dote ch’io propongo di dare alle mie figlie non sarebbe bastante per pagare la sola acconciatura della lor testa. Ho pagati ultimamente ottanta Zecchi per un bonnetto guarnito di granate. Pensate se posso avere soddisfazione con donna di un somigliante carattere, sempre in disordine, e cercando di gettarvi me stesso, impegnandomi in tutte le partite che immagina. Quando poi le rappre-[358]sento l’irregolarità di questo modo di vivere, e dell’educazione, che dà ai suoi figli, mi consiglia di bandire queste idee troppo antiche, e troppo vili.

Siccome il mio caso non è unico, e questo gusto sregolato per i piaceri fa ogni giorno dei nuovi progressi, io vi prego, Signora di far presente alle Dame quanto questa condotta sia contraria alla felicità conjugale, e ad ogni virtù sociale, considerando altronde che le conseguenze che risultano da questo treno di vita potrebbero molti distogliere dal matrimonio. Io confesserò francamente che se fossi libero dal giogo sotto di cui gemo, tutto l’universo non potrebbe persuadermi a sagrificare la mia libertà. Vedo la mia famiglia allevata con principj falsi e rovinosi, e sento la mia fortuna danneggiata per tante spese, a cui non posso nè oppormi, nè acconsentire.

Sono ec. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

Toletta

Polvere per i denti.

Si abbrucci del legno di rosmarino, e si getti il carbone bragiato nell’aceto rosato: vi si lasci stem-[359]perare per 24 ore, in seguito si faccia seccare al sole, e si riduca in polvere colla quale si possono pulire i denti col migliore buon successo.

La pietra pomice due o tre volte arrovventata nel fuoco, quindi estinta nel vino bianco, poscia seccata e ridotta in polvere sottilissima, rende semplicemente fregandoli con essa i denti bianchissimi.

Lavamento per consolidare le gengive e correggere l’alito cattivo.

Prendasi un bocale per sorte di vino di Spagna, e di acqua di foglie di rovo distillata, mezz’oncia di canella, una dramma per sorte di chiodi di garofano, e di scorza di arancio amaro, una dramma di gomma lacéa, di alume calcinato; il tutto si riduca in polvere sottile, vi si aggiunga due once di miele di Narbona; si metta il tutto in una bottiglia di vetro, per collocarla sopra la cenere calda, lasciando ogni cosa infondere per quattro giorni; Nel quinto si passerà un tal liquore per un fino pannolino, conservandolo in una bottiglia ben chiusa per l’uso desiderato.

Sacchetti per dare un buon odore alla biancheria.

Prendansi delle rose seccate all’ombra, dei chiodi di garofano acciacato, e dei fiori di muscada. Il tutto si mesce insieme, e si pone nei sacchetti.

[360] Aneddoti.

Ebene 3► Exemplum► Una giovine Villanella correva presso una sua asinella che pascolava in una campagna vicino ad una pubblica strada: un gentiluomo passando di colà, e trovandola molto bella le domandò di qual villaggio si fosse; al che rispose coraggiosamente ed a proposito, nominando il luogo ove abitava: dunque soggiunse, dovete conoscere la figlia di messer Ambrogio, farem’il piacere di portarle un bacio per parte mia, e nello stesso tempo tentò di abbracciarla, ma questa giovine respingendolo gli disse: Signore se avete tanta premura datelo alla mia asinella, che arriverà a casa più presto di me, e così dicendo li venne di scampare delle di luimani. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Ebene 3► Exemplum► L’amoroso Biaggio cercava in matrimonio una giovine paesana molto bella. Le nozze dovevano celebrarsi da lì a poco, e intanto l’impaziente mal soffriva a contenersi: la furba perciò faceva la sorda a tutti i di lui discorsi e sapeva respingerlo a tempo ed a proposito. Finalmente arriva il giorno tanto desiderato. Biaggio si trova al colmo delle sue contentezze; e nella gioja sua più dolce loda la prudenza della sposa per non avere [361] mai voluto ascoltare le di lui insinuazioni. Fra di noi, diceva egli, si usa che, se ti fossi lasciata adescare, io non avrei dovuto guardarti mai più. Ah! che sono stata bene in guardia per non accordarti cosa alcuna, riprese subito la scaltra Villanella, perchè sono già stata di troppo ingannata. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Fine della memoria istorica, e medica

Ebene 3►

Sopra il Caffè.

