Zitiervorschlag: Giovanni Ferri di S. Costante (Hrsg.): "Il prodigo", in: Lo Spettatore italiano, Vol.2\61 (1822), S. 322-326, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.1066 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

Il prodigo

Zitat/Motto► Nescit quo valeat nummus, quem praebeat usum.

Hor.

Nè l’uso nè il valor dell’ore intende. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► La prodigalità è un vizio del tutto all’avarizia contrario. Questa passione, che la vanità fa nascere, sta tutta nello spandere senza misura e senza scelta i doni della fortuna, o in usare le ricchezze con poco vantaggio di sè e degli altri. Il prodigo non è un uom che benefica, ma uno stolto il quale non conosce l’uso che dee farsi dell’oro; e nulla può detrarre agl’immoderati suoi desiderii, e ama di splendere per via d’inutili spese, e fa pompa di disprezzar le ricchezze, le quali, soltanto in quantochè bene usate, fieno estimabili.

Non v’ha cosa della quale gli uomini sieno tanto nemici, e la quale fuggano con più studio, quanto la povertà. Nulladimeno i prodighi, in luogo di ritrarsene, se le avvicinano con quel trasporto con cui gli altri uomini procurano di fuggirla. Vedono essi in poco d’ora consumarsi le loro facoltà, e quel patrimonio che hanno ricevuto dai loro antenati, diventar povero; eppure non si riducono a cambiar modo di vivere. Ostinati, come sono, in mal fare, consigli non odono, e vanno a gran passi, e non vedono il precipizio che loro si apre davanti; [323] e la loro vita è così cieca, che se ella non fosse conosciuta per esperienza, non si penserebbe quasi che fosse possibile. Ebene 3► Exemplum► Ed ebbe ragione colui che li reputò simiglianti a quel pazzo che faceva ardere in pieno meriggio la sua lampada, dove non era più olio, allorchè venuta era la notte. ◀Exemplum ◀Ebene 3

È questo l’andamento di quasi tutte le passioni, quando trapassano quei confini che stabilì la natura; elleno vanno dirittamente contro allo scopo che si propongono. Così la prodigalità quantunque mossa sia dalla vanità, e dall’amor del piacere svegliata, nondimeno raramente ella è cagione di godimento e d’onore. Se devesi avere in pregio la lode, avuto riguardo al carattere di quelli dai quali ella viene, io credo che il prodigo deve esser poco contento degli elogi che gli si fanno. Imperocchè quali sono che gli danno coraggio ne’suoi eccessi, se non quelli che non hanno virtù e sono ciechi com’esso? Chi è colui che loda la sua larghezza? Quei vili adulatori che ne traggono profitto. Ogni uomo virtuoso e saggio che si trova in diritto di essere riputato, riguarda con pietà e con disprezzo (sentimenti che umiliano ugualmente l’amor proprio) quello che i seguaci del libertinaggio e del lusso tengono sotto il loro imperio, e che l’incoraggiano nelle sue follie, nel mentre che in segreto si ridono di sua pazzia. Così il prodigo compera lodi da quelli, l’approvazione dei quali è vergogna, e la sincerità viene corrotta dal guadagno.

I godimenti del prodigo, malgrado gli adulatori che gli stanno intorno, non sono nè così [324] puri, nè così veri, come quelli degli altri uomini. Perchè il bene di che godiamo, diventi vero, fa duopo che sia in noi la persuasione di sua durata. Noi non sappiamo gustar senza inquietezza quel bene che temiamo di perdere. Quanto più lo abbiamo in pregio, altrettanto l’attuale loro possedimento debbe essere intorbidato. E come può credersi degno d’invidia il goder di colui il quale è fuori di speranza di continuare nel suo godimento, e sa che infra breve tempo sarà abbandonato a tutte le pene della povertà, ch’egli sopporterà con tanto maggiore difficoltà, quanto sarà caduto in eccessi maggiori?

Il prodigo giunge alle tenebre per una via piena di luce. Quando gli è riuscito di disperdere la sua fortuna, non gli rimane alcuna speranza negli amici. E siccome egli non ha usato larghezza che con gli adulatori, coi parassiti e con uomini senza costumi e senza sentimento, questi credono di averlo abbastanza rimeritato colla loro bassa compiacenza e colle loro vilissime adulazioni.

Ebene 3► Exemplum► A qual condizione è ridotto il prodigo Ernoldo? Quello che avea per albergo un gran palazzo, ornato delle più pelle statue e dipinture, vive oggi in una casetta povera e nuda, e a tutti i rigori della stagione soggetta. Egli godeva in prima delle dolcezze del sonno sulle morbide piume, e adesso per l’esser nudo, per lo freddo e per la vergogna, è costretto a rimanersi fra i cenci di un povero letticciuolo fino a giorno alto. Una volta la più sontuosa tavola, le più scelte e delicate vivande erano [325] preparate a svegliare il suo schifiltoso appetito, e ora poco pane nero e di crusca forma tutto il suo desinare, e non è pur egli sicuro che questo durissimo cibo non gli manchi all’indomani. Una volta al venir della notte lo splendore degli specchi e delle fiaccole recava un nuovo giorno alle camere del suo palazzo, dove convenivano le più belle donne e gli uomini più amabili, i quali si studiavano in ogni maniera di sollazzare Ernoldo e d’intrattenerlo piacevolmente; adesso una lampana quale si conviene alla povertà del suo albergo, una vera lampana da sepolcro, anzichè illuminarlo, lo rende più tristo. Niuno più s’accosta a visitarlo nella dolente casa; e quello che si pensava d’aver molti amici, vive oggi solo e abbandonato nel mondo. Che sono divenuti gli immensi poderi e quelle ricchezze che sarieno state bastanti al mantenimento d’una provincia? La prodigalità è la voragine senza fondo che ha tutto ingoiato. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Ebene 3► Exemplum► I giudici dell’Areopago punivano la prodigalità come delitto, e in molte città della Grecia erano privati i prodighi dell’onore della sepoltura nelle tombe dei loro antenati. Il timore di questa pena non bastò per rivolgere un tal Ctesippo, che Aristofane chiama Mangiatore di pietre, dal vendere quelle che ornavano il mausoleo di suo padre, per satisfare alle matte sue spese. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Si confonde talvolta l’uomo prodigo con l’uomo liberale. Ma il prodigo dà più di quello che deve e che può dare. Cieco, come è la fortuna, non sa dispensare meglio di quella i [326] suoi beneficii. Al contrario, colui ch’è liberale, non riceve a partecipar delle sue ricchezze altro che i bisognosi; elegge quelli a’quali si debba donare; e l’equità, la prudenza e la ragione gli sono di guida al ben fare. E l’uomo liberale è, rispetto all’uom prodigo, ciò ch’è un’onesta parsimonia in confronto dell’avarizia.

Il prodigo e l’avaro in questo solo son pari, che l’uno e l’altro non sanno far uso di quelle ricchezze per le quali hanno ugual desiderio. Uno n’è cupido per ammassar denari, l’altro per ispenderli senza ritegno. Uno per viver povero diventa ricco; l’altro per mostrarsi ricco, impoverisce. Il prodigo è rubatore de’suoi; l’avaro ruba a se stesso. Talvolta il prodigo diventa avaro; ma l’avaro non diventa mai prodigo. Zitat/Motto► Il prodigo vive, dice Aristotile, come se poco tempo a vivere gli rimanesse; ed all’incontro l’avaro, come se non avesse a morire giammai. ◀Zitat/Motto ◀Ebene 2 ◀Ebene 1