Sabbato 23. Giugno 1787.
Il nostro Foglio comincia
a diventare un campo di battaglia dove le penne s’aguzzano per pungere
più acutamente. La ricerca della
Non è, che l’eccitamento del Sauio oue
dice Responde Stulto juxta Stultitiam suam, ne sibi sapiens
esse uideatur, che persuade di far parola sul
Viglietto dell’Anonimo, che ricercò la Medaglia d’ Onorio in
Oro, che è dell’intreseco valore di L. 28. scritto
sull’esibizione fattale della medema del Signor Abb.
Bottari di Chiozza per Zec: 2-Ven-, prezzo uil
tale, che persuade da se che non e di quella rarità, che
supone.
Per quanto poco intendente siasi di Medaglie è noto
che non si può stabilirne la legitimità con informazioni, o
prove vocali, ma convien certificarsene cogli occhi proprij,
giachè appunto il maggior pericolo consiste nell’apparenza di
tutti i segni che la faccia creder legitima, ma che poi in fatto
tale non sia.
Dietro pertanto l’assicurazione data dal Sig. Ab.
sudetto della legitimità di quella che ha esibito
coll’accordato patto di restituire la chiesta summa quando tale non
si trovasse altra giustificazione non può avere la
nuova ricerca dell’Anonimo di ulteriori segni che la comprovi,
che quella del di lui bisogno, e premura di ritrar que’ lumi che
non hà nella materia onde poter valersene al case d’ esserne
ricercato.
Ma già non poteva Egli esibire al Pub. maggior
prova della sua scarsezza di cognizioni, e d’ idee intorno a
Medaglie, e intendenti delle medesime; quanto lo stupore da lui
palesato nel rilevare che il Possessore dell’esibitogli Onorio
sia il sudetto Sig. Abb. Bottari di
Chioza, presso cui tal Medaglia è tanto rara che ne avanza per
darne altrui, ed è frà le infime nell’abbondanza, e rar della
sua racolta numismatica, per cui è egli noto alla Rep.
Letteraria, come in altre Scienze lo è più d’ uno degli altri
Soggetti della sua Patria.
Anco se fosse stato a di Lui cognizione l’opera
degli Elogj degli Uomini illustri d’ Italia del celebre Signor Abbate Rubbi, in cui publica colle Stampe il Catalogo del Museo,
e Medaglie possedute dal detto Signor Abb. Bottari di Chiozza nel solo genere degli Uomini illustri
Italiani, avrebbe egli con maggior suo decoro omesso le
meraviglie che fa nel Viglietto perfin di Venezia, e però senza
gli scherzi contenuti nel medesimo si può seriamente concludere,
che l’Anonimo sia vero intendente come accenna di reti, et ami,
ma che poi tanta è la cognizione che hà di Chiozza, quanta e
quella, che ha di Medaglie.
Enrico Ottavo, non
fossero tanto superiori allo scarsissimo nostro merito quanto son
degne della sua cortesia, noi presenteremmo al Pubblico nel Foglio
scrittoci un modello di stile famigliare degno d’ imitazione.
Lasciamo la jattanza di lodar sé medesimi, o di farsi lodare a
quelle testoline, che per tal mezzo lusingansi di comparir grandi.
Ci sia permesso soltanto d’asserire coll’autorità del dotto
Cavaliere che ci protegge, che la nostra versione dell’Articolo
sopra Enrico Ottavo piacque ad una colta
adunanza ove fu letto in campagna, e fece nascere il desiderio
intorno allo schiarimento di certe circostanze che hanno
accompagnata la morte di Tommaso Moro. Chi
può comandarci, gentilmente ci prega ad appagarlo sollecitamente,
vietandoci di farlo in Lettera particolare, per non defraudare
l’aspettazione di molti che bramano leggere il fatto in questa
Gazzetta, e villeggiano ne’suoi contorni. Anco in questo siamo in
grado di poterlo servire: ma lo preghiamo in avvenire di non
obbligarci ad inserire nel nostro Foglio sì spesso simili aneddoti,
che quantunque interessanti e curiosi per molti, ponno essere
superflui ed inutili per tanti altri, che alle fonti originali del
sapere illuminati si sono.
