Num. 20 Antonio Piazza Moralische Wochenschriften Alexandra Fuchs Editor Ulrike Rieger Editor Julia Knittel Editor Kirsten Dickhaut Editor Ingrid Scherk Editor Institut für Romanistik, Universität Graz 06.03.2015 info:fedora/o:mws.3329 Piazza, Antonio: Gazzetta veneta urbana. Venezia: Zerletti 1787, 1-8 Gazzetta urbana veneta 1 020 1787 Italien Ebene 1 Ebene 2 Ebene 3 Ebene 4 Ebene 5 Ebene 6 Allgemeine Erzählung Selbstportrait Fremdportrait Dialog Allegorisches Erzählen Traumerzählung Fabelerzählung Satirisches Erzählen Exemplarisches Erzählen Utopische Erzählung Metatextualität Zitat/Motto Leserbrief Graz, Austria Italian Theater Literatur Kunst Teatro Letteratura Arte Theatre Literature Arts Teatro Literatura Arte Théâtre Littérature Art Autopoetische Reflexion Riflessione Autopoetica Autopoetical Reflection Reflexión Autopoética Réflexion autopoétique Moral Morale Morale Moral Morale Italy 12.83333,42.83333

Num. 20

Mercordì 8. Agosto 1787.

L’Autore d’un Biglietto anonimo, che si dichiara nostro parziale, ci diede alcuni giorni sono l’eccitamento di far conoscere ed encomiare un certo tale, che ha una figura ridicola; ch’è sordo quanto un macigno; che non conosce nemmen l’alfabeto; ma sà meditare ed eseguire qualunque lavoro. Scontento del nostro silenzio, ci scrisse di nuovo, rinnovando le sue premure, e rimproverandoci, in certo modo, di non averlo servito piuttosto che dar luogo al Manifesto della Calzetta. Giacché vuole una risposta gliela diamo, usando di quella confidenza medesima con cui egli ha la bontà di trattarci.

Signore.

“Questo mostro d’abilità, che celebrare volete, cosa sà fare? Dove stà? Qual’è il suo ricapito? Lavora per mercede, o per gloria? Noi non lo nominaremo mai senza sapere più di quello, che comunicato ci avete, e se alle vostre non s’accordino le altrui relazioni. Grazie della vostra parzialità: ma il dubitarne è prudenza quando non si conosce chi scrive; svantaggio che non ha alcuno verso di noi, e che noi abbiamo verso di tutti. Non potrebb’esser questa una burla per mettere qualcuno in ridicolo? Oh Voi non siete capace . . . .  sarà; ma dovete tollerare il sospetto di chi dal passato prende norma per l’avvenire.

La Lavoratrice di calzette, aveva un diritto all’Articolo Invenzioni nell’Arti, uno di quelli che formano il Piano di questa Gazzetta. L’avviso era pubblico, certo il ricapito, il Segreto degno di curiosità. Vaglia per Voi, e per quanti altri in avvenire ci scriveranno sul vostro gusto, l’avvertimento, che il non inserire in questo Foglio certe cose che dirette ci vengono, e il tacere persino d’averle lette, prova la nostra disapprovazione, onde inutili sono le repliche, che accrescono incomodi a chi le fa, ed a chi le riceve.

Comandateci in ciò che si possa servirvi senza sospetto, e con utilità o diletto del Pubblico, che troverete in noi quella stessa facilità, ch’abbiamo avuto per tanti altri, e ch’avremo sempre, senza che la parzialità, o l’interesse ci domini.”

In Senato.4. AgostoEresia.

E. Antonio Boldù.

Li 3. Savj contro l’Eresia formano un Magistrato, che cominciò ad esistere sino dal 1289. circa, quando fu stabilita la S. Inquisizione in questa Città: ma non ebbe che nel 1550. la stabilità che gli diede un Decreto il quale fece conoscere ed estendere le sue facoltà. Si chiamavano anticamente Assistenti alla Sacra Inquisizione, ed eleggevansi dal Doge, e suo Minore Consiglio. Passò la lor elezione al Senato nel 1558. Nelle Sentenze del Tribunale del S. Ufficio v’è sempre la clausola: Cum assistentia & praesentia Clarissimorum Dominorum N. N.

Savio agli Ordini.

E. Niccolò Erizzo.

In M.C.5. Agosto.

Provv. al Zante. Reg. con pena, dura mesi 24.

E. Francesco Manolesso qu: Zorzi su 40.

Consigliere a Corfù dura mesi 24.

E. Gian Alessandro Zorzi qu: Almorò Gian Francesco.

Avvocato per le corti.

E. Francesco Maria Bon.

Sei del Pregadi.

E. Nic. M. Tiepolo qu: Giovanni fu Consiglier.

E. Giovanni Querini K. di E. Andrea fu Cons.

E. Zorzi Emo qu: Giov: fu Cons.

E. Seb. Giul. Zustiniani qu: Seb. fu Cons.

E. Nic. Barbarigo qu: Giov. fu Cap. a Brescia.

E. Leon Dolfin qu: Pietro fu Cons.

Del Cons. di X.

E. Agostino Garzoni.

Questo Eccelso Consiglio i cui Giudizj son inappellabili, e nel quale la Repubblica trasfuse gran parte del sommo Imperio, come ha detto uno Scrittore moderno delle cose Venete, aveva anticamente la facoltà d’annullare sino delle Leggi del Maggior Consiglio, il che fece talvolta. Fu privato della medesima nell’anno 1628. Diedero origine alla sua creazione nell’anno 1310. le Congiure di Marino Bocconio, e di Boemondo Tiepolo, il cui Palazzo fu atterrato, ed eretta venne dov’esisteva una colonna d’infamia la cui inscrizione, come molti Cronisti asseriscono, era la seguente:

De Bajamonte Tiepolo su questo Terreno,

E mò è posto in commun, acciochè sia

A ciaschedun spavento persempre, e sempre mai.

Del mille tresento, e diese

A mezzo el Mese delle Ceriese

Bagiamonte passò il Ponte,

E per esso so fatto il Consegio di diese.

