Zitiervorschlag: Antonio Piazza (Hrsg.): "Num. 10", in: Gazzetta urbana veneta, Vol.4\010 (1790), S. 73-80, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Dickhaut, Kirsten / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.2573 [aufgerufen am: ].


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Num. 10

Mercordì 3 Febbrajo 1790.

Ebene 2► Ebene 3► Brief/Leserbrief► Sig. Gazzettiere.

“La natura non fa cosa in darno. Il Creatore dell’universo ha destinati tutti gli esseri ad un uso stabilito, ed ha in tal modo determinata la sfera della loro attività, ossia la strada ch’essi devon seguire, che per poco che se ne distolgano, non corrispondono più al fine della loro creazione. Nella civile Economia, che risguarda le Società, la faccenda va del pari, che nella Economia Naturale. L’una e l’altra formano una spezie di catena, di cui rotto soltanto un anello, nasce tosto il disordine. Ciò è tanto manifesto, che la maggior parte del ridicolo che s’attirano gli uomini, nasce sopra tutto perch’essi affettan sovente un Carattere, a cui non son atti, ed a cui la natura non li ebbe destinati giammai.”

Questa massima d’un grand’uomo, mi venne in mente una delle passate sere all’occasione, che un certo Signore, che talora si compiace di venire tra di noi, si pose in capo di occupare il posto del nostro Biscancile, il quale mancava, sforzandosi d’imitarne il faceto Carattere. Sapete già chi è Biscancile. Egli sa trarre motivo di ridere dal più sterile argomento, e sa toccare con tanta grazia per fino gli altrui difetti, che non solo egli non irrita chi leggermente ferisce, ma non v’ha mai all’opposto chi non gli sappia buon grado. Un carattere di tal sorta dev’essere a bella posta formato così dalla Natura. L’esterne maniere, i moti, i lineamenti stessi del volto ci hanno a concorrere; quindi ecco l’ardua impresa ch’ella dev’essere volendolo imitare. Le stesse cose, le parole istesse profferite con altro tuono, e con tutt’altra fisonomia hanno a produrre necessariamente un’effetto del tuto diverso. Ma questo Signore se ne lusingò troppo confidando forse in una certa estensione di cognizioni superfiziali, che presso taluni credesi pazzamente tener luogo di scienza universale. Io non vi dirò, amico mio, le strane, e insignificanti cose che vennero fuori della di lui bocca. Egli credeva dire una facezia, e ne sortiva la più grottesca idea della terra. Egli si credea motteggiare dolcemente, e diceva fuor di proposito ingiurie impertinentissime. In somma non ci volea che la nostra sofferenza, ed un po di quel compatimento, che si deve all’altrui debolezza, perchè il Signor pretendente non se ne avesse a partire mal concio per non tornarci a seccare mai più. Ci fu un altro di questi tali, a cui in altra occasione saltò il bel capriccio di sostenere il carattere del nostro Mylord. Ma neppur questi era fat-[74]to dalla natura per comparire all’Inglese. Il Sig. Nardino fa naturalmente con poche parole dire delle cose assai, e le sue maniere misurate e gravi, ma sincere, allettano, ed inspirano una spezie di cordiale confidenza, piuttosto che mettere soggezione, o far sentire alcun peso. L’altro all’incontro col suo affettato contegno faceva mostra d’un orgoglio insolente, e supponendo, che nella ristrettezza de’termini consistesse il maggior pregio del carattere Inglese, egli non profferì quasi mai parola, del che però gli restammo obbligati moltissimo, avendo previsto dalla cera e dal di lui portamento, che si avrebbon sentite cose da non piacerci infinitamente. Ecco la bella figura che suol fare sulla scena del nostro Mondo, chi vuole rappresentare tutt’altro personaggio che il proprio e naturale. E pure a centinaja ed a migliaja se ne riscontrano di questi pazzi presontuosi. Avvi perfino chi non si contenta di prenderne una sola; ma che cerca di travestirsi in tutte le forme possibili. Fra questa razza di Protei morali meritano d’essere annoverati anche coloro, i quali, per un certo spirito di superiorità, e di ambizione voglion porre del suo, e farla da dittatori in ogni faccenda. La maggior parte di questi uomini, che si potrebbono chiamare Enciclopedici, sanno di tutto, e la trinciano pro tribunali in qualunque caso. Se uno di questi cotali entra in una brigata di colta gente, dove la si discorra di Scienze, egli ti sbalza in mezzo, e te la fa da erudito a più potere. Parli tu di Astronomia, egli va tosto spaziando pel Firmamento come un Botanico sarebbe in un prato di erbe e di fiori. Discorri di Medicina? Ippocrate, Galeno, Boeraave li senti tosto messi in campo con una filastrocca di sentenze storpiate, e di passi fuor di proposito. Parli tu di Pittura, di Architettura? Apelle, Tiziano, Vitruvio, Palladio cedano il posto al nuovo pittore, al novello Architetto. Discorri tu di Agricoltura? E perchè nò anche in questa non avrà egli a sorpassare i Varroni, i Columella, i Du Hamel, i Rozier? In Politica poi che più! Egli ti divide fra le varie Potenze il nostro Orbe terracqueo, che gli pare di spartire una frittata; egli decide degli e affari più ardui de’primi Gabinetti d’Europa; egli muove, e spedisce or quà or là le armate, le flotte, ed insegna la grand’arte di distruggere ai Laudon ai Potemkin:

