Num. 56 Antonio Piazza Moralische Wochenschriften Ingrid Scherk Editor Kirsten Dickhaut Editor Alexandra Fuchs Editor Angelika Hallegger Editor Institut für Romanistik, Universität Graz 23.09.2015 o:mws.4055 Piazza, Antonio: Gazzetta veneta urbana. Venezia: Zerletti 1789, 441-448 Gazzetta urbana veneta 3 056 1789 Italien Ebene 1 Ebene 2 Ebene 3 Ebene 4 Ebene 5 Ebene 6 Allgemeine Erzählung Selbstportrait Fremdportrait Dialog Allegorisches Erzählen Traumerzählung Fabelerzählung Satirisches Erzählen Exemplarisches Erzählen Utopische Erzählung Metatextualität Zitat/Motto Leserbrief Graz, Austria Italian Theater Literatur Kunst Teatro Letteratura Arte Theatre Literature Arts Teatro Literatura Arte Théâtre Littérature Art Italy 12.83333,42.83333

Num. 56

Mercordì 15 Luglio 1789.

Estratto d’una Lettera di Salò de’ 9. corrente.

Due Soldati dalmatini vennero a contesa per le ordinarie loro fazioni alle 22 della domenica 5 corrente Elia Melitich diede dell’asino a Gius. Gianacchi il quale offeso gli disse: la tua parola merita soddisfazione, ma il posto ch’ora copri non me l’accorda. Son pronto anche adesso a dartela, Elia risposegli, ma l’altro soggiunse: ora servi il tuo Principe, poi ci vedremo.

La mattina seguente allo spuntar del Sole Elia vide Giuseppe che lavavasi al Lago, e lo rivide poi incamminato all’Appalto dell’Acquavite; gli tenne dietro, e l’incontrò che ritornava al suo Quartiere. Gli rammentò la soddisfazione da lui richiesta. Gianacchi era disarmato, onde chiese tempo d’ire a prendere la sua scimitarra. Ritornato puntualmente con essa s’accordò col suo nimico d’andar insieme a bere il rosolio prima di battersi. Gianacchi volle pagarlo. Andarono poi a lavarsi al Lago, ov’Elia chiese a Giuseppe se volesse colà duellare: egli non acconsentì onde si avanzarono sino al sito dove si giuoca al pallone. Ivi, colla più fredda indifferenza si trassero di testa il cappello, lo gettarono a terra, e contesero sul diritto del primo a snudare la sciabla. Elia disse: a me non tocca, perchè non chiesi soddisfazione, onde convenne che la snudasse in prima il suo inimico. Stabilirono di battersi sino all’ultima goccia di sangue.

Un lontano testimonio di vista asserisce, che l’attacco non poteva essere più impetuoso. Giuseppe s’avventò come una tigre contro d’Elia, che ritrocedendo nel ripararsi da un gran colpo vibratogli al capo si torse il suo ferro. Durò l’assalto più di 4 minuti. Finalmente mancando il piede sinistro ad Elia essendo quasi caduto, rimase ferito nella faccia. Il sangue che l’inondava, l’onor che spronavalo, la vergogna, il sentimento di ven-detta, diedero un novo vigore al suo braccio onde stese un gran colpo alla testa del suo inimico, che non andò a vuoto, e lo ferì gravemente. Spossato questi dall’impeto de’suoi assalti, chiese quartiere ad Elia, che generosamente glielo accordò a condizione, ch’ei gettasse le armi, come fecero entrambi, poi s’abbracciarono cordialmente, reciprocamente ajutandosi, e prestandosi il fazzoletto per asciugarsi dal sangue. Ripreso il loro cappello, pregarono un giovinetto, che di là a caso passava, di prendere le lor armi e portargliele all’Ospitale ove giunsero; ma trovatolo chiuso ricoveraronsi in certo luogo vicino detto de’Castellazzi. Furono uditi a lagnarsi vicendevolmente, perch’uno fosse più ferito dell’altro. Entrarono poi nell’Ospitale abbracciati da teneri amici, e prima di coricarsi vollero sigillare la pace con de’bacj sinceri. Soffersero con imperturbabil fortezza la cucitura chirurgica della loro pelle.

Son essi della Compagnia Contarini. Il loro Tenente è il bravo Mattia Radinich. Si cita per onorevole testimonianza il N. H. s. Giamb. Mora che allora si trovava a Salò.

Questo fatto ha certamente dell’eroico, e solleva due Soldati semplici alla dignità della stima pubblica. Ma non risponde agli applausi di chi ammira il coraggio e il valore, la sana Filosofia, che geme su’sacrifizj di tante vittime di questo fantasma d’onore, ch’arma l’amico contro l’amico, e in onta delle Leggi de’Principi, barbaramente si nutre di sangue umano.

“In un Caffè di Terra-ferma insorse una quistione tra un Padovano ed un Vicentino circa i loro rispettivi spettacoli. Si dissero dei spropositi da una parte, e dall’altra, e molte cose piccanti. Delle persone che vi si trovarono presenti gli calmarono, e si venne ad un discorso più tranquillo, ed eccone il risultato, che io vi invio, Sig. Gazzettiere, acciò lo inseriate ne’vostri Fogli.

“Si convenne, che il Libro di Vicenza aveva dei difetti e delle bellezze; che la musica era eccellente a riserva delle due ariette ironiche, che erano un po buffe; che il Sig. Roncaglia a fronte di far una parte che non gli è adattata non può che piacere. Che il Sig. Babbini è l’unico giusto attore, che abbia il teatro drammatico, che è bella figura, gran professore, gran cantante; che la prima Donna manca di que’pregj, chenecessariamente devono mancare ad una donna giovine che per la seconda volta va sul teatro, ma la di lei agilità, la di lei voce, oltre di fare molto piacere presentemente lasciano pronosticare che ella diverrà un giorno delle più celebri. Si convenne, che il ballo era cattivo, confuso, inconcludente, che però era compensato dall’eccellenza dei due primi ballerini Sig. Gioja e Sig. Carolina Pitrot coppia certamente degna d’ogni lode, e superiore a qualunque eccezione, Il Vestiario dell’Opera è ricco, di buon gusto, e fatto con molta magnificenza, non così quello de’balli.