Venendo poi agli effetti o facoltà del Caffè ne [sic] corpo umano, si può dire che dipendano dai suoi principj costitutivi salini, alcalici e sulfurei, maggiormente alcalizzati, volatilizzati, e resi attivi dal fuoco mediante la torrefazione e bollitura, principj totalmente diversi da quelli che possono somministrare le decozioni di orzo, di segale, e di tant’altri semi, frutti, legumi, e vegetabili stati fin ora praticati o tentati a modo di Caffè. La sostanza oleosa, piena di sapore e di odore, che si separa da esso allorchè se ne fa decozione, e che nuota sopra, ne dà a sufficienza indizio. Dalla soluzione de’suoi sali, e dalla mescolanza del suo principio sulfureo col nostro sangue dipende [362] la sua principal facoltà di tenerci svegliati, come pure da ciò procede che faciliti la digestione, o sia che spinga dallo stomaco in giù gl’alimenti, e impedisca il sollevamento alla gola delle aretose o acide indigestioni. Per ciò la fermentazione che produce nel nostro sangue è utile alle Persone più pingui, pituitose, piene di umori, e soggette all’emicrania, o altra doglia di testa; e offensiva si rende ai macilenti e di temperamento bilioso o sanguigno, specialmente se usano questa bevanda immoderatamente. Dai medesimi principj pure dipende che egli sia anche diuretico. L’esperienza dei suoi contrarj o dannosi effetti in alcuni ha fatto introdurre nel farne uso alcuni difensivi o correttivi, quali sono di mescolarvi dello zucchero, per correggere la sua amarezza e pungenza, e per lo stesso fine di mangiarvi insieme del Pane, una qualche pasta ben lievitata, e del Pane in crostini spalmati di burro; di bevervi avanti un gotto d’acqua pura, di farlo bollire con del latte, o panna di esso, o almeno con aggiungere al Caffè medesimo il detto latte o panna quando si versa nelle tazze; e questo particolarmente per mitigare o estinguere le sue particelle saline e sulfuree esaltare, e per renderlo insieme nutritivo.

Può dirsi del Caffè quello che si dice del vino, [363] e di tant’altre bevande, e cibi capaci a produrre nei nostri fluidi o solidi qualche sensibile mutazione, che faccia, cioè, ora bene, ora male, secondo le diverse costituzioni e circostanze dei soggetti, vale a dire della stagione, del tempo, dell’età, del sesso, delle regnanti indisposizioni, ec. ed esservi, in tutte le cose l’uso e l’abuso, per cui gli effetti possono fra loro infinitamente variare.

L’esperienza, sopra tutte le ragioni teoriche, ed a priori, decide sopra l’uso, che ne possano fare i diversi Individui di qualunque complessione e temperamento si sieno. I sottoposti alle vigilie, all’abbondante transpirazione, al sudore, e alla copia d’orina se ne devono astenere; chi poi non prova mutazione sensibile in simili cose se lo beva pure ogni giorno, specialmente dopo il cibo, come porta ormai l’introdotto costume.

Certo è che questa bevanda, essendo di sua natura alcalina e domatrice dell’acido, e buona a chi soffre indigestioni acide, ed è di fibra, e ventricolo debole, siccome a chi si nutrisce molto di vegetabili, di farinate, e di paste poco o niente fermentate; a questi non solo dopo il pasto, ma anche a stomaco digiuno può esser giovevole. Per questa ragione i Turchi, cibandosi molto di riso, di pane poco lievitato e mal cotto, di latte, di [364] frutta, ed erbaggi, usano in larga copia il Caffè e lo trovano confacente e giovevole. Per la medesima ragione è un valido deostruente di tutti i visceri quando le ostruzioni sono cagionate da lassezza o debolezza del solido, non già da spasmo o angustamento del medesimo, e perciò giova ancora alle coliche flattuose ed umorali, ed alle diarree, che dipendono dalla soppressione del perspirabile, da umori crassi e viscidi, e da una spossatezza delle glandule e fibre intestinali nelle loro funzioni; perciò finalmente secondo il parere, e l’osservazione di dottissimi Medici può esser molto giovevole nella gotta o podagra, per i calcoli e per l’idropisia.

Ma senza riandare tutte quante quelle malattie e indisposizioni alle quali può esser giovevole o contrario il Caffè, si può esser giovevole o contrario il Caffè, si possono rilevare le sue facoltà compilate nei seguenti quattro Distici del dotto Sig. Habersaco, e riportati anche nella sua Operetta sul Caffè dal Sig. Gio. della Bona Veronese.