Siamo debitori del disinganno recente su questo antichissimo documento, alla diligenza dell’eruditissimo Signor Abbate Giacomo Morelli, attuale Custode della Pubblica Biblioteca di San Marco, il quale sulla colonna medesima tratta dal fondo in cui giaceva sepolta, lesse così:

De Bajamonte

Fo questo terreno e mo Per lo so iniquo tradimento Sé posto per comun spavento Azzo lo veda tutti In Sempiterno
Solennità ordinarie.

Lunedì sei corrente si celebrò con sacra pompa magnifica la Festa della Transfigurazione del Signore dalli Canonici Regolari nella Chiesa di San Salvatore.

Allorché Rotario Re de’Longobardi assediava Uderzo nell’anno 638. San Magno Vescovo si salvò in queste lagune dal furore di quel Barbaro, e coll’assistenza delle Famiglie Carosi e Guttalosi eresse in poco spazio di tempo la chiesa predetta, che fu governata da un Parroco, a cui successe Bonfilio Zusto P. V. il quale coll’approvazione del Patriarca di Grado Enrico Dandolo, abbracciò unito a’Sacerdoti alunni di essa, l’Istituto de’Canonici Regolari di S. Agostino. Sappiamo da un’antica Cronaca, che il Papa Alessandro III. passò una notte nel sottoportico di questa Chiesa dal lato della Merceria l’anno 1176. onde leggesi Alex. III. P. M. Pernoctavit. Fu rifabbricata dopo l’incendio che la distrusse nel 1182., in maggiore grandezza, ed in forma più regolare. Nel 1248. il Doge Marin Morosini arricchilla d’una superba Cupola tutta travagliata a mosaico. Risorse all’ampiezza e solida venustà, che al presente la rendono tanto ammirevole, nel Decimo Sesto Secolo, essendo stata ridotta alla sua perfezione nel 1565. Nel 1741. alli 16. Ottobre le fiamme distrussero il Coro pensile, ch’era sopra la porta maggiore, creduta Opera dello Scamozzi, una parte del tetto, e due altari sottoposti al Coro; ma questo danno fu riparato ben presto, trasferendo il Coro in altro sito, e rimettendo i pezzi incendiati in istato migliore che non erano prima.

Per celebrare l’architettura di questo Tempio, la più bella e perfetta, che si vegga in questa Città, secondo l’opinione unanime degl’intendenti, e le statue, pitture, mausolei, e tant’altre rarità che l’adornano, non basterebbe un intero Foglio. Ma il non dirne nulla sarebbe un oltraggio alla memoria di que’grand’uomini, che tale lo resero. Bisogna dunque toccare di passaggio almen l’essenziale, e ciò che più stimasi.

L’architetto, che cominciò la grand’Opera, fu Giorgio Spaventi. Morto egli non molto tempo dappoi, la riformò e la condusse al suo termine Tullio Lombardo di cui si vede in marmo la testa nel Chiostro interno. Jacopo Sansovino fece il disegno dell’Altare dell’Annunziata, della porta laterale interna, e del bassamento dell’Organo. I più eccellenti Pittori della Scuola Veneziana hanno versato in esso il tesoro de’loro pennelli. La Tavola di Tiziano, che rappresenta l’Annunziata, ebbe un segno di predilezione dal suo Autore medesimo col segnarla di propria mano nell’inferiore sua estremità: Tizianus fecit, fecit. Il Sansovino, Alessandro Vittoria, Tom. Lombardo, Girolamo Campagna, ed altri Scultori celebri, l’arricchirono di Statue superbe. Trà i mausolei si distingue quello de’Fratelli Lor. e Gir. Priuli Dogi, per la bellezza dell’architettura, e per la ricchezza della materia. Evvi pure quello di Cat. Cornaro Reg. di Cipro, le cui ceneri giacciono sopra la porta della Sagrestia ed hanno la seguente Inscrizione.

D. O. M.Catherinae Corneliae,Cypri Hierosolymorum,Ac armeniae reginaeCineres.

L’eccelsa Facciata degna di dominare una vasta Piazza, si eresse nel 1663. per disposizione testamentaria di Giacomo Galli opulentissimo negoziante; il che prova, e la fiorente mercatura di questa Capitale nel passato Secolo, ed il zelante attacco, che avevano i ricchi Cittadini al decoro della lor Patria.

Nel giorno medesimo la S. S. coll’Eccellentissimo Senato si portò alla visita della Chiesa de’SS. Gio: e Paolo de’P. P. dell’Ord. de’Predicatori, la cui Festa viene ai 26. di Giugno, ma si trasporta alli 6. del corrente a motivo della villeggiatura del Santo, costume di fresca data. L’intervento della Maestà Pubblica a questa solennità, ebbe origine dalla famosa Vittoria della Veneta Armata Navale a’Dardanelli sopra i Turchi, seguita appunto nel dì 26. Giugno del 1656.

Martedì 7. corrente, una delle ultime Sagre dell’anno, per la festività di S. Gaetano Tiene, mosse il Popolo ad affollarsi nell’angusta Contrada di San Fantino. La notte della vigilia spirò un’aria fresca, che lasciò meglio godere agli spettatori raccolti in quel piccolo Campo, degli archi dipinti, che l’hanno ornato d’intorno, e dell’illuminazione di cera, che parere lo faceva una sala. Sopra un palco vicino alla Scuola v’era un’Orchestra, che rallegrò l’uditorio. Il Caffè poco discosto servì una strabocchevole quantità d’avventori, e le sedie tutte messe al di fuori occupate furono da gente di bon ton, ch’espose all’esame degl’intendenti la sua eleganza.

Oratorj.

Le Opere de’grand’uomini hanno talvolta d’uopo del tempo per essere conosciute, e lodate quanto meritano. Il Pubblico è un corpo, che và esso pure soggetto, come gl’individui, a’sbaglj e agl’inganni. Patisce i suoi mali umori, le sue prevenzioni, i critici suoi momenti. Allorché abbiamo fatta menzione del nuovo Oratorio intitolato Ninive Conversa, del famoso Maestro Anfossi, rispettando le opinioni che s’univano a giudicar del medesimo poco favorevolmente, non ne abbiamo detto né bene, né male. Ora che troviamo cangiati i sentimenti, manifestiamo con sincera compiacenza, che le repliche dell’Oratorio suddetto furono accolte con universale aggradimento ed applauso, e che la fama di questo celebre Maestro non ha fatto che accreicersi con questa recente sua produzione. Domenica passata fu esposto un Capitolo in terza rima in lode della Signora Giovanna Pavan, all’occa-sione appunto di ricantare questa bella musica. Contiene delle invettive poetiche contro chi vuol decidere di cose che non intende, e un risentimento allusivo alla freddezza con cui l’Oratorio fu accolto alla prima Recita. L’Autore protesta che al canto della Signora Giovanna prova un inesprimibil dolciore.

