Zitiervorschlag: Giovanni Ferri di S. Costante (Hrsg.): "L’influenza delle belle arti", in: Lo Spettatore italiano, Vol.4\14 (1822), S. 102-107, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.878 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

L’influenza delle belle arti

Zitat/Motto► Majores nostri ideo signa atque imagines clarissimo-
rum virorum in foro, in templis, domibusque po-
nendis judicaverunt, ut animi juvenum, cum ea
intuerentur, recordatione maximorum facinorum,
excitarentur ad virtutem

(Cicer.).

I nostri maggiori hanno a questo intendimento avvi-
sato, doversi nel foro, nei tempii, nelle case locare
le statue e i ritratti degli uomini egregi, affinchè
gli animi dei giovani nel rimirarli fossero dalla ri-
cordanza delle più grandi azioni infiammati a virtù. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► Le belle arti hanno tale influenza su tutte le cose, ch’è quasi impossibile non conoscere di quanta utilità sia cagione fra gli uomini. È loro officio l’imitazione della natura; e chi può negare che l’imitazione muove secretamente le nostre azioni, ch’essa informa l’animo nostro di tal modo, che senza avvedersene a certe abitudini lo inchina, le quali o più bello il fanno, o sfiguranlo? Le immagini che per le belle arti ci sono porte, hanno talora la stessa virtù che le cose vere. I loro dipinti sono scene alle quali interviensi, sono esempli messi sotto a’nostri occhi. Quando ancora non si cerca in essi che la fedeltà dell’imitazione, o la dolcezza di un passeggiero godimento, in mezzo ai prestigi dell’arte si manifesta il germe d’una virtù o d’un vizio nascosto.

Se vi sono dei quadri i quali presentano agli occhi caratteri ignobili che digradano l’umana [103] natura, e tolgono all’eroismo il suo lume e alla virtù la sua dignità, debbonsi rimuovere dalla vista dei giovani, e impedire che da quelli siano guardati. Ma se un pittore ritrae grandi uomini e virtuosi, e innalza la nostra mente e i nostri pensieri verso così sublimi modelli, e imprime fortemente nell’anima l’idea della morale bellezza congiunta all’amore dell’ordine e della decenza, allora si dovran condurre i giovani a riguardar con frequenza queste dipinture. Avendo sempre dintorno a sè e sotto i loro occhi le immagini della bellezza, e vivendo in mezzo a queste immagini come in mezzo a un’aria pura e serena, eglino ne saranno profondamente commossi fino all’anima, e quasi per instinto ne ritrarranno nei loro discorsi, e il lume di quelle risplenderà nella loro condotta.

Le arti imitative sono il mezzo più efficace e più pronto per la morale istruzione, perchè operano in un momento, e non dipendono dai ragionamenti della dialettica, che sono proprii soltanto degli ingegni esercitati; ma bensì agiscono sui sensi, i quali si trovano perfetti anco negli uomini grossolani, e commuovono dirittamente e in modo da non poter loro resistere tutti i cuori che sono sensibili. Colui che non avesse mai conosciuta la bellezza della virtù ritratta nei discorsi di Socrate e di Platone, può esser preso dall’amabile sembianza di quella, qualora si vegga col pennello di Apelle dipinta, o dallo scalpello di Fidia scolpita.

