Zitiervorschlag: Giovanni Ferri di S. Costante (Hrsg.): "Il giudice", in: Lo Spettatore italiano, Vol.3\44 (1822), S. 192-198, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.816 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

Il giudice

Zitat/Motto► Tu es judex; ne quid accusandus sis vide

(Teren.).

Tu sei giudice: bada che in nulla accusar ti possano. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► L’incarico del giudice era presso i Romani reputato il più orrevole. E nel vero può egli esservi altra condizione che più agli altri ci soprapponga, siccome fa questa, che moltissima scienza suppone ed ogni virtù? Il giudice si è il cittadino più utile, perciocchè è l’uomo d’ogni dì; e tutti gl’istanti della sua vita sono alla sicurezza consecrati ed alla pubblica tranquillità. Il perchè ad una professione che di tanto momento è alla società, non debbon esser chiamati se non se coloro che dato hanno di sè lunghe prove. Nientedimeno v’era un paese dove ciascun suddito acconcio tenevasi a questa professione e dove il diritto di render giustizia si comperava a guisa di podere e si tramandava per retaggio. Così un gabelliere che impinguato si fosse col succhiato sangue del popolo, locava il frutto delle sue ingiustizie a porre il figliuolo in istato di commetterne altre, e giudice il faceva della vita e dell’onore de’suoi concittadini.

Prima qualità del giudice è il sapere; e questo gli bisogna innanzi al giudicare, imperciocchè non è il tempo di apprendere quello in cui si deve decidere. Se meno di una meditata [193] prevaricazione odiosa è un’involontaria ingiustizia, è ella forse perciò men terribile per chi n’è la vittima? Il giudice ingiusto non è sempre tale; conciossiachè qualche volta egli sia sbigottito dalle grida della coscienza, o almanco dalla paura; laddove l’ignorante è più spesso ingiusto, come colui che non sente rimorsi; e se talvolta il caso alcuna giusta decisione gli suggerisce, non è per questo men criminale la sua temerità.

Ebene 3► Exemplum► Qual titolo ha mai Tiberione per sedere a scranna fra gli arbitri delle leggi? Sin dall’infanzia ha egli abborrito lo studio; e codesto abborrimento in lui s’accrebbe ognor più da che fu costretto a gittare i suoi sguardi sui trattati di diritto, sugli statuti e su i decreti. Tu l’hai visto alcuna volta sdraiato in un canto della sua carrozza con in mano un libro, e, secondo che a te parve, profondamente su quello occupato: e tu avvisasti allora ch’ei meditasse sulle difese di coloro, l’onore e la vita dei quali erano per sottomettersi al suo giudizio. Ma disingánnati; quel libro, in ch’ei leggeva con tanta attenzione, era uno scandaloso romanzo. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Ebene 3► Exemplum► A ben giudicare basta il buon senso, dice Adrasto. E che luogo ci fanno perciò tanti volumi di leggi? Ma chi ti accerta, o Adrasto, di aver avuto dalla natura questo buon senso che tanto è raro? E quand’anche tu lo avessi, può egli ammaestrarti in ciò che dipende dalle instituzioni degli uomini? Mancante dei fondamenti del diritto, tu giudichi alla ventura; esiti sulle cose che non capono dubbiezza, e temerario altre ne definisci che abbisognerebbono [194] di schiarimenti. Per tal guisa sarebbono i dadi giudici così buoni come sei tu. Ma noi, ripete Adrasto, abbiamo pure libri viventi, voglio dire avvocati che travagliano per noi e pongono ogni cura nell’istruirci. Or non ripensi tu che eglino pongono cura pur anco nell’ingannarti? Mentre che ad essi arme non mancano per assalire la tua equità, a te mancano per ischermirla. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Ebene 3► Exemplum► Gaurio esser potrebbe un buon giudice, siccome quegli che, oltre all’avere fin dalla giovinezza allo studio inteso delle leggi, fornito è di assai buon senso; ma tanta è l’aria di goffaggine e di leggerezza che affetta, da perdonarla appena ad un militare, in tanto che diresti arrossar esso di sua professione. Parla continuo di mode, di cene, di feste notturne; recita le sue amorose venture, e non si ritiene dal mostrarsi agli spettacoli e al passeggio con cortigiane. Per credere che egli sia un giudice, forza è vederlo assiso al banco della ragione. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Non meno del sapere fa mestieri al giudice l’integrità; senza di cui non segue quel che conosce, altera con cavillose interpretazioni la semplicità delle leggi, e in problemi trasmuta le più evidenti questioni. Non è incorrotto un giudice ove non sia disinteressato; ove chieder si faccia per grazia ciò che egli deve per obbligo; ove procrastinando venga la giustizia che render può di presente. Anco un giudice incorrotto non comporta di essere con preghi sollecitato: ella è una offesa il pregare per ottenere cosa ingiusta: e fia meno ingiurioso il pregare per conseguire cosa che ti si deve per [195] diritto? E similmente non soffre il giudice che appresso la vincita d’alcuna lite se gli riferiscano grazie. Ha egli sulla bilancia della giustizia esattamente pesato le ragioni: adunque il ringraziare apporteria sospezione di alcuna condiscendenza.