Ebene 4► Zitat/Motto► Viscida dissolvit Caffee, pigra lotia pellit,

Suscitat; & vigiles absque labore facit.

Hinc cephalalagiae viscosae, coma, catharri,

Ebrietas, colicus pellitur bocce dolor.

Digerit & crudam stomachis languentibus esc am,

[365] Plus juvat a pastu, quam juvat ante cibos.

Plus quoque flegmaticis & laxo corpore obesis,

Quam calidis, macris, mobilibusque quadrat. ◀Zitat/Motto ◀Ebene 4

Finalmente il Caffè, secondo me, quando non essave quelle facol’analisi à t, che l’è l’osservazione gli ha fatte assegnare dai Fisici, si può dire, che tra le bevande ormai dal lusso e dalla volutà introdotte, egli abbia certamente alcuni vantaggi sopra quella del vin, o sebbene generalmente abbracciato, reso familiare, e meno redarguito dai Medici dietetici. Questi vantaggi del Caffè sono di lasciare la bocca e le fauci di chi lo beve assai più contente di quello che faccia il vino, il quale anzi le lascia sempre sitibonde, e non alterare o offuscare come quello la mente, ma anzi di renderla più chiara ed allegra, e di essere rimedio per la medesima ebrietà: perchè operando per mezzo di un sale alcalino volatilizzato dallo zolfo combinato, e reso attivo dalla forza del fuoco, si oppone appunto all’offensiva azione dell’acido volatile e vaporoso del vino produttivo l’ubriachezza; di esser in somma una bevanda molto propria, usata sobriamente, per le Persone deboli, e affaticate, ricreandole, e dissipando in esse acilmente la noja, che procede dalle lunghe apspicazioni, dalle fatiche, dagli affari, e dalle af-[366]flittive meditazioni; onde più dell’oppio e del vino meritarsi i nostri elogj, e del vero. Nepente di lena gli attributi, ed il nome. ◀Ebene 3

Altri aneddoti.

Ebene 3► Exemplum► Carlo IV. Duca di Lorena trovandosi a Brusselles s’innamorò perdutamente della figlia di un Borgomastro. La madre, ch’era una donna di onore, vegliava si da vicino alla figlia, che il Duca non potè mai trovare occasione di vederla. Finalmente la madre, la figlia, ed il Principe essendosi un giorno trovati ad una festa di ballo con diversi altri Signori, essendo nota a tutto il mondo la passione del Duca, cadde la conversazione sull’oggetto del suo amore; il che lo indusse a pregare alcuni degli invitati a chiedere per lui alla madre il permesso di dire due parole a sua figlia nella stessa Sala, ed in presenza di tutto il concorso. Avendo ciò ricusato la madre si offrì di non parlare che per il tempo che avrebbe potuto tenere in mano un carbone ardente. Questa condizione parve sì forte che fu accettata. Il Duca si ritirò in disparte, e si pose in mano un carbone acceso. Cominciò la conversazione e la prolungò a segno, che la madre giudicò a [367] proposito d’interromperlo; ma trovò il carbone estinto, ciò che deve far giudicare del dolore che soffrì il Duca in questa circostanza. Non è questi amore? Se si proponesse una prova simile ai nostri Damerini si vedrebbero retrocedere più di cento passi. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Ebene 3► Allgemeine Erzählung► Una giovane bella e ricca vedova aveva un amante molto povero e assai prosuntuoso. Voleva questi assolutamente essere creduto felice, e divulgava molti maggiori favori di quelli che ne riceveva. La Dama d’allegro umore risolvette di punirlo, e trascelse per questo effetto un mezzo assai piacevole; io so, gli disse, che voi avete per me dell’affetto, ed io mi lusingo che voi vorrete darmene dalle prove in un’occasione che or si presenta. Il Damerino le risponde subito, che non aspetta che i suoi ordini per dimostrarle tutta la sua obbedienza. Voi conoscete, soggiunse la vedova, la Signora di . . . . mia amica; essa ha un marito incomodo, geloso, e che non le permette mai di andare a divertirsi; avendo io però ordinata una festa di ballo per questa sera in mia casa, vorrei che questa amica fosse della partita per la prima: io desidero dunque che mi ajutiate ad ingannare questo geloso. Voi andarete per tale effetto a coricarvi nel luogo di sua moglie. Suo ma-[368]rito non va a casa che tardi, trovandovi nel suo letto crederà essere sua moglie, e siccome è pure obbligato di alzarsi di buon mattino per i suoi affari non si accorgerà dell’equivoco, perchè quantunque ei sia molto geloso di sua moglie, egli non disturba mai il suo riposo. L’amante che temova le conseguenze d’una simile intrapresa fece delle grandi difficoltà; ma che non può la speranza dei favori della sua bella, ed in lui il piacere di pubblicarli! Acconsente in fine a tutto. Si conduce dall’amica, se gli mette una cuffia da notte, e si fa coricare nel letto del marito, che era ancora absente, e che ben sapeva di sicuro la giovane vedova, che non doveva per quella notte ritornare. Alcuni momenti dopo entra questa nella stanza con indosso la veste di camera di suo marito senza lume, e va a mettersi a letto ov’era il ciarlone. Questi prendendolo per il marito si ritira quanto può all’altra riva del letto: teme di qualche amoroso capriccio per parte del preteso geloso, o qualche contrattempo ancor più cattivo; e così passò una notte inquieta e timorosa. Ma quali tetri pensieri lo agitarono di più allorché sentì suonare, ed entrare alcuno nella camera che tirò le cortine del letto. Nascose subito la testa sotto la coltre, ed avrebbe voluto abissarsi nel letto, ma [369] molti scrosci di risa di varie persone fra le quali v’era la sua amante gli fecero alzare il capo, e comprendere chiaramente qual uomo era stato tutta la notte con lui, e qual vergogna dovette soffrire alla presenza alla sua Amica e di molti altri affine di guarirlo della sua indiscretezza per cui fu reso pubblico l’aneddoto a suo disonore. ◀Allgemeine Erzählung ◀Ebene 3

