Zitiervorschlag: Antonio Piazza (Hrsg.): "Num. 39", in: Gazzetta urbana veneta, Vol.4\039 (1790), S. 305-312, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Dickhaut, Kirsten / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.2602 [aufgerufen am: ].


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Num. 39

Sabbato 15. Maggio 1790.

Ebene 2► Ebene 3► Brief/Leserbrief► Sig. Gazzettiere.

Voi avete resa pubblica, o Signore, l’immatura morte dell’Illustrissimo Signor Alvise Orsini, Interveniente chiarissimo di questo Foro. Permettete però ad uno, ch’ebbe la sorte di conoscerlo assai da vicino, di pubblicare col mezzo vostro alcuni tratti principali di sua vita. Ciò servirà non solo di meritato onore alla sua illustre memoria; ma altresì agli altri di eccitamento, onde emulare le sue preziose virtù, e rinnovarle in sè stessi.

Ebene 4► Fremdportrait► La massima accreditata pur troppo, che non si arrivi quaggiù a far fortune, che per la via dei raggiri, dell’audacia, dell’impostura, delle viltà, e della cabala; restò a conforto ed esempio de’buoni smentita e distrutta dalla condotta dell’ottimo Orsini. Guardi il Cielo, ch’egli sia andato in traccia giammai di Clientele; che abbia impiegato verun mezzo, come con obbrobrio della Professione da taluni si pratica, per ottenerle. Anzi delle innumerevoli, che tanto più gli veniano spontanee, ei licenziavane il maggior numero; perchè non accettava che quelle sole, che previo il più accurato esame, erano da lui stimate consone all’onestà alla giustizia. Non era poi, che nella sua scelta di Clientele, quelle sole fossero da lui accolte, che riuscite sarebbero di maggior lucro, o che più erano onorifiche, mercè la condizion de’Clienti. Purchè oneste, egli accettava ugualmente anche le povere: e ben di frequente si sottomettea volontario a ragguardevoli esborsi del proprio a difesa dell’Orfana, della Vedova, del Pupillo.

Quelle però che avea scelte erano da lui sostenute colla maggior diligenza, e premura. E a queste medesime doti la probità precedevano, il disinteresse, l’onore. Lungi da lui ogni studio di coglier vantaggi con insidia, e per vie indirette. La circuizione, il raggiro, la bassa malizia non erano per quell’animo grande. Proseguiva la sua carriera nelle controversie civili, come i veri Eroi nelle Battaglie, che attaccano il nemico di fronte, ed a ciel sereno. Il solo pensiero poi, ch’egli non si prendeva mai, era quello di sè medesimo, e de’proprj proventi. Anzi procedeva con tal nobiltà, che non metteva a carico de’Clienti certe spezie pur riflessibili e necessarie di spese.

La sua capacità poi è nota abbastanza. Può dirsi veramente, ch’egli abbracciasse in tutta la sua vasta estensione l’intero campo della procedura [306] Forense, e della materia legale. I suoi consigli erano riguardati e rispettati universalmente, come le autorità più sicure. E quello che lo rendea più mirabile, in mezzo al labirinto ed al caos del Foro, le sue direzioni riuscivano sempre semplici e piane. Ben lontano dal carattere di coloro, che o per ignoranza o per malizia moltiplicano l’atteggio all’infinito, e non operano che per poter dire d’aver operato; egli stralciava ognora l’inutile e il superfluo.

Abborriva all’estremo le Cause d’Ordine, che non hanno origine, he dall’ignoranza, o dal puntiglio, o dalla venalità dei Difensori, o dell’una parte o dell’altra; e che sono un vero sagrifizio de’Clienti, niente vaghi di proponer le sue azioni piuttosto in una che in altra forma, innanzi questo o quel Giudice; ed una vera violenza che si pratica agli stessi, perchè abbiano a litigare per forza, e a lasciar protrarsi la definizione delle loro vertenze.

