Saggio IV. Luca Magnanima Moralische Wochenschriften Alexandra Fuchs Editor Johanna Waldner Editor Angelika Hallegger Editor Andrea Kaser Editor Institut für Romanistik, Universität Graz 20.12.2016 o:mws.5430 Magnanima, Luca: Osservatore toscano. Livorno: Carlo Giorgio 1779-1783, 50-56 Osservatore Toscano 1 04 1783 Italien Ebene 1 Ebene 2 Ebene 3 Ebene 4 Ebene 5 Ebene 6 Allgemeine Erzählung Selbstportrait Fremdportrait Dialog Allegorisches Erzählen Traumerzählung Fabelerzählung Satirisches Erzählen Exemplarisches Erzählen Utopische Erzählung Metatextualität Zitat/Motto Leserbrief Graz, Austria Italian Wirtschaft Economia Economy Economía Économie Italy 12.83333,42.83333

Saggio IV.

Impossibilità di fissare il prezzo delle cosè.

Uomini che siete mai? Dite che siete nati liberi, che niuno ha diritto contra la vostra libertà, che senza di essa sono inutili il talento, i sensi, il valore, e poi vi affliggete, se alcuno vi rende a questa libertà. Ciò si verifica in riguardo al prezzo delle cose. Se oggi possedete, vorreste libero il prezzo, se dimani siete nella povertà, questo libero prezzo è ingiusto; la legge dovrebbe fissarlo. Gli uomini al parer vostro, non debbon vendere il loro quanto vogliono, quasi sia dimostrato che il prezzo dipende veramente dalla loro volontà. Uomini, voi siete popolo, e dovete essere illuminati su quel che non sapete. Dunque tu ne fai più di tutti. Questa, io rispondo, sarebbe follia. Pure, o sappia, o non sappia, basterà che io dimostri, che il popolo erra quando esclama contro la libertà, riguardo al prezzo delle cose. Se io dunque dimostrerò essere un impossibile il fissare un tal prezzo; che sarebbesi anzi un gran male a fissarlo; che sarebbe un’aperta ingiustizia, io avrò dimostrato almeno contro tanti, che pretendono di non esser popolo, alcune verità che essi non sapeano, e che possono esser fruttuose anche agli altri.

Quando mi pongo a trascorrere col pensiero l’ampia superficie della terra, veggo che il gran principio della vegetazione è il medesimo per tutto. Quindi sotto tutti i climi io veggo nascere, e fiorire le piante, generarsi, e crescere gli animali, senza che la riproduzione mai non si riposi. Solo io veggo una varietà presso che immensa nell’erbe, nelle piante, ne’ fiori, negli animali, e in tutto il resto delle cose, perchè il sole agisce ove più, ove meno colla forza de’suoi raggi. In vista dunque del gran principio, che dicemmo, noi comprendiamo che la terra è fatta per tutti, senza che una parte sia più favorita dell’altra, e che tutto è stato fatto egualmente per tutti. Or posto ciò, ognun vede che non è stata intenzione della Natura di essere in parti divisa, ma che tutto fosse comune a tutti. Molto meno ella ha voluto che sia un prezzo alle cose, che ella ha sparse con tanta copia sulla terra; poichè non ci può essere un prezzo alle cose, che non mancano mai, e che sono universali. Le intenzioni dunque di essa sono state bellissime, perché con un semplice principio ha voluto che sussistano, e si riproducano milioni di creature, senza che alcuna dovesse languire nello stento. Quello pertanto, che prezzo si chiama, è nato dopo che gli uomini si son dipartiti dalle belle istituzioni della Natura, e che an voluto occupare quel che era comune. Or sussistendo i bisogni, e non essendovi più nulla in comune, ha dovuto cominciare a nascere il prezzo, il quale poi si è affatto compito, quando gli uomini si son trovati assai volte a vedere la scarsità de’ prodotti per soddisfar pienamente a que’ bisogni.