Quando Enrico Ottavo ebbe formato il
disegno di separarsi dalla Corte di Roma, egli fece distendere
un Atto del suo Parlamento, che aboliva in Inghilterra
l’autorità del Papa. Questo Atto fu presentato al
Cancelliere Tommaso Moro, ed a
Giovanni Fisher, Vescovo di Rochester. Ambidue ricusarono di firmarlo, e per ciò chiusi
furono nella Torre. Il Papa, che seppe quanto Fisher soffriva per sostenere la causa della Chiesa, lo
creò Cardinale, ed Enrico ebbe la barbara
compiacenza di far tagliare la testa d’ un Prelato decorato di
una dignità tanto eminente. Egli aggiunse l’insulto alla
crudeltà, dicendo pubblicamente: Che s’ era indotto a condannare
il Vescovo di Rochester per risparmiare
la spesa d’ un cappello al Sommo Pontefice.
Egli sperava, che Tommaso Moro dovesse confessare la Supremazia da esso lui
arrogatasi: ma quando fu messo alle strette per dichiararsi,
questo illustre Cancelliere rispose: lo diffiderei di me
medesimo se contro tutto il Parlamento solo mi fossi: ma se ho
contro di me il gran Consiglio d’Inghilterra, ho a mio favore tutta
la Chiesa, e il gran Consiglio della Cristianità.
I di lui amici non hanno potuto piegare la sua anima nobile e
forte, e furono disperati per la sua perdita. Egli seppe
resistere alla tenerezza ch’aveva pe’Figli suoi, e per sua
Moglie, a cui chiese tranquillamente: Secondo il corso
ordinario della natura, quanti anni potrei io vivere ancora? Potreste, gli rispos’ Ella con veemenza, viver
ancora vent’ anni. Quale proporzione v’è mai, Moro soggiunse, trà vent’anni, e
un’eternità?
Vedendolo tanto inflessibile contro di sé medesimo,
si giunse ad usare la persecuzione sino a privarlo della dolce
compagnia de’ suoi Libri, a proibire che fosse visitato, e a non
lasciargli da poter iscriver nemmeno. In sì trista situazione
più non gli restava a sperare che in Dio, e per essere meno
distratto nelle sue soavi contemplazioni, teneva chiuse sin le
finestre. Il suo carceriere gli chiese qual piacere potesse
trovar frà le tenebre. Bisogna ben chiudere la bottega, ci rispose, quando non v’è più mercanzia. Intendeva parlare de’ Libri suoi. Finalmente
avendo ricevuta la sua sentenza, sostenne l’aspetto della morte
con una eroica fermezza. Quand’ ebbe la testa sul ceppo s’
accorse, che la lunga sua barba gli si era imbarazzata sotto del
mento, onde se la mise in un’altra situazione, per timore che
non gli venisse tagliata. Essendo interrogato dal Carnefice
perché si prendesse tal cura risposegli: Amico mio, tu
m’hai da tagliare la testa, non già la barba. E
veramente in quei tempi non si tagliava la barba che ai soli
convinti nel delitto ai Lesa Maestra.
Tommaso Moro, che univa ad un’edificante pietà
una Scienza, nel suo Secolo, poco comune, può essere giustamente
considerato il Socrate dell’Inghilterra.
Giovedì 21. corrente, giorno dedicato a’ SS. Albano ed Orso Mm.
i cui Corpi si conservano nella Chiesa Parrocchiale di S.