Di quello di Padova si disse, che il Sig. Pacchierotti a fronte de’suoi discapiti accidentali ha sommo merito, e da’crepuscoli si conosce quale è stato il mezzo giorno; certamente egli è stato grande per la sua bella maniera, e non sò se sarà così facile il rimpiazzarlo. Il Sig. Maffoli non spica abbastanza, si dice, per la sua situazione svantaggiosa, la Sig. Casentini median-te l’assistenza di chi ha dell’interesse per lei potrà diventare qualche cosa unendo ancora il merito della buona figura cosa tanto necessaria per interessare lo spettatore. Per ciò che risguarda la musica non fu deciso niente; perchè fuori della prima sera lo strepito del Teatro è così forte, che non è possibile di gustare altro che qualche piccolo pezzetto. Si ha ragione però di argomentare, che non sia gran cosa, perchè si osserva, che in qualunque pieno teatro si tace a tutto ciò che può interessare; per esempio nel ballo dove si potrebbe dir qualche cosa tutti fanno un altissimo silenzio. Egli è veramente bello, e non ha eccezione, unisce condotta, espressione, forza, unione, in grado superlativo. Non mancan però persone, che critichino questo compositore trovando ne’suoi balli della uniformità, ma che perciò? Si potrà dire, che egli è monotono nelle sue produzioni, ma non si potrà dire che egli non sia bravo. È più difficile aver molto giudizio che molto entusiasmo. A rendere perfetto questo ballo non mancherebbero che delle gambe. Il Vestiario in totale è passabile. Si agitò un pezzo la quistione dello scenario, e si conchiuse: che le scene di Padova erano spettacolose. Si attribuì al merito del pittore, ma si disse ancora che il molto tempo impiegato per farle, ed il teatro assai grande vi contribuivano assai a renderle tali. Di quello di Vicenza si disse, che si prescindeva da quelle del ballo, perchè si sapeva essere state fatte in un giorno l’una; ma che quelle dell’Opera erano di una bellezza sublime. Si conchiuse, che il Fontanesi e il Gonzaga erano i due genj del secolo, e che da questi agli altri vi è quello spazio infinito, che posero gli Dei fra Sesto e Tito. Fate il calcolo, Sig. Gazzetiere, del sin quì detto e troverete che a render perfetto uno spettacolo saria necessario unire l’Opera di Vicenza, ed il ballo di Padova. Conservatevi, e credetemi.

Soddisfatti così tutti quelli, che ci scrissero intorno alli due Spettacoli, speriamo ch’abbia a bastare quanto s’è riferito senza ch’altri s’incomodi d’aggiunger nulla su questo argomento. Ricordisi che tutte le Lettere furono da noi riportate con fedeltà senz’accrescere o cavar parola. Che se nel vedere, e nell’udire, ingannati si sono degli occhi, e degli orecchi; se nello scrivere la penna ha secondato una prevenzione più che un sentimento, la colpa non è nostra. Abbiamo preteso, come nell’altre, anche in quest’occasione di raccogliere imparzialmente le dispute degli Avvocati prò e contra per offerirle al giudizio di quei che sanno, e son al caso di ben decidere. Un elogio, o un biasimo ingiusto, nè ingrandisce nè scema il merito altrui. Ci siamo astenuti con pena dall’apporre agli altrui scritti qualche nota di nostra mano per non dar sospetto di volere pronunziar giudizio su ciò, che da noi non si vide. Siamo però persuasissimi del buono dell’uno dell’altro Teatro, giacchè da molte disappassionate, libere, ed intelligenti persone udì dirsi: mi son bene divertito all’Opera di Padova, e a quella di Vicenza.

La Macchina di fuochi d’artifizio la cui descrizione fu riprodotta su questi Fogli al num. 54. fece, per quanto sentesi, molt’onore al suo artefice. Ecco quanto se ne dice in una Lettera degli 11. corrente.

“La Macchina de’fuochi delli 10. del presente incontro la pubblica approvazione. La gran Piazza di Castello era cinta del recinto de’palchi tutti egualmente dipinti, ed essi soli formavano un degno spettacolo, pieni di colta gente, e nostra e forastiera, che quì si trova in gran numero per l’Opera non mai abbastanza lodata; così pure era affollato tutto il parterre.

Lo spettacolo poi di jeri a notte della corsa del Fantino fu imponente e magnifico. Tutto il fabbricato ed i palchi erano illuminati da torcie; tutta la vasta pianura, e l’Isoletta da infinito numero d’assi con pece. Formaron prospettiva alla parte di S. Giustina macchine di fuochi detti all’Inglese. Infinito il numero di forastieri de’luoghi vicini. Non mi estendo di più nella descrizione di questo spettacolo, acciò non sembri ch’io esageri, e lascio alla Fama il parlarne.”

Nell’occasione della notturna straordinaria corsa de’Fantini a cavallo da eseguirsi nel magnificoContiene questa gran Valle, anticamente chiamato Campo Marzio, tutta cinta da Chiese, Palazzi, e Case, 22 Campi Padovani, Quarti 3, Tavole 78 secondo le giuste misure prese dal Sig. Baccini 1767. Prato della Valle la notte delli 11 Luglio 1789.

Sonetto Consecrato all’Amor Patrio de’Promotoridi tale Spettacolo.

Valle tremenda, e illustre in guerraSostennero li Padovani in questo, e ne’prossimi luoghi diverse battaglie. Sono memorabili quelle di Alarico, Attila, Agilulfo, Eccelino ec. ec. Ved. Dand. Bonf. ed altri., e in paceNe’tempi più rimoti celebravansi in questa Valle i famosi Giuochi Cestici istituti da Antenore ad imitazione di quelli di Troja. Ved. Tac.

Quando al Ciel piacque io fui. Fatal ruina

Mi tolse AreLe incursioni de’ Barbari, oltre molte altre superbe Fabbriche, demolirono anco il Tempio della Dea Concordia fondato nel 1018 avanti la nascita di Cristo; sulle rovine del quale fu poi eretta la Basilica di S. Giustina. Ved. Ors. Cavac. Scard. Port., e TeatriNon hà molto, che nella escavazione dell’Alveo del nuovo Fiume scoprironsi le fondamenta dell’antichissimo Anfiteatro Satiro, corrottamente Zairo. Ved. Pig. Gng. MSS.; e il Tempo audace

M’empì di luttoFù bagnata questa Valle dal sangue di molti SS. Martiri, e fra gli altri di S. Giustina nella persecuzione di Massimiano, ed altri Tiranni. Ved. Cavac. Ors., e rese umìl, meschinaQuantunque situata questa Valle nel più delizioso, e sociabile luogo della città, era per incuria ridotta di niun uso non solo, ma paludosa, ed insalubre..