Venuti a poco a poco nello stato, in cui sono al presente, si domanda che cosa è il prezzo? Si risponde essere la quantità di un genere, o di denaro, che si offre per riceverne un’altra. Benissimo; ma questa quantità dee pure avere una misura comune, onde nessuna delle parti, l’una che dà, e l’altra, che riceve, non resti aggravata. Questa misura non può essere arbitraria; perché se ella fosse, potrebbe non esser giusta. Or vede ognuno che il bisogno è il primo elemento del prezzo, il secondo la scarsità. Il prezzo dunque è sempre composto di questi due elementi, bisogno, e scarsità. Non posson essere altri i suoi componenti. Ho detto che il primo elemento è il bisogno, e credo con ragione, perchè quando non ci è un bisogno, è certo essere inutile la scarsità. Ci è un popolo che consuma, per esempio, due milioni di sacca di grano in un anno, ed il passato ne ha ricolte sei milioni, egli non teme nulla della presente scarsità. Dunque allora la scarsità è fatale al prezzo, quando si aggiunge all’assoluto bisogno. Se questo non è assoluto, che sieno scarse o no le raccolte, poco importa. Dunque la scarsità entra come elemento del prezzo, ma come elemento, che nulla vale senza del primo.

Ora quì si vuole un prezzo fisso, un prezzo costante, cioè che sia tale almeno per un dato tem-po. Bene; ma per fissarlo al giusto, o più al giusto che sia possibile, bisogna prima averne in mano sicuri gli elementi. Or chi saprà mai stabilire i bisogni di un popolo, in riguardo alle cose assolutamente necessarie, e calcolarli poi secondo l’abbondanza, o scarsità di esse? Ognun vede che si tratta di fissare i bisogni di un popolo in se stesso. Chi sarà mai capace di farlo se manca il primo elemento? Si replicherà che non si tratta di un calcolo, che sia giustissimo; ma che si avvicini il più all’esattezza. Anche questo non più riuscire, perché i bisogni dell’uomo sono come fluttuanti, e non è possibile di avvicinarsi neppure a quella esattezza, perché si tratta anche di bisogni sempre li stessi in natura, ma variabili ogn’istante, e nel tempo medesimo che si vanno computando. È dunque un impossibile lo stabilire un prezzo, perché è un impossibile il ridurre a calcolo i bisogni di un popolo, il quale, come ognun può conoscere, è mutabile ogni momento in essi, per li diversi stati di salute, e d’infermità, in cui passa di continuo, a quali stati si possan ridurre le variazioni dell’ età, e delle passioni. Dunque essendo un impossibile per le cose già dette, io non so perché si debban fare de’ lamenti contro del governo, che non tassa i prezzi delle cose, di cui i nostri uomini anno bisogno di più.

Fin quà ho parlato di un popolo in se stesso considerato, vale a dire senza che egli abbia relazione con altri popoli confinati. Che se si considera poi nelle relazioni, che può avere con altri popoli circonvicini, diventa anche maggiore l’impossibilità di stabilire il prezzo comune. In forma a misura che si estendono le relazioni fra un popolo, ed alcuni altri, sieno di qualunque genere. e [sic.] massime in un libero commercio, si chiude ogni passo per fissare qualunque siasi prezzo. È dunque un pensiero, che va abbandonato alla natura delle cose, le quali fanno da se livellarsi senza del nostro aiuto. E nel vero le cose, che sono in moto per cagione di commercio, son simili ad una gran massa di liquido, la quale o se ne aggiunga, o se ne tolga, fa in un istante subito livellarsi da se naturalmente, senza che abbia bisogno dell’ arte umana, che sarebbe in questo, come in altre cose, assai fallace.

Ma dato che alcuno, contro l’impossibilità medesima, volesse fissare questo prezzo, è manifesto che in sì fatta impossibilità è rinchiusa l’ingiustizia. Dunque in questo caso tanto è dire impossibile a farsi, che ingiusto, perché tentato, ne vengono sicuramente de’mali. Ed è tanto vero quel che affermiamo, che non segue egualmente essere un cosa ingiusta anche impossibile a farsi, perchè anzi avviene il contrario, sapendosi benissimo che tutte le volte che si nomina l’ingiustizia, ha questa sempre relazione ad azioni già fatte, o da farsi.