Alla prudenza e al criterio nella direzion degli affari univa ancora un modo di scrivere colto e purgato. Gli Atti, e le Scritture, ch’egli estendeva, non avevano quel gergo insoffribile, e quasi comune di ampolosità, e di suoni vuoti e gonfj; ma si distinguevano per uno stile naturale, e per la sostanza, e il buon senso. Chi sa quante volte una sua Scrittura, che mettea nel più chiaro lume la giustizia e l’onestà della propria Causa, non abbia fatto rimuovere gli Avversarj da ogni ulterior insistenza! Ciò mostra vano e condannabile il pretesto di coloro, che riempiono le Scritture soltanto di parole insignificanti, e delle solite frasi e formalità, per aver il vantaggio non so quanto plausibile di sorprender indifesi gli Avversarj al momento della trattazion della Causa. È però vero, che il metodo dell’Orsini esige un soggetto suo pari: e che l’altro di non dir nulla è più cauto per tutti coloro, che afferrar non saprebbero il vero nodo della questione, e i sodi appoggi della sua parte.

A tanti e sì chiari doni univa altresì una dolcezza, un’affabilità, e una deferenza per tutti, che partiva dal retto suo cuore, e che dava il compimento a’suoi rari numeri. Niente avea di quell’aria di gravità e d’importanza, che stimano alcuni necessaria, e che loro lo è forse, per sostenere il suo grado. Spoglio d’ogni presunzione, umile, tollerante, pronto a’porger orecchio ai pareri degli altri, egli era forse il solo in tutto il Veneto Dominio, ed oltre ancora, che ignorasse il merito dell’Orsini, e la sua estimazione.

Con quanto amore poi, con qual pazienza, e piacere non si prestava egli a istruire la Gioventù studiosa, che da lui ricorreva, onde aver qualche lume, onde schiarirsi su qualche dubbio? Per prova in somma del complesso di pregi e di virtù ch’egli univa, basterà dire, che la malignità e l’invidia stessa altro non sapeano imputargli, che la taccia di soverchia delicatezza.

È ben evidente, che con tante e sì rare doti e di animo e di spirito, esser egli doveva, com’era in fatto, la delizia e l’affetto di tutti. Orsini era un nome caro e rispettabile a ognuno: e non è insolito, che chi non poteva averlo suo difensore, se lo desiderasse almeno avversario; ben certo così di non soffrir cose all’onestà ripugnanti.

Un soggetto sì prezioso e sì raro, occupato solo nel far del bene, non trovava divertimento, che nelle sue occupazioni. Egli stimato avrebbe, che ogni istante tolto a’suoi studj per dedicarlo a qualche sollievo, fosse stato un defraudo a’proprj Clienti. Instancabile era quindi e indicibile la sua affiduità. Col favore d’un temperamento robusto, disprezzava il sonno, e perfino le indisposizioni di salute; per attendere ai proprj pesantissimi uffizj. [307] Le Villeggiature, che per gli altri sono, e che per tutti i Forensi esser devono un tempo di respiro e riposo, lo guidavano bensì alla Campagna, e gli recavano qualche ristoro nelle delizie di essa; ma erano ugualmente dedicate all’esame degli affari più avviluppati ed estesi, che il giornaliero impiego degli altri tempi non permettevagli di esaurire.

Una vita così laboriosa non era comportabile da forza umana. De’sughi infesti si accumularono ne’suoi visceri per effetto di una cattiva digestione. Essi scoppiarono alla fine la notte dello scorso Sabbato Santo. Un complesso di malori tutti gravi, e tra loro contrarj lo combatterono per trentasette interi giorni. La Religione da lui venerata e osservata con esattezza nel corso tutto di vita sua, lo consigliò tosto ad approfittarsi della serenità di mente, e ad adempiere ai doveri di Cristiano. Dopo un lungo e penoso travaglio, passò finalmente agli eterni riposi alle ore sette della notte della prossima scorsa Domenica venendo il Lunedì: e spirò vittima del bene altrui in età fresca, perchè di soli cinquanta sei anni; lasciando dopo di sè un degno Figlio, e quattro nubili Figlie, ne’quali tutti le paterne virtù rinovellate si ammirano compiutamente. ◀Fremdportrait ◀Ebene 4

