Zitiervorschlag: Antonio Piazza (Hrsg.): "Num. 104", in: Gazzetta urbana veneta, Vol.3\104 (1789), S. 825-832, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Dickhaut, Kirsten / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.2425 [aufgerufen am: ].


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Num. 104

Mercordi’ 30 Decembre 1789.

Ebene 2► Metatextualität► Se il Signor Lonvaglia formò la risposta alla Lettera critica dell’anonimo, ch’una volta si sottoscriveva il Forense, prima di mandarcela può farle un’addizione, che comprenda i punti di difesa anche del proseguimento, ch’ora diamo in luce; o se non l’ha formata può esaminar l’una, e l’altro, e disegnare la sua apologia; o se meglio gli aggrada aspettare che il suo avversario abbia terminate le accuse, e poi tessere le sue oratorie difese.

Basterà a noi però un solo suo cenno per non pubblicare alcun altro scritto contro de’suoi, qualora ciò gli spiacesse. Dev’egli persuadersi, che appunto perchè lo stimiamo, e lo crediamo capace di sostenere quanto afferì in sua propria persona, o approvò in altri riferendo delle massime, e de’pensieri, abbiamo accettate le due Lettere dell’incognito, che tali non ci sembrano da turbarlo, e imporre silenzio al suo ingegno. ◀Metatextualität

Continuazione della lettera al Signor Lonvaglia.

Ebene 3► Brief/Leserbrief► Voi voleste, o Signor Lonvaglia, rappresentare il vostro Sig. Olivo come un soggetto pieghevole, e docile alla ragione: egli anche lo farà in fatto; ma, perdonate, Voi avete poca confidenza coi colori, e ne faceste un ritratto, per cui anzi comparisce talvolta un uom bisbetico, e un cattivo ragionatore. Buono affè! Il Sig. Olivo non vuol dunque, che se gli chiegga, se stia bene? E considera tal richiesta come una ingiuria? E ne prova un insoffribil tormento? Ella è ben cosa comica, e da ridere. Non havvi alcuno, a cui di continuo non venga fatta la stessa domanda: eppur non veggo alcun altro che se ne turbi, ed offenda. Più curioso è ancora il sentire il perchè gli sia fitto in capo un odio così mortale contro siffatta ricerca. Pare a lui, che il domandarlo di sua salute sia un metterla ad esso in dubbio. Passi anche questo per vero. Ma che perciò? Ha forse il torto chi entra in tale sospetto? Convien bene, che il Sig. Olivo ignori quanto sia ferace di mali il funestissimo vaso di Pandora; e che non abbia egli attinto verun principio di Anatomia e Patologia; poichè altrimenti converrebbe anzi coi più grand’uomini, che l’umana salute è un continuo prodigio. Mi congratulo però col [826] Olivo, poichè bisogna ch’egli non abbia mai trista cera, non che alcun incomodo; altrimenti almeno allora riputerebbe anzi l’odiata richiesta per un’amorosa sollecitudine, e per una brama del suo ben essere. Sebbene non è egli corso perfino in proverbio, che le belle cere talvolta ingannano? Egli ha torto perciò in tutti in casi. Ma io si spiegherò l’origine di questa sua avversione. Il Sig. Olivo è un uomo che non cancellò per anco i pregiudizj inspiratigli dalla Balia; che crede ai prestigj, ai tristi augurj, alle superstizioni: e tien per fermo che il chiedergli se stia bene, sia un tirargli addosso il male; come stimano appunto le grosse donnicciuole, che il rompersi d’una scodella sia certo indizio della morte di alcun di Casa; e che il canto de’notturni barbagianni sia un avviso di prossimo danno. Progrediamo. (Ma un’altra volta.) ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

Conchiusione del Proclama riportato nel precedente Foglio.

di cui è peculiare la materia.

In relazione però alla suddetta Pubblica Massima, si fa con il presente Proclama al Pubblico noto, che li Bollettini delli tre Banchi del Ghetto sin ora dilatati a Duc. 6. per l’Articolo Secondo dell’attuale Ricondotta, faranno d’ora innanzi estesi, fino alli Duc. 9., riservando sempre all’Autorità del loro Eccellentissimo Magistrato a senso del Decreto surriferito di proporzionare in seguito gli assensi in ragguaglio della summa, che fosse giacente.