Se dunque in questa nostra impossibilità è richiusa l’ingiustizia, è chiaro che dall’una, e dall’altra non possono scaturire altro che mali. Illustriamo con qualche esempio il nostro ragionare. Immaginia-mo che voglia quest’ anno mettersi un prezzo alla seta sul raccolto, che se n’è fatto, e che risulta esattamente dal numero delle libbre, che ognuno ha dovuto manifestare. Fissiamolo a lire 18. fiorentine. Questo prezzo, perché si avvicini più al giusto che sia possibile, conviene che siansi calcolati similmente i bisogni sulla quantità della seta, e perciò si sappiano pure con una certa verosimiglianza le ricerche da farsi. Ma questa operazione abbiamo dimostrato essere un impossibile. Dunque il prezzo di lire 18. non è il suo vero prezzo. Pensiamo nondimeno che il prezzo delle lire 18. sia già stabilito. I bisogni, senza rintracciarne il perchè, sono minori quest’anno, e perciò minori le richieste. Chi pagherà mai quel prezzo la seta? Pochissimi. Che farà chi ha impiegato in sete delle somme? Bisognerà che rovini, sì perché non ne ha pronto lo smercio, sì perché stando al prezzo fissato, può darsi che le ricerche si facciano sempre minori. Bisognerà dunque darla al prezzo naturale, e che si livella da se stesso ogni giorno, ogni ora. Dunque se è così, a che stabilirlo? E se all’ opposto sieno grandi i bisogni di questa merce, e continuate le richieste, chi farà ma quel venditore, che vorrà darla al prezzo stabilito, che allora non è il suo? Adunque egli dovrà sempre perdere, quando non debba regolarsi il suo prezzo dal bisogno, e dalla maggiore, minor copia di essa. In qualunque modo dovrà rovinare. Sarà dunque una perdita generale per coloro, che avranno fondato il loro guadagno sulla seta. Ho scelto questo esempio, benchè non sia facile a vedersi tassata, ma perchè equivale ad ogn’altro, che avrei potuto produrre.

Veniamo dunque a noi. Ingiusti sono i lamenti di tutti coloro che son popolo, a riguardo del prezzo, che si vorrebbe stabilito, almeno su i generi di prima necessità. Se si stabilisse abbiam veduto quel che ne seguirebbe. Se vi sono stati de’ tempi, che leggi sì fatte sono state sempre deluse, e doveva esser così. Non è possibile che le leggi abbiano lunga durata, se sono in se stesse contro l’interesse degli uomini, sebbene non lo siano in apparenza. Non perdiamo dunque il nostro tempo a fissare i prezzi alle cose di commercio, nè ristretti fra noi, nè in relazione con altri popoli, o vicini, o lontani. La Natura fa quel che noi non possiam fare. Alla Natura, alla Natura.

