Zitiervorschlag: Giovanni Ferri di S. Costante (Hrsg.): "L’amore e il periglio", in: Lo Spettatore italiano, Vol.3\15 (1822), S. 56-59, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.1103 [aufgerufen am: ].


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L’amore e il periglio

Zitat/Motto► Chi non ha visto patire l’amato obietto, ancor non sá di quanto amore sia capace

(G. Gozzi). ◀Zitat/Motto

Ebene 2► Ebene 3► Allgemeine Erzählung► Quando io stava in Brighthelm-Stone, mi raccontava Goodman, volli un giorno, all’appressar della sera, andarmene un poco a diletto di lungo la marina. Chiuso di nuvole era il cielo, e spirando di forza i venti, le azzurre onde per la schiuma divenute bianche, e levate in cavalli, con gran tempesta sì rompevano sopra gli scogli, da’quali con un roco e pauroso mormorio ritraendosi, davano luogo alle sopravvegnenti, non meno impetuose. Su di cima l’ertissimo dirupo, dove è fitta una ringhiera di ferro, io a quella appoggiandomi, l’alto e fiero spettacolo riguardava. Ed ecco una fusta, la quale recava carbone di terra alla città, mi si scoperse, che portava pericolo di esser percossa in su la costiera: e la gente che v’era dentro, co’segnali dimandavano soccorso. Aveva io a mano diritta un mercatante, padrone della fusta, siccome mi fu detto, il qual temeva non potesse il naviglio racquistar l’alto e l’aperto: ma nondimeno si fidava, prima in Dio, e poscia nella maestria del capitano, socio suo, che di quello sedeva al governo. Alla sinistra mi stava una giovinetta in un semplice ma convenevole vestire, la quale, attenendosi al ferro, considerava con angoscia la dibattuta [57] barca. E ben l’affanno dell’animo suo manifestavano la sbigottita faccia, le mani commesse e le tremanti membra, non altrimenti che se ella si trovasse fra li ripercossi marosi; e sospirando, e con rotta e fievole voce, che della sua paura dava chiara testimonianza, mi veniva dicendo che nel legno era il suo caro Viglielmo. “Vedetelo, signore, egli è in piedi, e col fazzoletto di seta accenna verso noi.” Appresso, avendo ella un poco sorriso per modo, che ogni cuor duro ne sarebbe stato tocco, soggiunse: E quel fazzoletto è un dono che gli ho donato io. Infelice Viglielmo! Non mi rimembra, che io ponessi mai alcun carbone nel fuoco, che non mi sia ricordata di lui. Nel mezzo di queste parole s’asciugava ella il pianto con un fazzoletto a quello somigliante, che al suo amadore donato aveva. Discerneva io col cannocchiale Viglielmo, il quale non mi parea men nero che1 Othello; e la sua donna non gli portava men focoso e meno perfetto amore, che facesse ad Othello Desdemona ed a lui mi pareva udir dire come Othello: M’ama ella perchè io sono in pericolo, ed io amo lei perchè m’ha compassione. Possano costoro, dissi io fra me stesso, avere miglior sorte!

Compresi dal costei parlare (da che l’afflizione vuole aprirsi e dilatare) che si chiamava Susanna, ed era figlia d’un lavoratore, e serva in quel vicinato; che da gran tempo addietro durava il loro consentito affetto, e che per le [58] molte e brevi assenze era maggior diventato. Aggiunse Susanna, che Viglielmo era la sincerità e la bontà medesima; ma che trovavasi essa allora da due gran mali tributata, cioè dalla paura della leva de’ marinari e dal pericolo del mare. Comincai io a voler confortare l’affettuosa giovane con la speranza che tosto la calma succederebbe alla tempesta. Ah, signore, gridò ella stringendomi forte la mano, e non vedete come il legno è sollevato su quel maroso, e come adesso trabocca in profondo? O Dio, salvate voi, deh! voi salvate quelli sventurati! Allora da pietà vinto cominciai a lagrimare, poichè troppo egli è naturale a chi visse infelice il compatire alle altrui miserie.

Cessò all’ultimo il furore della tempesta: oh! possa questa coppia innocente, io esclamai, non avere più pericoli da paventare! possa una felicità inalterabile essere la ricompensa dei virtuosi loro sentimenti! Non può essere altrimenti, disse Susanna, perciocchè nè egli nè io giammai avemmo altro amore. Facciavi la Provvidenza, soggiunsi io, del vostro desiderio contenti. Disse ella allora: Ve ne ringrazio; e Dio similmente faccia voi di ogni vostra affezion lieto. Ma essendosi già annottato, e le cose tutte in profonda ombra nascose, ci dipartimmo.

La seguente mattina, come il dì fu chiaro, discesi alla marina, e trovai che la fusta avendo fortemente durato l’impeto della fortuna, stava a riva: ed io volonteroso di conoscere l’amante di Susanna, montai sopra la barca; dove vidi [59] il buon Viglielmo non altrimenti fatto, che lo mi avesse descritto la sua donna: perchè io prieghi feci da capo per la pace e per la gioia di questa coppia dabbene. ◀Allgemeine Erzählung ◀Ebene 3 ◀Ebene 2 ◀Ebene 1

1V. Il Moro di Venezia, tragedia di Shakespeare.