Abbiamo molte relazioni da alcuni Paesi della Veneta Terraferma, che la pioggia caduta nella notte del passato Sabbato, fu abbondante ed opportunissima alla necessità che aveva la terra. Per quanto dicesi, la maggior copia cadde nel Polesine. Fu la manna del Deserto per l’Agricoltor sconsolato, e tante stille di fuoco per l’anima avara de’monopolisti di biade.

In quella notte medesima, mentre il Cielo fiammeggiava di lampi, e romoreggiava di tuoni, s’udì il suono funesto di campana a martello nella Contrada di S. Moisè, che spaventò il vicinato. Appiccossi il fuoco a un cammino, che ben presto s’estinse dagli Arsenalotti della Guardia vicina. Dacché la Pubblica Provvidenza ha distribuite per i Sestieri della Città queste urbane milizie, sempre pronte ad accorrere colle macchine necessarie ove sono chiamate, gl’Incendj riparati sono sul nascere, o fanno almen poco danno. Non si deve tacere l’origine di questo fuoco in cammino, che sparse tanto terrore. Una Donna malaccorta, nella bottega d’un pizzicagnolo, da noi detto luganegher, gettò dell’acqua sull’oglio, che s’era acceso nella padella da friggere il pesce. La fiamma si sollevò e serpeggiando stridente attaccossi al cammino. Imparate stolide Femmine, se vi nasce un tal caso, ad adoperare della cenere, o un canovaccio, o cosa simile.

Non aggrinzate il naso su questi frivoli racconti, rigidi Censori del nostro Foglio, e riflettete che l’avvertimento di cui tante persone hanno bisogno, come lo mostra la giornaliera esperienza, può impedir nell’avvenire qualche disgrazia.

Cani.

L’Eccellentissimo Magistrato alla Sanità sempre vegliante ed inteso alla pubblica sicurezza, promulgò il giorno 30. dello scorso Luglio una sua Terminazione la cui tendenza è d’allontanare dagli uomini il pericolo d’essere avvelenati dal morso de’cani rabbiosi, nella fervida corrente Stagione. Rinnovasi in essa l’ordine a tutti gli erbajuoli, calzolaj, ciabattini, parrucchieri, e caffettieri della Città, di esporre fuori delle loro botteghe, appresso alla porta un mastellino d’acqua dolce e netta, e s’ingiunge a’padroni, o custodi de’cani di farli ammazzare tosto che diano indizj di rabbia coll’avere la spuma alla bocca, essere renitenti a bere dell’acqua, ed estraordinariamente anelanti. Comandasi in oltre a’medesimi d’aver cura di quelli che sono sani, impedendo che la notte non vadino errando per la Città, od abbiano almeno un guinzaglio, che accenni la loro dipendenza.

In seguito di queste saggie ordinazioni, manifesta il suddetto Eccellentissimo Magistrato, che passati tre giorni dopo la pubblicazione della Terminazione, saranno ammazzati dal suo Capitanio tutti que’cani, che di giorno o di notte troverà vaganti per le strade, senz’alcun segno, assegnando. li in premio L. 3: 2. per ogni cane ucciso, da conseguirsi anco da ogni Capo di Contrada a cui è raccomandata l’esecuzione.

Consideriamo, che la vita d’un uomo solo più vale che tutte le razze di questi animali inutili; rappresentiamoci le angosce e gli orrori d’un idrofobo: e dovremo poi benedire la vigilanza paterna di questa benemerita Magistratura, che sempre vigila alla nostra salvezza.

Perdonisi al dolore d’una Femmina, che non la intende così, perché le manca il suo Lillo cagnetto di razza bolognese, di pelo candido e lungo, ch’era la sua delizia. Quest’anonima disperata ci mandò una Lettera scritta colle lagrime. Pare che le manchi un Figlio. Teme che il Capitanio l’abbia ammazzato, benché protesti ch’avesse al collo una fettuccia di colore di rosa. Dice d’essere assicurata da molti, che non fu annoverato trà le vittime della nostra sicurezza offerte al Magistrato: ma non è quieta, e nelle sue smanie rivogliesi a noi, perché le sue premure siano raccomandate su questo Foglio, offerendo due ducati d’argento a chi l’avesse trovato, e tenuto nascosto, quando sia riconosciuto per il suo, da persona ch’Ella ha destinata a tale incombenza. Dice che ha un segno distintivo ma che non lo palesa per decenza. L’hà perduto Lunedì passato alle 2. di notte in Frezzaria. Se c’è chi l’abbia trovato consoli questa afflitta, e conseguisca la mancia. Ogni notizia, che ci venga mandata, si pubblicherà da noi per sua regola, e tranquillità.

Notizie di Brescia.

Signor Gazzettiere.

Eccovi delle notizie Teatrali sincere. Ve ne faccio un Paragrafo che potere, se vi piace, inserirlo tale e quale nella vostra Gazzetta.

La sera delli 28. Luglio passato, andò in iscena la nostra Opera seria intitolata, il Medonte. Fù numeroso il concorso al Teatro, trasportato ognuno dalla curiosità. Se tutte le sere avvenire corrispondessero alla prima non si lagnerebbe il nostro Impresario, com’è suo costume, che l’Udienza sia scarsa. Chi riscuote fin’ora il primo applauso frà i Cantanti, è il Signor Maffoli, in qualità di primo Tenore. La melodia della sua voce, e la sua abilità incantano veramente, unite queste essendo ad un gran possesso di Musica. Non andrà molto tempo, che lo vedremo eguagliare, e diciamolo pure, anche sorpassare i più Celebri nel suo genere. Delicatissima è l’aria del primo Atto, sorprende poi ed innamora con quella del secondo. La prima Donna, cioè la Signora Cecilia Giuliani, non può che piacere a chi la sente. Bellissima figura in Teatro, e bella voce. Il Sig. Francesco Porro, non delude il Pubblico nella sua espettativa; ed il complesso degli Attori, è veramente buono.