Ed il presente farà stampato, e pubblicato ad universale notizia.

Dal Consiglio Eccellentissimo di XL. Criminal li 14. Decembre 1789. e pubblicato il dì 15.

Invito Sacro.

Apparisce oggetto commovente alla più tenera compassione l’accaduto incendio nella Contrada di S. Marcuola, per cui rimasero distrutte 60. abitazioni. Cagionò fatalmente questo inoltre la desolazione di 140. famiglie situate in dette Case, e fra queste un total eccidio di 80. che compongono 400. individui circa de’più indigenti. Nelle orribili circostanze adunque, in cui immersi sono detti 400. infelici con la perdita delle loro sostanze, mancanti nella maggior parte dell’alimento, e vestiti, in mezzo ad una stagione, ch’esige più cose onde ripararsi; ricorrono supplici alla pietà de’ Fedeli al bacio del Sacro Manipolo, che si farà nella mattina e dopo pranzo, giorno di Domenica 3. del venturo mese di Gennaro nella Parrocchiale Chiesa di S. Moisè, ove si presteranno ad assistere a detta pia Opera tre NN.HH. Patrizj, ed alcuni particolari. Il denaro, che verrà raccolto dall’Umanità de’Fedeli in soccorso di tanti meschini sarà consegnato da chi assiste al benemerito Signor Cassiere Carlo Ferrari, affinchè con la presenza, ed assenso delli due Procuratori, e Presidenti di detta Chiesa di S. Marcuola siano dispensati in relazione alli danni sofferti, con quelle proporzionate misure, che crederanno della loro Giustizia. Confidano pertanto tutte le dette desolate Famiglie sugli esempj anche recenti di rimaner in detto incontro suffragate con quelle caritatevoli beneficenze, che servir possano di conforto al loro squallido stato, ed a tante penosissime angustie.

In M.C. 27 Decembre.

Consigliere del Sestiero di Canalregio.

s. Niccolò Michiel qu. Tom.

F. s. Ales. Ant. Barziza.

[827] Consigliere del Ses. Di S. Marco.

s. Paolo Contarini di s. Tom.

F. s. Giambat. Benzon

Consigliere di Castello

s. Lauro Costantin Querini il 4ta criminal

F. s. Odoardo Collalto

Podestà a Caneva dura m. 16

s. Pietro Ces. Corner di f. Giac.

F. s. Giov. Minio qu. Marco

Cam. a Treviso dura m. 16

s. And. Vitturi qu. Franc.

F. s. Franc. Bernando qu. Marin

Castellan a Chiozza dura m. 16

s. Ant. Soranzo di s. Seb.

F. s. Dom. Querini

Castellan a Pontevigo dura m. 24.

s. Girol. Cassetti qu. Giov.

F. s. Alv. Corner qu. Gius. Ant.

Signor di Notte al Civil

s. Marco Zorzi qu. Almorò

Luogo di S. Pietro Bembo 2to +

Signor di Notte al Criminal

s. Gasp. Donà qu. Vic.

F. s. Giac. Benzon qu. Cam.

Avvocato per gli offizj a Rialto

s. Ant. Dolfin qu. Gian Paolo riconfermato.

