Zitiervorschlag: Antonio Piazza (Hrsg.): "Num. 10", in: Gazzetta urbana veneta, Vol.1\010 (1787), S. 1-8, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Dickhaut, Kirsten / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.1808 [aufgerufen am: ].


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Num. 10

Mercordi 4. Luglio 1787.

Ebene 2► Non vi fu nemmeno Sabbato p. p. nella riduzione del Serenissimo M. C. il numero necessario per la legale elezione delle Magistrature e Reggimenti, mancandovi nove Patrizj alla formazione di esso. s’è destinato dalla Serenissima Signoria, a cui appartiene il convocare questo Sovrano Legislatore Consiglio, il giorno sedici corrente per dar effetto alle già disposte elezioni.

Nel dopo pranzo del giorno medesimo, si radunò l’Eccellentissimo Senato dalla cui pluralità di Voti, rivestiti furono della luminosa dignità di Savio del Consiglio

E. Pietro Zen.

E. Giovanni Kav. Querini di E. Andrea, attuale sapientissimo Riformator dello Studio di Padova.

E. Filippo Calbo.

i Savj Grandi e del Consiglio sono sei, e durano in carica sei mesi. Il periodo delle loro elezioni è concertato in maniera ch’ogni tre mesi, tre di essi escono di posto, e vi succedono gli altri tre eletti dall’Eccellentissimo Senato. L’età necessaria per ottenere una veste sì decorosa è quella di, trentotto anni passati. La loro riduzione per esaminare gli affari che al Senato propongono, le cui convocazioni ordinate sono da essi, si chiama Consulta. Uno o l’altro di questi Savj è sempre di Settimana, nel giro vicendevole del lor uffizio, ed allora i memoriali e le suppliche diriggonsi ad esso lui, che d’ordine del Senato dà risposta alle Lettere de’Principi, degli Ambasciatori, e Ministri Esteri. Li Patrizj che rappresentano la Repubblica nella Ambasciate di Vienna e di Roma, vanno muniti di questo splendidissimo fregio.

3 Savi di Terra Ferma.

E. Giovanni Emo.

E. Francesco Vendramin.

E. Alessandro Marcello Primo.

La instituzione di questi Savj si trova nell’anno 1340. Sono cinque, e duran essi pure sei mesi in carica. Quello alla Scrittura, ch’è il prenominato E. Ales. Marcello eletto Sabbato scorso, ha la generale inspezione sopra le Milizie di Terra, e su quanto ad esso è spettante. Il Savio Cassiere E. Francesco Vendramin, la cui Elezione s’è fatta nel gior- [2] no medesimo, può dirsi propriamente il Tesoriere universale della Repub. perché senza un suo ordine scritto non si paga ne si fà contamenti, nella massima parte della disposizione del soldo Pubblico. Egli fa le veci di qualunque Cassiere o Depositario, allorchè l’occorrenza lo esige. Il Savio alle Ordinanze ha l’incarico delle Leve de’Soldati. Gli altri due non hanno uffizio che loro sia peculiare; ma in caso d’absenza, o di malattia suppliscono alle incombenze delli due Primi. Tutti poi si radunano nell’Eccellentissimo Collegio, e alla Rassegna delli Soldati.

2 Savi agli Ordini.

E. Vital Faliero.

E. Alvise Minotto.

Questi Savj agli Ordini eran chiamati una volta Savj di Mare, perché ad essi venivano raccomandati particolarmente gli affari marittimi. Sono cinque pur essi, e la loro carica ha lo stesso periodo di mesi sei. Ordinariamente viene conferita alla Gioventù Patrizia ch’entra in Collegio per illuminarsi su’ grandi affari ch’ivi son agitati. Però ognuno d’essi ha voto deliberativo al paro d’un Savio Grande. L’età di venticinque anni passati, è prescritta dalla Legge per fare il primo passo in questo Gabinetto della Repubblica.

Li due nomi proposti al Senato per il Magistrato dell’Armar nella Sessione di questo giorno, ebbero in maggior numero i voti negativi: laonde l’Elezione resta da farsi.