Il Ballo serio, che hà per titolo: La Morte di D. Pietro d’Arias Davilla, è quanto si può dire spettacoloso, sì per la quantità de’Ballerini, che sono da trenta in circa, come per il magnifico vestiario, e le sontuose scene, che l’adornano; merita che si movano i Forestieri anche da lontano per godere di questo Spettacolo. L’inimitabile Signora Teresa Ballon, prima Ballerina, sorprende ogni sera. Parlano in lei gli occhi, le braccia, i piedi, in somma tutto è anima in ella. Benché faticosissimo questo Ballo nella sua esecuzione, per la stessa, nulladimeno si presta ogni sera con la medesima attività della prima, ed il Pubblico non si pente d’averla scelta per la terza volta per questo Teatro. L’azione del Ballo è tragica, e terribile. La morte del Comandante Davilla, e di Amazilia che uccide sé stessa perché nel vedere le spoglie del suo sposo che combatteva, lo crede estinto e lo rivede poi vivo e sano nel momento di spirare, lascia li spettatori col cuore angustiato e intenerito. Tutto il Ballo in somma, è leggiadramente inventato, e mirabilmente eseguito.

Brescia 5. Agosto 1787.

Un’altra Lettera Anonima in data dei 4. ci conferma quanto contiene la quì sopra esposta, aggiungendo che l’inventore e compositore del Ballo è il Signor Dom. Ballon, che l’argomento di esso è tratto dagl’Incas di Marmontel, e che la sua musica è tutta nuova del Signor Maestro Gio: Battista Calvi Milanese. Sembra che l’Autore di questa accusi l’azione, in qualche parte, d’oscurità, ma loda i colpi di scena, i tableaux, e gli atteggiamenti ben espressi.

Altra di Brescia.

Questa è la stagione in cui i giovani danno saggio de’loro progressi nelle Scienze. Il doversi esporre al Pubblico, l’emulazione, desta in essi quell’entusiasmo che è utile: e le lodi, che ne ritraggono, alimentano quel nobile e ben inteso orgoglio, che gli incoraggisce al proseguimento della carriera degli studj. Alle lodi si aggiungono de’piccioli premj, e su questi due perni si aggirano le azioni di tutti gli uomini. Le pubbliche Scuole delle Grazie hanno data un’Accademia dedicata alla Ill. Città, siccome quelle che dalla Regia Munificenza, e dalla Città stessa, sono mantenute. L’Argomento era sopra le rovine di Brescia succedute ai 18. Agosto 1769. Noi non facciamo che produrne il Sonetto. Le composizioni tutte furono scelte, e le Egloghe sentivano dei bei pregj del Sanazzaro e del Cantore d’Enea. Jeri pure ci fù un Saggio Letterario d’una Scuola privata, dedicato anch’esse agl’Ill. Sig. Deputati Pubblici. Quei valorosi Giovanetti risposero assai sensatamente alle moltiplici ricerche sopra la Storia, la Geografia, la Mitologia, e sopra gli elementari della Rettorica, delle Grammatiche, delle Lingue: e le risposte tutte furono intrecciate con graziosi ringraziamenti in Versi. Oggi si fa una pubblica Accademia di Scienze e belle Arti dai Nob. Sig. Convittori del Collegio de’P. P. Sommaschi. Il Mecenate è S. E. Rev. Monsignor Gio: Nani zelantissimo nostro Vescovo. L’Argomento è sopra il Commercio. Ora che la Poesia ha dovuto spogliarsi delle gonfiezze e delle idee di mera fantasia, gli argomenti anco filosofici possono essere suscettibili del linguaggio degli Dei, quando l’Autore sappia unire alla aggiustatezza dei pensieri la bella armonia, la delicatezza de’sentimenti, e la verità delle idee. Il Secolo presente fiorisce in questo nuovo genere di Poesia Filosofica. Ecco la ragione per cui si è scelto un argomento di Filosofia per questa Solenne Accademia.

Anco su questo proposito riceviamo un altro cortese Foglio, da cui sappiamo di più, che il direttore delle Pub. Scuole delle Grazie è il Rev. Sig. D. Dom. Colombo Pub. Professore di Eloquenza, e Maestro degli Accademici; e trà questi si distinse il Signor Dom. Gava eletto meritamente Principe dell’Accademia. Siamo poi obbligati allo Scrittore di questa seconda Lettera del bel Sonetto, che il Primo accennò, ma forse si scordò di mandarci. Eccolo.

Sonetto.

Le rovine di Brescia, seguite l’anno 1767. la notte dei 17. venendo li 18. d’Agosto.

Sugl’occhi de’Mortali ebbri, e satolli Del pingue umore, che Morfèo diffonde, Battevan l’ali amiche i piacer molli, Che nel suo sen la cara notte asconde; Quando intorno coperse i campi, e i colli Denso velo di Nubi atre, e profonde; Quando di cento alberghi i forti crolli fecer del Mella rimbombar le sponde. Fugge la Notte innanzi al Sol, che sorge: Ma l’amia Torre, Era questa una Torre dove stava in deposito la polvere situata vicino alle Porte de’S. S. Nazario e Celso ove attualmente si legge nella nuova fabbrica un Epigramma latino, descrivente la disgrazia.che fu scopo, e segno Dei fulmini del Ciel, più non si scorge. Frà sassi adusti invece, e infranti Tetti, Si scorge a fianco dell’eterno sdegno Errar la Morte sotto cento aspetti.

Non avendo luogo nel presente Foglio da inserire la Lettera d’un Letterato forastiero, che fu consegnata al Colombani, scritta in occasione del mentovato Oratorio del Sig. Anfossi, la daremo in luce in quello del venturo Sabbato.

