Zitiervorschlag: Cesare Frasponi (Hrsg.): "Lezione CCCLXXX", in: Il Filosofo alla Moda, Vol.7\380 (1730), S. NaN-204, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4346 [aufgerufen am: ].


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Lezione CCCLXXX.

A Letterati, sopra la possanza di Dio, e sopra la Beatitudine degli uomini in una vita a venire.

Zitat/Motto► Sentio te sedem etiam nunc Honisnum aedomum contemplari: que si tibi parva (ut est) ita videtur; hac Coelestia semper spectato: illa humana comtemnito.

Cic.Somn. Scip. c. 6. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► L’Assaggio, che quì presento, viene dall’ingegnoso Autore della già veduta Lettera sopra la forza della novità. Le sue idee sono pigliate dalla maniera di pen-[195]sare de’ Platonici; ma proprie ad ellevarci l’animo, e ad ispirarci nobili sentimenti della nostra futura Grandezza; per questo ho creduto meritassero d’essere communicate al Pubblico.

„Se l’Universo è opra d’un essere intelligente, questo Essere non puole avere avuto, in tale Produzione, immediato riguardo a se medesimo. Non aveva bisogno di fare una prova della sua Onnipotenza, per sapere di che fosse capace. Il Mondo racchiuso nelle sue eterne idee era tanto bello, quanto egli è dopo la sua esistenza, dirò, ad extra. Nel vasto abbisso della sua Essenza vi sono delle Scene infinitamente più luminose di quante ne compariranno a’ nostri occhi. E’ impossibile, che l’Autore della natura restringa il suo potere nel produrre un sistema sì perfetto di Creature, che possa oltre passarlo. Trà il Finito, e l’Infinito vi è un intervallo, che non si può misurare, ed un [196] vuoto che non si puole riempire, da tutti i Secoli. La più eccellente di tutte le sue opere è tanto di sotto alla estesa del suo potere, quanto la più imperfetta; e puol’ essere sorpassata, colla medesima facilità, da un altra.

Alcuni s’immaginanano una cosa, che quasi ha del chimerico: che cioè, lo spazio infinito nodrisca sempre nuove Creature nel di lui seno, di maniera che le ultime vengano innalzate a perfezione maggiore delle precedenti. Ma siccome questo nè meno riguarderebbe del tutto il mio disegno, osserverò solamente, come proverebbe, che i mondi tracciati nelle idee Divine formano uno spettacolo assai più esteso, più vario, e più grazioso, di quello possa fare il mondo, o i mondi, che alcuni concepiscono già esistenti.

E gia che non vi è apparenza, che Dio volesse Creare un mondo composto di semplice inanimata materia, siasi quanto si voglia de-[197]liziosa e varia acciò servisse di abbitazione a Creature del medesimo rango colle insensate; bisogna confessare, abbia destinate le Ragionevoli sovrà tutto in riguardo alle Facoltà, delle quali sono dotate, a contemplare le sue opere, a possiederle, ed a rendersi con questo felici. Non puole ritrovare maggior piacere nella revista della Creazione, ,che in quella delle proprie sue idee; e possiamo dire, che ci compiacia nel vedere il diletto ne ricevono le Creature, che ne sono capaci per amore, delle quali ha innalzata questa immensa Fabbrica dell’universo.

Non si puole da ciò ricavare qualche cosa di più d’una semplice congettura per la nostra Immortalità? L’uomo, in qualità di Creatura, posta qui alla prova, e destinata a godere un bene eterno nell’altra vita, è un’ assai considerabile esempio della Divina Sapienza; ma rimirandola, senza relazione veruna a quel felice a venire, ella [198] è un composto il più enigmatico, ed il più stravagante, che si ritrovi in tutta la Creazione. Ella ha delle Facoltà, che ponno abbraciare una più grande estesa di notizie, di quelle ne possa mai possedere; ed una infaziabile curiosità di penetrare i segreti della natura, e della Provvidenza. Con tutto ciò i suoi organi sono più tosto accomodati per servire a bisogni del Corpo, che alle operazioni dell’Intelletto; e dal picciolo angolo di questo globo, dove stà incatenata, non puole formare, se non vaganti congetture sopra quegl’innumerabili mondi di luce, che la circondano, e non le compariscono, benche di prodiggiosa grandezza, se non come volanti lucciole sopra la Terra. Finalmente, allorche dopo longhe, e penose fatiche, ha fatto qualche cammino sopra la scoscese montagna della verità, e rimira, compassionevole la moltitudine, che striscia al basso, sdrucciola d’improviso col piè, e si [199] roverscia dentro la Tomba.

Pieno di queste idee, sono obbligato credere, a fine di fare giustizia al Creatore dell’Universo, che vi dev’essere un altra vita, dove l’uomo sarà meglio situato per la contemplazione; o più tosto avrà il potere di trasferirsi di obbietto, e di mondo in mondo dove goderà nuovi sensi, e tutti li necessarj mezzi per fare le più pronte, e le più stupende scoperte.