All’annunzio, comechè atteso della sua morte, fu estraordinario, e vivissimo il dolore che si è sparso in ogni genere di persone. Lo piansero i buoni, perchè perdevano uno de’pochi lor simili: i tristi lo piansero per quella attrattiva, che la virù offre al cuore ancor di coloro, che non sanno seguirla. La mancanza de’più sublimi ingegni non recò mai tanto turbamento e tristezza nel Foro. Lo che fa prova, che i gran talenti possono ottenere bensì l’ammirazione degli uomini; ma che la sola virtù ne riscuote l’amore e gli omaggi.” ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

Metatextualität► Conoscendo al carattere la mano da cui fu scritto il riportato Elogio, dalla quale ci vennero molte utili carte, la nostra soddisfazione d’aver servito il suo Autore resta un pò amareggiata dalla mercede ch’egli stimò necessaria per indurci a prontamente stamparlo. S’egli avesse creduto alle sincere nostre espressioni di gratitudine verso di lui, e fosse stato persuaso che ci son carissime tutte le occasioni di celebrare i meriti, e le virtù degli uomini che distinguonsi dalla comune degli altri nelle varie lor condizioni, ci avrebbe risparmiato questo rincrescimento. Poichè tenendosi anonimo non ci è possibile di restituirgli quanto accompagnò al suo Foglio, sappia egli almeno il nostro dispiacere di non saper come farlo, e ci faccia l’onore di crederlo. ◀Metatextualität

Ebene 3► Brief/Leserbrief► Sig. Gazzettiere Stimatissimo.

“Capperi il Sig. Protettore atrabilario del Sonetto: Ah pur l’ingorda, avara Tomba è questa, si è molto mal a proposito riscaldato per le mie riflessioni sopra il medesimo; ma egli solo ne ha la colpa, per averlo caratterizzato come un sublime capo d’opera parto di una maestra penna celebre in tutt’Italia, e di là ancora. Stante un elogio così appassionato, basterebbe un solo difetto nel tanto esaltato componimento, perchè egli fosse dalla parte del torto; pur egli a fronte del suo convincimento, sforza con la contraddittoria sua apologia stampata al numero 36. della Urbana Gazzetta, il sedicente Apatista, ad abbattere colla ragione, e colla verità, quanto pretende addurre a difesa del sopraddetto Sonetto.

In primo luogo, dice: non v’esser Canone, che vieti in Poesia d’usare l’Apostrofe; ma: rispondo, non è permesso d’usarlo, se non con verisimiglianza, e con proprietà; in questo Sonetto l’Apostrofe è improprio, ed inverisimile, dunque in questo Sonetto l’Apostrofe non sta bene. Andiamo a [308] scuola; la maggiore non ha bisogno di prova, proverò la mia minore, a conferma della conseguenza.

1. Improprio è l’Apostrofe alle cose inanimate, quando esse non siano la causa, o mediata, o immediata del nostro piacere, o della nostra infelicità; la sepoltura d’alcuna, non è certamente causa, nè mediata, nè immediata della loro perdita; dunque è improprio l’Apostrofe usato verso la sepoltura del compianto cavaliere, e molto più per l’espressioni, colle quali viene usato. Sarebbe proprio l’Apostrofe, se essendosi annegato l’amico, o il parente per fortuna di mare, io col mare, o colla tempesta me ne lagnassi, e così di mille altri apostrofi di questa fatta.

2. Inverisimile poi si dice, ciò che non può supponersi mai cadere sotto il nostro modo comune di pensare, e per conseguenza non può essere verificato. Non potrà certo credersi, che l’arbitrarie parole d’un Poeta, siano quelle della Dama, che si fa credere parlar nel Sonetto, molto più, che lo stesso sendo a lei medesima dedicato, mostra che altri parla per lodare i Defonti di lei parenti.

Ma, dice il Protettore, l’ha usato il Petrarca . . . Fermatevi signore distinguiamo. È vero che usò il Petrarca l’Apostrofe, ma il Petrarca in fatto proprio amante, e poeta, parlando ex se, alla tomba della diletta amica, e vi sovvenga, che oltre ciò, parlò sempre da trasportato,. e da enfatico, quando se la propose per soggetto, come egli stesso in varj luoghi lo afferma. Tale non voglio supponer, sia il nostro Autore, che se poi avesse parlato egli pure ex se alla Tomba, dolendosi, della morte del Cavaliere, non sarebbe caduto nell’inverisimile, e gli si poteva forse allora condonare l’improprietà dell’apostrofe preteso usarsi.