Torniamo ad avvertire, per l’ultima volta, chiunque ci scrive, che se le carte non saranno sigillate, noi certamente le lascieremo al Librajo, senza guardarle nemmeno. Deroghiamo alla nostra proposizione anco per questa volta soltanto.

Prezzi dei Grani.

Il Formento bello L. 23. e 24.

Il Formenton L. 18. C’è più da temere che questi prezzi s’alzino che da sperare ch’abbassino.

Casa d’Affittar

In Campo di San Boldo in quattro Appartamenti, cioè Mezzadi, Appartamento Nobile, Appartamento di sopra, Camerini, Pozzo, Matto, Magazzini, e Riva in Casa, per il prezzo di annui Ducati duecento e novanta da L. 6: 4. per Ducato.

Le Chiavi sono in Cà Busenello in San Silvestro.

Num. 20 Mercordì 8. Agosto 1787. L’Autore d’un Biglietto anonimo, che si dichiara nostro parziale, ci diede alcuni giorni sono l’eccitamento di far conoscere ed encomiare un certo tale, che ha una figura ridicola; ch’è sordo quanto un macigno; che non conosce nemmen l’alfabeto; ma sà meditare ed eseguire qualunque lavoro. Scontento del nostro silenzio, ci scrisse di nuovo, rinnovando le sue premure, e rimproverandoci, in certo modo, di non averlo servito piuttosto che dar luogo al Manifesto della Calzetta. Giacché vuole una risposta gliela diamo, usando di quella confidenza medesima con cui egli ha la bontà di trattarci. Signore. “Questo mostro d’abilità, che celebrare volete, cosa sà fare? Dove stà? Qual’è il suo ricapito? Lavora per mercede, o per gloria? Noi non lo nominaremo mai senza sapere più di quello, che comunicato ci avete, e se alle vostre non s’accordino le altrui relazioni. Grazie della vostra parzialità: ma il dubitarne è prudenza quando non si conosce chi scrive; svantaggio che non ha alcuno verso di noi, e che noi abbiamo verso di tutti. Non potrebb’esser questa una burla per mettere qualcuno in ridicolo? Oh Voi non siete capace . . . .  sarà; ma dovete tollerare il sospetto di chi dal passato prende norma per l’avvenire. La Lavoratrice di calzette, aveva un diritto all’Articolo Invenzioni nell’Arti, uno di quelli che formano il Piano di questa Gazzetta. L’avviso era pubblico, certo il ricapito, il Segreto degno di curiosità. Vaglia per Voi, e per quanti altri in avvenire ci scriveranno sul vostro gusto, l’avvertimento, che il non inserire in questo Foglio certe cose che dirette ci vengono, e il tacere persino d’averle lette, prova la nostra disapprovazione, onde inutili sono le repliche, che accrescono incomodi a chi le fa, ed a chi le riceve. Comandateci in ciò che si possa servirvi senza sospetto, e con utilità o diletto del Pubblico, che troverete in noi quella stessa facilità, ch’abbiamo avuto per tanti altri, e ch’avremo sempre, senza che la parzialità, o l’interesse ci domini.” In Senato.4. AgostoEresia. E. Antonio Boldù. Li 3. Savj contro l’Eresia formano un Magistrato, che cominciò ad esistere sino dal 1289. circa, quando fu stabilita la S. Inquisizione in questa Città: ma non ebbe che nel 1550. la stabilità che gli diede un Decreto il quale fece conoscere ed estendere le sue facoltà. Si chiamavano anticamente Assistenti alla Sacra Inquisizione, ed eleggevansi dal Doge, e suo Minore Consiglio. Passò la lor elezione al Senato nel 1558. Nelle Sentenze del Tribunale del S. Ufficio v’è sempre la clausola: Cum assistentia & praesentia Clarissimorum Dominorum N. N. Savio agli Ordini. E. Niccolò Erizzo. In M.C.5. Agosto. Provv. al Zante. Reg. con pena, dura mesi 24. E. Francesco Manolesso qu: Zorzi su 40. Consigliere a Corfù dura mesi 24. E. Gian Alessandro Zorzi qu: Almorò Gian Francesco. Avvocato per le corti. E. Francesco Maria Bon. Sei del Pregadi. E. Nic. M. Tiepolo qu: Giovanni fu Consiglier. E. Giovanni Querini K. di E. Andrea fu Cons. E. Zorzi Emo qu: Giov: fu Cons. E. Seb. Giul. Zustiniani qu: Seb. fu Cons. E. Nic. Barbarigo qu: Giov. fu Cap. a Brescia. E. Leon Dolfin qu: Pietro fu Cons. Del Cons. di X. E. Agostino Garzoni. Questo Eccelso Consiglio i cui Giudizj son inappellabili, e nel quale la Repubblica trasfuse gran parte del sommo Imperio, come ha detto uno Scrittore moderno delle cose Venete, aveva anticamente la facoltà d’annullare sino delle Leggi del Maggior Consiglio, il che fece talvolta. Fu privato della medesima nell’anno 1628. Diedero origine alla sua creazione nell’anno 1310. le Congiure di Marino Bocconio, e di Boemondo Tiepolo, il cui Palazzo fu atterrato, ed eretta venne dov’esisteva una colonna d’infamia la cui inscrizione, come molti Cronisti asseriscono, era la seguente: De Bajamonte Tiepolo su questo Terreno, E mò è posto in commun, acciochè sia A ciaschedun spavento persempre, e sempre mai. Del mille tresento, e diese A mezzo el Mese delle Ceriese Bagiamonte passò il Ponte, E per esso so fatto il Consegio di diese. Siamo debitori del disinganno recente su questo antichissimo documento, alla diligenza dell’eruditissimo Signor Abbate Giacomo Morelli, attuale Custode della Pubblica Biblioteca di San Marco, il quale sulla colonna medesima tratta dal fondo in cui giaceva sepolta, lesse così: De Bajamonte Fo questo terreno e mo Per lo so iniquo tradimento Sé posto per comun spavento Azzo lo veda tutti In Sempiterno Solennità ordinarie. Lunedì sei corrente si celebrò con sacra pompa magnifica la Festa della Transfigurazione del Signore dalli Canonici Regolari nella Chiesa di San Salvatore. Allorché Rotario Re de’Longobardi assediava Uderzo nell’anno 638. San Magno Vescovo si salvò in queste lagune dal furore di quel Barbaro, e coll’assistenza