Lettere
A noi dirette per questo foglio.

Metatextualität► Dalla stessa mano, che ci favorì il Primo Articolo sulla Maschera di ferro, riceviamo una Novelletta, che si stima a proposito per la nostra Gazzetta, da chi ebbe la bontà d’inviarcela. Egli la crede, o mostra di crederla vera e recente: ma è cosi rancida e trita, raccontata da tanti, e contenente un certo ripiego burlesco così basso e ributtante, che noi riputiamo dovere l’escluderla dalle materie, che sottoporre dobbiamo agli occhi del Pubblico. Questo Incognito ci scuserà se in ciò il suo parere non accordasi al nostro. Noi abbiamo secondato il suo eccitamento collo stampare nel numero dello scorso Sabbato la bella Canzone sul Globo aerostatico, e in avvenire troverà esso non di rado ne’futuri numeri delle Composizioni, che soddisfar potranno il suo genio. Ciò vaglia a provare la nostra stima per lui, e la disposizione di servirlo qualunque volta favorire ci voglia delle cose più degne.

Lo Scrittore della seconda Relazione circostanziata sulla stessa Maschera di ferro, ha maturato bene le sue riflessioni risponsive al quesito dell’Accademico Planetario sul canto delle cicale, e ce le ha cortesemente inviate. In questa seconda sua Lettera, non si sa con quale ragione, egli ha preso un tuono un pò troppo forte, ed usato uno stile, che ha del pungente e dell’acre. Pare in certo modo, ch’ei ci voglia rinfacciare d’aver dipinto l’Accademico per uomo molto elegante, che da lui si trova poco filosofo. Abbiamo detto nel N. 6 di questo Fo-[3]glio, che scrive con molta eleganza, non ch’è già un uomo elegante. Lasciamo scoprire la differenza a chi ha occhi.

Ci perdoni questo Letterato, se per prudenza non istendiamo i suoi pensieri sull’accennato soggetto nell’originale integrità del suo Scritto, e crediamo bene ridurli ad un compendio che ne serbi la pura sostanza. Eccolo. ◀Metatextualität

Ebene 3► Brief/Leserbrief► Teocrito ed Omero non componevano tutta la Grecia antica. Virgilio non rappresentava tutto il Lazio. Dunque non può desumersi che il canto delle cicale fosse dilettevole per i Greci, e rauco per i Latini. L’Accademico Planetario s’inganna applicando alla spezie, ciò che può essere stato proprio dell’individuo.

Quando Teocrito loda il canto del suo Pastore col farlo superiore a quello della cicala, intende parlar della tensione, e penetrazione della voce, che sono due qualità in cui la cicala eccelle. E se Omero le chiama dolci profeti della State, le suppone con una alocuzion poetica, foriere della bella stagione, e dà alla loro voce gli epiteti di fiorita e gigliata alludendo a’fiori con cui copresi la terra all’apparir della State. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

Metatextualität► Questi suoi argomenti sono accompagnati da certi casi, e da alcune ipotesi ingegnose, ommesse da noi per amore di brevità, e perché supponghiamo, che basti l’essenziale all’Accademico Planetario per avere una risposta alla sua ricerca, ed al Pubblico per decidere se questa sia tale da soddisfarlo, o nò.

Quanto a noi protestiamo la nostra gratitudine a chi l’hà somministrata, e lo preghiamo a non istancarsi di erudire il nostro Foglio quando gli si presentano occasioni d’esercitare sulle altrui domande il colto suo spirito.

Un altro Anonimo ci scrisse dalla Mira una Lettera, che troviamo a proposito per darla in luce quale esiste nel suo originale. ◀Metatextualität

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Mira.