Martino di Burano, non seguì la Solennità
che in esse si celebra, e che seguirà il dì primo del Mese
venturo. È stimabile questo Tempio per la sua architettura, per
la fineza de’ marmi delli suoi altari, particolarmente del
maggiore, e per molte belle pitture che l’ adornano, di mano di
Santo Peranda, Bernardino Prudenti,
Gasparo Diziani, Fontebasso, Giambatista Tiepolo, Antonio
Zanchi, e di Angelo Trivisani. La maggior parte degli
abitanti di Burano è composta di
pescatori. Molte Famiglie si sostentano col lavoro di finissimi
merli, che sono in pregio per tutti i Paesi. Quali siano poi le
delizie, che nella Festa di S. Albano si
godono nell’Isola suddetta, a noi non conviene narrarle per la
ragione nota ad uno degli Assocciati a questa Gazzetta.
La vera gloria de’ Principi, che non costa il sangue de’ Sudditi,
e non
Luigia Pircher Farsetti è una di quelle
Donne d’ ingegno acuto, di fantasia creatrice, e d’ animo
costante, nata per distinguersi dalla comune del suo Sesso, e
per rendersi celebre non con de’ meriti futili, ma con delle
Imprese degne delle riflessioni, e de’ soccorsi delli Sovrani.
Essa non è la sola, ch’ abbia trovata la maniera di purgare il
lino ed il canape, riducendolo alle sottigliezza della seta: ma
ridurlo senza il mezzo d’ alcun corrosivo, e senza che punto
scemi né in lunghezza, né in consistenza, questa è un’invenzione
tutta sua, ch’ esige l’ammirazione del Pubblico. Diciotto furono
le mostre da Lei presentate, risultanti dalle sue laboriose
esperienze, dieci delle quali in canape ed otto in lino,
dimostranti la gradazione diversa della maggiore o minore
finezza. La più sorprendente fu quella di dieci braccia di Rensa
d’ una sola libbra di peso.
Sotto gli auspizj degli Eccellentissimi Inquisitori
alle Arti, e particolarmente sotto quelli
del N. U. E.
Pietro Barbarigo, la cui robusta
eloquenza fu sempre intesa ad oggetti di pubblico bene, questa
benemerita Donna raccolse in una Casa a S.
Pantalone 50. Figlie della Città, educandole nel buon
costume, ed istruendole nella filatura a molinello, nel
pettinare, e nel tessere: somministrando a tutte alloggio, vitto
e vestito, e tenendole in una uniforme esemplar disciplina.
Eretti i necessari fornelli per la purgatura della materia, e i
tre primi Telaj già posti in lavoro, si diede mano alle
operazioni di cui presentati furono i saggj accennati,
unitamente ad una mostra d’ accie di perfetta uguaglianza, e di
resistenza non ordinaria.
Persuaso l’Eccellentissimo Senato della somma utilità d’ una tale
Impresa, concorrendo pienamente all’esecuzione degli avveduti
suggerimenti del benemerito Inquisitore alle
Arti E. Pietro Barbarigo, decretò alli 20. Gennajo
1786. M. V. che la prenominata Luigia Pircher
Farsetti sia affatto indipendente e libera da
qualsivoglia aggravio, costituzione, o Legge dell’Arti, onde
possa liberamente esercitare, ed estendere in tutti i modi, e
con tutti i mezzi possibili, i lavori cominciati, senza che la
venga opposto da chi che sia il menomo impedimento. Permise in
oltre l’esenzione dalli Dazj d’ ingresso in Venezia del lino e
canape, che si dovrà impiegare ne’ suddetti lavori, da
verificarsi però soltanto alle nuove Condotte de’ Dazj,
incaricando l’Eccellentissimo Inquisitore alle
Arti di riconoscere sopra quale annua quantità dell’uno
e dell’altro genere, tanto estero che nazionale, convenga
stabilire tale esenzione. In oltre per sollevare dai pesi delle
alla Sanità,
già informato di questa utilissima instituzione, a cooperarvi
efficacemente con i rapporti delle Fraterne secolari de’ Poveri
della Città ad esso raccomandate. Finalmente alla vigilanza del
benemerito Inquisitore si appoggiò
l’incarico di esaminare qual luogo fosse il più convenevole per
traslatare la nuova Fabbrica al caso de’ sperati fausti
progressi, e d’ informarne poi l’Eccellentissimo Senato.