Mio destin vendicò l’opra divina

Di un benefico GenioSi accenna l’Eccellentiss. Kr. e Procur. s. Andrea Memmo fu Provveditore di questa città, dal cui ottimo gusto, raffinato talento, ed indefessa sollecitudine derivò il nuovo aspetto, che prese essa Valle.; e tal veraca

Mi diede MaestàL’isola di figura Elittica, lunga, compreso il fiume, piedi 600 e larga 360. situata nel mezzo di questa Valle, cinta da un Fiume con quattro Ponti tutto all’intorno nell’una, e l’altra riva adornato di Statue, e nell’interno fregiata di Vasi, Guglie, Tavole, Sedili, ed altri ornamenti, e tutto della più elegante struttura, presenta un Quadro, che, quantunque non ancora perfezionato, a tutta ragione riscuote l’ammirazione, e l’approvazione di ognuno., che a me s’inchina

Europa tuttaAmmirarono quest’Isola, e ne concorsero all’ornamento i primi Personaggi d’Europa, frà quali non sono da tacersi la S. di Pio VI., Giuseppe II. Imp., Leopoldo I. di Toscana, Gustavo III. di Svezia, e Carlo di lui Fratello Duca di Sundermannia, Paolo Petrovvitz, e Maria Teodora gran Duchi di Moscovia, Guglielmo Duca di Glocester, ec. ec., e del mio bel non taceParecchi celebri moderni Viaggiatori parlano ne’loro scritti con somma lode di questo luogo. Ved. Mr. Cochin, Martin, ec. ec..

Mancava sol ch’Euganea alla primiera

Pompa tornasse ancor, da Gloria desta,

I prischi LudiSono troppo celebri i Spettacoli Gentili, che fino dagli antichi Secoli davansi in questa Valle, de’quali, oltre molti altri Istorici, Ved. Saggio de’Spettacoli dell’Ab. Sberti. Nel Teatro Satire sopraccennato rappresentavansi ogni 30 anni quelle famose Tragedie alle quali concorrevano infiniti Spettatori da qualunque parte, ed ove solrecitavano Uomini di grand’affare, e di cospicua nascita. Ve. Sifil. Dion. Tacit. Pignor. ed altri. Ne’Secoli più vicini poi nello stesso luogo faceansi con sommo dispendio, e magnificenza Rappresentazioni Spirituali circa il 1208. ne’giorni più solenni dell’anno, le prime che si introducessero nel Cristianesimo. Ved. Fonan. Zen. Rolland. Lo spettacolo della Corsa de’Barberi, rimessa di nuovo in questa Valle nel 1766. , e che riesce in questo genere il più bello spettacolo, che veggasi in Europa facevasi anticamente ancora in questo stesso luogo, come risulta da un Decreto della Città 1257. in memoria della liberazione di essa dalla Tirannide di Eccelino. Ved. Murat. Antiq. Ital., ond’io ne giva altera:

Ma con tal fasto in me con tal splendore

Spettacolo sì novo Ell’oggi apprestaConcorse graziosamente S. E. s. Zan. Battista da Riva meritissimo nostro Pod. e V. Cap. a permettere questo straordinario Spettacolo.,

Che mi ridona appien l’antico onore.

In segno di riconoscenzaAlcuni Amici.

Funzioni Sacre.

10 Luglio. S. Paterniano Vescovo protettore della Città di Fano il cui corpo ivi si venera nella Chiesa de’ Canonici Regolari di S. Salvatore.

Alla parrocchiale e collegiata di questa Città dedicata a questo Santo soggette sono 900 anime allo in circa.

Fra li suoi Parrochi si distinse Pantaleone Giustiniano nell’anno 1229 eletto Patriarca di Costantinopoli, Pietro Talonico dichiarato nel 1316 Vescovo di Jesolo, che nel 1343 dispose con testamento di tutti li suoi Beni esistenti nella Villa di Campo Noghera Territ. Padovano ripartitamente in tre porzioni, una a’poveri, l’altra alla Chiesa, la terza al Capitolo de’titolati. Anche Pietro Filomaso dottissimo Teologo fu benemerito di questa parrocchia avendo eretta a sue spese sotto il di lui Piovanato la Cappella dell’altar maggiore, e nel suo Testamento 22 Luglio 1591 in atti del Not. Ven. Marc’ Ant. Cavanis disposto d’una Grazia di ducati dieci per il monacarsi d’una Figlia della Contrada, mancan lo nella quale chi avesse tal vocazione abilita le altre Figlie del Sestiero di S. Marco in cui è posta la Chiesa suddetta. Recentemente lasciò di sè grata memoria Gerolamo Bressan che unì alla dignità del Piovanato quella di Canonico di S. Marco, e morì nel 1764 avendo condotto una vita d’Apostolica esemplarità.

Ad onta delle nostre contrarie disposizioni ricusar non possiamo di dare in luce la seguente Lettera. Offenderebbesi dell’ommissione chi la scrisse, non a torto, e potrebbe accusarci di parzialità, o d’interesse.

Vicenza addì 13 Luglio 1789.

“Veramente non ad altro grado poteva giungere la sfrenatezza d’un Fanatico, che ignora le Leggi del dovere, scrivendo una Lettera in data 6 Luglio corr. in confutazione della mia intorno l’Opera di Vicenza, tutta a dire il vero piena d’infantate tra sè discordanti idee, e che formano un ammasso di sciocche, e ributtanti bugie.

“Il nome di prudente per opinione di questo dottissimo Scrittore qui scientiam habet in dorso, sta solo in quello, che trasportato da un cieco amore, prende a lodare una cosa, senza saper quello, che faccia, come fa quello, che scrisse in data 4 Luglio. Non so, se sì belli principii facciano onore, oppure caratterizzino un cervello volante, bizzarro, e degno di compassione.

“Or io con punti di ragione, non con sole parole, sostenterò la mia opinione sincera, e farò vedere ne’termini della convenienza, quanto colla medesima sua lettera si contraddica, e quanto sia degno di riprovazione avendo dato alla luce dopo quindeci giorni un aborto così detestabile figlio dell’ignoranza, e dell’acciecamento.

“Io scrissi nella mia lettera esservi una bellissima sinfonia, e lo scrittore lo accorda.

“Io giudicai il primo Atto buffo, poichè dal principio, sino al fine è ripieno di pezzi troppo brillanti corrispondenti piuttosto ad un’Opera buffa, che ad una seria.

“Io caratterizzai il primo ballo cattivo, e questo pure viene dal Sig. Scopino concesso, ma per sostentarlo un poco porta in campo il valore de’Ballarini, non so poi, se la storpiata logia di questo Signore faccia venire per conseguenza, che il ballo piaccia, e sia bello. Lo dico a sua istruzione, quando nel ballo non v’è chiarezza per distinguere cosa significhi l’azione, senza esservi d’uopo d’interprete, la bravura de’Ballarini è quasi un nulla.

“Dissi il secondo Atto buono, e mi viene accordato.

“Il secondo ballo passabile. Questo anzi viene dallo Scrittore peggiorato, dicendo, che la non chiarezza dell’espressione lo rende cattivo.

