Lezione CXII Cesare Frasponi Moralische Wochenschriften Alexandra Fuchs Editor Lisa Pirkebner Editor Institut für Romanistik, Universität Graz 17.01.2017

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Frasponi, Cesare: Il Filosofo alla moda, ovvero, Il Maestro Universale. Venezia: Giovanni Malachino 1728, 291-296 Il Filosofo alla Moda 2 112 1727 Italien
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Lezione CXII A Lussureggianti, ed agli Avari.

Intus, & in jecore ægroNascuntur Domini

Pers. Sat. v. 129. & 130.

La maggior parte delle professioni, de’mestieri, e de’mezzi, che servono agli Uomini per guadagnarsi il vitto, traggono la loro origine, e dall’amore del piacere o dal timore della miseria. Quando queste passioni doventano troppo violenti, degenerano l’una in Lusso, l’altra in Avarizia. Sì come questi due principj di tutti li movimenti del mondo sieguono da fini opposti, Perseo ce li rappresenta in maniera assai graziosa, sotto la idea d’un Giovine, che l’Avarizia vuole staccare dal Letto per farlo intraprendere un longo e penoso viaggio, ma il Lusso, o la Delicatezza lo rattiene. La invenzione e sì bella, e sì viva, che non posso a meno di quì rifferirla, da un capo all’altro. “Voi dormite tutta la mattina a vostro bell’agio: Andiamo, presto, dice l’Avarizia: Che! Per anco non vi movete? subito vi dico. Ah! non posso. Non importa, sù presto. Io non sò; perche m’ho io da levare? Come perche? mettetevi in mare, montate quel vascello; conducete il carico di Pesci, di Pelli, di Ebano, di Sete, d’Incenso, di Vino esquisito, e delicato dell’Isola Coo. Scaricate in primo luogo que’Cammelli del Pepe, che portano; fate de’cambj, spergiurate, senza esitare. Ma Giove . . . Bon Giove! Quanto sei sciocco! se tu non vuoi piacere che a Giove, non sarai mai, che un miserabile pidocchioso; Perciò saltate giù dal Letto, piegate il bagaglio, montate quel Vascello, non già senza farvi portare un poco di vino, e le necessarie provisioni; niente vi distolga dal gettarvi in alto mare. Sù, alla partenza. Ahi! Che dico io? una bruttale passione più forte dell’avarizia vi trattiene, e così vi parla: Insensato che fai? dove vai? ecco tutto a fuoco, niente è capace di estinguerlo, e pretendi passare i mari? Che! te ne anderai, vestito d’un sacco di grosso Canevaccio, a piantarti là sopra un banco, fra marinaj, per mangiarvi un pessimo boccone di pane, e bervi un detestabile vin, dentro un bicchiero, che puzzerà da pece, e da catrame? Pretendi, che i tuoi scudi, li quali, senza verun rischio, ti rendono cinque per cento, te ne producano undici sopra il mare? Và và, credimi, prenditi buon tempo, pigliati de’divertimenti. Non hai da computare, se non que’giorni, che tù dai al piacere: doventerai un poco di polvere, un ombra; si parlerà di te, come d una favola: la morte s’avvicina, pensavi. Il tempo passa: il momento, in cui parlo, gia più non vi è. E bene infelice a quale partito volete appigliarvi? che pensate voi fare?” La Delicatezza, e l’Avarizia cercano strascinarvi, ciascuna dalla sua parte; a quale di queste due passioni vi arrendete?

Quando uno stato fiorisce per le sue conquiste, nè ha che temere da suoi nemici, cade naturalmente in tutti li piaceri del Lusso; ma la spesa a cui impegnano questi piaceri, tanto s’avvanza, che per sovvenirvi, si pongono in opra tutti li mezzi, che ponno suggerirsi dall’avidità, e dalla coruttela; di maniera che, l’Avarizia, ed il Lusso doventano ascieme un complicato Principio de’movimenti di quelli, che non cercano se non l’agio, la magnificenza, ed il piacere. Salustio, il più esatto, ed il più polito di tutti gli Storici Latini, riferisce, che al suo tempo, quando gli Stati più formidabili del mondo, si vedeano sottomessi all’Impero di Roma, quella Republica s’immerse nelle due estremità opposte, del Lusso, e dell’Avarizia. Aggiogne, che Catilina desiderava i beni degli altri, mentre profondea i suoi tesori senza ritegno. Si può dire, che la sua osservazione si avveri per tutti gli Stati, che godono l’agio, e l’abbondanza. Li sudditi, allora cercano a vicenda superarsi nella pompa e nel fasto; si abbandonano a tutti i piaceri; e questo, per naturale sequela, produce un insaziabile desiderio d’accumulare ricchezze, e l’Avarizia.

Strascinato dal gusto che mi pigliavo nel meditare questi due grandi incentivi dell’Uomo, mi venne in pensiero di formarne una specie di Allegoria, o di Favola, e quì presentarla a miei Leggitori.