Teatro.

Quale vasto campo a’Giornalisti somministra in Venezia la stagione Autunnale, ed il susseguente Carnovale! Il nostro Libretto, che si denomina erudito, e galante dovrebbe certamente parlarne più d’ogni altro, ma per mala sorte ragionandosene a lungo, il frutto altro non è fuor che quello d’incontrarne disgustosi imbarazzi. Se non si seconda l’altrui parere (e sogliono essere questi opposti, e tanti quanti ne sono le teste de’Spettatori), se non si adula l’Autore, o se non si va, per così dire, a seconda della popolare decisione, eccoci o pungenti riflessioni, o fors’anco in periglio di servire di ridicolo. La prova è certissima. L’anno scorso s’è fatta qualche osservazione sopra certe Composizioni Teatrali; alcuno degli Autori mi ha favorito di qualche Lettera [370] insultante nò, ma con dispiacevoli motti. In una delle scorse sere poi datasi un’altra di tali Rappresentazioni, ebbero i spettatori l’onore di essere annojati con una Critica de’Giornalisti; e suppongo in gran parte a me diretta. Dico annojati, perchè è cosa certissima, che nove decimi degli ascoltanti nemeno sapevano che fra i viventi esistano Giornalisti, e soprattutto letterarj. Dunque perchè tal perdita di tempo? È questo un ben male conoscere l’approposito. Ma veniamo al fatto. Quattro furono finora le Rappresentazioni degne della relazione del Titolo. Una fu una Tragedia intitolata Carlo VIII, ossia Lodovico il Moro, bene rappresentata, e decorata dalla Compagnia del Pelandi, e comprovante esser ben differente cosa l’esercitare la Comica, ed il voler farsi Autore d’una Tragedia. Confusione di carattere, anacronismi imperdonabili, dialogo basso, e non eroico, quale a tali composizioni conviensi, avvilimento de’personaggi i più rispettabili, in somma quanto v’ha d’incongruo, tutto vi abbonda.

La seconda è Teresa Vedova, Commedia, come suol dirsi, che seguita il Claudio, e Giulia dataci nell’anno scorso. Nel suo genere è assai bene condotta, ma resta a decidersi, se il genere Romanzesco sia confacente a Commedia, e molto [371] più se una Commedia abbia a recitarsi in tuono tragico, ed esprimente le passioni nel loro estremo. L’Autore per altro deve animarsi, e giova sperare, che quando voglia ristringere le sue Composizioni o al Comico, o al non deformato tragico, certamente potrà riuscire con approvazione, e del pubblico, e de’pochi intelligenti.

