Zitiervorschlag: Giovanni Ferri di S. Costante (Hrsg.): "La virtù preservata", in: Lo Spettatore italiano, Vol.3\01 (1822), S. 3-6, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.1089 [aufgerufen am: ].


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La virtù preservata

Zitat/Motto► Me, precor heu! Me redde mihi, gravibusque medere
Vulneribus, vitamque jube famamque reverti
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Claud. in Ep.

Deh mi rendi a me stessa, ed all’acerba
Grave ferita mia rimedio porgi,
E la vita e la fama in un mi serba. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► Ebene 3► Allgemeine Erzählung► Me ne andava io una sera a diporto pel giardino delle Tuileries (contommi il saggio Cleone) quando mi fu appresso una giovane donna a bruno vestita, la quale comechè si sforzasse di mostrare un’aria allegra, sembrava pure di essere in misero stato. Sdegno mi prese in veggendo la umana natura cotanto dal vizio invilita; e, che strana vista! dissi fra me. I colori della morte per fare invito ai piaceri! Ma avvi egli cosa tanto solenne e lugubre che [4] vaglia ad infrenare il brutale impeto del libertinaggio? Ma forse quegli scuri panni ahi sono un segno della sua vedovanza; e questa giovane infelice ha forse i suoi cari ed orfani figliuoletti, chiedenti con alte grida del pane, ch’ella mal crede di non si poter procacciare che a frutto d’infamia! Donna cui necessità conduce a così fatti termini per sostentar la vita, è per certo delle donne sventuratissima. Ma qual misavventura s’agguaglia a quella di una madre costretta dalla forza del materno amore a sagrificare la pace e l’innocenza?

Mentre io la guardava con occhio attento e severo, vidi scomparire dal suo volto quell’artifiziata allegria, e tutta mostrarsi la confusione di una moriente virtù, e i rimproveri di una coscienza ancor rimorditrice. La compassione che essa in me risvegliata avea, crebbe a quel tratto insieme col desiderio di porgerle soccorso. Avendomi ella seguitato fuori del giardino, mi si accostò sul canto di una strada, e senza parole mi prese il braccio, volgendomi un languido sguardo con espressione di dolore più che di voglia disonesta. Io fui in istrana guisa commosso, e da purissimi affetti, e potei esclamare colla fidanza di Sterne: Sì, io sento che in petto mi palpita un cuore; sì che questo cuore è fatto per la pietà e per beneficare i miei simili.

Noi camminammo alcun tempo senza parlare; ed io, rompendo finalmente il silenzio: Non intendo già, le dissi, di più oltre seguirvi. Una sventurata come voi siete non può altra passione risvegliare che la curiosità. Ditemi di [5] grazia, come avete voi potuto coprirvi dei segni del dolore, quando il mestier vostro è quello di allettare al piacere? Appena io ebbi proferito queste parole, che vidila raccapricciare d’orrore. Mestiere! gridò ella: mestiere! e pianse alcun poco prima di poter proseguire. Ah, signore, fino a questo fatal momento la sfortunata Giulia non riguardò mai qual mestiere il delitto. Sallo il cielo ch’io sono ancora senza macchia. Voi senza macchia, io le soggiunsi, e vender volete per un vil prezzo l’inapprezzabil tesoro di vostra innocenza! Ahimè, replicò l’infelice, io mi son madre, e i miei figli sono consunti dalla fame; queste vesti lugubri, la cui vista ha mossa la vostra curiosità, formano ora tutto l’aver mio. Il resto ho dato via; ma di queste non ho potuto spogliarmi. Erano esse di mia madre, e con queste pianse la morte dell’ottimo fra i mariti, dell’ottimo fra i genitori; ed io con queste . . . . ah voglia il cielo che io muoia, anzi che macchiate sieno da una meretrice. E perchè dunque, ripigliai io, compreso dal dolore, perchè venirvene . . . . Restate per pietà, m’interruppe, non mi mostrate gli orrori del precipizio, se poi non me ne volete ritrarre. Questo disperato grido rimbombò dentro il mio cuore. Era la dimanda d’un creditore prepotente, che bisognava pur soddisfare. La mano mi corse spontaneamente alla tasca, e prima ch’io mi potessi condurre a soccorrere quella infelice, prima ancora ch’io accorgere mi potessi che questo era il mio desiderio, la vidi alzare le mani supplichevoli al cielo, tenendo [6] la mia borsa fra quelle. Ella si prostrò alle mie ginocchia, benedicendomi; nè io ebbi tanta forza da sollevarla, ma restai immobile a guisa di sasso, sebbene il mio cuore sentisse ciò che mi avvenne. Levossi finalmente, e lasciatami la mano, che bagnata avea delle sue lagrime, mi palesò il suo nome e la sua abitazione, e riandò di volo a’suoi figli. ◀Allgemeine Erzählung ◀Ebene 3 ◀Ebene 2 ◀Ebene 1