Saggio IV. 1783 Saggio IV. Impossibilità di fissare il prezzo delle cosè. Uomini che siete mai? Dite che siete nati liberi, che niuno ha diritto contra la vostra libertà, che senza di essa sono inutili il talento, i sensi, il valore, e poi vi affliggete, se alcuno vi rende a questa libertà. Ciò si verifica in riguardo al prezzo delle cose. Se oggi possedete, vorreste libero il prezzo, se dimani siete nella povertà, questo libero prezzo è ingiusto; la legge dovrebbe fissarlo. Gli uomini al parer vostro, non debbon vendere il loro quanto vogliono, quasi sia dimostrato che il prezzo dipende veramente dalla loro volontà. Uomini, voi siete popolo, e dovete essere illuminati su quel che non sapete. Dunque tu ne fai più di tutti. Questa, io rispondo, sarebbe follia. Pure, o sappia, o non sappia, basterà che io dimostri, che il popolo erra quando esclama contro la libertà, riguardo al prezzo delle cose. Se io dunque dimostrerò essere un impossibile il fissare un tal prezzo; che sarebbesi anzi un gran male a fissarlo; che sarebbe un’aperta ingiustizia, io avrò dimostrato almeno contro tanti, che pretendono di non esser popolo, alcune verità che essi non sapeano, e che possono esser fruttuose anche agli altri. Quando mi pongo a trascorrere col pensiero l’ampia superficie della terra, veggo che il gran principio della vegetazione è il medesimo per tutto. Quindi sotto tutti i climi io veggo nascere, e fiorire le piante, generarsi, e crescere gli animali, senza che la riproduzione mai non si riposi. Solo io veggo una varietà presso che immensa nell’erbe, nelle piante, ne’ fiori, negli animali, e in tutto il resto delle cose, perchè il sole agisce ove più, ove meno colla forza de’suoi raggi. In vista dunque del gran principio, che dicemmo, noi comprendiamo che la terra è fatta per tutti, senza che una parte sia più favorita dell’altra, e che tutto è stato fatto egualmente per tutti. Or posto ciò, ognun vede che non è stata intenzione della Natura di essere in parti divisa, ma che tutto fosse comune a tutti. Molto meno ella ha voluto che sia un prezzo alle cose, che ella ha sparse con tanta copia sulla terra; poichè non ci può essere un prezzo alle cose, che non mancano mai, e che sono universali. Le intenzioni dunque di essa sono state bellissime, perché con un semplice principio ha voluto che sussistano, e si riproducano milioni di creature, senza che alcuna dovesse languire nello stento. Quello pertanto, che prezzo si chiama, è nato dopo che gli uomini si son dipartiti dalle belle istituzioni della Natura, e che an voluto occupare quel che era comune. Or sussistendo i bisogni, e non essendovi più nulla in comune, ha dovuto cominciare a nascere il prezzo, il quale poi si è affatto compito, quando gli uomini si son trovati assai volte a vedere la scarsità de’ prodotti per soddisfar pienamente a que’ bisogni. Venuti a poco a poco nello stato, in cui sono al presente, si domanda che cosa è il prezzo? Si risponde essere la quantità di un genere, o di denaro, che si offre per riceverne un’altra. Benissimo; ma questa quantità dee pure avere una misura comune, onde nessuna delle parti, l’una che dà, e l’altra, che riceve, non resti aggravata. Questa misura non può essere arbitraria; perché se ella fosse, potrebbe non esser giusta. Or vede ognuno che il bisogno è il primo elemento del prezzo, il secondo la scarsità. Il prezzo dunque è sempre composto di questi due elementi, bisogno, e scarsità. Non posson essere altri i suoi componenti. Ho detto che il primo elemento è il bisogno, e credo con ragione, perchè quando non ci è un bisogno, è certo essere inutile la scarsità. Ci è un popolo che consuma, per esempio, due milioni di sacca di grano in un anno, ed il passato ne ha ricolte sei milioni, egli non teme nulla della presente scarsità. Dunque allora la scarsità è fatale al prezzo, quando si aggiunge all’assoluto bisogno. Se questo non è assoluto, che sieno scarse o no le raccolte, poco importa. Dunque la scarsità entra come elemento del prezzo, ma come elemento, che nulla vale senza del primo. Ora quì si vuole un prezzo fisso, un prezzo costante, cioè che sia tale almeno per un dato tem-po. Bene; ma per fissarlo al giusto, o più al giusto che sia possibile, bisogna prima averne in mano sicuri gli elementi. Or chi saprà mai stabilire i bisogni di un popolo, in riguardo alle cose assolutamente necessarie, e calcolarli poi secondo l’abbondanza, o scarsità di esse? Ognun vede che si tratta di fissare i bisogni di un popolo in se stesso. Chi sarà mai capace di farlo se manca il primo elemento? Si replicherà che non si tratta di un calcolo, che sia giustissimo; ma che si avvicini il più all’esattezza. Anche questo non più riuscire, perché i bisogni dell’uomo sono