La terza è il Coriolano Tragedia. Chiunque erudito nella Storia Romana, ed a portata di ben’intendere quel fatto storico di uno de’più singolari di que’Cittadini, il loro carattere, ed in particolare quello del Conquistatore di Coriolo, e la situazione delle sue passioni, ha giudicato eccellente la Tragedia, ed ottima la esecuzione della medema, singolarmente dai due che rappresentavano il Protagonista, e la di lui Madre. Chiunque poi null’altro ha in testa, che scusciti Romanzi, Commedie da bordello, e forse le più scurrili, non può sicuramente rinvenirci sennon caricatura, e burberi modi non che repubblicani, o sia patriotici modi. Ho udito esclamare uno de’più celebri Tragici (Oh mi fosse permesso palesarne il nome!) Avessi io scritta questa Tragedia! oh quanto ne anderei superbo!

In fine la quarta è il Pittore Naturalista, ossia Vero Ritratto dell’Umana Società. Lo credereste? [372] Cotesta Commedia, degna di un Voltaire, di un Mercier, di un Autore dell’Eugenia, e di altri simili è sortita dalla penna di un Tedesco, e tradotta da un Italiano! Che mai prova tutto ciò? Prova ad evidenza, che i tedeschi hanno l’anima dedicata, e sensibile quanto tutte le altre anime del genere umano; e che i Commedianti sono pessimi conoscitori del buono, e del bello. Perchè non ricorrono a Teatri, Tedesco, Inglese, e Francese? Perchè non ricorrono a buoni traduttori, e discernitori? Perchè? perchè sono . . . . . . . . . Parliamo del Pittore. Nulla di meglio, soprattutto ne’giorni presenti, nè di meglio composto, nè di meglio rappresentato, o eseguito. Questo complesso di ottimo Comico ebbe però i suoi critici. Furono ragionevoli! Giudicarono secondo le regole, o secondo la propria organizzazione? Non lo sò. Lo giudichi l’universale, che applaudì tutto, e ne divenne entusiasta.

Ebene 3►

Epigramma.

Zitat/Motto► La luna or bianca, or pallida, or vermiglia.

Alla vezzosa femmina somiglia;

Vieppiù splende di notte: ogni sembianza

Ha col bel sesso, for dell’incostanza.

[373] Saper v’aggrada la disparità.

Ogni mese cambiando luna và.

Ma il cervello volubile e leggiero

Della donna ogni dì cambia pensiero. ◀Zitat/Motto ◀Ebene 3

Traduzione dal greco.

Ebene 3► Zitat/Motto► Quelle ingiurie, e quelli danni,

Che apportar ad un Leone,

Le fatiche non fur buone,

Gli arrecaro alfine gli anni.

E la fama stende i vanni,

Colla pia forse intenzione

D’eccitar chi può a ragione

Vendicar gli scorsi affanni.

Ma tai bestie ci ha fra i Bruti,

Che par d’essi tutto il Regno

N’arrossisca e le rifiuti.

Or sol quelle dan martoro

Al leon ch’è giunto a segno

Di soffrir le ingiurie loro. ◀Zitat/Motto ◀Ebene 3

Ebene 3►

[374] Tavola XVLI. Fig. 58.

Fremdportrait► Sarebbe stato molto sorprendente che Tarare1 non avesse somministrato qualche nuova moda, e non avesse avuto in ciò la gloria di Figaro, essendo dall’Autore, ed in diritto di sperarne un simile buon esito, trovandosi in essa un tuono similmente originale, ed un significato di scena pure sì grande. Non avrà dunque luogo una tale sorpresa, perchè Tarare ha dato il nome ad un capello di nuova moda.

Noi dovremmo fare un rimprovero agli Autori delle mode, non nominando essi mai la nuova moda col nome della persona che lo porta nel Dramma, o nella Commedia, dandogli in vece il nome generico della stessa Commedia. Per esempio nel Tarare la divina Alpasia è quella che avrebbe dovuto dare il suo nome al Cappello, poichè n’è l’Eroina come nel Figaro avrebbe dovuto essere Susanna, siccome negli Amori di Bayard, avrebbe dovuto essere la Signora di Randan; perciò tutto al contrario sono gli Eroi delle Commedie, o dei Drammi da cui si prende il nome per darlo alle mo-[375]de: Quindi i cappelli à la Tarare, i bonnetti à la Figaro, le acconciature à la Bayard: Questi uomini, o questi Eroi sono forse comparsi sulla scenacon bonnetti, o cappelli di donna? Questa è un’inconseguenza che ci dispiace. Non è poi tanto difficile di conservare anche in questi casi la convenienza.