Brief/Leserbrief► Questa Villeggiatura progredisce felicemente. Sembra impossibile, che tante differenze di condizione nei villeggianti, tanti umori, e genj diversi, non producano que’ vapori capaci ad infettare la quiete, e la tranquillità. Eppure egli è un fatto; si gode una paca invidiabile; un solo genio dirige tante menti, e la contentezza di tutti, è il movente d’ognuno. Sabato scorso, che fu li 23. corrente, gli Assocciati di questo Casino ordinarono una lautissima cena di 20. coperti, nella quale, oltre l’esquisitezza, e l’abbondanza delle vivande, fu osservabile, e molto da comendarsi l’ordine bene immaginato di chi la diresse, per cui non è accaduto il più leggiero sconcerto: lo stesso fu fatto il Mercoledì susseguente, e si farà in avvenire due volte alle settimana. Questo piano così piacevole, può prometterci il più brillante continuato trattenimento.

Corre voce, che si possa aprire un Teatro di Commedia: molti sono i Soggetti che prendono impegno su tal affare. V’era qualche differenza d’opinione intorno al sito ove stabilire la Scena; la quale però dopo alcune discussioni, prevalendo le ragioni sensatissime d’un nostro villeggiante, fu accordato doversi erigere vicina all’argana della porta superiore. Ciò ci fa lusingare di veder effettuato un tanto utile progetto, se pure sarà possibile ridurre in calma il minacciante Impresario delle Piazza del Dolo, che vanta aver scritturata la Compagnia Comica, in anticipazione del nostro. Guai [4] però se s’attaccano al giudiziario! L’affare andrebbe all’eternità, e questi poveri Nazionali, che si promettono oltre un delizioso passatempo, anche un non leggiero profitto, vederebbero sfantare così belle lusinghe alla sostituzione d’una pendenza. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

Solennità ordinarie.

Domenica Primo corrente si celebrò la festa di S. Marziale Vescovo ed Apostolo, nella Chiesa Parroc. Collegiata detta di S. Marcilian, eretta per opera della Famiglia Bocchi nell’anno 1133. e rifabbricata da’fondamenti dopo la metà dello scorso Secolo. Si ammirano in essa delle pitture bellissime di Tiziano, delli due Tintoretti, dell’Aliense, del Cavaliere Passigano, di Bartolommeo Letterini, del Molinari, del Balestra, e dei Rizzi.

La notte di Sabbato, Vigilia di questa Sagra, fu il tempo bellissimo, e il chiaror della Luna (che non è sempre caro a tutte le Coppie erranti) fece concorrere molta gente alle festosa Contrada dove vi fu del passatempo e del chiasso. Ma quelle della susseguente Domenica, che fu torbida nera, piovosa, e minaccevole col baleno de’lampi, e col fragore de’tuoni, ruppe molti disegni, trattenne in casa molte persone disposte a concorrervi, altre ne fece deviare ch’erano in cammino, e molte ne confinò ne’Caffè, e in certi angusti siti coperti. Una Signorina sdrucciolò nello scendere il ponte della Misericordia, e si lordò la maggior parte posteriore del suo elegante vestito, ed il cappello di paglia circondato da una larga fettuccia e ingrandito da un globo di veli che davagli l’aria di turbante, il quale gli uscì di testa nell’atto di cadere. Era ella una di quelle poche che, non si sa se per costume o per accidente, fosse a braccio di suo marito. Questo poveruomo fu accusato da Lei d’averla lasciata precipitare per negligenza, ed ebbe dell’asino, dello stolido, del minchione a piena bocca e ad alta voce dalla sua irritata metà. Egli non si scompose, non irritossi, e soltanto le disse: mò via cara Fia quieteve, che no ghe n’hò colpa. Il suo sangue freddo non ammorzò il fuoco della Ninfa infangata. Giunse una gondola opportuna al loro bisogno in cui entrando s’udì il marito ordinare d’esser condotto a San Polo, e la Moglie continuando a insultarlo dirgli: se invece d’esser stà con vostra Mugier fussi stà colla recamadora, no l’averessi lassada cascar.

Molti altri accidenti quella notte successero, ma quasi tutti son tali da non meritare la luce delle stampe, nè la sofferenza del Pubblico.

Lunedì 2. corrente dedicato alla Visitazione di M. V. a S. Elisabetta, si celebrò l’annua ordinaria Solennità alla Fava, all’Umiltà, nel Pio Luogo della Pietà, e al Lido ove c’è la Chiesa Parrocchiale consecrata a Santa Elisabetta.

