Sabbato addi 6. Settembre 1760.
Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’ cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico.
issemi uno in una Polizza tempo fa, come s’ha a contenere un Giovane di condizione, a cui il Padre suo non voglia dare danari? Una cosa vorrei prima sapere, quante voglie abbia esso Giovane in corpo. Se le sono poche, oneste, accostumate, e gentili, io lo compiango, che non gli sia conceduto il modo da cavarsele; ma non saprei però qual altra via insegnargli, fuorchè l’aggiungere all’altre sue buone qualità, quella del reggersi secondo le sue circostanze, per acquistare onorato nome d’amorevole, e ubbidiente al Padre; e movergli l’animo con questo mezzo alla discrezione. Le moderate voglie non traportano l’animo alla furia, e ad un’inquietudine perpetua, e costano poco. Io veggo molto onorati Giovani, non abbondanti di beni di fortuna, godersi anche il Mondo lietamente, perchè sanno scegliere quella porzione di spassi, che convengono ad una mezzana fortuna. Questo Mondo è un Mercato, in cui sono diverse strade ciascheduna assegnata al vendere questa cosa, o quella. Noi siamo i comperatori. Misuri ognuno la borsa sua. Chi non può andare a comperare nella via de’gioiellieri, vada in un’altra a comperare merci di minor prezzo; e sarà stato anch’egli alla fiera, e avrà comperato. Chi non può quel che vuol, quel che può voglia. Non è male, che la gioventù s’avvezzi a stentare qualche poco; perchè la s’avvezza a vivere, e a conoscere le disuguaglianze della fortuna; e ad assuefare il cuore a’que’diversi colpi, co’quali essa ci percuote di tempo in tempo; e impara a poco a poco dalla necessità, a moderare le sue voglie spontaneamente. Il cuor nostro è fatto come dire a maglia, se un Padre continuamente liberale l’appaga di quel che vuole, allarga le maglie, e non l’empie più. Dunque, che s’ha a fare? La voglia dello spendere viene dalla comparazione, che fa uno di sè medesimo con altrui. S’ha a cercare di compararsi con chi spende meno. Tanto può essere giovane di condizione, quegli che raccoglie, e paga, per esempio, una brigata di suonatori, e di musici, quanto uno, che avrà rivolto il cuor suo a passare alcune ore in compagnia di persone di spirito; direi anche a leggere qualche buon Libro; ma chi sa ch’io non ne venissi chiamato stoico, o pedante? Pongasi un giovane in animo, che il vero diletto è una cosa tranquilla, non un aggiramento di capo, un alleggierimento de’pensieri, non un pensiero maggiore degli altri; che quegli il quale si prende oggi un diletto gagliardo, domani lo trova sciocco, e ne chiede uno più gagliardo il vegnente dì, e a poco a poco non trova più cosa che gli soddisfaccia, gli resta una voglia, e non sa di che, tanto che diviene malinconico in ogni luogo, e invecchia di venticinque anni. I larghi bevitori hanno sempre sete, ma il palato loro quasi foderato, non sente più il piacere del vino, come lo sente uno che lo si bee a bicchierini di quando in quando; e così avviene di quelli, che mangiano sempre le carni condite con le salse forti; o di chi si compiace degli odori, che in fine la cannella, e i gherofani non pizzicano più loro la lingua, e a pena sanno qual odore abbia il muschio. A uno a uno gli spassi confortano, in frotta affogano, e chi si contenta d’avernegli a uno a uno può essere più facilmente compiaciuto dal Padre, che quegli il quale gli volesse tutti ad un tratto.