“Ecco tutta la mia opinione stolidamente caratterizzata per sciocca.

“Non creda il summentovaro Signore, che io sii uno di que’ genti maldicenti delle cose patrie, poichè lodo dove merita, e non sono frenetico dove non merita.

“Ammiro per altro il bello spirito dello Scopino, il quale con superflue non meditate parole, e delle quali non ne conosce il valore abbia voluto deprimere la verità, e portare in trionfo la bugia; attendi piuttosto alla facitura della sua cioccolata, e non importuni il Gazzettiere con delle scempiaggini da sciocco. Io sono Vicentino, ed a tempo mi farò conoscere. Vi prego per mia giustificazione, e per suo lume d’inserirla nella vostra ventura Gazzetta; e frattanto mi pregio di essere.

Avviso a stampa.

Nella Chiesa di San Luca addì 1. 2. 3. Agosto.

Indulgenza Plenaria per li vivi, e per li morti, come quella d’Assisi; ed ogni Altare di essa Chiesa sarà privilegiato per qualunque Messa celebrata in quelli tre giorni; siccome nuovamente concesse Sua Santità Nostro Sommo Pontefice Pio VI. felicemente regnante alla Chiesa suddetta.

In ogni giorno poi di quel Sacro Triduo sarà esposto il Santissimo Sacramento nel dopo pranzo prima delle ore 22 con breve Discorso fatto da tre celebri Oratori, dopo di cui cantato un divoto Miserere etc. si darà la divina Benedizione.

Si esorta dunque ogni fedel Cristiano a partecipare di Tesori così inesausti, ed applicabili tanto a sè stessi, quanto ad altri ancora, sì in generale, che in particolare vivi, e morti, siccome ben chiaramente nota il Breve Apostolico emanato dal suddetto Romano Pontefice nel giorno settimo Aprile 1789. di nostra Salute etc.

Manca ne’giorni correnti a questa Metropoli il fiore della sua popolazione. Le villeggiature, e gli spettacoli di Padova, e di Vicenza le hanno tolto i ricchi, e quelli che si rovinano per gareggiare ne’divertimenti con essi. Nondimeno alcuni pochi che non vogliono, e moltissimi che non possono andar in campagna, cercano di divertirsi con più quiete del solito, e le compagnie che radunansi godono de’privilegj, che sono proprj della presente stagione. Il passeggio dalla Piazza a Castello illuminato dallo splendore soave della Luna, Divinità propizia alle riflessioni de’ Young ma sfavorevole a’ disegni degli Amanti furtivi, la libertà di cui ora godesi di poter sedere sulle panche de’ Caffè della Piazza frapposte agli archi delle Procuratie, le cene alle Osterie, il giuoco da trattenimento, le piacevoli conversazioni, sono il sollievo di chi non vuole, o non può avere quel della villa, o della Terra-ferma. C’è chi sospira per non poter averlo, e vede colà tutto il bene trovando quì tutto il male; nè manca chi biasima fieramente la dimora della campagna sostenendo la disputa col flagello delle mosche, e degli altri insetti, che succhiano il sangue, e col tormento della polvere che rode, e degli ardenti terreni, incomodi da’ quali quì siamo esenti. Ma se la borsa non fosse vuota quanti e quanti superarebbero il timore di tali disturbi! Il Filosofo in pratica si adatta alla situazione in cui si ritrova, e l’arte d’ingrandir il bene, e minorare il male, lo accomoda a tutto. Uno di questi tali, che quando ha soldi non trovasi mai in questi giorni a Venezia sostiene mirabilmente ovunque ritrovasi, che in questa Città non si stà mai meglio che nell’estate. Egli passa da un luogo all’altro ove trova gente; ora giuoca, ora fa all’amore, ora mangio; e quando la conversazione lo esige pianta sistemi, s’oppone a quelli degli altri, e con molto spirito, e una fluida loquacità alletta, vivifica le brigate, e talvolta istruisce.

Poche sere sono ebb’egli una contesa in cui lo fece trionfare più il suo ingegno, che la sua ragione, e più la debolezza de’suoi avversarj, che la forza della sua logica.

Pretese che l’uomo sia buono in istato di natura; che la Società lo faccia cattivo; che l’educazione non abbia influenza veruna su’ nostri costumi. Fortificò la sua disputa riportando le pitture fantastiche della semplicità de’ selvaggj ornate dall’eloquenza degli scrittori, che per rendere più odiosa l’oppressione de’loro conquistatori arricchirono di qualità morali de’ popoli barbari, e sempre in guerra tra loro per istruggersi vicendevolmente. Si scatenò contro gli abusi del sistema sociale senza mai rivogliere un guardo a’beni che da esso derivano. L’esempio di qualche individuo, ch’educato co’principj medesimi riuscì a male a fronte d’altri di vita saggia e corretta, stabilì la sua deduzione, che tutti nasciamo buoni, o cattivi, e restiamo tali ad onta degli ottimi o pessimi esempj, e delle sane o triste lezioni.

Poteaglisi chiedere se persuaso egli fosse, che certi modi generali d’educazione convenir debbano a tutti, e se per non produrre in tutti gli stessi effetti argomentare si debba che l’educazione non fa nulla, e non piuttosto credere che l’ignoranza, o la malvagità d’alcuni giunta fosse agli eccessi se fossero rimasti privi d’ogni coltura. A fronte de’ pochi da lui citati per prova della decisa inutilità, gli si poteva schierare dinanzi la moltitudine di quegli esseri ignominiosi, che turbano, e disonorano la spezie umana, i quali o per capriccio, o per falsa massima de’loro maggiori, o per accidentale fatalità abbandonati furono alle impulsioni della natura senz’alcun freno. Quant’altre dimande, quante altre dimostrazioni non gli si avrebbero potuto fare in opposizione a’suoi sillogismi troppo vantati da certuni che si danno con essi l’aria di belli spiriti!

Noi non pretendiamo, che dare col sin quì detto un impulso agli eruditi di combattere un errore fatalmente radicato nel cuore di certi strambi, aprendo un vasto campo all’altrui eloquenza. L’innocenza degli uomini in istato di natura la lasciamo alla sognata età dell’oro quando scorreano i fiumi di latte, gli alberi stillavano miele, e gli agnelli ed i lupi tranquillamente mangiavano ad una tavola istessa. Terremo sempre per fermo che la barbarie stia coll’ignoranza, come stà questa divisa alla Società, e a chi sostiene il contrario ripeteremo con Seneca che la virtù bisogna impararla, e che la bontà è un effetto dell’arte.

Discenda Virtus, ars est bonum fieri.

Siamo avvisati da una Lettera di Padova ricevuta jeri, che il Sonetto ristampato su questo Foglio è del Sig. Giacomo Gio. Mazzolà Dottor Padovano.

