Zitiervorschlag: Cesare Frasponi (Hrsg.): "Lezione CCCXLVIII", in: Il Filosofo alla Moda, Vol.6\348 (1730), S. 285-290, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4776 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

Lezione cccxxxxviii.

A maldicenti, che vogliono emmendarsi.

Zitat/Motto► Absentem qui rodit Amicum;
Qui non deffendit alio culpante solutos
Qui captat risus hominum, famamque dicacis;
Fingere qui non visa potest; commissa tacere
Qui nequit; hinc niger est, hunc tu Romane caveto.

Hor. L. I. Sat. 4.81. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► Se si mettessero insieme tutte le afflizioni d’ animo di questa vita, si ritroverebbe, che la maggior parte vengono dalle calunie, e dalle false relazioni, che frà di noi seminiamo.

Appena vi è un Uomo, che non sia, per qualche verso, colpevole di questo vizio, se bene bisogna allo stesso tempo confessare, che in [286] qualsivoglia maniera trattiamo frà di noi, ci accordiamo tutti nel biasimare i maldicenti, ed i calunniatori di professione. Si può dire, che questo diffetto nasce da una specie di odio verso il Genere umano; dalla brama di acquistare della stima di passare per spiritoso, di comparire informato degli altrui segreti, o di compiacere a compagni dello stesso genio cattivo.

Chi pubblica il male altrui riesce più o meno odioso al mondo, ed in se medesimo reo, a proporzione degli acenati motivi, ma qualsivoglia occasione egli abbia di spandere falsi o segreti rumori, dee considerare, che ugualmente feriscono il bersagliato sogetto. La ingiuria è sempre la medesima, benche il principio da cui viene possa esser diverso.

Si come ciascheduno è troppo inclinato alla indulgenza, quando giudica le proprie azioni, e si come ve ne sono pochissimi, che vogliano comparire rei di questo diffetto, benche tanto commune, tanto con-[287]dennato da tutti; voglio qui porre trè Regole, colle quali desidero, che ciascheduno esamini a fondo il proprio cuore, prima di giudicarsene affatto esente.

I. Consideri bene se ascolta, o nò, con piacere i difetti de’ prossimi.

II. Se è, o nò, troppo disposto a credere tutte le voci, che mirano a denigrare la riputazione degli altri; e se ha, o nò, più inclinazione verso la maligna, che verso la caritatevole pare.

III. Se è, o nò, egli stesso pronto a spandere tali voci, ed à propalarle nel mondo.

Questi sono i gradi, coi quali, questo vizio falisce, e s’ innalza fino alla Impostura, ed alla Calunnia.

In primo luogo, chi si piglia diletto nell’ udire gli altrui difetti, fa vedere, che nodrisce il vero gusto di ciò, che è male, e per conseguenza, che ha in se medesimo le sementi del vizio, di cui si trat-[288]ta. Se si compiace nell’ udire il male degli altri, proverà lo stesso piacere nel palesarlo, e sarà tanto più disposto a farlo, quanto s’ immaginerà, che i suoi ascoltatori ne godano al pari di lui. Bisognerebbe pertanto che ciascheduno studiasse di essigliare dal cuore questa rea curiosità, la quale si nodisce, e si riscalda nell’ udire i segreti, che tendono a piagare la riputazione de’ prossimi.

In secondo luogo, ciascheduno dovrebbe esaminare il proprio cuore per vedere se è troppo credulo, e se pende verso la parte maligna.

Tale credulità è molto viziosa, e d’ ordinario viene dal sentimento della propria corrutela. E assai buona la espressione di Tales: che la menzogna è si lontana dalla verità quanto le orecchie dagli occhj. Volea insinuare, che non si dee con facilità prestare sede a ciò che non si è prima veduto. Vi sono due o tre considerabili regole prescritte alla compagnia della Trappa, [289] che voglio qui inserire, tali quali sono in un Libbricciuolo Fancese.

Vi si ordina di non prestare mai orecchio alle relazioni di qualsivoglia azione indegna, ò rea, di rivoltare ad altro soggetto, se è possibile, tutti i discorsi di simile natura; e di supporre finalmente, che il difetto puole venire in quello, a cui si attribuisce, da buona intenzione, quando non se ne abbia indubitabile la certezza. Questa forse parerà una troppo avvanzata carità; ma supposto, che ancor sia eccedente, non sarà mai indegna, come il sostenere unitamente a’ spiriti maligni del secolo, che le azioni indifferenti, ed anche buone, vengano da cattivo principio, e da rea intenzione.

In terzo luogo: dovrebbe ciascheduno esaminare, se ha la segreta inclinazione di propalare quelle voci, che mirano a denigrare la riputazione degli altri.

Quando tale malattia di mente, [290] ò di cuore è gionta a questo punto di malignità, è il peggiore di tutti i Sintomi, e vi è da temere, sia diventata incurabile. Sarebbe dunque inutile il far vedere quivi, che è rea, e che non vi è persona, che non la condanni; quando non abbi rinunciato ad ogni principio d’ umanità, e di ogni commune discernimento. Aggiugnerò solamente, che per quanto grande sia il piacere d’ una Persona nello spandere tali sorti di rumori, ne averà molto più, se vincerà la tentazione, che vel’ impegna, ed imparerà a lasciarsi morire nel seno tutti que’ pretesi segreti della Cronica scandolosa. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1