Da’Signori Accademici Fecondi, Convittori nel Collegio di San Lorenzo Giustiniani, diretto da’PP. delle Scuole Pie in
Non è, secondo me, il più bel piacere, che seguire a passo a passo l’ingegno umano nelle sue operazioni. Chi potesse, per esempio vedere, come tutte l’arti erano da principio zotiche, e rozze, senza disegno, nè proporzione, e poi di mano in mano proseguire con l’occhio, e scoprire di tempo in tempo in qual forma s’ingentilirono nelle mani degli uomini, sarebbe, pare a me, un sollazzo da pagarlo ogni danaro. Un tempo i Popoli dormivano sotto le frasche, poi dovettero piantare certi pali appena digrossati, poi incrocicchiarne molti altri; di la si cominciò a fare certi graticci di vinchi, e ad intonacargli col pantano, poscia a murare, e infine ad usare colonne, pilastri, marmi, e ad occupare uno spazio grande di terra, e d’aria co’Palagi, colle Torri, co’Campanili, e con altri Edifizii di tante qualità, che l’aspetto del Mondo è divenuto un’altra cosa. Tutto è opera dell’ingegno dell’uomo. Fiorita da me accennata, e mi fu cortesemente da quegli artefici mostrata a parte a parte; con molte altre rarità lavorate da loro. Ho veduto in certe cassettine bislunghe di cera, parte dorate, e parte, che paion d’asse, fiori d’ogni qualità, giacinti, anemoni, tulipani, gherofani, rose, viole, che tutti sembrano spuntati dalle radici, e coll’erba intorno. Altri sono posti in certi rinfrescatori di finto alabastro, con qualche filo d’oro; tutti così bene modellati, con tanto artifizio e disegno, che sembrano de’più disciplinati vasi antichi. I colori de’fiori sono tutti naturalissimi, sicchè invitano la mano a cogliere. E perchè in un Giardino v’è pure qualche animale, hanno con cera imitato un Gallo, una Gallina, e un Colombo, sì belli, che tu diresti, che sono usciti di mano dalla natura. Oltre a tutto ciò essi hanno apparecchiato quanto può fare di bisogno ad una Bottega di Caffè, in cera. Caffettiere, vasi da far bollire il Cioccolate, il Te, chicchere, e ogni appartenenza di tali delicatezze, tutto così candido, fino, e con tanta grazia lavorato, che pare impossibile a dire, che con sottilissime candeluzze si possa fare così belle, e naturali imitazioni. Io credo, che quando uno dapprima trovò l’invenzione del fare candele, torce, e ceri di quella materia, e di mettervi un lucignolo dentro perchè ardessero a poco a poco, si credesse, che non si potesse andare più oltre. E tuttavia ecco a qual punto l’intelletto umano ha condotta quest’Arte: e certo io credo che tutte l’altre potessero andar sempre più avanti, se gli uomini non s’arrestassero a quello, che fu fatto, ma tentassero d’aggiungervi del suo. Questi giovani, come ho detto nel passato Foglio, faranno vedere la loro bell’opera Martedì, che sarà il giorno dell’Ingresso di sua Eccellenza Procuratore Tommaso Quirini.
Volendo il Professore assicurarsi dell’indole, e degli attacchi di questo Polipo, introdusse nella narice uno specillo d’argento, che non potè spingere più oltre del principio della volta del Palato, in cui trovò una gagliarda resistenza, seguita da un senso così molesto, che la Giovane non potè tollerare, che si proseguisse l’esame. Ha nulla ostante potuto osservare, che tutta la cavità era perfettamente occupata da questa sostanza, la quale rassomigliava ad un pezzo di carne pallida, e scolorita, investita di cuticola, tramezzo a cui però apparivano delle diramazioni di alcuni sottilissimi vasi sanguigni, e della figura d’una verde uliva assai grossa; talmente era dal velame di essa distesa la radice. Esaminando in seguito le fauci, osservò che nel lato corrispondente alla narice pendeva sul lembo inferiore e posteriore del velo Palatino un pezzo di sostanza simile alla precedente, il quale colla sua estensione arrivava a comprimere posteriormente oltre il velo Palatino anche l’ugola medesima. Egli però non si poteva osservare senza sollevare un poco collo specillo l’ugola, e il lembo del Palato mobile.