Grammaticus, rhetor, geometres, pictor, aliptes,

Augur, Schoenobatos, Medicus,

Magus omnia novit.

Di fatto non v’ha Matematica, non Fisica, non Musica, non Teologia, non scienza, non arte al mondo, che sia ignota ad uno di questi genj universali, ad uno di questi spiriti sublimi, e ridicoli.

Qual mai ritratto più veritiero dell’antico Arquilus esuriens di Giuvenale? Ma il peggio si è, che guai a chi ardisce opporsi alle sue decisioni, alle sue sentenze. Quest’e che costoro riescono la gente la più incomoda alle persone di buon senso, e che siccome, ad una grande arroganza uniscono buona dose di temerità, così si fan largo facilmente fra gli ignoranti, e s’attrian dietro de’grandi partiti. Diceva un celebre Italiano, e diceva bene, “che uno sciocco franco nelle sue maniere, che parla coraggiosamente, e che dice il suo parere sopra ogni cosa con altrettanta franchezza quanta ignoranza, è rare volte creduto quello ch’egli è. Basta parlare francamente agli uomini per essere creduto. La verità profferita con voce sommessa e mal sicura corre rischio di non trovar chi l’ascolti.” Da ciò ne viene che assai difficilmente si potrebbe togliere o indebolire la grande influenza che questa sorta di persone hanno nelle nostre società, fra le quali disseminano a poco a poco gli stessi difetti. E veramente non dev’essere difficile il persuadere al comune degli uomini, che con poco si può essere sti-[75]mabile. Questa certa educazione enciclopedica, che s’usa presso taluni mi dà grande sospetto, che si coltivino tali massime perniciose. Senza avere alcun riguardo a ciò a cui la Natura e l’inclinazione pare che destini un fanciullo, si vuole a tutta forza ch’egl’impari oggidì tutto lo scibile, e che in poco tempo egli diventi un Pansoso da far trasecolare. Ma che? Quanti giovinetti non ho io sentito celebrare a quattrodici anni con sonetti e madrigali, che caddero poi nell’obblio a venti per non sortirne mai più! Ma ritorniamo a bomba. Quanto è assurdo il voler imitare l’altrui carattere rapporto al morale, altrettanto lo è l’affettazione di alcune cose e modi esteriori, che non convengono che a certe persone, a certe età, ed in certe circostanze. Il cappello piumato, ex. gr. ed il giubboncino d’ultima moda non conviene al vecchio di settant’anni. Il Ganimede rimbambito farà ridere certamente. Nigrilla era nota sotto il nome di vaga brunetta; ma Nigrilla volle riunire in sè i gigli e le rose, ed il suo pennello la fece comparir men bella e ridicola. La Natura in somma, amici miei, conchiuse a questo proposito il Sig. Olivo, la natura pare, che abborrisca i bastardi in qualunque sua produzione, e perciò li ha sempre contrassegnati con qualche cosa di particolare per distinguerli dalla spezie legittima. Io considero per tali anche quegli uomini, de’quali abbiamo parlato finora e che cercano di degenerare dalla loro indole naturale. Il mulo mostra da lungi gli orecchi di suo padre, e questa razza di gente porta sempre seco agli occhi de’saggi un certo che di ridicolo, che la fa scoprire dovunque, e che molto bene tien luogo di lunghe orecchie. Seguite la Natura: ecco quello che pronunciò l’Oracolo di Delfo allorchè Cicerone lo interrogò a che dovea egli destinarli.