Prezzi delle Biade.

Formento dalle L. 32 alle 33.

Sorgo Turco L. 18.

Segale L. 18.

Risi da’ duc. 34. 12 a’ 35 al m.

Oglio di Corfù da’ duc. 138 ai 140.

Oglio di Zante a duc. 134.

Mosti a duc. 134.

Di Partenza

Bergant. Il Principe del Brasil Cap. Giov. Domenico Calvi Veneto con canoni 14 e marin. 16 per Genova e Lisbona entro il corrente Luglio.

Num. 56 Mercordì 15 Luglio 1789. Estratto d’una Lettera di Salò de’ 9. corrente. Due Soldati dalmatini vennero a contesa per le ordinarie loro fazioni alle 22 della domenica 5 corrente Elia Melitich diede dell’asino a Gius. Gianacchi il quale offeso gli disse: la tua parola merita soddisfazione, ma il posto ch’ora copri non me l’accorda. Son pronto anche adesso a dartela, Elia risposegli, ma l’altro soggiunse: ora servi il tuo Principe, poi ci vedremo. La mattina seguente allo spuntar del Sole Elia vide Giuseppe che lavavasi al Lago, e lo rivide poi incamminato all’Appalto dell’Acquavite; gli tenne dietro, e l’incontrò che ritornava al suo Quartiere. Gli rammentò la soddisfazione da lui richiesta. Gianacchi era disarmato, onde chiese tempo d’ire a prendere la sua scimitarra. Ritornato puntualmente con essa s’accordò col suo nimico d’andar insieme a bere il rosolio prima di battersi. Gianacchi volle pagarlo. Andarono poi a lavarsi al Lago, ov’Elia chiese a Giuseppe se volesse colà duellare: egli non acconsentì onde si avanzarono sino al sito dove si giuoca al pallone. Ivi, colla più fredda indifferenza si trassero di testa il cappello, lo gettarono a terra, e contesero sul diritto del primo a snudare la sciabla. Elia disse: a me non tocca, perchè non chiesi soddisfazione, onde convenne che la snudasse in prima il suo inimico. Stabilirono di battersi sino all’ultima goccia di sangue. Un lontano testimonio di vista asserisce, che l’attacco non poteva essere più impetuoso. Giuseppe s’avventò come una tigre contro d’Elia, che ritrocedendo nel ripararsi da un gran colpo vibratogli al capo si torse il suo ferro. Durò l’assalto più di 4 minuti. Finalmente mancando il piede sinistro ad Elia essendo quasi caduto, rimase ferito nella faccia. Il sangue che l’inondava, l’onor che spronavalo, la vergogna, il sentimento di ven-detta, diedero un novo vigore al suo braccio onde stese un gran colpo alla testa del suo inimico, che non andò a vuoto, e lo ferì gravemente. Spossato questi dall’impeto de’suoi assalti, chiese quartiere ad Elia, che generosamente glielo accordò a condizione, ch’ei gettasse le armi, come fecero entrambi, poi s’abbracciarono cordialmente, reciprocamente ajutandosi, e prestandosi il fazzoletto per asciugarsi dal sangue. Ripreso il loro cappello, pregarono un giovinetto, che di là a caso passava, di prendere le lor armi e portargliele all’Ospitale ove giunsero; ma trovatolo chiuso ricoveraronsi in certo luogo vicino detto de’Castellazzi. Furono uditi a lagnarsi vicendevolmente, perch’uno fosse più ferito dell’altro. Entrarono poi nell’Ospitale abbracciati da teneri amici, e prima di coricarsi vollero sigillare la pace con de’bacj sinceri. Soffersero con imperturbabil fortezza la cucitura chirurgica della loro pelle. Son essi della Compagnia Contarini. Il loro Tenente è il bravo Mattia Radinich. Si cita per onorevole testimonianza il N. H. s. Giamb. Mora che allora si trovava a Salò. Questo fatto ha certamente dell’eroico, e solleva due Soldati semplici alla dignità della stima pubblica. Ma non risponde agli applausi di chi ammira il coraggio e il valore, la sana Filosofia, che geme su’sacrifizj di tante vittime di questo fantasma d’onore, ch’arma l’amico contro l’amico, e in onta delle Leggi de’Principi, barbaramente si nutre di sangue umano. “In un Caffè di Terra-ferma insorse una quistione tra un Padovano ed un Vicentino circa i loro rispettivi spettacoli. Si dissero dei spropositi da una parte, e dall’altra, e molte cose piccanti. Delle persone che vi si trovarono presenti gli calmarono, e si venne ad un discorso più tranquillo, ed eccone il risultato, che io vi invio, Sig. Gazzettiere, acciò lo inseriate ne’vostri Fogli. “Si convenne, che il Libro di Vicenza aveva dei difetti e delle bellezze; che la musica era eccellente a riserva delle due ariette ironiche, che erano un po buffe; che il Sig. Roncaglia a fronte di far una parte che non gli è adattata non può che piacere. Che il Sig. Babbini è l’unico giusto attore, che abbia il teatro drammatico, che è bella figura, gran professore, gran cantante; che la prima Donna manca di que’pregj, chenecessariamente devono mancare ad una donna giovine che per la seconda volta va sul teatro, ma la di lei agilità, la di lei voce, oltre di fare molto piacere presentemente lasciano pronosticare che ella diverrà un giorno delle più celebri. Si convenne, che il ballo era cattivo, confuso, inconcludente, che però era compensato dall’eccellenza dei due primi ballerini Sig. Gioja e Sig. Carolina Pitrot coppia certamente degna d’ogni lode, e superiore a qualunque eccezione, Il Vestiario dell’Opera è ricco, di buon gusto, e fatto con molta magnificenza, non così quello de’balli. Di quello di Padova si disse, che il Sig. Pacchierotti a fronte de’suoi discapiti accidentali ha sommo merito, e da’crepuscoli si conosce quale è stato il mezzo giorno; certamente egli è stato grande per la sua bella maniera, e non sò se sarà così facile il rimpiazzarlo. Il Sig. Maffoli non spica abbastanza, si dice, per la sua situazione svantaggiosa, la Sig. Casentini median-te l’assistenza di chi ha dell’interesse per lei potrà diventare qualche cosa unendo ancora il merito della buona figura cosa tanto necessaria per interessare lo spettatore. Per ciò che risguarda la musica non fu deciso niente; perchè fuori della prima sera lo strepito del Teatro è così forte, che non è possibile di gustare altro che qualche piccolo pezzetto. Si ha ragione però di argomentare, che non sia gran cosa, perchè si osserva, che in qualunque pieno teatro si tace a tutto ciò che può interessare; per esempio nel ballo dove