delle Famiglie Carosi e Guttalosi eresse in poco spazio di tempo la chiesa predetta, che fu governata da un Parroco, a cui successe Bonfilio Zusto P. V. il quale coll’approvazione del Patriarca di Grado Enrico Dandolo, abbracciò unito a’Sacerdoti alunni di essa, l’Istituto de’Canonici Regolari di S. Agostino. Sappiamo da un’antica Cronaca, che il Papa Alessandro III. passò una notte nel sottoportico di questa Chiesa dal lato della Merceria l’anno 1176. onde leggesi Alex. III. P. M. Pernoctavit. Fu rifabbricata dopo l’incendio che la distrusse nel 1182., in maggiore grandezza, ed in forma più regolare. Nel 1248. il Doge Marin Morosini arricchilla d’una superba Cupola tutta travagliata a mosaico. Risorse all’ampiezza e solida venustà, che al presente la rendono tanto ammirevole, nel Decimo Sesto Secolo, essendo stata ridotta alla sua perfezione nel 1565. Nel 1741. alli 16. Ottobre le fiamme distrussero il Coro pensile, ch’era sopra la porta maggiore, creduta Opera dello Scamozzi, una parte del tetto, e due altari sottoposti al Coro; ma questo danno fu riparato ben presto, trasferendo il Coro in altro sito, e rimettendo i pezzi incendiati in istato migliore che non erano prima. Per celebrare l’architettura di questo Tempio, la più bella e perfetta, che si vegga in questa Città, secondo l’opinione unanime degl’intendenti, e le statue, pitture, mausolei, e tant’altre rarità che l’adornano, non basterebbe un intero Foglio. Ma il non dirne nulla sarebbe un oltraggio alla memoria di que’grand’uomini, che tale lo resero. Bisogna dunque toccare di passaggio almen l’essenziale, e ciò che più stimasi. L’architetto, che cominciò la grand’Opera, fu Giorgio Spaventi. Morto egli non molto tempo dappoi, la riformò e la condusse al suo termine Tullio Lombardo di cui si vede in marmo la testa nel Chiostro interno. Jacopo Sansovino fece il disegno dell’Altare dell’Annunziata, della porta laterale interna, e del bassamento dell’Organo. I più eccellenti Pittori della Scuola Veneziana hanno versato in esso il tesoro de’loro pennelli. La Tavola di Tiziano, che rappresenta l’Annunziata, ebbe un segno di predilezione dal suo Autore medesimo col segnarla di propria mano nell’inferiore sua estremità: Tizianus fecit, fecit. Il Sansovino, Alessandro Vittoria, Tom. Lombardo, Girolamo Campagna, ed altri Scultori celebri, l’arricchirono di Statue superbe. Trà i mausolei si distingue quello de’Fratelli Lor. e Gir. Priuli Dogi, per la bellezza dell’architettura, e per la ricchezza della materia. Evvi pure quello di Cat. Cornaro Reg. di Cipro, le cui ceneri giacciono sopra la porta della Sagrestia ed hanno la seguente Inscrizione. D. O. M.Catherinae Corneliae,Cypri Hierosolymorum,Ac armeniae reginaeCineres. L’eccelsa Facciata degna di dominare una vasta Piazza, si eresse nel 1663. per disposizione testamentaria di Giacomo Galli opulentissimo negoziante; il che prova, e la fiorente mercatura di questa Capitale nel passato Secolo, ed il zelante attacco, che avevano i ricchi Cittadini al decoro della lor Patria. Nel giorno medesimo la S. S. coll’Eccellentissimo Senato si portò alla visita della Chiesa de’SS. Gio: e Paolo de’P. P. dell’Ord. de’Predicatori, la cui Festa viene ai 26. di Giugno, ma si trasporta alli 6. del corrente a motivo della villeggiatura del Santo, costume di fresca data. L’intervento della Maestà Pubblica a questa solennità, ebbe origine dalla famosa Vittoria della Veneta Armata Navale a’Dardanelli sopra i Turchi, seguita appunto nel dì 26. Giugno del 1656. Martedì 7. corrente, una delle ultime Sagre dell’anno, per la festività di S. Gaetano Tiene, mosse il Popolo ad affollarsi nell’angusta Contrada di San Fantino. La notte della vigilia spirò un’aria fresca, che lasciò meglio godere agli spettatori raccolti in quel piccolo Campo, degli archi dipinti, che l’hanno ornato d’intorno, e dell’illuminazione di cera, che parere lo faceva una sala. Sopra un palco vicino alla Scuola v’era un’Orchestra, che rallegrò l’uditorio. Il Caffè poco discosto servì una strabocchevole quantità d’avventori, e le sedie tutte messe al di fuori occupate furono da gente di bon ton, ch’espose all’esame degl’intendenti la sua eleganza. Oratorj. Le Opere de’grand’uomini hanno talvolta d’uopo del tempo per essere conosciute, e lodate quanto meritano. Il Pubblico è un corpo, che và esso pure soggetto, come gl’individui, a’sbaglj e agl’inganni. Patisce i suoi mali umori, le sue prevenzioni, i critici suoi momenti. Allorché abbiamo fatta menzione del nuovo Oratorio intitolato Ninive Conversa, del famoso Maestro Anfossi, rispettando le opinioni che s’univano a giudicar del medesimo poco favorevolmente, non ne abbiamo detto né bene, né male. Ora che troviamo cangiati i sentimenti, manifestiamo con sincera compiacenza, che le repliche dell’Oratorio suddetto furono accolte con universale aggradimento ed applauso, e che la fama di questo celebre Maestro non ha fatto che accreicersi con questa recente sua produzione. Domenica passata fu esposto un Capitolo in terza rima in lode della Signora Giovanna Pavan, all’occa-sione appunto di ricantare questa bella musica. Contiene delle invettive poetiche contro chi vuol decidere di cose che non intende, e un risentimento allusivo alla freddezza con cui l’Oratorio fu accolto alla prima Recita. L’Autore protesta che al canto della Signora Giovanna prova un inesprimibil dolciore. Abbiamo molte relazioni da alcuni Paesi della Veneta Terraferma, che la pioggia caduta