Dice pure il Protettore, che questo modo d’introdur a parlar ne’Sonetti le persone, alle quali vengono dedicati, si usa spesso in occasione di Matrimonj, e di Monacande ec. Che dunque, rispondo, mi si propongono li spropositi di queste sempre servili composizioni (che intarliscono nei cassoni, con disprezzo di chi le rivede alla luce) a sostegno di un preteso capo d’opera di Poesia? il Paragone soltanto avvilisce la difesa, e discredita il difensore.

Si lagna, che non si soffra l’Atre fauci riapri (che dipinge al vivo l’ingordigia dello spalancato sepolcro) Graziosa spiegazione! ma equivoca sulla causa, che non mi lascia gustare il suo bello, stante che suona male per l’aspra cacofonia della unione di queste tre parole, atre, fauci, e riapri, che hanno quasi una simile sdrucciola desinenza, cattiva in prosa, ed assai peggiore in un verso, e verso di un Sonetto, che si vuol sostenere per capo d’opera di Poesia.

Nel quinto capo di allegazione, il Protettore conosce col suo silenzio, di non poter sostenere l’inviluppo, che si trova nelle due mal connesse Terzine, e solo si contenta d’insegnare con più atrabile del solito, che orba non vuol dir cieca, come dissi, quasi per incidenza, nelle mie riflessioni, ma bensì afferma, che in quel senso orba vuol dire priva di lume; bellissima! quasi che nel suo, nel mio paese, ed in tutta la colta Italia, chi è privo del lume non si dicesse cieco, ammalato chi è privo di sanità, ec. e cheanco nella stessa Firenze, orbo, e cieco non fossero sinonimi perfettamente, e non significassero la stessa cosa; al che di più m’assistono tutti gl’autori, che hanno usato di queste voci indifferentemente, ed il Vocabolario medesimo della Crusca, che con più ragione esorto di leggere alla voce orbo, il Sig. Protettore. Per giudicar poi del lavoro, e tessitura di tutto il Sonetto, basta leggerlo per conoscer in fatto, qual rapporto abbia mai il tutto alle parti, e le parti al tutto; e quì il Protettore non parla.

Quanto al sesto. Misero me, che non hò lodato, le poche strofe da lui [309] intitolate Epigramma, e che servono d’Epitaffio, benchè niuno degl’intendenti lo riconosca per tale! il mio ardire non merita scusa; sono un caustico, e non so quello mi dica. Signore, tutte le parole non meritano risposta. Io rispetto il pubblico, e ciò vi basti. Imitatemi se sapete farlo.

Finalmente gli spiace pure che io dica: essere la Poesia a’nostri dì una di quelle sorgenti di letteratura, che può dirsi quasi del tutto esaurita, ed afferma, che io biasimo il secolo, che non mi sogno di nominare. Ma forse questa è una falsa opinione: mi dica in grazia il Sig. Protettore, in che offendo la sua abilità? o pure tiene egli qualche altro pezzo maestro da esporre al pubblico, per smentir anco col fatto questa mia avanzata asserzione? Che se poi vuole, che mi consoli, mi consolerò sempre, non d’esser maldicente, ma di esser capace di distinguere con vera logica e sana, necessaria critica, i veri, dai falsi giudizj, le buone produzioni, dalle cattive, senza passione, e con verità; giacchè, nè conosco gli autori, nè tengo interesse per sostenere al contrario, in faccia ad un pubblico colto, ed illuminato, che l’Apatista rispetta, ma il Protettore mostra di non curare. Del resto: se l’autore, se il difensore di quel Sonetto vorranno scoprirsi, il sedicente Apatista non avrà difficoltà di fargli vedere l’onorevole Patente dell’insigne Accademia, che si compiacque onorarlo di questo nome, e così dimostrargli la di lui stima.