Li vignaj che abitano la lingua di terra posta trà il mare e le nostre lagune ne’contorni dell’ora soppresso Monastero di San Niccolò, dipendevano una volta immediatamente nello spirituale dalla Chiesa Cattedrale di San Pietro di Castello, e ricevevano dalla medesima i Santi Sacramenti in vita ed in morte. Ma la distanza da Castello a que’ Lidi, e le burrasche della invernata, facevano talvolta che i bambini morissero senza ricevere il battesimo, e che i moribondi non avessero gli estremi soccorsi, che dalla nostra Re-[5]ligione si somministrano. Certi ortolani, che nella Chiesa di San Niccolò eretta avevano una pia Confraternita, ricorsero al Patriarca per ottener la permissione di mantenere un Prete, che celebrar dovesse in quella Chiesa la Messa, e loro somministrasse i SS. Sacramenti. Esaudite le suppliche si riparò per qualche tempo alla maggior parte de’consueti disordini: ma siccome il divoto concorso incomodava que’Monaci, e la lontananza delle vigne da quel Monastero riusciva a molti incomoda e pericolosa, il Patriarca Giovanni Tiepolo instituì provvidamente in Chiesa Parrocchiale un Oratorio da molto tempo eretto sul Lido stesso, dedicato alla Visitazione di M. V. a S. Elisabetta. Ciò seguì il 10. Settembre del 1627. con patriarcale Decreto ratificato dall’approvazione del Senato, onde la nuova Parrocchia ebbe i privilegj medesimi dell’altre Chiese di questa Metropoli. In quella di cui parliamo ammiransi due belle Tavole del Salviati e del Pilotti.

Il cattivo tempo non ha permesso al Popolo di questa Città, d’andare a divertirsi al Lido in questa giornata, ove quando è buono, veder si suole una quantità di Famiglie, di compagnie d’amici, di partite di gondoliere e artigiani, che mangiano in pubblico, ballano, giuocano, e sanno una spezie di villeggiatura di ore, che forma un giocondo spettacolo. Disgrazia per i mercanti da trippe e penini, formagielle, da vino di Macasca; e per gl’Impresarj del giuoco alla bianca alla rossa.

Metatextualität► Dal Cavaliere, che tranquillamente villeggia, e gode i beni d’una colta società, senz’abbandonarsi in campagna a’vizj delle Città, riceviamo una gentilissima Lettera, che molto contribuisce al compenso onorevole delle nostre fatiche. Basterebbe il solo compatimento suo, e quello delle dotte persone, che alla sua conversazione intervengono, per soddisfazione delle nostre brame. Non solo questo, ma riceviamo in oltre delle lodi, che riputiamo semplice effetto d’una parziale bontà, e non mai guiderdone del nostro debolissimo merito. In retribuzione d’un favore che tanto c’incoraggisce, e ch’aumenta di giorno in giorno l’assocciazione a questa Gazzetta, possiamo fare di meno che soddisfare le sue erudite ricerche, sicuri d’appagare una nobile Adunanza, e di non dispiacere a tanti e tanti de’nostri Leggitori, che gustano tutto ciò che contiene qualche punto d’erudizione? s’accese una disputa l’altr’ jeri nella Villeggiatura dell’accennato Soggetto, intorno al carattere di Guglielmo il Conquistatore; chi ne diceva bene, chi dipingevalo co’più neri colori: tutti allegavano delle autorità, e la lite rimase indecisa. Giacché abbiamo alle mani un pezzo da noi tradotto, che fa onninamente a proposito, lo diamo al torchio, colla maggiore soddisfazione di poter servire un tanto benemerito nostro Padrone. ◀Metatextualität

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Carattere
Di Guglielmo il conquistatore
Re della Gran Brettagna.