Ebene 3► Exemplum► Questa potenza delle arti imitative fu conosciuta ben dagli antichi; e ne usarono felicemente. [104] Esse facevano parte dello Stato; e coloro che governavano, aveano cura che si mostrassero al popolo in ogni parte quadri e statue, per le quali si mantenesse il viver civile; e i cittadini diventassero forti d’animo, osservatori dell’ordine e della decenza, generosi, e della gloria e della patria amatori. Magistrati, uomini d’arme, filosofi, rinomati scrittori, cittadini in ogni operazion virtuosi, effigiati con tutta la perfezione dell’arte, erano d’assiduo insegnamento a’riguardanti, e loro inspiravano in cuore vivissimo desiderio d’onesta vita e di onore. Per gli antichi non era mai soverchio il numero delle statue, per le quali l’immagine si vedesse di quelli che aveano virtuosamente operato a vantaggio della patria e degli uomini. Essi tenevano opinione che niuno il quale avesse cuore sensibile, potesse camminare sotto a quei portici, dove le immagini stavano de’grandi uomini, senza sentirsi faville di virtù nel petto riaccendere, e innalzar l’animo a quella grandezza, e senza muoversi ad ugual desiderio di gloria. E così diventavano virtuosi, direi quasi, per gli occhi. Eglino si vergognavano di degenerare dai loro antichi, i quali parea che stessero a riguardarli, e li vituperassero della loro bassezza. In tal modo si sentivano incitati, se non a trapassare, a uguagliare almeno la grandezza di quelli. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Ebene 3► Exemplum► Egli era uno stupendo costume quello dei Romani di conservare nelle case dei patrizi e venerare le immagini dei loro maggiori. Questo diritto di ritenere le immagini riproduceva e perpetuava nelle famiglie il seme delle virtù [105] sociali e politiche. Un giovine che non fosse degno degli avoli suoi, non poteva entrare che con vergogna in quegli atrii ornati dalle loro statue, di modo che rarissimo era il numero dei figli degeneri, e tale che la storia ne ha i nomi pur conservati. Essi indegni del diritto delle immagini venivano reputati. Il figlio di Cneo Scipione l’Africano sendosi coperto di vergogna e d’obbrobrio, i suoi più congiunti di sangue vennero a torgli pubblicamente un anello, dove la testa del padre suo era scolpita. I funerali di altri non furono accompagnati dalle immagini dei loro maggiori, perchè sarebbe stato avvilire quella religiosa e morale costumanza, per la quale pareva che gli antichi del defunto, contenti di ciò che avesse operato, venissero a riceverlo sulle porte del sepolcro per farlo sedere in mezzo a loro nel soggiorno degl’Immortali. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Ebene 3► Exemplum► Non hanno i moderni questa legge così santa dei Romani; ma i costumi, che tengono lo stesso impero delle leggi, stabilirono presso molte nazioni quello che chiamasi salone di famiglia. Ivi si contemplano rispettosamente tre o quattro secoli riuniti. Così le famiglie che per la loro oscurità non possono trovar luogo nella storia mettono almeno sotto gli occhi dei loro figli le loro virtù; e questo esempio modesto di private virtù non è meno utile alla patria che quello delle grandi azioni. Avvi delle nazioni che hanno dismessa del tutto questa usanza, e dove le sale sono state spogliate di questi antichi ornamenti; ma se i nuovi piacciono all’occhio un momento, sicuramente non parlano [106] più niente al cuore. Dacchè si è voluto mostrare amore per le belle arti, pare che se ne voglia digradare l’uso al quale dovrebbono essere destinate. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Se presso i moderni popoli la potenza delle belle arti si è fatta poco conoscere, egli è perchè i loro monumenti sono stati riservati alla falsa grandezza, al potere, ai titoli, alla ricchezza; egli è perchè in questo non è stato imitato l’esempio degli antichi, i quali traevano il soggetto dei loro quadri e delle statue dalla storia domestica, ed altro l’arte non era che la memoria di tutti i loro fatti e costumi. Con che piacere, con che interesse più un popolo riguardare quei quadri dei quali non conosce il soggetto?

In molti luoghi le belle arti sono addette agli usi del culto. Esse ornano i tempii delle immagini più auguste e più sante della religione. Ma quando tali arti sono barbare e grossolane, deve temersi che degradino la stessa religione nell’opinione dei popoli. Ella è cosa di molta importanza dare una tal qual nobiltà maggiore agli oggetti del culto anche in quegli argomenti che non hanno bisogno dell’operazione dei sensi. Le idee che noi ce ne siamo formate, dipendono dalle impressioni che abbiamo ricevute al tempo della nostra gioventù. Se hanno altezza e nobiltà, ne nascerà ben tosto una certa grandezza che si spande nell’animo. Perchè non sappiamo noi, come ai tempi di Fidia, animare i nostri artefici coll’emulatrice speranza che le opere loro saranno destinate a servire gl’Immortali? Le immagini [107] degli abitatori del cielo, del cielo deono esser degne.

E come mai si potrà affissare gli occhi in un Santo scolpito per mano di un artefice grossolano e posto a venerazion dei fedeli in una gotica cappelletta? Atene e Roma non l’avrebbono mai riconosciuto per Dio. Le divinità degli antichi sono state dall’Olimpo sbandite; l’incenso non fuma più sopra i loro altari; i gemiti de’moribondi tori più non si odono a piè delle loro statue; ma la Venere de’Medici e l’Apollo di Belvedere fanno ancora la meraviglia del mondo. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1