Sig. Gazzettiere, se avete stampato una poco civile apologia delle mie Riflessioni: siete pregato a non dimenticarvi di questa: se ella vi sembrerà como spero ragionata, e modesta essendo intanto ec. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

Metatextualität► Non si fu a tempo, per mancanza di spazio, d’inserire nel precedente Foglio quest’apologia del Sig. Accademico Apatista. Sembra ch’egli voglia farci un rimprovero d’aver accettata la difesa dell’anonimo Padovano, o almeno di non averla purgata dall’acre, che vi trovò sparso. Ma s’egli il primo fu ad attaccarlo, e nol fece con troppa riserva, nè moderazion d’espressioni (alcuna delle quali vennero da noi cancellate per giusti riguardi) era ben dovere, che lasciassimo il campo aperto al suo Avversario onde potere rifarsi. L’amor proprio inganna, e seduce. Benchè anonimamante si vorrebbe dire ma non vedere risposte sullo stesso tuono. Per non far nascere discordie, nè coltivarle, saremo però in avvenire costretti di ricusare quelle critiche, che non rispettano i confini della convenienza, e dell’urbanità, o non le pubblicheremo senza spogliarle in prima delle personali offese, che nulla hanno a fare colla ragione, o col torto; onde cominciamo dalla seguente. ◀Metatextualität

Ebene 3► Brief/Leserbrief► Sig. Gazzettiere Riv.

Venezia 9 Maggio 1790.

Il Bondi è cognitissimo alla repubblica letteraria, nè ha d’uopo di chi perori a favor suo, pure per mio genio, per una sol volta, vi prego d’inserire queste due righe nella vostra gazzetta, ad onta ch’io sappia far troppo onore all’anonimo Bresciano, che certamente non capisce, nè Virgilio, nè Caro, nè Bondi. Birgilio è un originale unico, il caro lo ha parafrasato in un modo molto energico, sebbene le di lui frasi oggidì non sieno tutte ammissibili, ed abbia sfuggiti i più belli pezzi dell’originale; la traduzione poi del Bondi è quella che s’avvicina all’originale più di qualunque altra, nè v’ha chi possa negarle un vero merito, che non potrà mai essere offuscato nè dal vostro Bresciano, nè da chichessia. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

[310] Ebene 3► Brief/Leserbrief► Sig. Gazzettiere.

Treviso 10. Maggio 1790.

Eccomi all’adempimento del promessoli nella mia 30 scaduto Aprile circa il cadavere in questa nostra Cattedrale ritrovato. Questo fu nuovamente posto nella sua arca, che al presente fu trasportata nella Cappella sotterranea di S. Liberal situata appresso il muro a parte destra. Il motivo per cui così in fretta l’anno riposta, è stato per cagione che venivano fatti de’latrocinj, a quella gente che andava a veder detto cadavere.

Ogni giorno si proseguisce il lavoro per la rifabbrica di questa nostra Cattedrale, e che mediante l’assistenza de’benefattori, ed il fervoroso zelo del nostro Pastore si spera dentro il corso di dieci anni, il vederlo affatto terminato.

Un Associato. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

Carte Pubbliche.

Il dì 9. del prossimo passato Aprile fu commesso un furto di venti Posate intere, due Saliere, ed un Posatone, o sia Trinciante, tutti pezzi d’Argento marcati colle lettere C. N. N. H. H. C. di ragione del Nobilissimo Casino detto di San Gio: Grisostomo. Furono tratti da un cantonale del Tinello di detto Casino con isforzo della Serratura nella quale trovossi un tocco di rimandello apparente opera di mano imperita.

Denunziato il seguente giorno de’10 il latrocinio per gli effetti di Giustizia, comparve jeri 14 corr. un Proclama dell’Illustrissimo Collegio de’Signori di Notte al Criminal nel qual è detto:

“Se alcuno entro del termine di un Mese sarà noto a questo Illustrissimo Collegio da chi esso furto sia stato perpetrato, ovvero darà traccie, e lumi tali, che con il di lui mezzo si possa venir in cognizione del ladro, o ladri, conseguirà dalla Cassa di esso Illustrissimo Collegio Ducati cinquanta effettivi, convinti, e castigati che siano li rei, o reo, e sarà tenuto secreto; e posto che avesse in detto furto avuto qualche scienza, consiglio, o complicità d’ogni, e qualunque sorte, goderà oltre del suddetto premio il benefizio d’una pienissima impunità.”

Libri Nuovi.