Non facciamo però mostra di risentimento sul timore che non si sdegnino gli autori delle mode, che non cessino di creare, e che non ci gettino in un imbarazzo più grande. Il più savio partito sarebbe di pregarli di nominare in tal guisa le loro mode, sembrando noi che una tale denominazione sarebbe la più acconcia, e la più graziosa.

La Dama quì rappresentata è vestita con un mezzo redingotto di taffetà a righe violette e gialle color di coda di canarino incrocicchiato ed abbottonato al petto con dei bottoni assai larghi di madreperla, in cui sono delineati in oro le lettere majuscole dell’alfabetto. Sotto al suddetto mezzo-redingotto ha una sottana di taffetà bianco frastagliato nelle estremità, e con cappello in testa alla Tarare.

I cappelli alla Tarare sono in taffetà: i loro bordi non sono troppo larghi essendo di quattro o cinque polici al più; ma la loro testiera è mol-[376]to alta, cioè di otto in nove polici. Questa testiera è sempre cinta di tre larghi nastri a righe collocati e cuciti gli uni sopra gli altri. Sul prospetto di detto cappello verso la sinistra è fissata una scala di nastri di colore diverso di quello degli altri, che circondano la testiera, e sotto di questa scala si alzano flottanti tre o quattro grosse penne che sovente si rinforzano con un penino di penne di pollo. Nel centro poi della testiera sortono delle barbe che cadono, si ripiegano, e vanno attaccandosi di dietro con delle spille.

Il Cappello alla Tarare di questa Dama è di taffetà verde pomo. La sua testiera è cinta di tre larghi nastri verde pomo con larghissimi ricamini gialli d’oro. La scala è composta di nastri gialli coda di canarino; e nel mezzo di questa scala sono collocate tre grosse rose finte. Sotto a questa scala si alzano, e giuocano per così dire insieme quattro grosse penne di zefiri bianchi coi bordi color di rosa e gialli; e dal centro della testiera sortono delle larghe, e lunghe barbe di garza d’Italia che cadono, si ripiegano, e vanno di dietro attaccandosi come sopra.

Tiene al collo un fazzoletto semplice assai gonfio ed aperto alquanto presso la gola. I fazzoletti a camicia, ed i fazzoletti a gala sono totalmente [377] spariti; non si portano più quasi che i fazzoletti tutti foglj, molto gonfi, e di sopra un poco aperti. I fazzoletti con falbalà sono in procinto di scomparire anch’essi. Noi confessiamo che il buon gusto farebbe in questo una gran perdita.

L’affetto della testa è a grossi ricci, quattro dei quali a due giri cadenti par parte sul seno. I capegli di dietro sparsi alla senatoria.

Tiene in mano un lungo ventaglio, ed ai fianchi due orologi guarniti di catene e bijoux d’oro.

Gli orecchini sono di grossi granelli bianchi collegati con dei piccoli anellini d’acciajo lucido.

Le scarpe sono di taffetà color di rosa con falbalà di nastro bianco. ◀Fremdportrait ◀Ebene 3

Ebene 3►

Tavola XLVII. Fig. 59.

Fremdportrait► In fede mia che non si trova or più maniera di poter giustificare la moda della sua leggerezza e della sua incostanza. Non potrebbe essere più variabile, e dirò anche più inconseguente, se non fosse proprio della sua natura di cangiare, d’inventare incessantemente di nuovo; e ritornare sovente al primo grado. Nello stesso anno prendere, lasciare, riprendere le pistagne! Ben si vide [378] fin ora che la moda aveva ripigliati quegli oggette [sic] di gusto, che aveva adottati quattro, cinque, sii anni prima, ma non si videro riprendere due volte in meno di un anno. Questo prodigio era riservato al nostro secolo! E con quali abiti si riproduce ella? Se colle pistagne abbelliva come l’anno passato gli abiti semplici, uniformi, e di un solo colore, gli abiti capaci di ben figurare, il vizio serebbe [sic] meno rimproveerevole; ma invece adorna gli abiti rigati di due, di tre colori, e gli abiti che sono da per se stessi tutta pistagna, tanto sono strette e moltiplicate le righe. La moda però ebbe questa volta la prudenza d’impedire le troppo vive mormorazioni, facendo foderare gli abiti dello stesso colore, ed anche della stessa stoffa, affinchè piacendo di cambiarle di nuovo non abbia da levare che la pistagna.