Tutta la nostra società vi manda i suoi cordiali saluti. Io sono poi con distinzione.

Dal solito luogo. Adì 27. Gennaro 1790.

Il vostro Lonvaglia. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

Al Coll. Eccellentissimo de’XV. in Causa di Minori. 1789. 12. Gennaro p. p.

“Un’Argomento per la pretesa di quattro Pollastri non deve omettersi della Gazzetta Urbana. Certo Avvocato Nob. Sig. Michiel Marmora dovizioso Negoziante di Corfù, per un’Istrumento di Livello 1780, era creditor dall’Eredità del qu. Andreas Stoloviti di quattro Pollastri che gl’erano dovuti, perchè con tal Titolo fù stabilita la contribuzione di due Pollastri all’anno; e per questi ha creduto di rivogliersi verso l’infelice Anastasia Liveri Vedova del medesimo, abitante 20 miglia discosta da Corfù; la quale non rappresentava il Marito, ma avea soltanto nelle sue miserie due Pupilli suoi figli alli quali era già dalla Giustizia eletto il Tutore ed essa praticato avea il suo pagamento di Dote. Fece dunque col mezzo del Contestabile, detto Sig. Marmora praticar li 5. Ottobre 1788 Stil Vecchio una Esecuzione per quatro paja di Pollastri riducendo anche il suo valore a L. 4: 10. il pajo, e fu levato il pegno alla suddetta Donna di un Telajo, col quale giornalmente lavorando la medesima alimentava sè stessa e li Figli col prezzo delle proprie fatiche; e fu questo trasportato e tenuto in deposito.

Reclamò essa infelice con Dimanda Giudiziaria al Taglio di questa informe, illegale, e strana Esecuzione; contestò il Taglio sostenendo di non esser obbligata per un debito del Marito, ed all’ombra de’suoi atti Dotali.

Con un Preliminar di Ordine il Sig. Marmora ricercò a detta vedova presentazion di Libri e Carte, e fù da essa infelice eseguito. La pretesa del Marmora arrivò alle L. 18. di Moneta di levante, e queste furono depositate da essa infelice assistita da perso-[76]ne mosse a pietà, eccitando lo stesso Sig. Marmora alla restituzion del Telajo onde potesse proccaciarsi il giornaliero sostentamenco per sè e Figli. La risposta fù di mandar il Telajo in offizio a Corfù tanto discosto dal luogo dove abita detta donna, e fù negata la restituzione.

Si difese essa Donna, e protestati li propri risarcimenti seguì a di lei favore li 12. Gennaro 1789. Stil vecchio nel Reggimento di Corfù spedizion Absente che taglia l’esecuzione.

Ha creduto detto Sig. Marmora di annotar di detta Spedizion l’appellazione al Collegio Eccellentissimo di XV. li 11 Marzo 1789. Deputata la Causa de Minori al Corpo dello stesso Collegio li 12 Gennaro 1789. fù disputata.

L’Avvocato del Marmora sosteneva ben fatta l’Esecuzione, ed in dovere la vedova di pagar il Livello, perchè dopo la morte del marito pagò essa un’annata di due Pollastri. Fu risposto in Ordine ed in Merito. In ordine che con tali atti di Esecuzione non potevasi procedere; ed il Marito che non rappresentando essa il Marito, anzi essendovi il Tutor delli pupilli, dovesse rivoglier le sue pretese in confronto di questo, e massime all’ombra d’suoi atti Dotali non impugnati, non si potesse così procedere. L’Avvocato di detta infelice donna mosso a pietà trattò questa Causa con il maggior impegno, assistendola Esso e l’Interv. per carità mossi dalla compassione d’una infelice così condotta dalla potenza ed opulenza del suo avversario al quale costeranno assai care le penne de’pretesi Pollastri, colle spese da esso fatte, e colli dovuti risarcimenti a detta infelice donna.

Lo spazzo di Laudo a favor di essa vedova fu

Al Taglio 5

Al Laudo + 8

N S. o.