Fece sedere l’Inferma rimpetto a chiaro lume colla testa piegata all’indietro, indi introdusse per la narice uno specillo d’argento facilmente flessibile e molto incurvato, a cui era attaccato nell’estremità superiore un refe cerato, al quale era annessa dopo un picciol tratto una cordellina di lino sottile, larga una linea. Introdusse lo specillo, e giunto alla volta del Palato, lo inclinò alquanto, e lo spinse leggermente, finchè comparve al di là dell’ugola. Allora colle mollettone introdotte per la bocca, prese il filo, e lo trasse alquanto a sè, finchè lo assicurò nelle mani d’uno degli astanti, e allora colla forbice lo separò dallo specillo, il quale tostamente estrasse; e in seguito tirando il filo già detto per la bocca, fece passare la cordellina, lasciandola a guisa di setaceo fuori del naso e della bocca. Eseguito ciò colle mollettine aggrappò più alto che potè il Polipo nella narice, e dopo averselo ben assicurato, contorcendo, e traendo, staccò tutta la porzione che occupava la narice, la quale non avea altro attacco che al Polipo maggiore di cui si parlerà in appresso. Questa porzione staccata era della lunghezza e grossezza all’incirca d’un pollice, verso la di cui parte superiore però era estuberante un pezzo della medesima sostanza, della figura d’un’amandorla, ma un po’ più lunga; dopo di che introdusse alcune filaccia asperse d’un mescuglio di bianco d’ovo, spirito di vino, e sangue di Drago, per arrestare l’effusione di sangue, che soltanto usciva dalla narice, e non dalle fauci. Dappoi lasciò che l’Inferma riposasse quel giorno, e ´l susseguente, in cui non fece che rinnovare l’introduzione della filaccia nel modo già detto.
Avendo osservata la situazione del Polipo, che rimaneva, per poterlo aggrappare con più sicurezza e facilità fece fare una mollettina colle estremità ricurve e forate, della quale se ne servì nel terzo giorno.
Opportunamente situata l’Inferma nel terzo giorno, introdusse nella bocca la detta mollettina, e la spinse al di là del Palato mobile, e strinse con essa la sostanza Poliposa nella parte quanto gli fu permesso la più vicina all’attacco, tentando varj modi, finchè gli riuscì distaccarla. Fu sorpresa in questo punto la Giovane da emorragia, e però facendo uso della cordellina introdotta con questo oggetto il primo giorno, attaccò ad essa un globo di filaccia inzuppate nel mescuglio suddetto, e traendo a sè quell’estremità ch’era pendente del naso, le fece arrivare al sito, ove era attaccato il Polipo, e da cui ragionevolmente ha creduto, che derivasse l’emorragia, la quale immediatamente cessò; e per difender l’ulcera, e per maggior cautela introdusse anche nella narice un’altro globo di fila asciutte.
Nel quarto giorno rinnovò la predetta medicatura, e si assicurò che l’emorragia era cessata.
Nel quinto fu sorpresa da febbre con qualche riscaldamento alle fauci, e dolor di capo; però in questo giorno prese un purgante leggero, e fece uso d’un gargarismo refrigerante che fu un’idromele rosato, e replicò la medicatura con sole fila sciutte.
Nel sesto giorno, mantenedosi la febbre, se le cacciò sangue dal braccio la mattina, e dal piede la sera; e per promovere la suppurazione, introdusse nel naso, e al di dietro del Palato mediante la cordellina delle filaccia tinte nel mele rosato, e proseguendo con questo metodo per varj giorni, venne a cicatrice l’ulcera alle sole filaccia asperse di polvere di mastice.
Era notabile nel tempo della suppurazione l’esito d’un moco tenace, e viscido, che si estraeva nel tempo della rinnovazione della medicatura, attaccato alle fila, e di materie fetide e ichorose, molto somiglianti a quelle, che stillano da cancri ulcerati, dall’acrimonia delle quali venne ad esulcerarsi in picciola parte il lembo del Palato mobile, per cui fu d’uopo toccarla col mele rosato misto ad un poco di Balsamo di solfere Terebintinato, essendosi con questo mezzo l’ulcera detersa, e in seguito col sciroppo di rose secche intieramente consolidata. La paziente risanò perfettamente, e il Polipo estratto, che al tempo dell’estrazione pensava due oncie incirca, ed era di volume presso che d’un pollice e mezzo in solido, si conserva dal Professore medesimo.