Brief/Leserbrief► Guglielmo il Conquistatore, è uno di que’ pochi Re, che fecer onore al Trono. In qualunque tempo egli fosse comparso sarebbe stato sempre un grand’uomo. Fu esso un prodigio per il barba-[6] no secolo in cui visse e regnò. Ebbe tutte le qualità luminose, che abbagliano gli occhi della moltitudine. Un’aria di dignità, che annunziava un Eroe, e un Principe destinato dal Cielo a divenir tale sensibilmente; una forza di corpo, ch’eccitava continuamente la sorpresa e l’ammirazione; un valore che disprezzava, e superava i maggiori pericoli; una fortuna che mai non soggiacque a disastri, né conobbe vantaggi mediocri.

Nondimeno i talenti che meritar gli fecero l’ammirazione della posterità, sono più di questi rari e sublimi. Quelli che stimano Guglielmo quanto egli merita, non sono già quelli che lo conoscono per i suoi avvenimenti soltanto. Il di lui carattere meglio sviluppasi agli occhi di chi pesa gli ostacoli ch’egli ebbe a superare per la fondazione del novello suo Impero. Bisognava avere un diritto reale od apparente, e la sua accortezza glielo proccurò. Bisognava addormentare la Francia sopra le conseguenze della sua spedizione, ed egli l’addormentò a forza di compiacenze. Bisognava far entrare i Principi vicini nelle sue viste, ed egli ve li condusse colle sue insinuazioni. Bisognava avere l’appoggio della Corte di Roma, tanto potente in que’ secoli d’ignoranza, ed egli seppe colle sue promesse ottenerlo. Bisognava prevenire la diffidenza d’un Rivale già coronato, e colla sua rapidità giunse a stordirlo. Bisognava avere delle forze, almeno mediocri, per conquistare un gran Regno, ed egli giunse a tanto col solo suo ardimentoso coraggio. Bisognava prevenire, o dissipare le congiure, che si tramavano continuamente contro della sua autorità, o della sua persona, e la di lui applicazione lo fece. Bisognava assicurarsi l’obbedienza degl’Inglesi, giacché il contare sul loro cuore era pericoloso, ed egli se ne assicurò colla introduzione del dispotismo.

La Satira dipinse questo grand’uomo con i più odiosi e neri colori. È però vero, che la Nazione che lo detesta, a lui é debitrice della sua gloria. Sconosciuti, o disprezzati fino allora in Europa, gl’Inglesi cominciarono sotto il suo Regno a fare una gran figura co’loro lumi, colla loro potenza, col commercio, e colle conquiste. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

Bastimenti Arrivati.

23. Giugno 1787.

Pielego nominato S. Eufemia, Patron Domenico Rismondo veneto, venuto da Spalatro e Zara, con carico di cera, e poco rame.

Ad. detto. Eraccera nominata Madonna de Ne Grazie, Patron Antonio Malusà veneto, venuto da Sebenico e Zara con lana, miel, e poco rame.

Ad. detto, Pielego nominatio La Madonna della Salute, Patron Michel Radich venuto da Liefina con carico di vino e miele.

Ad. detto. Pielego nominato S. Antonio Patron Lorenzo Raifich Imperiale, venuto da Porto Re con Carbon, e Ton cotto.

Ad. 25. detto. Pielego nominato San Niccolò Patron Antonio Leti s Imperiale venuto da Fiume con carbon.

Ad. detto. Checchia nominata Bella Annetta Capit. Marc Antonio Bonicelli veneto, venuto da Salonicchio e Zante, con carico gottoni, cera vergine, e poco tabacco.

Ad. detto. Pielego nominato Madonna di Scopò, Patron Andrea Lipovas veneto, venuto da Cattaro, Castel Nuove, e Ragufi, e con formaggio morlacco, [7] cera, rame vecchio, vero rotte, raffa, scuodano, Boldroni, Cordoani, lana scutarina, e poco oglio.

Ad. detto. Trabacolo nominato la Provvidenza Divina Patron Antonio Marinich veneto, da Zara con Bovi, e pelli Agnelline.

Ad. detto. Trabacolo nominato La Madonna dei Carmini Patron Domenico Giadrofich veneto, venuto da zara con Bovi, formaggio, e poc’oglio.