Avvocato Al Taglio per il Marmora

Ecc. Antonio Sozzi

Ecc. Osvaldo Perosa Inter.

D. Valentin Cardina Interv.

Al Laudo per la vedova

Ecc. Antonio Orlandi Avvoc.

Ecc. Giuseppe Tabacchi Interv.

Capi dell’Eccelso Cons. di X. per il mese presente

s. Zuanne Bonfadini qu. Fr.

s. Lorenzo Memmo qu. Pietro

s. Gir. Asc. Molin

Capi del Cons. di 40 Crim. per il presente ed il mese v.

s. Z. Bat. Falier

s. Z. Franc. Balbi

s. Giacomo Valaresso.

Vice Capi.

s. Niccolò Morosini 4to.

s. Alvise Orio.

Del Cons. di 40 C. V.

s. Pietro Marin

s. Pietro Benzon

s. Zuanne Semitecolo

V. C. s. Agostin Minotto

s. Franc. Bragadin

Del Cons. di 40 C. N.

s. Giustin Donà primo

s. Carlo Ant. Marin

s. Alessandro Dolfin

V. C. s. Giac. Condulmer

s. Pietro Zuan. Semitecolo.

Del Collegio de’XXV.

s. Zuanne Bressa

s. Marco Contarini

s. Gir. Ant. Soranzo

V. C. s. Antonio Cicogna

s. Pietro Veronese

Del Coll. de’XV.

s. Marc’Ant. Venier

s. Zuanne Trevisan

s. Agostin Sagredo

V. C. s. Andrea Tiepolo

s. Alvise Toron

s. Antonio Morosini.

Brescia

Li 28 Gen. 1790.

Non ridotta ancora al perfetto ristauro questa bellissima fontana della Palata intrapreso già da molto tempo per comissione Pubblica, alcuni invidiosi delle belle opere hanno avuto l’ardire di novamente rompere una di quelle figure di marmo nel piè destro appena rimesso: ma se sarà scoperto il reo lo vedremo in breve a pagarne il fio a norma del delitto comesso in dispregio Pubblico.

Martedì mattina alle ore 11. ebbimo quì in Città un timore d’incendio, nel sentire il tocco delle campane a martello su alcune Torri e campanili, ma in breve fu rilevato l’equivoco. Essendo state curate le Sepolture nella Chiesa Parrocchiale di S. Gio: Evangelista, quei Becchini, abbruciarono sul Cimiterio anche le casse al solito per radunare i chiodi. L’odore di quel fuoco non essendo troppo grato ad alcuni che ballavano in uno di que’vicini bettolini accorsero al Carmine dove era il primo giorno del Triduo, e fecero credere a quei campanari l’incendio, sicchè s’indussero a suonare campana a martello. Dietro quel tocco anche le altre Torri fecero lo stesso, e così erano già in moto tutte le persone obbligate ad accorrere in simili casi: ma in fine si seppe poi la causa, e tutti ritornarono tranquilli alle lor case. Questa è la seconda volta, che per causa dell’abbruciare le casse de’morti in Città sonosi sentite suonare le campane delle Torri ad uso de’dannosi incendj. L’altra volta si abbruciavano a S. Agata. Per evitare adunque simili sconcerti, e forse la causa d’un reale incendio, vi dovrebbe essere un ripiego.

Divertimenti Accademici.

“Sabbato 30. dello scorso Gennaro vi fù una brillantissima festa di Ballo al Casino d’Orfeo posto in S. Benedetto. Gran concorso d’aspettanti, e di Ballerine tra le quali molto si distinse la Nobil Co: Beatrice dall’Oro Buri Dama Veronese, che si trovava alloggiata da Monsieur Petrillo a S. Gio: Grisostomo. Elegante essa, ed espressiva nelle contraddanze, nobile e sostenuta nei minuetti, chiamò a sè la comune ammirazione, ed ottenne gl’universali applausi, e principalmente in due minuetti alla Reine nei quali superò l’aspettazione di tutti.”

Così in un Biglietto indiritto per questo Foglio.

Seguì l’altr’jeri la recita dell’Olimpia Tragedia dell’immortale Signor di Voltaire, che diede la nob. Accademia de’Rinnovati a S. Vitale. Fu sì numeroso il concorso, che non poteva la Sala contenerne un, benchè di poco, maggiore. I conoscitori del bello poetico, de’regolari componimenti; gli amatori della tragica maestà, del sublime in dialogo, de’versi gravi ed armonici, consolati si sono di prestar degnamente la loro attenzione ad un’opera sì interessante del Teatro Francese.