Savio in Settimana,
proponente questo Decreto, fu l’Eccell. E. Alvise
Zusto esemplarissimo sostenitor delle
Leggi, come lo sono gli altri preclarissimi suoi
Fratelli.
Succedendo all’Eccellentissimo Barbarigo
nell’Inquisitorato alle Arti,
l’Eccell. Sig. K. e Proc. Morosini,
soggetto sì benemerito di questo Governo, per i luminosi posti
da lui coperti con tanta gloria della Patria, e pubblica
utilità, rivolse le sue attenzioni ad oggetto sì degno, e dopo i
più maturi esami stese una Scrittura della seguente sostanza:
Che l’impresa di raccogliere, educare, ed
istruire nell’Arti del filare e del tessere, le povere
Figlie della Città, ideata e diretta dalla Farsetti,
corrispondendo alle concepute speranze,
mediante il suffragio concessole dall’Eccellentissimo
Senato, e qualch’ altro privato soccorso, come apparisce
dalla maggiore provvista di materiali e di attrezzi, e
dall’aumento de’ Telaj giunti ad essere quindici operativi;
ma molto più dall’accrescimento delle Figlie lavoratrici
ridotte al numero di settanta, riconosce esso
Inquisitore, che il luogo in cui
attualmente esiste la Fabbrica non è capace della
dilatazione sperata, che già cominciò ad effettuarsi, né può
accordare il ricetto nemmeno alle Figlie, che per la
benemerita cooperazione dell’Eccellentissimo Magistrato alla
Sanità sono destinate da varie Fraterne.
Suggerisce però, a tenore della commissione
appoggiata al suo incarico, che il Circondario di S.
Antonio di Castello da molto tempo soppresso,
per la situazione ed estensione sua é il più adattato al
ricovero di tante Figlie, ed alla dilatazione
dell’utilissima già cominciata impresa.
Aderendo l’Eccellentissimo Senato questo saggio suggerimento,
destinò colla sua autorità l’accennato luogo a’ favoriti lavori,
a condizione però, che resti, com’ è al presente, di pubblica
ragione, ingiungendo all’Eccellentissimo Aggiunto Sopra Monasterj la cura di farlo ristaurare
colla possibile sollecitudine, e con que’ mezzi che la sua virtù
ed esperienza troverà i più opportuni, passando d’ intelligenza
coll’Eccellentissimo Inquisitore alle
Arti.
Questo Decreto è del 6. Giugno corrente, e fu proposto dal N. H.
E.
Pietro Barbarigo, come Savio in settimana. Che consolazione per la sua grand’
anima d’ aver tanto contribuito al fondamento d’ un’opera così
degna di questo illustre Senato dispensatore magnanimo di
benifizj e di premj!
Noi siamo soddisfattissimi d’ aver presentati al Pubblico questi
autentici documenti, che tant’ onorano la nostra Patria, e d’
aver reso un giusto tributo di lodi al merito singolarissimo
della Signora Farsetti, ch’ è
accompagnato dalla più nobile cortesia. Ce ne rallegriamo con
lei del felice aspetto de’ suoi affari; dell’ammirazione ch’
Ella esige
Quando la Signora Farsetti avrà a Castello uno spazio atto alla vastità del
disegno suo, riceverà ogni Ragazza, che passata l’età d’ anni
dodici, e munita della Fede di buoni costumi, vorrà aver luogo
nelle sua Fabbrica. Colla tenue contribuzione di lire 4. alla
settimana, ognuna avrà da essa una cristiana educazione, vitto e
vestito, e sarà istruita negli accennati lavori, onde dopo un
quinquennio poter guadagnarsi il pane a misura della sua
abilità. Prevaletevi dell’eccitamento, miseri Padri, che siete
aggravati da numerosa Famiglia, e voi Grandi, che nuotate
nell’abbondanza, cogliete questa propizia occasione d’
allontanare da’ pericoli delle Figlie, che languiscono
nell’indigenza, e sia vostra opera la loro salvezza, e il loro
ben essere.