nella notte del passato Sabbato, fu abbondante ed opportunissima alla necessità che aveva la terra. Per quanto dicesi, la maggior copia cadde nel Polesine. Fu la manna del Deserto per l’Agricoltor sconsolato, e tante stille di fuoco per l’anima avara de’monopolisti di biade. In quella notte medesima, mentre il Cielo fiammeggiava di lampi, e romoreggiava di tuoni, s’udì il suono funesto di campana a martello nella Contrada di S. Moisè, che spaventò il vicinato. Appiccossi il fuoco a un cammino, che ben presto s’estinse dagli Arsenalotti della Guardia vicina. Dacché la Pubblica Provvidenza ha distribuite per i Sestieri della Città queste urbane milizie, sempre pronte ad accorrere colle macchine necessarie ove sono chiamate, gl’Incendj riparati sono sul nascere, o fanno almen poco danno. Non si deve tacere l’origine di questo fuoco in cammino, che sparse tanto terrore. Una Donna malaccorta, nella bottega d’un pizzicagnolo, da noi detto luganegher, gettò dell’acqua sull’oglio, che s’era acceso nella padella da friggere il pesce. La fiamma si sollevò e serpeggiando stridente attaccossi al cammino. Imparate stolide Femmine, se vi nasce un tal caso, ad adoperare della cenere, o un canovaccio, o cosa simile. Non aggrinzate il naso su questi frivoli racconti, rigidi Censori del nostro Foglio, e riflettete che l’avvertimento di cui tante persone hanno bisogno, come lo mostra la giornaliera esperienza, può impedir nell’avvenire qualche disgrazia. Cani. L’Eccellentissimo Magistrato alla Sanità sempre vegliante ed inteso alla pubblica sicurezza, promulgò il giorno 30. dello scorso Luglio una sua Terminazione la cui tendenza è d’allontanare dagli uomini il pericolo d’essere avvelenati dal morso de’cani rabbiosi, nella fervida corrente Stagione. Rinnovasi in essa l’ordine a tutti gli erbajuoli, calzolaj, ciabattini, parrucchieri, e caffettieri della Città, di esporre fuori delle loro botteghe, appresso alla porta un mastellino d’acqua dolce e netta, e s’ingiunge a’padroni, o custodi de’cani di farli ammazzare tosto che diano indizj di rabbia coll’avere la spuma alla bocca, essere renitenti a bere dell’acqua, ed estraordinariamente anelanti. Comandasi in oltre a’medesimi d’aver cura di quelli che sono sani, impedendo che la notte non vadino errando per la Città, od abbiano almeno un guinzaglio, che accenni la loro dipendenza. In seguito di queste saggie ordinazioni, manifesta il suddetto Eccellentissimo Magistrato, che passati tre giorni dopo la pubblicazione della Terminazione, saranno ammazzati dal suo Capitanio tutti que’cani, che di giorno o di notte troverà vaganti per le strade, senz’alcun segno, assegnando. li in premio L. 3: 2. per ogni cane ucciso, da conseguirsi anco da ogni Capo di Contrada a cui è raccomandata l’esecuzione. Consideriamo, che la vita d’un uomo solo più vale che tutte le razze di questi animali inutili; rappresentiamoci le angosce e gli orrori d’un idrofobo: e dovremo poi benedire la vigilanza paterna di questa benemerita Magistratura, che sempre vigila alla nostra salvezza. Perdonisi al dolore d’una Femmina, che non la intende così, perché le manca il suo Lillo cagnetto di razza bolognese, di pelo candido e lungo, ch’era la sua delizia. Quest’anonima disperata ci mandò una Lettera scritta colle lagrime. Pare che le manchi un Figlio. Teme che il Capitanio l’abbia ammazzato, benché protesti ch’avesse al collo una fettuccia di colore di rosa. Dice d’essere assicurata da molti, che non fu annoverato trà le vittime della nostra sicurezza offerte al Magistrato: ma non è quieta, e nelle sue smanie rivogliesi a noi, perché le sue premure siano raccomandate su questo Foglio, offerendo due ducati d’argento a chi l’avesse trovato, e tenuto nascosto, quando sia riconosciuto per il suo, da persona ch’Ella ha destinata a tale incombenza. Dice che ha un segno distintivo ma che non lo palesa per decenza. L’hà perduto Lunedì passato alle 2. di notte in Frezzaria. Se c’è chi l’abbia trovato consoli questa afflitta, e conseguisca la mancia. Ogni notizia, che ci venga mandata, si pubblicherà da noi per sua regola, e tranquillità. Notizie di Brescia. Signor Gazzettiere. Eccovi delle notizie Teatrali sincere. Ve ne faccio un Paragrafo che potere, se vi piace, inserirlo tale e quale nella vostra Gazzetta. La sera delli 28. Luglio passato, andò in iscena la nostra Opera seria intitolata, il Medonte. Fù numeroso il concorso al Teatro, trasportato ognuno dalla curiosità. Se tutte le sere avvenire corrispondessero alla prima non si lagnerebbe il nostro Impresario, com’è suo costume, che l’Udienza sia scarsa. Chi riscuote fin’ora il primo applauso frà i Cantanti, è il Signor Maffoli, in qualità di primo Tenore. La melodia della sua voce, e la sua abilità incantano veramente, unite queste essendo ad un gran possesso di Musica. Non andrà molto tempo, che lo vedremo eguagliare, e diciamolo pure, anche sorpassare i più Celebri nel suo genere. Delicatissima è l’aria del primo Atto, sorprende poi ed innamora con quella del secondo. La prima Donna, cioè la Signora Cecilia Giuliani, non può che piacere a chi la sente. Bellissima figura in Teatro, e bella voce. Il Sig. Francesco Porro, non delude il Pubblico nella sua espettativa; ed il complesso degli Attori, è veramente buono. Il Ballo serio, che hà per titolo: La Morte di D. Pietro d’Arias Davilla, è quanto si può dire spettacoloso, sì per la quantità de’Ballerini, che sono da trenta in circa, come per il magnifico vestiario, e