si potrebbe dir qualche cosa tutti fanno un altissimo silenzio. Egli è veramente bello, e non ha eccezione, unisce condotta, espressione, forza, unione, in grado superlativo. Non mancan però persone, che critichino questo compositore trovando ne’suoi balli della uniformità, ma che perciò? Si potrà dire, che egli è monotono nelle sue produzioni, ma non si potrà dire che egli non sia bravo. È più difficile aver molto giudizio che molto entusiasmo. A rendere perfetto questo ballo non mancherebbero che delle gambe. Il Vestiario in totale è passabile. Si agitò un pezzo la quistione dello scenario, e si conchiuse: che le scene di Padova erano spettacolose. Si attribuì al merito del pittore, ma si disse ancora che il molto tempo impiegato per farle, ed il teatro assai grande vi contribuivano assai a renderle tali. Di quello di Vicenza si disse, che si prescindeva da quelle del ballo, perchè si sapeva essere state fatte in un giorno l’una; ma che quelle dell’Opera erano di una bellezza sublime. Si conchiuse, che il Fontanesi e il Gonzaga erano i due genj del secolo, e che da questi agli altri vi è quello spazio infinito, che posero gli Dei fra Sesto e Tito. Fate il calcolo, Sig. Gazzetiere, del sin quì detto e troverete che a render perfetto uno spettacolo saria necessario unire l’Opera di Vicenza, ed il ballo di Padova. Conservatevi, e credetemi. Soddisfatti così tutti quelli, che ci scrissero intorno alli due Spettacoli, speriamo ch’abbia a bastare quanto s’è riferito senza ch’altri s’incomodi d’aggiunger nulla su questo argomento. Ricordisi che tutte le Lettere furono da noi riportate con fedeltà senz’accrescere o cavar parola. Che se nel vedere, e nell’udire, ingannati si sono degli occhi, e degli orecchi; se nello scrivere la penna ha secondato una prevenzione più che un sentimento, la colpa non è nostra. Abbiamo preteso, come nell’altre, anche in quest’occasione di raccogliere imparzialmente le dispute degli Avvocati prò e contra per offerirle al giudizio di quei che sanno, e son al caso di ben decidere. Un elogio, o un biasimo ingiusto, nè ingrandisce nè scema il merito altrui. Ci siamo astenuti con pena dall’apporre agli altrui scritti qualche nota di nostra mano per non dar sospetto di volere pronunziar giudizio su ciò, che da noi non si vide. Siamo però persuasissimi del buono dell’uno dell’altro Teatro, giacchè da molte disappassionate, libere, ed intelligenti persone udì dirsi: mi son bene divertito all’Opera di Padova, e a quella di Vicenza. La Macchina di fuochi d’artifizio la cui descrizione fu riprodotta su questi Fogli al num. 54. fece, per quanto sentesi, molt’onore al suo artefice. Ecco quanto se ne dice in una Lettera degli 11. corrente. “La Macchina de’fuochi delli 10. del presente incontro la pubblica approvazione. La gran Piazza di Castello era cinta del recinto de’palchi tutti egualmente dipinti, ed essi soli formavano un degno spettacolo, pieni di colta gente, e nostra e forastiera, che quì si trova in gran numero per l’Opera non mai abbastanza lodata; così pure era affollato tutto il parterre. Lo spettacolo poi di jeri a notte della corsa del Fantino fu imponente e magnifico. Tutto il fabbricato ed i palchi erano illuminati da torcie; tutta la vasta pianura, e l’Isoletta da infinito numero d’assi con pece. Formaron prospettiva alla parte di S. Giustina macchine di fuochi detti all’Inglese. Infinito il numero di forastieri de’luoghi vicini. Non mi estendo di più nella descrizione di questo spettacolo, acciò non sembri ch’io esageri, e lascio alla Fama il parlarne.” Nell’occasione della notturna straordinaria corsa de’Fantini a cavallo da eseguirsi nel magnificoContiene questa gran Valle, anticamente chiamato Campo Marzio, tutta cinta da Chiese, Palazzi, e Case, 22 Campi Padovani, Quarti 3, Tavole 78 secondo le giuste misure prese dal Sig. Baccini 1767.Prato della Valle la notte delli 11 Luglio 1789. Sonetto Consecrato all’Amor Patrio de’Promotoridi tale Spettacolo. Valle tremenda, e illustre in guerraSostennero li Padovani in questo, e ne’prossimi luoghi diverse battaglie. Sono memorabili quelle di Alarico, Attila, Agilulfo, Eccelino ec. ec. Ved. Dand. Bonf. ed altri., e in paceNe’tempi più rimoti celebravansi in questa Valle i famosi Giuochi Cestici istituti da Antenore ad imitazione di quelli di Troja. Ved. Tac. Quando al Ciel piacque io fui. Fatal ruina Mi tolse AreLe incursioni de’ Barbari, oltre molte altre superbe Fabbriche, demolirono anco il Tempio della Dea Concordia fondato nel 1018 avanti la nascita di Cristo; sulle rovine del quale fu poi eretta la Basilica di S. Giustina. Ved. Ors. Cavac. Scard. Port., e TeatriNon hà molto, che nella escavazione dell’Alveo del nuovo Fiume scoprironsi le fondamenta dell’antichissimo Anfiteatro Satiro, corrottamente Zairo. Ved. Pig. Gng. MSS.; e il Tempo audace M’empì di luttoFù bagnata questa Valle dal sangue di molti SS. Martiri, e fra gli altri di S. Giustina nella persecuzione di Massimiano, ed altri Tiranni. Ved. Cavac. Ors., e rese umìl, meschinaQuantunque situata questa Valle nel più delizioso, e sociabile luogo della città, era per incuria ridotta di niun uso non solo, ma paludosa, ed insalubre.. Mio destin vendicò l’opra divina Di un benefico GenioSi accenna l’Eccellentiss. Kr. e Procur. s. Andrea Memmo fu Provveditore di questa città, dal cui ottimo gusto, raffinato talento, ed indefessa sollecitudine derivò il nuovo aspetto, che prese essa Valle.; e tal veraca Mi diede MaestàL’isola di figura Elittica, lunga, compreso il fiume, piedi 600 e larga 360. situata nel mezzo di questa Valle, cinta da un Fiume con quattro Ponti tutto all’intorno nell’una, e l’altra riva adornato di Statue, e nell’interno fregiata di Vasi, Guglie, Tavole, Sedili, ed altri ornamenti, e tutto della più elegante struttura, presenta un Quadro, che, quantunque non ancora perfezionato, a tutta ragione riscuote l’ammirazione, e l’approvazione di ognuno., che a me s’inchina Europa tuttaAmmirarono quest’Isola, e ne concorsero