Margherita e morto alla Bastiglia sotto il regno di
Luigi XIV. In oggi ci vien promessa la pubblicazione di molte
Note curiosissime su questo uomo dalla Maschera di Ferro: elleno
furono trovate a Turino nella biblioteca d’ un Gran Signore
morto recentemente, e che le aveva ereditate da uno dei suoi
Antenati. Esse provano che questa celebre vittima d’ un possente
risentimento non era né il Duca di Beaufort, né il Duca di
Monmouth, né il Conte di Valentinois, né altri Signori di
distinzione a cui i Fabbricatori di congetture attribuirono la
disgrazia d’ aver subito questa tremenda catastrofe. Si vede
dalle medesime che la Maschera di Ferro la di cui Storia fa
tanto strepito, e che occupò le ricerche dei curiosi, era
Girolamo Magni Primo Ministro del Duca di Mantova; e vi si vede
ch’ egli erasi attratta questa disgrazia per aver suscitato, o
almeno contribuito moltissimo a suscitare la lega di Augsbourg
contro Luigi XIV. Il Marchese de Louvois
per compiacere il suo padrone e col mezzo dell’Ambasciator
Francese a Turino giunse a far rapire quel Ministro ch’ era
ancora nel fior dell’età. Fù preso in un giorno mentre si
divertiva alla caccia, e perché non si potesse mai riconoscerlo
per evitar con ciò ogni reclamo, immaginossi l’uso d’ una
Maschera di ferro. Queste Memorie, per quanto dicesi,
comprendono dei dettagli i più copiosi e i più appaganti sulla
dimora di questo Prigioniero nelle Isole di S. Margherita e sulla sua lunga detenzion alla Bastiglia.
Pare che quello che le ha scritte abbia avuto una gran parte a
questo colpo di mano politico. Se si domando come Luigi XIV. al colmo della grandezza
abbia potuto ridursi a una sí bassa vendetta verso il Ministro
d’un piccolo Principe, si risponde citando dei tratti consimili
del suo risentimento, e si rammenta tra gli altri quel sgraziato
Giornalista fatto rapir da un Traditore e rinserrar poi in una
gabbia di ferro, per aver dato de’ quadri poco lusinghieri
dell’ambizion e dei altri difetti di questo Prencipe.
Questo Articolo è estratto dal Foglio di
Leyden, data di Parigi 14. Agosto 1786.
Si fa nota la destinazione della giornata di Mercordì
27. Corrente per la Corsa del Palio, permessa dall’Illustrissimo
ed Eccellentissimo Signor Cattarin Corner
Capitanio V. Podestà, quale Corsa sarà eseguita con giri tre nel
Prato della Valle.
Sopraintenderanno alla stessa Nobili Signori, da’ quali sarà donato il Premio di Ducati Argento numero Ottanta dico 80. a quello de’ Cursori, che arriverà primo alle destinata meta. A quello poi che arriverà Secondo alla meta stessa Ducati Argento numero Quaranta dico numero 40.
Li Cavalli (restando escluse le Cavalle) doveranno esser dati in nota due giorni precedenti alla stabilita giornata con precisione de’ loro Segni, Piume, e numero di Palle, avvertendo, che se li Cavalli arrolati fossero in minor numero di nove, e con altro nome, che di Nobili Padovani, a lievo d’ ogni disordine, non intende S. E. permetter la Corsa.
Nella mattina della destinata giornata della Corsa dovranno li cavalli arrolati esser condotti al loco solito per la rassegna, ed estrazione del posto.
Si fa nota altresì la destinazione del giorno di Lunedi due del venturo Luglio, per la Corsa degli Uomini a Cavallo, o sia Palio del Fantino. Qual Corsa dovrà parimente farsi con giri tre, nel Prato della Valle, e sarà eseguita nella seguente maniera.