Ebene 3► Brief/Leserbrief► Sig. Gazzettiere

Scommetterei che più di mille, che lessero la vostra Gazzetta, e che si degnarono di gettar l’occhio sopra le ciarle, che seco voi feci sinora, riputeranno la nostra società una compagnia di pazzi, o di gente stolta e scimunita. Qual mai piacere, diran essi, si può trovare a questa stagione in mezzo ad una deserta campagna, dove appena il sole va qualche volta a farsi vedere? Il freddo, il fango, i diacci, le nevi, v’intercettano ogni conversazione con il resto dell’uman genere, e appena vi lasciano uscir della capanna il rozzo bifolco, e i lupi e gli orsi dalle lor tane… Quanto mai s’ingannano questi tali! Guai se il restante degli uomini vogliessero in capo le medesime idee! Certamente che non è questo il luogo per chi non fa vivere se non in mezzo al continuo imbarazzo degli affari cittadineschi, nè per chi non fa di essere al mondo se non se allora, che perde il tempo su d’una scranna d’un Caffè, o in un palchetto di Teatro. Non v’ha dubio che quì bisogna aver il cervello montato in una guisa un po diversa da codesta, e che bisogna saper esistere talora da sè medesimi, se non fi vuole che una noja eterna s’appicchi attorno irreparabilmente. La solitudine non è alcerto per questi tali se non per que’momenti, nei quali sono spinti a cercarla a tutto costo dalla moda in altre stagioni. La campagna non lascia di presentare anche a questo tempo oggetti di piacere e di trattenimento, per chi specialmente si compiace d’ammirare la grandezza imponente della Natura persino allora quando è spoglia delle sue bellezze, e sembra d’essere vicina ad una totale decadenza. Il piano che offre un vasto deserto; un ammasso di monti, che per la somiglianza del colorito, e per vapori che da lungi li ottenebrano, sembrano fra di loro confusi e messi l’uno sull’altro; delle roccie spaventose ricoperte di neve, o biancheggianti di perenni brine, nelle cui volte scoscese pendono lunghi massi di ghiaccio; una folta nebbia, che si estende a molte braccia di sopra delle campagne, e che sembra avviluppare nel suo seno tutti gli esseri, formano altrettanti oggetti di rozza e grandiosa magnificenza ch’eccitano un dolce sentimento di ammirazione ed orrore. In mezzo a questi l’immaginazione diviene più ardita, e va spaziando nell’infinito allorchè nessun oggetto particolare la trattiene. L’universo ad essa confusamente si dipinge in mezzo a quel denso vapore; essa lo trae fuori dal suo Caos. Qual piacere non ne viene allo spirti dalla [828] contemplazione di cose sì illimitate sì grandi. Egli ne resta per così dire inghiottito, e si risveglia poi da una spezie di estasi con quella contentezza, che nasce d’aver tentate cose di gran lunga superiori alle proprie facoltà. A queste sublimi immagini succede poi il desiderio di veder presto cangiata la scena; e già la gentil primavera dipinge alla mente i prati, e i colli ricoperti di fiori, e di erbe novelle. L’imitazione dell’arte può in ciò arrivare ad una sorprendente confine; ma nelle rozze e neglette scene della Natura v’ha sempre qualche cosa di più ardito, che fa riconoscere la mano del Creatore. Ma lasciamo là queste esteriori cose, che pure trattener potrebbono l’immaginazione e lo spirito. I gentili abitatori delle Città tremeranno di freddo al solo immaginarle, e si faran beffe di noi. Ma dov’è che per il resto meglio di quì si possan passare i giorni? Non convien nò darsi a credere, che il verno sia quì quella spavensa cosa, che pensan taluni. Il freddo si fa anzi sentire assai meno, che fra le muraglie delle città, e i mezzi per discacciarlo sono più facili e pronti.

Ebene 4► Zitat/Motto► Novisti ne locum potiorem rure beato?

Est ubi plus tepeant hiemes? ◀Zitat/Motto ◀Ebene 4

Diceva quel buon’ uomo d’Orazio al suo amico Aristio. (Epis. 10. L.1.) Anche i bisogni della vita son quì più ristretti che altrove, nè manca il poco per soddisfarli. Perciò lontani da ogni sorta di servile dipendenza, non si rimarcano fra noi quelle pallide faccie, che, come diceva il Satirico, danno a divedere i mortali fastidj, che accompagnano le grandi amicizie. Qui se un amico ci giunge, egli è sempre il ben venuto, nè vi son cerimonie, che leghino la sincerità del cuore; un buon bicchiere di vino è sempre pronto per lui.