all’ornamento i primi Personaggi d’Europa, frà quali non sono da tacersi la S. di Pio VI., Giuseppe II. Imp., Leopoldo I. di Toscana, Gustavo III. di Svezia, e Carlo di lui Fratello Duca di Sundermannia, Paolo Petrovvitz, e Maria Teodora gran Duchi di Moscovia, Guglielmo Duca di Glocester, ec. ec., e del mio bel non taceParecchi celebri moderni Viaggiatori parlano ne’loro scritti con somma lode di questo luogo. Ved. Mr. Cochin, Martin, ec. ec.. Mancava sol ch’Euganea alla primiera Pompa tornasse ancor, da Gloria desta, I prischi LudiSono troppo celebri i Spettacoli Gentili, che fino dagli antichi Secoli davansi in questa Valle, de’quali, oltre molti altri Istorici, Ved. Saggio de’Spettacoli dell’Ab. Sberti. Nel Teatro Satire sopraccennato rappresentavansi ogni 30 anni quelle famose Tragedie alle quali concorrevano infiniti Spettatori da qualunque parte, ed ove solrecitavano Uomini di grand’affare, e di cospicua nascita. Ve. Sifil. Dion. Tacit. Pignor. ed altri. Ne’Secoli più vicini poi nello stesso luogo faceansi con sommo dispendio, e magnificenza Rappresentazioni Spirituali circa il 1208. ne’giorni più solenni dell’anno, le prime che si introducessero nel Cristianesimo. Ved. Fonan. Zen. Rolland. Lo spettacolo della Corsa de’Barberi, rimessa di nuovo in questa Valle nel 1766. , e che riesce in questo genere il più bello spettacolo, che veggasi in Europa facevasi anticamente ancora in questo stesso luogo, come risulta da un Decreto della Città 1257. in memoria della liberazione di essa dalla Tirannide di Eccelino. Ved. Murat. Antiq. Ital., ond’io ne giva altera: Ma con tal fasto in me con tal splendore Spettacolo sì novo Ell’oggi apprestaConcorse graziosamente S. E. s. Zan. Battista da Riva meritissimo nostro Pod. e V. Cap. a permettere questo straordinario Spettacolo., Che mi ridona appien l’antico onore. In segno di riconoscenzaAlcuni Amici. Funzioni Sacre. 10 Luglio. S. Paterniano Vescovo protettore della Città di Fano il cui corpo ivi si venera nella Chiesa de’ Canonici Regolari di S. Salvatore. Alla parrocchiale e collegiata di questa Città dedicata a questo Santo soggette sono 900 anime allo in circa. Fra li suoi Parrochi si distinse Pantaleone Giustiniano nell’anno 1229 eletto Patriarca di Costantinopoli, Pietro Talonico dichiarato nel 1316 Vescovo di Jesolo, che nel 1343 dispose con testamento di tutti li suoi Beni esistenti nella Villa di Campo Noghera Territ. Padovano ripartitamente in tre porzioni, una a’poveri, l’altra alla Chiesa, la terza al Capitolo de’titolati. Anche Pietro Filomaso dottissimo Teologo fu benemerito di questa parrocchia avendo eretta a sue spese sotto il di lui Piovanato la Cappella dell’altar maggiore, e nel suo Testamento 22 Luglio 1591 in atti del Not. Ven. Marc’ Ant. Cavanis disposto d’una Grazia di ducati dieci per il monacarsi d’una Figlia della Contrada, mancan lo nella quale chi avesse tal vocazione abilita le altre Figlie del Sestiero di S. Marco in cui è posta la Chiesa suddetta. Recentemente lasciò di sè grata memoria Gerolamo Bressan che unì alla dignità del Piovanato quella di Canonico di S. Marco, e morì nel 1764 avendo condotto una vita d’Apostolica esemplarità. Ad onta delle nostre contrarie disposizioni ricusar non possiamo di dare in luce la seguente Lettera. Offenderebbesi dell’ommissione chi la scrisse, non a torto, e potrebbe accusarci di parzialità, o d’interesse. Vicenza addì 13 Luglio 1789. “Veramente non ad altro grado poteva giungere la sfrenatezza d’un Fanatico, che ignora le Leggi del dovere, scrivendo una Lettera in data 6 Luglio corr. in confutazione della mia intorno l’Opera di Vicenza, tutta a dire il vero piena d’infantate tra sè discordanti idee, e che formano un ammasso di sciocche, e ributtanti bugie. “Il nome di prudente per opinione di questo dottissimo Scrittore qui scientiam habet in dorso, sta solo in quello, che trasportato da un cieco amore, prende a lodare una cosa, senza saper quello, che faccia, come fa quello, che scrisse in data 4 Luglio. Non so, se sì belli principii facciano onore, oppure caratterizzino un cervello volante, bizzarro, e degno di compassione. “Or io con punti di ragione, non con sole parole, sostenterò la mia opinione sincera, e farò vedere ne’termini della convenienza, quanto colla medesima sua lettera si contraddica, e quanto sia degno di riprovazione avendo dato alla luce dopo quindeci giorni un aborto così detestabile figlio dell’ignoranza, e dell’acciecamento. “Io scrissi nella mia lettera esservi una bellissima sinfonia, e lo scrittore lo accorda. “Io giudicai il primo Atto buffo, poichè dal principio, sino al fine è ripieno di pezzi troppo brillanti corrispondenti piuttosto ad un’Opera buffa, che ad una seria. “Io caratterizzai il primo ballo cattivo, e questo pure viene dal Sig. Scopino concesso, ma per sostentarlo un poco porta in campo il valore de’Ballarini, non so poi, se la storpiata logia di questo Signore faccia venire per conseguenza, che il ballo piaccia, e sia bello. Lo dico a sua istruzione, quando nel ballo non v’è chiarezza per distinguere cosa significhi l’azione, senza esservi d’uopo d’interprete, la bravura de’Ballarini è quasi un nulla. “Dissi il secondo Atto buono, e mi viene accordato. “Il secondo ballo passabile. Questo anzi viene dallo Scrittore peggiorato, dicendo, che la non chiarezza dell’espressione lo rende cattivo. “Ecco tutta la mia opinione stolidamente caratterizzata per sciocca. “Non creda il summentovaro Signore, che io sii uno di que’ genti maldicenti delle cose patrie, poichè lodo dove merita, e non sono frenetico dove non merita. “Ammiro per altro il bello spirito dello Scopino, il quale con superflue non meditate parole, e delle quali non ne conosce il valore abbia voluto deprimere la verità, e portare in trionfo la bugia; attendi piuttosto alla facitura della sua cioccolata, e non importuni il Gazzettiere con delle scempiaggini da sciocco. Io sono Vicentino, ed a tempo mi farò conoscere. Vi prego per mia giustificazione, e per suo lume d’inserirla nella vostra ventura Gazzetta; e frattanto mi pregio di essere. Avviso a stampa. Nella Chiesa di San Luca addì 1. 