come fluttuanti, e non è possibile di avvicinarsi neppure a quella esattezza, perché si tratta anche di bisogni sempre li stessi in natura, ma variabili ogn’istante, e nel tempo medesimo che si vanno computando. È dunque un impossibile lo stabilire un prezzo, perché è un impossibile il ridurre a calcolo i bisogni di un popolo, il quale, come ognun può conoscere, è mutabile ogni momento in essi, per li diversi stati di salute, e d’infermità, in cui passa di continuo, a quali stati si possan ridurre le variazioni dell’ età, e delle passioni. Dunque essendo un impossibile per le cose già dette, io non so perché si debban fare de’ lamenti contro del governo, che non tassa i prezzi delle cose, di cui i nostri uomini anno bisogno di più. Fin quà ho parlato di un popolo in se stesso considerato, vale a dire senza che egli abbia relazione con altri popoli confinati. Che se si considera poi nelle relazioni, che può avere con altri popoli circonvicini, diventa anche maggiore l’impossibilità di stabilire il prezzo comune. In forma a misura che si estendono le relazioni fra un popolo, ed alcuni altri, sieno di qualunque genere. e [sic.] massime in un libero commercio, si chiude ogni passo per fissare qualunque siasi prezzo. È dunque un pensiero, che va abbandonato alla natura delle cose, le quali fanno da se livellarsi senza del nostro aiuto. E nel vero le cose, che sono in moto per cagione di commercio, son simili ad una gran massa di liquido, la quale o se ne aggiunga, o se ne tolga, fa in un istante subito livellarsi da se naturalmente, senza che abbia bisogno dell’ arte umana, che sarebbe in questo, come in altre cose, assai fallace. Ma dato che alcuno, contro l’impossibilità medesima, volesse fissare questo prezzo, è manifesto che in sì fatta impossibilità è rinchiusa l’ingiustizia. Dunque in questo caso tanto è dire impossibile a farsi, che ingiusto, perché tentato, ne vengono sicuramente de’mali. Ed è tanto vero quel che affermiamo, che non segue egualmente essere un cosa ingiusta anche impossibile a farsi, perchè anzi avviene il contrario, sapendosi benissimo che tutte le volte che si nomina l’ingiustizia, ha questa sempre relazione ad azioni già fatte, o da farsi. Se dunque in questa nostra impossibilità è richiusa l’ingiustizia, è chiaro che dall’una, e dall’altra non possono scaturire altro che mali. Illustriamo con qualche esempio il nostro ragionare. Immaginia-mo che voglia quest’ anno mettersi un prezzo alla seta sul raccolto, che se n’è fatto, e che risulta esattamente dal numero delle libbre, che ognuno ha dovuto manifestare. Fissiamolo a lire 18. fiorentine. Questo prezzo, perché si avvicini più al giusto che sia possibile, conviene che siansi calcolati similmente i bisogni sulla quantità della seta, e perciò si sappiano pure con una certa verosimiglianza le ricerche da farsi. Ma questa operazione abbiamo dimostrato essere un impossibile. Dunque il prezzo di lire 18. non è il suo vero prezzo. Pensiamo nondimeno che il prezzo delle lire 18. sia già stabilito. I bisogni, senza rintracciarne il perchè, sono minori quest’anno, e perciò minori le richieste. Chi pagherà mai quel prezzo la seta? Pochissimi. Che farà chi ha impiegato in sete delle somme? Bisognerà che rovini, sì perché non ne ha pronto lo smercio, sì perché stando al prezzo fissato, può darsi che le ricerche si facciano sempre minori. Bisognerà dunque darla al prezzo naturale, e che si livella da se stesso ogni giorno, ogni ora. Dunque se è così, a che stabilirlo? E se all’ opposto sieno grandi i bisogni di questa merce, e continuate le richieste, chi farà ma quel venditore, che vorrà darla al prezzo stabilito, che allora non è il suo? Adunque egli dovrà sempre perdere, quando non debba regolarsi il suo prezzo dal bisogno, e dalla maggiore, minor copia di essa. In qualunque modo dovrà rovinare. Sarà dunque una perdita generale per coloro, che avranno fondato il loro guadagno sulla seta. Ho scelto questo esempio, benchè non sia facile a vedersi tassata, ma perchè equivale ad ogn’altro, che avrei potuto produrre. Veniamo dunque a noi. Ingiusti sono i lamenti di tutti coloro che son popolo, a riguardo del prezzo, che si vorrebbe stabilito, almeno su i generi di prima necessità. Se si stabilisse abbiam veduto quel che ne seguirebbe. Se vi sono stati de’ tempi, che leggi sì fatte sono state sempre deluse, e doveva esser così. Non è possibile che le leggi abbiano lunga durata, se sono in se stesse contro l’interesse degli uomini, sebbene non lo siano in apparenza. Non perdiamo dunque il nostro tempo a fissare i prezzi alle cose di commercio, nè ristretti fra noi, nè in relazione con altri popoli, o vicini, o lontani. La Natura fa quel che noi non possiam fare. Alla Natura, alla Natura.