Ebene 4► Zitat/Motto► Siccat inᴂguales calices conviva solutus

Legibus infanis. S. bta. Lib. z. ◀Zitat/Motto ◀Ebene 4

Quanto non vale un bicchiere di scelto vino in confronto dei vostri caffè! L’ippocondria, il mal umore, le convulsioni delle città fanno vedere quanto la nostra bevanda sia più salubre e gioconda. Dato il bando a tutta sorta d’intrighi, quanto non si può passare così contenti la vita, e quanto a ragione non si può passare così contenti la vita, e quanto a ragione non si può esclamare a tutti i tempi: O Nostes, cᴂu ᴂque Deum! Qui in somma, come disse Virgilio, si gusta il vero riposo, quì si mena una vita innocente e ricca di varj beni,

Ebene 4► Zitat/Motto► At fecura quies, & nescia fallere vita

Dives opum variarium. Georg. Lib. 2. ◀Zitat/Motto ◀Ebene 4

Oh benedetti pure que’grandi uomini dell’antichità! Quanto pensavano meglio che noi! Gli elogj commoventi che fecero della solitudine campestre in tutte le stagioni, mostrano quanto Poco stimassero quell’aura popolare, e quel continuo vortice d’inezie che a’nostri dì nelle città cotanto si apprezza. Alloro non s’aveva paura che il sole annerisse il viso e le candide mani. Allora non si costumava di scorrere soltanto rapidamente la campagna tutti chiusi in una ristretta gabbia, temendone per fino l’aria salubre. Allora non era uno spettacolo insignificante quello del contadino intento ai rustici lavori, ma formava il più grato trattenimento. Allora non erano rari gl’illustri esempj di liberalità, e di tutta forte di virtù. Allora l’industria, e l’emulazione non era soffocata, nè il merito avvilito. Allora . . . . . Ma che non si direbbe di que’secoli felici se si volesse proseguirne il confronto co’ nostri giorni? Non è questa la nostra intenzione. Contentiamoci d’aver detto a que’tali che ci credessero per avventura un branco di bestie o di misantropi infelicissimi, che anche quì si vive, e si vive bene ad onta del pessimo inverno. Si disingannino questi Signori, [829] e pensino che tutto è relativo alla maniera, con cui quaggiù si guardano le cose. Questo è l’unico fine, amico mio, per cui vi mando questa mia. Non la crederei perciò fuori di proposito. Ritornerò in cammino un’altra volta. Perdonatemi intanto i miei traviamenti, e credetemi quale ho l’onore di essere

Il vostro Affez. L….

Addì 24 Decembre 1789

Dal S.L. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

Avviso.

In conformità della promesse avanzate al Pubblico con apposito Manifesto da Gio: Ant. Pezzana Librajo, e stampatore di Venezia, ha Egli fatto tenere ne’passati giorni agli Associati della Storia dei Regni delle Scimie, e dei Cinocefali ossia viaggi straordinarj di un Inglese in vari Paesi ignoti agli Europei, il primo, e 2do Tomo dell’opera stessa al fissato tenue prezzo di Paoli z. cadauno, oltre le picciole spese di Porto, e Dazio. Li suddetti Tomi sono adorni di otto figure in rame miniate al naturale, rappresentanti i fatti più rimarcabili ne’medesimi contenuti. Verso la fine del corrente anno faranno vendibili anche li Tomi 3., e 4. L’associazione è tutt’ora aperta al Negozio del medesimo Sig. Pezzana, e presso Antonio Zatta, e Figli non che dai migliori Libraj d’Italia.

Teatri.

Lo storico argomento del Dramma, che rappresentasi a S. Benedetto, è tratto da Zosimo, e da Vopisco. Tra le imprese dell’Imperatore Aureliano nell’Asia si annovera la conquista di Palmira città in cui cercato aveva un asilo la famosa vedova di Odenato Zenobia, che la lui su condotta a Roma in trionfo.