Ad. 26. detto. Braccera nominata S. Niccolò Patron Marco Giurger da Sebenico con catrame, formaggio, fero, pelli’agnello, e squaena.

Ad. 28. detto. Trabacolo nom. Madonna del Rosario, Tat. Simon Petito venuto da Zara carico di Bovi, e poco oglio.

29. dette. Trabacolo nom. Ss. Trinità P. Andrea Bujasic venuto da Zara con Bovi, formaggio e poco oglio.

Partenza di Bastimenti.

27. Giugno Cap. Ant. Sirovich veneto per Corfù e Smirne.

Pat. Niccolò Marino di Candia per Molfetta.

28. Dette. Pat. Nadal Jurovich per Corfù.

Libri
Che vengono ricercati.

Un Tomo Primo Histoire Philosophique & Politique des Etablissements et du Commerce des Europèens dans les deux Indes. Amsterdam 1773. Ediz. In 12.

Un Vocabolario della Crusca dell’ultima Edizione di Firenze, che, senza esser nuovo, sia di buona conservazione e perfetto.

Una Iconologia Francese e Italiana, dell’Edizione di Parma.

Chi avendo questi libri, o alcuno essi, vuole privarsene, può renderne inteso il Compilatore di questa Gazzetta, o a voce, o in iscritto, ch’essendo incaricato dell’acquisto lo farà quando trovi il venditore discreto.

Prezzi Correnti
di alcune Mercanzie.

Caffè d’Alessandria D. 45. il . pronti contanti.

Detto di Ponente D. 34. il c. Zuccaro Verzin di caratello Prima Sorte D. 14.

Detto Seconda sorte D. 13.

Detto di Terza sorte D. 12.

Detto di Cassa. Prima sorte D. 11.

Detto Seconda sorte D. 10.

Detto di Terza sorte D. 9.

Mascabà D. 8.

Zuccaro Panon D. 19:12

Grani.

Il prezzo del Formento de’giorni correnti, è dalle venti alle 22. Lire allo Stajo. Mancano le ricerche attesa la vicinanza del nuovo ricolto.

Padroni che cercano Servi.

Viene ricercata una Serva robusta, che non sia troppo giovine, e sappia ben fare i fatti di Casa. Se c’è l’incontro, il Caffettiere in Calle lunga a S. M. Formosa ne darà l’indirizzo.

[8] Il seguente Sonetto é uscito di Fresco dalla penna del Signor Clemente Bondi, che arricchì l’Italiano Parnaso con tante belle leggiadrissime Composizioni Poetiche. Esso è in lode della Sig. Danzi rinomata Virtuosa di Musica.

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Sonetto.

Qual mano desta mai tenero tante

Quel suon, che l’aria tremola percuote,

Quel suon vestito di sì dolci note,

Che al cor fa forza, e gl’occhi invoglia al pianto?

Da qual labbro esce quel soave canto,

Qui Febo stesso pareggiar non puote?

Qual insolito fremito di scuote?

Chi mi difende oimè dal doppio incanto?

Ah! che la Grecia favolosa, e vana

Finse, e menti, che alzasse Lino un giorno

Al suon di Lira la Città Tebana.

Se fosse ver, ch’ei ciò potesse allora,

Danzi, un sol sasso non vedresti intorno,

Che al canto Tuo non s’animasse ancora. ◀Ebene 3

Il Signor Luigi Ponton d’Udine d’anni 20. fu rapito da brevissima malattia, che a noi lo tolse quasi improvvisamente. ◀Ebene 2

Si ricevono le Assocciazioni, e le notizie di questa Gazzetta

A Venezia dal Colombani al Ponte di Rialto, ove pure si vende a soldi cinque al Numero.

A Padova dalli Fratelli Conzatti Libraj.

A Verona da Giuseppe Lonardi Librajo.

A Brescia da Dionisio Colombo Librajo.

A Bergamo da Francesco Locatelli Librajo.

Dalla Stamperia Zerletti Venezia. ◀Ebene 1