Comunque sia: eccola. L’uomo qui rappresentato ha un abito di Chyprienne2 a righe verdi violette e gialle d’oro guarnite di una pistagna bianca. La fodera è della medesima stoffa [379] dell’abito. Il colletto è fatto di un panno Casimir verde. Le maniche alla marinaja: le faccoccie e le partite d’avanti sono guarnite di larghi bottoni dorati, in cui sono scolpite le lettere maiuscole dell’alfabetto.

Gli abiti rigati di Chyprienne non sono i soli che ci apportò la Primavera; si porta pure il gragramo rigato, le stoffe di seta rigate, le serpentine rigate, i panni Casimir rigati, i panni di Slesia rigati, ed anche i panni di Louviers rigati. Non si portano più che abiti rigati, ammenocchè non siano essi di velluto di Primavera o di cotone.

È tale il furore delle righe che si portano i gilet rigati, le calze rigate, i calzoni rigati; i calzoni neri però figurano egualmente come i calzoni rigati, come i calzoni gialli, ed i calzoni verdi. Noi abbiamo preferiti i calzoni neri, per levare in qualche parte la troppo, e insipida uniformità, che avressimo sparso in questa tavola.

L’uomo rappresentato porta sotto il suo abito un gilet ad immense righe rosa e bianche, guarnito di bottoni bianchi. Vi sono delle stoffe per gilet con delle righe che hanno sino a due pollici di larghezza.

I gilet rigati sono la maggior parte di panno [380] Casimir, di panno di Slesia, di panno di Louviers; un’altra gran parte è di grograno, o di altra qualità di stoffa di seta.

I calzoni sono di seta nera: e le calzette di seta a righe rosa e bianche: le righe di esse sono di otto o nove linee: le righe sono contradistinte e decise, e non più.

Il colore maggiormente usitato ed adottato da tutti è il blò mischiato col bianco: avrebbe qui prodotto all’occhio minor buon effetto.

Nelle scarpe ha desse fiubbe ovali larghe. Nelle fiubbe domina adesso più la larghezza che la longhezza: discendono quasi tanto in largo sul piede in quanto altrove volte lo coprivano al lungo curvato sul collo del piede. Son esse molto variate nella fattura. Le une sono guarnite di grani d’India blò, rossi, o verdi: le altre sono composte di rami lisciati in argento, o con intrecciature pure in argento: altre sono tutte lavorate greggie, cioè non lustrate.

La pettinatura è a sei ricci in due giri per parte; (altra nuova moda). I capegli di dietro sono uniti in una sottile e lunga coda.

Ha in testa un cappello Jockei a lunghi bordi, con un cordone in oro all’estremità della testiera come si portava cinque anni fa. Non sarebbe stra-[381]no che si ripigliasse far poco questa moda, e quella dei cappietti, e dei bottoni d’oro nei cappelli a tre angoli. Questi bottoni, questi cappietti, e questi cordoni erano bene adattati nei cappelli montati à la Suisse.

Tiene in mano una canna naturale guarnita d’un pomolo a guisa di fungo.

Nel dito auriculare di una mano ha un anello nel di cui castone è montato un bel rubino.

Porta due orologi d’oro larghi alla Svedese con due catene d’oro e biyoux pure d’oro.

La gala della camicia sembra essere tutta intiera nel mezzo del gilet per metà abbottonato.

Quante nuove mode in una stessa tavola! O piuttosto qual cangiamento dall’attuale moda. Tutto in tutto. Cambiamento nell’abito, nel gilet, nelle calzette, nelle fiubbe, nella figura, nell’ornamento del cappello, negli annelli, e nel modo con cui porta la gala della camicia. ◀Fremdportrait ◀Ebene 3

Ebene 3►

Tavola XLVIII. Fig. 60.