Ebene 3► Exemplum► Damante non riceve suggestioni; anzi è malagevole aver colloquio con esso: ma egli ha una prediletta che s’incarica di raccomandargli le vostre bisogne, vendendo a prezzo le sue raccomandazioni. Or chi penserà che Damante possa essere un giudice integro? Comecchè non si lasci Tessiano per doni corrompere, tiene egli nondimeno presso di sè alcuni famigli da lui mal pagati, e con assai meschini stipendi. Ad essi si rivolgono i sollecitatori; e dove ne conseguano la mediazione, si tengon sicuri della vittoria. E come potria Tessiano star saldo all’assedio onde lo stringono persone che quasi per nulla a lui servono? Così egli procaccia che ad essi non manchi il destro di ritrarre qualche profitto. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Ebene 3► Exemplum► Eutinore d’uno in altr’anno ritarda la relazione di una causa: nè le preghiere dei parenti e degli amici suoi, nè gli offici delle persone meritevoli di estimazione valgono tanto appo lui che lo inducano ad occuparsene. Ma non sì tosto si reca a visitarlo un’avvenente giovane, che di subito promette di prendersi cura della sua bisogna e di accelerarne la decisione. Ma imperciocchè malagevole ed intricata è la causa, le raccomanda di venirgli reiterando le sue visite, ad istruirlo per minuto delle particolarità; e poscia egli non lascia d’intrattenere la bella [196] sollecitatrice, narrando le tante fatiche che per essa sostiene, coll’intenzione di procurarle una sentenza favorevole; e termina ben presto con addimandargliene la ricompensa. In cotal guisa vuol far comperare col prezzo del disonore quella giustizia che tenuto è di render per debito: prevaricazione più che ogni altra colpevole e vergognosa. ◀Exemplum ◀Ebene 3

La tentazione più delicata e per conseguente più pericolosa ad un giudice nasce da una intempestiva generosità, per cui egli brama di far servigio ad amici da non poter esser fatti contenti, se non se a spese della equità. Ebene 3► Exemplum► Arcale è sì bene incapace di lasciarsi abbagliare al vile allettamento del lucro e dell’interesse; ma non può con tutto questo resistere al desiderio di ricambiare un amico al quale professa degli obblighi. Nobili sentimenti, egli dice, sono quelli dell’amicizia e della gratitudine. Nobilissimi senza fallo, quando eglino si accordin colla virtù; ma vili e riprovabili molto, quando da virtù si dipartano. Un giudice non puote traporsi a giudicar le cause di coloro i quali gli appartengono per sangue. Or non v’hanno egli nella società altri vincoli più forti del parentado? Questo è, o Arcale, il caso tuo; e imperciò la coscienza, se non la legge, ti vieta di intrometterti. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Nè basta a un giudice il sapere e l’integrità; è necessario ancora che sia caldo di zelo di giustizia, che non soffra l’aspetto dell’iniquità senza esserne tosto commosso, che niente trascuri perchè il buon dritto e l’innocenza signoreggi. A lui si richiede che l’ambizione [197] disprezzi e il favore, che non tema eziandio la perdita del proprio impiego; perciocchè quando non possa in esso far del bene, sembrar non gli deve un male il lasciarlo. Che se nell’esercizio del suo ministero male avventuratamente cade in errore, tenti a suo potere ogni via per ristorare l’involontaria ingiustizia, e sacrifichi per anche se stesso a riscattare la vittima del suo fallo. Imperciocchè non è cosa che tanto avveleni la vita di un onest’uomo, quanto il rimordimento d’aver operato il male, anche allora ch’egli avvisava di operare il bene.

Lo zelo del giudice dee sempre avere per guida l’umanità; e laddove umano non sia, non puote esser giusto. Ebene 3► Exemplum► Il vecchio Sevione estima suo debito l’essere insensibile e senza pietà; cosicchè il lasciarsi intenerire al rammarico, al dolore e alla disperazione di un accusato da lui riguarderebbesi come un delitto. Allorquando si tratta d’imporre una pena capitale, non freme già su questa trista necessità; ma con ardore l’occasione ne afferra, essendo questo un atto di autorità di cui è geloso. Indurato da molto tempo alle lagrime ed alle preghiere, anzichè salvasse un colpevole, invierebbe venti innocenti al patibolo. Egli si duole dell’esser passati quei tempi nei quali si compiaceva di sottomettere alla grande e alla piccola tortura un accusato, presente il chirurgo ordinato a proporzionare il dolore alle forze dell’infelice paziente. A udirlo favellare, da quando si fu abolita la costumanza di far sostenere anche talvolta agli innocenti quei supplizi che più erano della morte lunghi e dolorosi, i disordini e i delitti [198] moltiplicarono, e al mondo più non v’ebbe virtù. Infra tutti i ministri della giustizia, i più disumanati sono Sevione e Bronte il carnefice; ma Bronte non è mica il più assetato di sangue. ◀Exemplum ◀Ebene 3 ◀Ebene 2 ◀Ebene 1