Saranno li Cavalli col Fantino al numero di Dodeci né più né meno, quattro de’ quali saranno estratti a sorte per la prima Corsa, così pure altri quattro per la seconda, e finalmente gli ultimi quattro per la terza l’una successiva all’altra, e cadauna con tre giri per ogni Corsa.
I Cavalli, e Fantini vincitori di ogn’ una delle suddette tre Corse, dovranno tutti tre, fare l’ultima Corsa con li soliti tre giri, e quello, fra questi, che vincerà il Primo, averà il Premio di Ducati d’ Argento Trenta, il Secondo Ducati d’ Argento Quindeci, il Terzo Ducati d’ Argento Dieci.
Finalmente dovranno darsi in nota, ed arrolarsi due giorni innanzi li Fantini co’ loro Cavalli, per l’effetto d’ esser destinati alle sorzione delle loro Nicchie.
Una donna di 40. anni circa, che non istia sull’aria di
Cameriera ma sappia fare un poco di tutto, potrebbe collocarsi
bene in una Famiglia il cui Padrone è un modello di bontà. Se ce
n’ è alcuna in libertà, ed abbia le qualità ricercate, potrà
portarsi in Frezzaria al Caffè della Vedova, che avrà il necessario indirizzo.
Un Uomo di 50. anni d’ età circa, desidera d’ andar a
servire in qualità di Cuoco dozzinale, ed anco s’ esibisce di
tener netta la casa, e far qualch’ altra cosa di giovamento a
chi lo desidera. Chi volesse valersene parli col Colombani.
Uno Specchio alto quarte 7. in lume, e largo quarte 6.
circa, senza soaza e senza foggia, diamantato, nuovo, chi applicasse
parli col Caffettier dell’Aurora sotto le
Procuratie nuove.
Un Uomo civile bramerebbe una Camera grande, chiara, bella, e ben fornita, nelle vicinanze di S. Gio: Grisostomo o di SS. Appostoli, in Casa d’ onesta gente. Se c’ è chi l’ abbia a proposito, avvisi il Caffettier in Campo a S. Bartolommeo.
20. Giugno 1787.
Pielego nom. Sacra Famiglia P.
Antonio Pasulina Veneto, da Zara con
Castrati, formaggio morlaco e oglio.
21. Detto. Pielego nomin. Madonna
delle Grazie, P. Ant. Benuzzi Veneto da Zara, con poco oglio di portata.
Ad. Detto Pielego Natività della B. V. P. Tom. Senich
Ven. da Cattaro e Castel nuovo, con oglio, cera, et altro.
22. Detto. Trab. S. Eussemia P. Marco Rasel Ven. da Zara con Castrati, e poco
oglio.
Ad. Detto. Polacca La Mad. Incoronata delle
Grazie Cap. Vicenzo di Cesana
Nap. da Trieste vuoto, con poco formaggio di portata.
21.Giugno. Capitan Benetto
Ragozzi per Malta.
22. Detto. Cap. Gio: Battista Gambillo,
per Corfù e S. Mauro con Passeggieri.
Ad. Detto. P. Niccolò Cabrin per Cattaro
con Passeggieri.
Checchia La Fede Cap. Marc
Antonio Collich Ven. can. 2, pedrere 4. E mar. 9. Per Genova e
Marsiglia.
Carlo Fabris di Gius. Mezzano. Partirà
entro il mese corrente.
Checchia Mad. dello Scarpello, e l’Anime del Purgatorio Cap. Pietro Grubas Ven. can. 8. e m. 12. Per
Alessandrai.
Luigi Belloni
Pub. Sensale. Partirà nel venturo
Luglio.
sopra la Maschera di
Ferro, la porremo in quello di Mercordì e ringraziamo
intanto chi ce la fece avere.
Dalla Stamperia Zerletti Venezia.