Fu questa nelle parti principali, che la compongono, rappresentata con tanta energia, resa sì bene nelle situazioni più forti e terribili, che nella sensibile udienza l’illusione passò al rapimento, e provar fece quelle sensazioni, che ne’cuori non volgari cagionano le grandi sventure de’Personaggi illustri poste in iscena da mano maestra, ed espresse con quell’alto linguaggio imposto dalla severa Melpomene.

Era incaricata della parte di Statira la Signora Maddalena Battaglia da cui fu sostenuta con quel maggior decoro, raffinamento d’arte, senno intellettivo, che possa far comparire una donna impegnata nelle più grandi teatrali azioni.

Troppo superiore alla sfera de’nostri [78] talenti sarebbe l’argomento di lodi al merito eccelso della nobile Attrice dalla quale venne rappresentata Olimpia. Potrebbe soltanto sollevarsi all’altezza del loro segno il genio del gran Cantor della Enriade se tratto dal soggiorno pacifico degli Elisi al grido di questa Accademica Società, che onora le sue Tragiche Composizioni, ravvivata vedesse sull’Adria la sua celebre Le Couvreur che egli immortalò co’suoi lirici versi.

Noi ci pregiamo soltanto di quella sensibilità, che sentir fece all’animo nostro quanto possano i doni più rari di natura accoppiati agli sforzi d’un felicissimo ingegno nell’arte del recitare. Ci vantiamo che i mesti accenti della grata sua voce s’apersero un adito al nostro cuore commosso: e che ci costò della forza il frenare alle sue le nostre lagrime. Avvezzi a delle Tragedie che fanno ridere, insensibili a quelle convulsioni che di volgari applausi si premiano, osiamo gloriarsi che per giungere a farci piangere nulla meno ci voglia che la grand’arte difficile di ben imitar la Natura nelle sceniche finzioni, e di sentire quel che si vuol far sentire. Come farò carità, diceva Persio, a chi me la chiede cantando? Agli Attori che inutilmente si sfiatano per destar a compassione l’Udienza, sarà sempre applicabile il si vis me flere di Orazio.

Ebene 3► Brief/Leserbrief► Sig. Gazzettiere Stimatissimo.

Brescia li 31. del 1790.

Metatextualität► Voglio riferivi un caso strano succeduto Giovedì notte nella Villa di Gussago non lungi dalla Città che miglia cinque circa. ◀Metatextualität

Ebene 4► Exemplum► Certo Michiel Perotta vicino a quella Parrocchia per fatal sua disgrazia ha un figlio di pessimi costumi. Pochi anni sono avendo questi vestito l’abito Clericale in Seminario, ne fu in seguito dai Superiori anche scacciato per delitti, che non si nominano. Sono pur notorie le infami di lui espressioni contro i direttori, e li sentimenti di vendetta contro persone di carattere. Pure avendo fatto il viaggio di Roma, e risoltosi a vestir l’abito Cappuccino, per qualche tempo diede anche segni di vita morigerata. Ma non andò guari, che ritornato a casa riassunse la solita vita: e continuando ne’scialacqui avea ridotta la propria famiglia all’ultimo delle miserie. Non mancava, che l’esecuzione del barbaro suo vantato progetto, ora effettuato per finir di coronare l’opera. Portatosi costui Giovedì sera a casa, nè trovando i Genitori, perchè si erano ritirati appresso qualche parente, onde non incontrare la morte promessagli dal Figlio, questi diede fuoco a tre paglioni da letto esistenti in tre separate stanze, e serrati bene gli uscj delle medesime, non che chiusa la Porta principale della Casa, si appostò in vicinanza alla medesima collo schioppo in mano, vietando a chicchessia di accorrere per estinguerlo, e persino che si aprisse l’uscio del vicino campanile di S. Lorenzo acciocchè non si suonasse campana a martello. Divulgatosi non per tanto l’incendio nella contrada, e la violenza dell’Incendiario, alcuni dei piu coraggiosi accorsero pur essi armata manu, sicchè temendo il reo la forza superiore ritirossi, e diede luogo all’ajuto. La propria casa era ormai tutta in fiamme, ma se tardava il soccorso qualche minuto tutta la contrada sarebbe perita; perchè essendosi acceso il fuoco nella vicina Casa della nonagenario S. Ferlinghetti, dopo il Magazzino di legna, che avea già dato principio, v’era quello del sieno e strami; cosicchè sarebbe stato difficilissimo ad impedirne i progressi, e a ragion potea dirsi inestinguibile. Iddio non ha però voluto permettere altro danno, che il proprio, o per meglio dire de’suoi creditori, a riserva per altro del sofferto dalla medesima S. Ferlinghetti nel taglio del [79] copertume, onde levargli la comunicazione, e di qualche appartamento rovinato. Quel che peggio si è, che continuando l’incendiario a vagar di notte da disperato pel Paese, molti stanno in continue timore, che possa far qualche altro atto di disperazione, giacchè pare una furia d’averno. Se capiterà per altro nelle forze delle Giustizia dovrà anco subirne la meritata pena. ◀Exemplum ◀Ebene 4 Frattanto Dio ci liberi da un disperato di tal sorte mentre io mi confermo.