Fremdportrait► Ci rammentiamo di aver menzionato in uno dei passati quaderni il lungo sfilato di seta, che gli uomini portavano ai loro gilets di diversi colori: bisogna dire che le nostre Dame abbiano [382] trovato molto giusto, ed eleganza in questa moda, avendola adottata per i loro abiti. Portano esse dunque lo sfilato come lo portano gli uomini loro gilets. Noi avremo sovente luogo di osservare che le donne cercano di avvicinarsi quanto possono alle usanze degli uomini, che ora procurano d’imitare. Questo male è però minore di quello di cui rendevansi altre volte colpevoli gli uomini cercando d’imitare le donne nei loro abbigliamenti, ed eziandio nella loro essemminatezza, e nella loro mollezza.

La Dama qui rappresentata è vestita con un mezzo redingotto di taffetà a righe verdi e coda di canarino fatto a due colletti con maniche a gala, e bordato di un lungo sfilato bianco. La sottana a simile ritagliata a scacchi nella sua estremità.

Molte Dame portano addesso [sic] delle sottane e dei lunghi caracchi di basin d’Olanda, o di musolina folia bianca, o di linon bianco intieramente guarnito dello sfilato di seta bianco. Bisogna eziandio osservare che si porta lo sfilato più attaccato ai caracchi ed alle sottane bianche, che ad altri colori: la moda di portarlo attaccato anche alle vesti di colore non fa che nascere. Noi pure non sappiamo precisamente, se questi caracchi e tali sottane di basin, o di mussolo bianco guarniti con lo sfilato si possino portare anche a cavallo, ma pure a cavallo abbiamo vedute molte Dame così vestite. Con quest’abito non portavano in testa che un cappello di garza nera o di taffetà nero guarnito di piume nere, con un fazzoletto assai gonfio al collo, che le dava un sorprendenue risalto.

Ha questa Dama in centura un largo nastro color di fuoco, avvinto davanti con un fermaglio [383] fatto a due medaglie in oro smaltate.

Al collo un fazzoletto gonfio, e come si è detta altre volte aperto vicino al mento.

Guanti di pelle bianchi.

Scarpe di taffetà color di rosa con falbalà di nastro bianco.

Manichetti di garza frastagliata solia a due giri.

Ad una mano una leggier cannetta sormontata d’un piccolo pomo d’oro altrimenti detto d’un piccolo dado d’oro.

Tiene in testa un cappello alla Spagnuola di taffetà coda di canarino, la cui testiera molto gonfia è di taffetà color di rosa. Questa testiera è cinta con un largo nastro verde, formando di dietro un grosso nodo colle sue estremità prendenti. Sul prospetto del cappello invece del groppo di nastro è fissato un grosso mazzetto di fiori finti: sotto a questo si alzano isolate due lunghissime penne color di coda di canarino palido moschettate a nero.

La pettinatura è a ricci staccati: quattro mezzani collocati a tre giri le pendono per parte sul seno: i capegli di dietro sciolti alla Senatoria.

Una nuova moda stata adottata da molte Dame, e che veramente non si confà loro di troppo, si è quella istessa degli uomini di cinque ricci, due di sopra e tre di sotto a guisa di un’ala di piccione, colla diversità che gli uomini riducono tale loro pettinatura all’orecchio, e le donne fino al mento. Non portano ormai più i ricci ondulanti sul seno; i loro capegli di dietro sono intrecciati e rialzati come le treccie dei Svizzeri. Sopra una simile pettinatura portano un piccolo berrettino, ovvero un piccolo bonetto di garza solia; ma tutto questo unito somministra loro un’ [384] idea veramente poco bella: bisogna che non abbiano avuto dei buoni consiglieri allorchè comiuciarono [sic] ad affettare una tale acconciatura. Noi dubitiamo che mai non avremo ad annunziare questa mopa come la dominante. ◀Fremdportrait ◀Ebene 3 ◀Ebene 2

Tavola

Delle Materie contenute in questo Numero XXIV.

Lagnanze Matrimoniali Pag. 355

Toletta. 358

Aneddotti. 360

Fine della Memoria Storica, e Medica sopra il Caffè. 361

Altri Aneddotti. 366

Teatro. 369

Epigramma. 372

Spiegazione delle Tavole XLVI. XLVII. XLVIII. Fig. 58. 59. 60. 374. 377. 381.

Sono pregati li Signori Assocciati a volerci favorire le loro anticipazioni per il secondo Anno. ◀Ebene 1

1Nova Commedia del Sig. di Beaumarchais,

2Noi non sappiamo di che sia composta questa nuova stoffa, ed altro dir non possiamo che a Parigi si trova solamente da Madama Jubin Mercantessa di stoffe di seta al Palezzo Reale.