“Seguono ad uscire dai torchj di Domenico Fracasso le Tragedie di Euripide recate in verso Italiano dall’Abate Francesco Boaretti, che imprese di dare all’Italia il Tragico Teatro de’Greci. Quattro fino ad ora se ne pubblicarono, l’Ippolito, l’Elettra, l’Ecuba, l’Ifigenia in Aulide. La prima è spezialmente distinta per il grandioso del Tutto; la seconda pella regolarità dell’Architettura; la terza per l’Artifizio sommamente poetico di far nascere da un dolore, che sembra eccessivo, un altro maggiore; la quarta per tutti que’Caratteri uniti insieme, che formano un vero capo d’opera nell’arte Tragica. L’indole di questo Foglio non concede ulteriore estensione; ma non possiamo dispensarci dal ricopiare un tratto sommamente Lirico, che si legge nel Coro dell’Atto II. dell’Ifigenia. Sull’Argomento della Tragedia il Poeta apresi il campo a dare dei precetti anche alle Donzelle nubili. Una Donna dunque del Coro dipinge ad esse il giovinetto Paride, qual era sull’Ida; e così in certa guisa le invoglia a desiderare un Amante dotato di pari galanteria; e poi all’improvviso con uno slancio poetico fa il rovescio del Quadro, rappresentandolo come il Rapitore di Elena moglie del Re Menelao, e la cagione fatale della Guerra Trojana, a cui era per portarsi l’Esercito Greco, tutto allora adunato nel Porto d’Aulide. Basti questo saggio.”

[311] Quel Pastorello

Sì gajo e bello,

Che là sul monte,

Presso la fonte,

Prendea riposo,

Mentre pascea la greggia il prato erboso;

O di mollezza pieno

S’adornava di fior le chiome e ‘l seno;

O della cetra al suono

Là nella valle Idea

Le vaghe Ninfe carolar facea

Dite, non sembra a voi

Amabil più de’valorosi Eroi?

Perchè d’armati e d’armi

Risuona il lido intorno?

Di Menelao lo scorno

Quì l’oste Greca unì.

E chi rapì di quello

La mal accorta Sposa?

Quel gajo Pastorello

Che vi piacea così.

Vendesi cadauna dal Signor Simon Occhi in Merceria sotto l’Orologio all’Insegna dell’Italia al prezzo di Soldi trenta.

Teatri.

Numeroso, e nobil concorso ebbe la prima, e seconda recita dell’Opera a S. Benedetto nella quale si replicò ad universale richiesta, e con pieno applauso, il duettino dell’atto secondo, cantato dalla prima donna, e dal tenore.

Il primo Ballo per la sua lunghezza, per il tragico orrore che spira, per il numero de’morti, non ebbe quell’esito, che forse in altra stagione, e con qualche varietà, e modificazione avrebbe ottenuto. Pochi ascoltatori si sforzarono invano per far uscire, finito che fu, il suo Compositore, al quale però non può negarsi del merito nello studio de’varj tableaux, e nella introduzione del ballabile, che tratto tratto divertono.

Nel secondo i grotteschi si fann’onore, si gode un graziosissimo Pasedeux della prima copia eseguito con molta bravura.

Le scene nuove, che veggonsi in questo spettacolo, se non sono i capi d’opera del Sig. Cav. Fontanesi, almeno in esse si scopre la fantasia d’un Pittore, che non disgusta nemmeno ne’suoi più affettati, e meno studiati lavori.

A S. Samuele fu scarso le due prime sere il concorso, ma è ben da credere, che s’abbia ad aumentare in progresso, perchè piace la musica, piacciono il Neri e la Sig. Cantoni, e non dispiace il Tenore.

Per diciotto Recite le Imprese in questa stagione non posson fare gran cose: tanto più perchè il passeggio della Fiera trattiene piacevolmente la gente, e in maggior copia se il caldo si faccia sentire. Non si deve dunque esigere molto, e contentarsi del buono, che offre l’uno, e l’altro Teatro, de’quali per ora non aggiungeremo di più, riserbandosi ad onorare quel merito, che in appresso venisse riconosciuto.

Ebene 3►

Da Verona.