Vostro Aff. Amico.
N. N. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

D’altra Lettera della medesima data s’intende che li tre Nobili Presidenti ultimamente eletti, e già nominati, hanno rinunziato all’onorifico incarico essendone stato il primo il Sig. Conte Ferrante Avvogadro, e ciò, come dicesi, per delicatezza avendo un fratello nell’attualità di Sindico della Città. Questa rinunzia fu di generale rincrescimento.

Si aggiunge in essa: che il giorno 28 del p. p. mese ebbe compimento nella Chiesa de’Carmini il solenne triduo in suffragio de’Fedeli defunti, ch’ogni anno si celebra in tempo di Carnovale da una divota Compagnia di cospicui soggetti, con pompa d’apparato funebre, copiosa e ben disposta illuminazione, e coll’ornamento dell’ammirabile fulgida macchinetta del celebre architetto Milanese Sig. Agrati sulla quale vien posto il SS. Sacramento.

Trasunto del dramma che si replica a S. Gio: Grisostomo.

“Aurelio padre d’Alberico ucise in un duello il Principe Ormondo favorito del re di Sicilia; fu bandito dal Regno, e suo figlio Alberico ebbe il bando dalla Città solamente. Questi iattosi Sposo di Romilda ad onta del Marchese Fulberto di lei Padre, traea seco una miserabil vita, contento però della infelice sua situazione attesa la rara virtù della moglie, ed il perfetto amore che gli dimostrava.

S’invaghì alla follia di Romilda il Principe Gualtieri figlio dell’estinto Ormondo, e coi consigli di Ferrante suo iniquo aderente pensò ai mezzi d’estinguere le impure fiamme nel di lei disonore. Cominciò dal fingersi placato con Alberico, e dal promettere per il medesimo grazia presso il Sovrano; ma l’eccessiva gelosia d’Alberico, e l’accorta, non ordinaria fedeltà di Gierindo suo servo arrestarono i pregressi che facea sulla credulità di Romilda il finto zelo di Gualtieri, ed il bugiardo suo impegno per Alberico, da cui fù scacciato di Casa.

S’appigliò Gualtieri alla frode, e dopo aver ottenuto dal Re la facoltà di imprigionar Alberico suppor facendolo unito ai ribelli del Regno condusse con arte Romilda in un solitario Giardino onde eseguire il reo meditato progetto, ma la sagace fedeltà di Gierindo giunse a scoprir ogni trama, e liberando Alberico di carcere lo guidò nel giardino in tempo di distruggere i disegni di Gualtieri, e tentar la salvezza dello consorte. Il seguito numeroso di questi s’oppose però agli sforzi del Padrone e del Servo, i quali divisi prima, e poscia fuggiti si trovarono sul far del giorno in un luogo poco discosto dal mentovato giardino, e pensarono di tentar nuovamente la liberazion di Romilda dal suo persecutore.