L’eroica di lei costanza amorosa per Arsace Principe di Persia fatto prigioniero de’Romani nel combattere a sua difesa per cui ricusa, e disprezza l’amor del suo vincitore; la fedeltà del corrisposto suo amante; la passione d’Aureliano agitata dalla repulse, immaginate son dall’Autore per intrecciar ed animare l’azione, che nella sua chiarezza, e semplicità presenta un bello degno d’imitazione preferibile sempre a’brillanti prestigj delle fantasie stravaganti. Gli episodj non disertano dal Soggetto, i caratteri son sostenuti, il linguaggio è poetico, i pezzi contabili son armoniosi. Nel rendere la dovuta giustizia al Sig. Abate Sertor, ch’è l’Autore di questo Dramma, defraudare non devesi delle lodi meritate il Signor Butturini, che ne’cangiamenti attenendosi fedelmente all’azione la rese più interessante, come lo dimostra la bella scena del sotterraneo della quale riportiamo le parole in prova della verità.

Zenobia, e Arsace.

Zen. Scendi, ah scendi mio ben. . . . non ti sgomenti

Di queste vie l’orror.

Ars. Dove mi guidi? Vacilla il piè … palpita il cor ….

Zen. Il pianto, e le querele

Deh frena per pietà.

Ars. Qual freddo vento

Scuote questi antri … qual oscura notte

Circonda questi sassi, e queste grotte!

Zen. Sieguimi … Arsace … oh Dei!

Ars. Ma tu sospiri? …

Tu tremi? … tu mi lasci? …

Zen. Ah nò, non reggo.

Sicura un tempo errai tra faci ardenti.

Per questo ignoto al Mondo,

Opra di molti Re, speco profondo…

Ma in questo istante, oh Dio! mi

scende al core

Un torrente di gelo….

[830] Mille confuse larve

Si presentano a me …

Ars. Che intendo, o Cielo!

Perduti siam .. In questo cupo orrore

S’abbandona Zenobia al suo dolore.

Zen. De’Re, ch’io spinsi a morte,

Queste son l’ombre … io le ravviso…

Ars. Strepito d’armi udir da lunge …

Zen. ah questo

È forse di Cocito il varco estremo!

Ars. chi giunge?

Zen. Chi m’assale?

Ars. Io manco.

Zen. Io tremo.

Gia s’aggira a me d’intorno

Nero stuol di larve ultrici,

E mi strazia il cor nel sen.

Ars. Già in quest’orrido soggiorno

Mi circondano i nemici,

E quì perdo il caro ben

Zen. Prence amato

Ars. Idolo mio…

Zen. Dove sei?

Ars. T’appressa…

Zen. Oh Dio!

Delirar il duol mi fa.

a2. Perchè mai fra la tue braccia

L’alma mia spirar non fa!

Ah si vada in contro a morte,

Abbian fine i nostri affanni:

Più non reggo, astri tiranni,

Alla vostra crudeltà.

Quelli, che intervenuti non sono alla recita di quest’Opera devono immaginarsi una Scena nella quale il pennello maestro del Sig. Cav. Fontanesi ha mirabilmente secondato il pensiero poetico col farla rappresentante opra di molti Re, e nella sua grandezza spirante un orrore, che accompagna il sentimento de’versi, e i tuoni della musica. Devon sapere, che il Sig. Anfossi invaghito di questa situazione, con un genio che retrocede alla vivacità giovanile, e con un’arte che mostra l’uomo consumato nella perizia di far che spieghi un’Orchestra le più forti passioni, ha saputo sorprendere l’aspettazione medesima sentir facendo dagli stromenti concertati a divina armonia tutto l’orror messo in moto, il vacillare del piede, il palpitar del core, le querele, il freddo vento, il torrente di gelo, lo strepito d’armi; e con una spezie di musicale prestigio far errar per la Scena le vive immagini delle faci ardenti, delle larve confuse, dell’ombre de’Re spinti a morte. Tanto che la sensibile Udienza penetrata dalle parlanti note della mano maestra, e sparse ne’suoi cuori le ineffabili loro dolcezze, non potendo frenare i trasporti del suo diletto tratto tratto proruppe in applausi, che sollevarono Anfossi alle stelle: applausi non disposti dalla parzialità ed irritanti per inconvenienza, ma rapiti da un consenso unanime con que’raffinamenti dell’arte a’quali resister non possono che l’anime zotiche, e dure impenetrabili alla melodia musicale.