le sontuose scene, che l’adornano; merita che si movano i Forestieri anche da lontano per godere di questo Spettacolo. L’inimitabile Signora Teresa Ballon, prima Ballerina, sorprende ogni sera. Parlano in lei gli occhi, le braccia, i piedi, in somma tutto è anima in ella. Benché faticosissimo questo Ballo nella sua esecuzione, per la stessa, nulladimeno si presta ogni sera con la medesima attività della prima, ed il Pubblico non si pente d’averla scelta per la terza volta per questo Teatro. L’azione del Ballo è tragica, e terribile. La morte del Comandante Davilla, e di Amazilia che uccide sé stessa perché nel vedere le spoglie del suo sposo che combatteva, lo crede estinto e lo rivede poi vivo e sano nel momento di spirare, lascia li spettatori col cuore angustiato e intenerito. Tutto il Ballo in somma, è leggiadramente inventato, e mirabilmente eseguito. Brescia 5. Agosto 1787. Un’altra Lettera Anonima in data dei 4. ci conferma quanto contiene la quì sopra esposta, aggiungendo che l’inventore e compositore del Ballo è il Signor Dom. Ballon, che l’argomento di esso è tratto dagl’Incas di Marmontel, e che la sua musica è tutta nuova del Signor Maestro Gio: Battista Calvi Milanese. Sembra che l’Autore di questa accusi l’azione, in qualche parte, d’oscurità, ma loda i colpi di scena, i tableaux, e gli atteggiamenti ben espressi. Altra di Brescia. Questa è la stagione in cui i giovani danno saggio de’loro progressi nelle Scienze. Il doversi esporre al Pubblico, l’emulazione, desta in essi quell’entusiasmo che è utile: e le lodi, che ne ritraggono, alimentano quel nobile e ben inteso orgoglio, che gli incoraggisce al proseguimento della carriera degli studj. Alle lodi si aggiungono de’piccioli premj, e su questi due perni si aggirano le azioni di tutti gli uomini. Le pubbliche Scuole delle Grazie hanno data un’Accademia dedicata alla Ill. Città, siccome quelle che dalla Regia Munificenza, e dalla Città stessa, sono mantenute. L’Argomento era sopra le rovine di Brescia succedute ai 18. Agosto 1769. Noi non facciamo che produrne il Sonetto. Le composizioni tutte furono scelte, e le Egloghe sentivano dei bei pregj del Sanazzaro e del Cantore d’Enea. Jeri pure ci fù un Saggio Letterario d’una Scuola privata, dedicato anch’esse agl’Ill. Sig. Deputati Pubblici. Quei valorosi Giovanetti risposero assai sensatamente alle moltiplici ricerche sopra la Storia, la Geografia, la Mitologia, e sopra gli elementari della Rettorica, delle Grammatiche, delle Lingue: e le risposte tutte furono intrecciate con graziosi ringraziamenti in Versi. Oggi si fa una pubblica Accademia di Scienze e belle Arti dai Nob. Sig. Convittori del Collegio de’P. P. Sommaschi. Il Mecenate è S. E. Rev. Monsignor Gio: Nani zelantissimo nostro Vescovo. L’Argomento è sopra il Commercio. Ora che la Poesia ha dovuto spogliarsi delle gonfiezze e delle idee di mera fantasia, gli argomenti anco filosofici possono essere suscettibili del linguaggio degli Dei, quando l’Autore sappia unire alla aggiustatezza dei pensieri la bella armonia, la delicatezza de’sentimenti, e la verità delle idee. Il Secolo presente fiorisce in questo nuovo genere di Poesia Filosofica. Ecco la ragione per cui si è scelto un argomento di Filosofia per questa Solenne Accademia. Anco su questo proposito riceviamo un altro cortese Foglio, da cui sappiamo di più, che il direttore delle Pub. Scuole delle Grazie è il Rev. Sig. D. Dom. Colombo Pub. Professore di Eloquenza, e Maestro degli Accademici; e trà questi si distinse il Signor Dom. Gava eletto meritamente Principe dell’Accademia. Siamo poi obbligati allo Scrittore di questa seconda Lettera del bel Sonetto, che il Primo accennò, ma forse si scordò di mandarci. Eccolo. Sonetto. Le rovine di Brescia, seguite l’anno 1767. la notte dei 17. venendo li 18. d’Agosto. Sugl’occhi de’Mortali ebbri, e satolli Del pingue umore, che Morfèo diffonde, Battevan l’ali amiche i piacer molli, Che nel suo sen la cara notte asconde; Quando intorno coperse i campi, e i colli Denso velo di Nubi atre, e profonde; Quando di cento alberghi i forti crolli fecer del Mella rimbombar le sponde. Fugge la Notte innanzi al Sol, che sorge: Ma l’amia Torre, Era questa una Torre dove stava in deposito la polvere situata vicino alle Porte de’S. S. Nazario e Celso ove attualmente si legge nella nuova fabbrica un Epigramma latino, descrivente la disgrazia.che fu scopo, e segno Dei fulmini del Ciel, più non si scorge. Frà sassi adusti invece, e infranti Tetti, Si scorge a fianco dell’eterno sdegno Errar la Morte sotto cento aspetti. Non avendo luogo nel presente Foglio da inserire la Lettera d’un Letterato forastiero, che fu consegnata al Colombani, scritta in occasione del mentovato Oratorio del Sig. Anfossi, la daremo in luce in quello del venturo Sabbato. Torniamo ad avvertire, per l’ultima volta, chiunque ci scrive, che se le carte non saranno sigillate, noi certamente le lascieremo al Librajo, senza guardarle nemmeno. Deroghiamo alla nostra proposizione anco per questa volta soltanto. Prezzi dei Grani. Il Formento bello L. 23. e 24. Il Formenton L. 18. C’è più da temere che questi prezzi s’alzino che da sperare ch’abbassino. Casa d’Affittar In Campo di San Boldo in quattro Appartamenti, cioè Mezzadi, Appartamento Nobile, Appartamento di sopra, Camerini, Pozzo, Matto, Magazzini, e Riva in Casa, per il prezzo di annui Ducati duecento e novanta da L. 6: 4. per Ducato. Le Chiavi sono in Cà Busenello in San Silvestro.