In quel luogo medesimo trovavasi il Re incognito, il quale avendo atteso indarno Gualtieri in corte la scorsa notte, siccome aveagli commesso, per conferir seco lui d’affari importanti, e sapendo ch’erasi egli invece recato alla sua casa di delizia, colà s’incamminava per farlo arrossire di se medesimo con una sorpresa, che punir dovea la di lui colpevole trascuratezza. Intese i lamenti di Alberico, e Gierindo coll’origine dei violenti loro trasporti; e mentre stava per deliberare su quanto erasegli reso noto, ivi giunse Gualtieri, che strascinava a forza Romilda da cui si tentava di fuggirli di [80] mano. La scoperta del Re, l’avvilimento di Fer. e Gualtieri, l’umiliazione d’Alberico, e la gioja di Romilda, e’Gerindo formarono un quadro del più rivo interesse. Il Re allora dietro la punizion di Gualtieri perdonò ad Alberico coronando la virtù d’una moglie onorata, ed’un servo fedele.”

Questo Dramma è del Sig. Gius. Foppa, e fu gradito, ed onorato di generali applausi non meno alla prima recita che alle repliche. Sarebbe stato veramente più proprio il metterlo in iscena in altra stagione piuttosto che in questi giornidi tumulto ne’quali si vogliono delle stravaganze da stordire il Popolo, e non è poco se un’azione piuttosto semplice, e senza quegli ajuti ch’or’ora divenuti son necessarj, ha potuto esigere l’attenzione del Pubblico, e far chiamar delle repliche.

“Domenica scorsa 31 Gennaro nel Casino de’Generosi in S. Giuliano vi fu il solito annuale grandioso banchetto di 54 Persone tutti Socj del suddetto Casino, ed in detto giorno si rinnovarono le Cariche, e si accettò con le solite formalità il Sig. Giovanni Grisostomo Francrini in nuovo Assocciato.

Chi avesse ritrovato un Taccuino segnato P. Z. con entro tre carte lo porti al Caffè della Nave in Calle larga a S. Marco, che avrà l. 4. di mancia.

Allo Scudo di Francia è arrivata Madame S. Blesy con un Uffiziale, Cameriera, e Corrieri Francesi. Abita nel Casino vicino alla Locanda.

Sono partiti li Cavalieri, e Dame di Verona, li Signori Ferraresi, ed il Sig. Tommasini di Marsiglia.

L’Opera nuova a S. Benedetto si avrà la sera di Venerdì 5 cor.

La sera de’6 si cangierà anche a S. Moisè.

A Sant’Angiolo sempre l’Illusione replicata.

A S. Gio: Grisostomo replica di Romilda.

A S. Luca La Burla ritrocessa Com. del Goldoni mai più rap. con Farsa ec.

Arrivo di Bastimenti ripreso ne’tempi scorsi nell’utlima nota.

Primo Gen. Piel. P. Franc. Giebrin ven. da Caorle con 1200 st. formento.

Piel. P. Giov. Ballarin ven. da Palma Nuova con 150 st. formento 56 sac. Gripola, 3 colli strazze.

Piel P. Nic. Tomai ven. da Caorle con 200 sac. Segala e 300 sac. formento.

3 detto Brac. P. Franc. Romano ven. da Capodristia con 2 bot. Gripola. 2 Schizze miele. 2 cas. cera abbruciata. un fag. ottoni vecchj 6. cas. cand. di sevo.

Pel. P. Ang. Fiorentin ven. da Trieste con 2 carat. vetro r. 2 sac. filati. 2 bal. Lana. 2030 lib. ferro v. 500 crivelli.

Brac. P. Giov. Magnaron ven. da Trieste con 2 bot. cera gialla. 3 ballotti filati. 12 bar. Colofonio. 20 bal. Lana. Una bot. Tamisi 13 col tele. un bar. pelli concie. 164 pez. lardo. 5 bar. Trementina. 10 bot. e 6. bal. Tabacco. un sac. Gripola. 14 bar. chiodi. 30 baze cortine 4 cas. acciaj. 2 bar. fil di ferro. un bar. aghi.

Brac. P. And. Spolar ven. da Trieste con una cas. torcie da vento. 2 bar. Orpimento. una cassetta lingue un bar. Caffè. Una cas. cand. di sevo. 18 colli Lana. 3168 Baccalari. Una cas. tele e fazzoletti. 6 fasj ferro.

Metatextualität► (Il resto Sabbato) ◀Metatextualität

Morti

s. Franc. M. Zen qu. Ant. di Riva di Biasio d’anni 64. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1