Se questo è il capo d’opera dell’Anfossi nel Dramma della Zenobia non è per ciò che dalla Sinfonia sino al Coro ond’è chiuso, non abbiasi un piacere continuato, dove più dove meno, nella varietà, e nella bellezza de’pezzi cantabili. Per ciò frequenti furono gli applausi, che mossero la riverente sua gratitudine ad alzarsi per inchinarsi al plaudente Uditorio: onde colse di questa sua favorita fatica quel compenso onorevole sempre più caro d’ogni altra mercede a chi stima sè stesso per rendersi degno dell’approvazione del Pubblico.

Ma qual prò de’più dotti sudori se l’esecuzione musicale d’un’Opera tradita sia dall’insufficienza? E qual destino sarebbesi apparecchiato alla Zenobia se non ne avesse sostenuta la parte una Donna del merito eccelso della Signora Banti! Non v’ha situazione in cui ella manchi di spargete col suo canto quella soavità dominatrice egualmente degli animi di que’che fanno, e che non fanno la musica. Come per conoscere il bello delle teste di Raffaele non è necessario il saperne di pittura, così per giudicare della perfezione di quest’organo animato basta non esser sordi. Nel Duet-[831]tino dell’Atto Primo, nel Rondeau dell’Atto secondo, nella Scena del Sotterraneo, nell’aria dell’Atto Terzo, spicca distintamente il suo valore raccomandato all’immortalità ne’volumi d’Euterpe, e degno d’essere celebrato con un’Oda Oraziana.

Egli è un rendere la dovuto giustizia al Sig. Senesino afferendo che nel Duettino accennato, e nel gran instromentato recitativo del Sotterraneo, e da lui bene accomagnata, e secondata la Signora Banti; e in questo consiste il suo maggior merito nelle recite del mentovato Dramma.

Se ci resta a bramare di più nel Personaggio d’Aureliano non è per ciò che da lui ne vanga un generale digusto, e ch’ei non ottenga discreti applausi.

Strepitosi son quelli, che si meritò co’suoi Balli il signor Trafieri. Egli ha sì bene trattato l’argomento del Primo, che lo spettacolo n’ebbe gran rinforzo. Rese chiara ed intelligibile una Tragedia della cui azione pantomima molto temevasi. Le parti sono distribuite con discernimento, l’esecuzione resa parlante nella sua maggiore rapidità, serprendenti i colpi di Scena, i tableaux pittoreschi. Egli a una fisonomia così significante, de’lineamenti sì forti, che sembra fatto per rappresentare il truce Scaramello.

L’introduzione di Cupido nelle azioni teatrali, è divenuta pericolosa dopo l’abuso fattone da’moderni Poeti, e da’Capi di Balli. Nondimeno nel secondo questa Divinità, tanto fatale nella sua stessa puerizia, intreccia sì graziosamente l’introduzione, che se n’ha molto piacere. Una Fanciulletta che la rappresenta nominata Campigli, ch’era della Compagnia de’Ragazzi, la quale agì nelli due anni scorsi a S. Gio: Grisostomo, esprime a meraviglia quanto in parte le tocca, e con un’abilità che supera di gran lunga l’etade sua, e nel gestire, e nella danza, desta sonori ed universali applausi, e le si fa replicare il suo Pas de deux col Trafieri. Elegante, e brillantissimo Ballerino è il Sig. Gioja, che si sa molt’onore nelli due Balli per il cui felicissimo esito il nome del Sig. Trafieri passa di bocca in bocca tra le lodi più decorose.

La Pittura sorella della Poesia, e della Musica innalza si superbamente la fronte in questo spettacolo, che seco loro, e col Ballo si divide a parte a parte gli applausi. In tredici nuove scene si spiega la ricchezza della fantasia del Sig. Cav. Fontanesi. Maestoso è il pensiero della prima rappresentante l’interno del Padiglione d’Aureliano, spira freschezza quella del Bosco, è un esemplare d’Architettura la Galleria della Reggia, il Sotterraneo un oggetto d’ammirabili orrori, la gran Piazza d’armi ove termina l’Opera, un vasto quadro di magnifiche idee, che senza confonder la vista le presenta all’alzar del Sipario tutto il suo bello. La leggerezza, le tinte dell’ultima del Primo Ballo allontanano l’Atrio colla più grata illusione; le altre tutte nel lor vario genere gareggiano in venustà seducente.