Brief/Leserbrief► “In Verona l’Opera Buffa di Giannina e Bernardone che la sera dei 2. corrente fù posta in iscena, come fu accennato nel Foglio dello scorso Ordinario, seguita vieppiù ad accrescere il piacere del Pubblico; e la Fama sparsa di sì felice esito, ora chiama al Teatro molti Forestieri che ne partono pienamente soddisfatti. L’Opera suddetta fu scritta in Venezia circa 8. Anni sono pel Teatro di S. Samuele per la Sig. Boccarelli ch’era sin d’allora Prima Buffa, ed in Verona piace con detta Opera, per essere eccellentemente accompagnata dagl’altri Attori, che nelle loro virtù, sono molto ammaestrati.” ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

A cagione del tempo nuvoloso, e disposto alla pioggia, non è seguita l’altr’jeri la solennissima funzione [312] dello Sposalizio del mare, riserbata a domani se il giorno sarà sereno.

Questa gran compagnia del Mahyeu esce ogni dì a far su’suoi cavalli pomposa comparsa girando la piazza. Si esercita con profitto tre volte al giorno.

Sul terreno a S. Job detto le Chiovere fu eretto quell’Anfiteatro trasportato da Chiozza, che cola servì alle Caccie di tori. Quì pure se ne sarà una Mercordì v. 19. cor. di manzi sciolti, e una seconda il Venerdì 21 che sarà chiusa dal combattimento del toretto co’cani.

Cambj 14. cor.

Lione 55. e un 4to. Parigi 54 e mezzo. Roma 63 Napoli 115. Livorno 100 e mezzo. Milano 154 e mezzo. Genova 90 e 3 4ti. Amsterdam 94. Londra 49. Augusta 103 e mezzo. Vienna 199.

Prezzi delle Biade.

Formento a l. 25. Sorgo Truco a l. 14:10. Segale a l. 18. Miglio a l. 17. Risi da duc. 35 a 36.

Savio in Settimana per la v.

s. Francesco Foscari.

D’affittare.

Appartamento a SS. Apostoli sopra il Canal grande con Pozzo d’acqua buona, e riva in casa. Annuo affitto duc. 110.

L’indirizzo è dal Venditor di tabacco in faccia la calle che và alla Posta di Firenze.

In Villa di Lanzenigo in faccia la Carità sopra Treviso un Palazzino con rimessa, forno, pozzo, e luoghi di servizio.

Chi vi applicasse parli a Treviso col Sig. Ant. Mandruzzato, o quì in Venezia col Fedel Corriere Sig. Giam. Calvi.

15. Maggio 1790.

Nell’Eccellentis. Pieno Collegio.

Per Sergente Mag. di Battaglia in luogo del Sergente Mag. di Battaglia Marc’Antonio Bubich eletto Sergente Gen. relativamente alli Decreti 6. Febrajo 1782. e primo Maggio corr.

Coll. Giulio Alberi 11--14.

Coll. Niccolò Scutari 11--14.

Coll. Marin Dandria 13--12.

Coll. Teodoro Volo 14--11.

Coll. Andrea Pacmor 4--21.

Coll. Co: Giacomo Cernizza 8--17.

Coll. Co: Demetrio Bua 8--17.

Coll. Giacomo Sarotti 4--21.

Coll. Gio: Battista Galli 10--15.

Coll. Co: Francesco Guidi 9--16.

Coll. Co: Carlo de Lodoli 6--19.

Coll. Antonio Muzio 12--13.

Coll. Gio: Marin Conti 10--15.

Coll. Giovanni Barbarich 8--17.

Coll. Girolamo Bachili 8--17.

Coll. Marco Conti 7--18.

Coll. Spiridion Ant. Zulatti 14--11.

Coll. Francesco Covi 5--20.

Coll. Marco Berti 4--21.

Coll. Andrea Toffoletti 8--17.

Coll. Simeon Mida 6--19.

Coll. Co: Antonio Bevilacqua Lazise 6--19.

Coll. Co: Niccolò Medin 14--11.

Coll. Stamula Marino 4--21.

Coll. Francesco Gilli 6--19.

Coll. Gasparo Orologio 6--19.

Coll. Donato Cortese 6--19.

Coll. Stefano Petricevich 7--18.

Coll. Antonio Ninaisj 4--21.

Coll. Donato Cleva 19+6. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1