Per me credo, che la mia anima aspetti di godere la sua futura graadezza [sic] . Mi compiaccio nel pensare, come io, che non conosco, se non una picciolissima parte delle opere Create, e che ora a passi lenti mi vado strascinando sulla superficie di questo Globo, mi lancerò ben tosto nell’aria, con isveltezza pari a quella della Immaginazione, scuoprirò tutti i segreri della natura; camminerò con passo uguale nella rapidità del loro corso, a corpi Celesti; osserverò la longa catena degli avvenimenti, ne’ mondi Naturale, e [200] Morale; visiterò tutti gli Appartamenti dell’Universo per sapere ciò, che vi passa, e quali ne sieno gli abbitanti; concepirò l’ordine, e misurerò le grandezze, e le distanze di que’ Globi, che ci pajono disposti senza veruno regolare disegno, e tutti collocati nel medesimo Cerchio. Osserverò la dipendenza fra le parti d’ogni sistema, e de’ differenti frà di loro Sistemi; d’onde risoluti l’armonia dell’universo, quando le nostre menti siano capaci di abbracciarne la Teorica. Vi sono molti progressi di questa natura, che si ponno fare nella Eternità. Che che ne sia, ritrovo utile l’accarezzare questa generosa Ambizione, mentre, oltre la gioja, che mi spande nell’anima, mi impegna a niente trascurare per estendere le mie Facoltà, ad esercitarle in maniera conforme al rango, che quì abbasso, occupo frà le ragionevoli creature; ed alla speranza d’essere un giorno ellevato ad un [201] grado assi più emminente.

L’altro, ed ultimo fine, per cui l’uomo è stato creato, è il godimento di Dio, il cumulo del suo bene di là da cui non ha che bramare. Le idee, che abbiamo dell’Essere Supremo sono poco distinte. Pare non abbi voluto nè scuoprirsi, nè occultarsi del tutto, per tenere le sue Creature sospese, es impegnarle alla riflessione. Questo pure dà occasione a pochi libertini di niegare la di lui esistenza colla bocca, ed a molti, col solo cuore; di preferirgli ogni piacere, ed ogni minima bagatella del mondo, e di mettere in deriso le persone da bene, che ne formano la loro ver delizia. Ma non verrà egli un giorno, in cui codesti corragiosi ingegni, che professano di parlare con fondo, vedranno roversciati i loro empj sistemi, ed abbracceranno fuori di tempo le verità, che oggi combattono? Non verrà un tempo, in cui gli Uomini sedutti dal vizio [202] riconosceranno la pazzia delle loro vane ricerche, ed il poco numero de’ Saggi, dopo avere seguita la loro guida Divina. Dispregiati li sensuali piaceri, con tutte le ingannevoli Carezze del mondo, ed aspirato alla loro celeste dimora, godranno finalmente la visione Beata? Quì abasso lo Spirito s’innalza di tempo in tempo, verso il di lui Creatore, e vi riceve qualche debole raggio della sua presenza, ma quando meglio si lusinga di possederla gli fugge, e ricade nello stato primiero. Vi è senza dubio un altra migliore strada per conversare colle Creature Celesti o quale sarà? Forse gli spiriti non potranno avere frà di loro mutua corrispondenza, senza la unione, o senza la interposizione del Corpo. Bisognerà forse, che le Creature superiori dipendano dalle inferiori per godere il loro privilegio, in qualità di Associabili; per trattare, cioè insieme, e conoscersi l’una coll’al-[203]tra? Che avrebbono fatto se la materia non fosse mai stata creata? Non sarebbero esse senza dubbio vissute in una solitudine! Gia che le spirituali sostanze sono d’un rango più nobile delle corporee, è certo, che la loro communicazione dev’essere anche più intima, e più pronta. La chiamamo intelletuale visione, perche ha qualche analogia colla vista del corpo la quale serve a conoscere questo visible mondo. Spiega in qualche maniera la maniera, con cui Dio puole rendersi l’immediato obbietto della visione Beata: puole non vi è dubbio; dunque è credibile, che lo vogli, e che avrà sempre riguardo alla debolezza delle nostre facoltà limitate. Le sue opre non hanno, che un leggero impronto delle sue perfezioni; la notizia, che ce ne danno, e per così dire, di seconda mano. Per averne una giusta idea, bisogna, che le veggiamo tali quali sono in se medesime. Ma in che consiste [204] questa visione? E’qualche cosa che non è per anco gionta alla mente umana, benche non ci sia difficile il concepire, che sarà una sorgente eterna di eccessivi trasporti. Svanirà tutta la gloria delle Creature in sua presenza. Forse io avro il contento di paragonare il mondo visibile col suo divino modello, e di osservare il piano originale di que’ vasti, e nobili disegni, che per tanti secoli si sono eseguiti. Così dunque impiegato nel ricercare le opere del mio Creatore, e nell’ammirarlo egli medesimo fra la immensa estensione della materia, dentro la quale il mio corpo si ritrova ingoiato, e delle infinite perfezioni Divine, nella grandezza delle quali la mia anima sarà assorbita, con quale profondo rispetto, e con quali atti di adorazione, non sarò io prostrato a pie di quel maestosissimo Trono? ◀Ebene 2 ◀Ebene 1