Corrisponde perfettamente a tante parti di grandezza, che adornano quest’Opera, un ricco e ben inteso Vestiario che brillando tra quelle scene superbe forma una splendidezza da Corte.

Se questa descrizione sia esagerata, e piuttosto non giunga a certe altezze del vero per fiacchezza d’ingegno, lo giudichi il Pubblico conoscitor e imparziale, al cui solo giudizio è da noi sottoposta.

Riserbasi, per mancanza di spazio, al Foglio di Sabbato quella del Dramma del Teatro a S. Samuele. Perchè intanto privi non restino di qualche notizia li Signori Assocciati a questo Foglio, di Terra ferma, li avvisiamo: che il Signor Maestro Gazzaniga è felicemente riuscito nell’ardua sua impresa, che il Signor Babbini mirabilmente sostiene il carattere di Giasone, e col suo canto continua ad essere di soave trattenimento all’Udienza; che l’egregia Signora Carolina Pitrot è nel [832] Ballo la delizia di questo Pubblico. Quanto alla celebre Signora Mara siamo dispensati per ora di far parola dal seguente Sonetto, che si sparse da qualche giorno in questa Città, del quale ce ne giunse alle mani una copia.

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Per la Preghiera a Diana
Cantata dalla Signora Mara

Sonetto

Non il rapido vol di cento note,

Non il variar in mille modi il suono;

Non i balzi dall’uno all’altro tuono

Onde l’alme nei sensi rendi immote;

Queste virtù sublimi, e quasi ignote

I soli pregi tuoi Donna non sono:

Tu acrescesti con l’arte il sommo dono

Che al nascer tuo natura dar ti puote.

T’ascolti ognun, quando dell’ara avanti

Alla gran Dea supplici preci esprimi

E trattenga che può teneri pianti;

Per Te Diana scende; ma tu sei

Capace ancor co’tuoi soavi canti

Di far scender dal Ciel tutti gli Dei. ◀Ebene 3

La Commedia in musica Riccardo cuor di Leone ebbe un tristo destino su queste scene del Nob. Teatro a S. Moisè. Se ne apparecchia un’altra tratta egualmente dal Francese, che ha per titolo Le nozze di Figaro.

L’Opera seria posta in iscena a Verona la seria de’27 cor. È intitolata Chlilomene. Il primo soprano Sig. Roncaglia piace. La prima donna Sig. Nava per essere la prima volta che canta il serio fa buona figura, e diletta colla sua agilità, ma è troppo presto, perchè si scordi il Teatro Busso. Il Sig. Franchi Tenore, benchè d’abilità limitata, è applaudito. Il primo Ballo del Sig. Garzia, Emirene Sigismondo riuscì, quanto alla composizione, di pubblico aggradimento; non così il secondo campestre. Nello scenario son passabili due teloni, e nel Vestiario è bello l’abito del primo uomo.

Tali son le notizie a noi dirette da un intelligente dilettante di musicali spettacoli.

D’Affittare

Una Casa sopra Canal grande in Contrada di S. Tommà in secondo Piano composto di tredici stanze tra grandi e piccole, con camerini di sopra e soffitta, con terrazza, magazzini, e con tutte le sue comodità.

Chi applicasse alla medesima parli col fabbro in detta Contrada vicino al Campanile.

Paga all’anno di affitto D. 200

Commedie per questa sera

S. Luca. Agamennone Tragedia

S. Angelo. Tartaglia finto donna

S. Gio: Grisostomo Aurengzebbe Re di Siam o sia l’eroe Dalmata.

Morti.

S. E. Sig. Pietro Bembo 2do qu. Giorgio d’anni 73 della Parrocchia di S. Barnaba.

Il fedele Sig. Pietro Costantini Pub.

Notajo, della Par. di S. Salvatore.

L’Illustriss. Sig. Livia Contessa Tebaldi Rubbi della Par. di S. Leone, d’anni 103. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1