2. 3. Agosto. Indulgenza Plenaria per li vivi, e per li morti, come quella d’Assisi; ed ogni Altare di essa Chiesa sarà privilegiato per qualunque Messa celebrata in quelli tre giorni; siccome nuovamente concesse Sua Santità Nostro Sommo Pontefice Pio VI. felicemente regnante alla Chiesa suddetta. In ogni giorno poi di quel Sacro Triduo sarà esposto il Santissimo Sacramento nel dopo pranzo prima delle ore 22 con breve Discorso fatto da tre celebri Oratori, dopo di cui cantato un divoto Miserere etc. si darà la divina Benedizione. Si esorta dunque ogni fedel Cristiano a partecipare di Tesori così inesausti, ed applicabili tanto a sè stessi, quanto ad altri ancora, sì in generale, che in particolare vivi, e morti, siccome ben chiaramente nota il Breve Apostolico emanato dal suddetto Romano Pontefice nel giorno settimo Aprile 1789. di nostra Salute etc. Manca ne’giorni correnti a questa Metropoli il fiore della sua popolazione. Le villeggiature, e gli spettacoli di Padova, e di Vicenza le hanno tolto i ricchi, e quelli che si rovinano per gareggiare ne’divertimenti con essi. Nondimeno alcuni pochi che non vogliono, e moltissimi che non possono andar in campagna, cercano di divertirsi con più quiete del solito, e le compagnie che radunansi godono de’privilegj, che sono proprj della presente stagione. Il passeggio dalla Piazza a Castello illuminato dallo splendore soave della Luna, Divinità propizia alle riflessioni de’ Young ma sfavorevole a’ disegni degli Amanti furtivi, la libertà di cui ora godesi di poter sedere sulle panche de’ Caffè della Piazza frapposte agli archi delle Procuratie, le cene alle Osterie, il giuoco da trattenimento, le piacevoli conversazioni, sono il sollievo di chi non vuole, o non può avere quel della villa, o della Terra-ferma. C’è chi sospira per non poter averlo, e vede colà tutto il bene trovando quì tutto il male; nè manca chi biasima fieramente la dimora della campagna sostenendo la disputa col flagello delle mosche, e degli altri insetti, che succhiano il sangue, e col tormento della polvere che rode, e degli ardenti terreni, incomodi da’ quali quì siamo esenti. Ma se la borsa non fosse vuota quanti e quanti superarebbero il timore di tali disturbi! Il Filosofo in pratica si adatta alla situazione in cui si ritrova, e l’arte d’ingrandir il bene, e minorare il male, lo accomoda a tutto. Uno di questi tali, che quando ha soldi non trovasi mai in questi giorni a Venezia sostiene mirabilmente ovunque ritrovasi, che in questa Città non si stà mai meglio che nell’estate. Egli passa da un luogo all’altro ove trova gente; ora giuoca, ora fa all’amore, ora mangio; e quando la conversazione lo esige pianta sistemi, s’oppone a quelli degli altri, e con molto spirito, e una fluida loquacità alletta, vivifica le brigate, e talvolta istruisce. Poche sere sono ebb’egli una contesa in cui lo fece trionfare più il suo ingegno, che la sua ragione, e più la debolezza de’suoi avversarj, che la forza della sua logica. Pretese che l’uomo sia buono in istato di natura; che la Società lo faccia cattivo; che l’educazione non abbia influenza veruna su’ nostri costumi. Fortificò la sua disputa riportando le pitture fantastiche della semplicità de’ selvaggj ornate dall’eloquenza degli scrittori, che per rendere più odiosa l’oppressione de’loro conquistatori arricchirono di qualità morali de’ popoli barbari, e sempre in guerra tra loro per istruggersi vicendevolmente. Si scatenò contro gli abusi del sistema sociale senza mai rivogliere un guardo a’beni che da esso derivano. L’esempio di qualche individuo, ch’educato co’principj medesimi riuscì a male a fronte d’altri di vita saggia e corretta, stabilì la sua deduzione, che tutti nasciamo buoni, o cattivi, e restiamo tali ad onta degli ottimi o pessimi esempj, e delle sane o triste lezioni. Poteaglisi chiedere se persuaso egli fosse, che certi modi generali d’educazione convenir debbano a tutti, e se per non produrre in tutti gli stessi effetti argomentare si debba che l’educazione non fa nulla, e non piuttosto credere che l’ignoranza, o la malvagità d’alcuni giunta fosse agli eccessi se fossero rimasti privi d’ogni coltura. A fronte de’ pochi da lui citati per prova della decisa inutilità, gli si poteva schierare dinanzi la moltitudine di quegli esseri ignominiosi, che turbano, e disonorano la spezie umana, i quali o per capriccio, o per falsa massima de’loro maggiori, o per accidentale fatalità abbandonati furono alle impulsioni della natura senz’alcun freno. Quant’altre dimande, quante altre dimostrazioni non gli si avrebbero potuto fare in opposizione a’suoi sillogismi troppo vantati da certuni che si danno con essi l’aria di belli spiriti! Noi non pretendiamo, che dare col sin quì detto un impulso agli eruditi di combattere un errore fatalmente radicato nel cuore di certi strambi, aprendo un vasto campo all’altrui eloquenza. L’innocenza degli uomini in istato di natura la lasciamo alla sognata età dell’oro quando scorreano i fiumi di latte, gli alberi stillavano miele, e gli agnelli ed i lupi tranquillamente mangiavano ad una tavola istessa. Terremo sempre per fermo che la barbarie stia coll’ignoranza, come stà questa divisa alla Società, e a chi sostiene il contrario ripeteremo con Seneca che la virtù bisogna impararla, e che la bontà è un effetto dell’arte. Discenda Virtus, ars est bonum fieri. Siamo avvisati da una Lettera di Padova ricevuta jeri, che il Sonetto ristampato su questo Foglio è del Sig. Giacomo Gio. Mazzolà Dottor Padovano. Prezzi delle Biade. Formento dalle L. 32 alle 33. Sorgo Turco L. 18. Segale L. 18. Risi da’ duc. 34. 12 a’ 35 al m. Oglio di Corfù da’ duc. 138 ai 140. Oglio di Zante a duc. 134. Mosti a duc. 134. Di Partenza Bergant. Il Principe del Brasil Cap. Giov. Domenico Calvi Veneto con canoni 14 e marin. 16 per Genova e Lisbona entro il corrente Luglio.