Chiunque desiderasse d’affidare Giovani all’attenzione d’un Professore di Legge, diasi in nota alla Bottega di Paolo Colombani Librajo in Merceria. Esso Professore nel prossimo venturo Decembre comincierà a dettar Lezione d’Istituta Civile e Canonica, ed assisterà per due ore circa in ogni giorno Feriale a’Giovani studiosi. Manifestato che sia il Nome e Cognome delle Persone, che vorranno onorarlo; Egli supplirà al suo dovere col rassegnarsi loro personalmente, e per concretarsi a quel metodo, che a norma delle circostanze sembrerà più opportuno.
Philosophical Inquiry concernins Human Liberty. London. 1727.12.
The Works of Plato Abrigid With notas in 3. Vol. Lond. 1749.
Tractatus de pulchritudine a Vaenio rariss. Bruxelles 1662. 12.
Macchiavelli il Principe, la vita di Castruccio, e ritratti. Venezia Comin da Trino. 1541. 12.
Justiniani Institutionum curante Vinnio Amst. elzevir. 1652. 12.
Ovidii Opera omnia a Nicolao Heinsio. Tom. 3. Amst. 1686. 16.
Reflexions sur les grands hommes qui sont morts en plaisantant. Amst. 1732.
Huet Traitè Philosophique de la soiblesse de l’esprit humain. Amst. 1723.
L’homme Machine 1748.
L’homme Plante a Potsdam
Essai sur la nature du Commerce en General traduit de l’Anglois Londres 1755. 12.
Casa grande, e due Casette a S. Samuele, in Calle delle Carozze, sono da vendere.
Chi volesse applicarvi, parli col Caffettiere in Campo S. Stefano.
Una Bottega sotto le Procuratie Nove num. XXXII. che è da Barbier, chi la desidera in affitto, parli con quel, che si trova in detta Bottega.
Casa d’affittar a San Trovaso sulla Fondamenta in faccia alla Chiesa vicino a Kà Nani con tutte le sue comodità, con Pozzo d’acqua perfetta, con Corte, ed’altra Casetta in fondo di detta Corte, il tutto paga d’affitto all’anno Duc. 90.
Le chiavi sono dal Rusteghello Tagliapietra vicino al Remer sopra la stessa Fondamenta.
Lione Ducati- 58 7/8? Banco per Scudi d’Oro Sole N. 100. da Lire 3. l’uno.
Bolzano Soldi- 133 ½ per un Scudo da Carantani 93.
Roma Scudi Oro Stampe 63 ¾? per Ducati 100. Banco.
Napoli Ducati Regno 120 ½ per Ducati 100. Banco.
Firenze Scudi- 80 Oro da Lir. 7 ½ per Ducati 100. Banco.
Livorno Pezze da 8/r 104 per Ducati 100. Banco.
Milano Soldi- 155 ½ per un Scudo di Soldi 117. Imperiali.
Genova Soldi- 94 per un Scudo da Lir. 4: 12 Fuori Banco.
Anversa grossi- 94 ½ per un Ducato Banco.
Amsterdam grossi- 90 1/3 per un Ducato Banco.
Amburgo grossi- 84 per un Ducato Banco.
Londra Sterlini- 52 ¾ per un Ducato Banco.
Augusta Taleri- 99 ¾ per 100. Ducati Banco.
Vienna Fiorini- 191 ¼ per Ducati 100. Banco.
A San Marco. Nella Bottega da Caffè di Florian.
In Merceria. Nella Bottega di Paolo Colombani Librajo.
Giù del Ponte di S. Polo appresso la Calle dei Savoneri. Nella Bottega di Gasparo Ronconella Librajo.
In Venezia. Per Pietro Marcuzzi Stampatore.
Con Privilegio.