Vi erano due Tiranniche Potenze, impegnate frà di loro in una continoa guerra, il Lusso e l’Avarizia. I loro pensieri non si ristringeano a minor cosa, che ad esercitare un assoluto impero sopra gli Uomini. Il Lusso avea sotto di se molti Generali, che gli prestavano l’ubbidienza dovuta, il Piacere, l’Allegrezza, la Pompa, e la Moda. L’Avarizia pure avea i suoi fedeli ministri, la Fame l’Industria, la Premura, e la Vigilanza. Avea in oltre una Consegliera privata a fianchi, che di continuo le soffiava qualche cosa all’orecchio, e questa si chiamava la Povertà, ed era quasi l’arbitra delle sue rissoluzioni. Il Lusso di lei Antagonista era regolato anch’egli dall’Abbondanza, sua principale Direttrice, non mai perduta di vista. Mentre queste due Rivali Potenze così disputavano l’impero sopra gli Uomini; i loro successi erano presso poco uguali. Se il Lusso guadagnava un Cuore; l’Avarizia ne possedea un altro. Se un Capo di Famiglia si arrollava sotto l’insegne dell’Avarizia, il di lui Figlio pigliava il partito del Lusso. Il marito, e la moglie erano sovente di fazione contraria. Di più, la stessa Persona seguia un partito nel Fiore de suoi anni; e si dichiarava per l’altro verso il fine de’suoi giorni. E vero, che gli Uomini ragionevoli, osservavano una esatta neutralità; ma questi erano in assai poco numero. Finalmente queste due Potenze, stanche di combattere vennero ad un Congresso segreto, senza ammettervi le loro due Consigliere Povertà, ed Abbondanza. Il Lusso incominciò a parlare; e dopo avere rappresentato il pericolo, in cui erano di non finire mai più questa Guerra; con quella franchezza di animo a lui sì naturale, disse alla sua nemica, “Non dubito, non siamo per contraere una buona Amicizia quando voi siate disposta di abbandonare le suggestioni della Povertà, la perniciosa consigliera, che si abbu-sa del proprio credito presso la vostra Persona, e vi riempie di chimerici timori, e di ridicoli pregiudizj.” Replicò l’Avarizia, che l’Abbondanza era una Consigliera molto più da temersi della Povertà; avvegnachè, di continuo, suggerisce nuovi piaceri; esclude ogni sorta di precauzione contro la miseria, e così viene a roversciare tutte le massime del suo Governo.

Dopo un longo dibattimento, rimasero d’accordo, di licenziare le due Consigliere. Gli altri articoli rimasero subito evacuati, in maniera, che stabilirono di vivere indi in buona amicizia, e di dividere fra di loro tutte le conquiste, e dell’una, e dell’altra parte. Così veggiamo, di presente, che il Lusso, e l’Avarizia occupano lo stesso cuore, ed a vicenda lo martirizano; Anzi dopo l’allontanamento delle due Consigliere, l’Avarizia somministra ai bisogni del Lusso, in vece dell’Abbondanza; ed il Lusso eccita l’Avarizia, in vece della Povertà.

Lezione CXII A Lussureggianti, ed agli Avari. Intus, & in jecore ægroNascuntur Domini Pers.~i Sat.~i v. 129. & 130. La maggior parte delle professioni, de’mestieri, e de’mezzi, che servono agli Uomini per guadagnarsi il vitto, traggono la loro origine, e dall’amore del piacere o dal timore della miseria. Quando queste passioni doventano troppo violenti, degenerano l’una in Lusso, l’altra in Avarizia. Sì come questi due principj di tutti li movimenti del mondo sieguono da fini opposti, Perseo~i ce li rappresenta in maniera assai graziosa, sotto la idea d’un Giovine, che l’Avarizia vuole staccare dal Letto per farlo intraprendere un longo e penoso viaggio, ma il Lusso, o la Delicatezza lo rattiene. La invenzione e sì bella, e sì viva, che non posso a meno di quì rifferirla, da un capo all’altro. “Voi dormite tutta la mattina a vostro bell’agio: Andiamo, presto, dice l’Avarizia: Che! Per anco non vi movete? subito vi dico. Ah! non posso. Non importa, sù presto. Io non sò; perche m’ho io da levare? Come perche? mettetevi in mare, montate quel vascello; conducete il carico di Pesci, di Pelli, di Ebano, di Sete, d’Incenso, di Vino esquisito, e delicato dell’Isola Coo. Scaricate in primo luogo que’Cammelli del Pepe, che portano; fate de’cambj, spergiurate, senza esitare. Ma Giove . . . Bon Giove! Quanto sei sciocco! se tu non vuoi piacere che a Giove, non sarai mai, che un miserabile pidocchioso; Perciò saltate giù dal Letto, piegate il bagaglio, montate quel Vascello, non già senza farvi portare un poco di vino, e le necessarie provisioni; niente vi distolga dal gettarvi in alto mare. Sù, alla partenza. Ahi! Che dico io? una bruttale passione più forte dell’avarizia vi trattiene, e così vi parla: Insensato che fai? dove vai? ecco tutto a fuoco, niente è capace di estinguerlo, e pretendi passare i mari? Che! te ne anderai, vestito d’un sacco di grosso Canevaccio, a piantarti là sopra un banco, fra marinaj, per mangiarvi un pessimo boccone di pane, e bervi un detestabile vin, dentro un bicchiero, che puzzerà da pece, e da catrame? Pretendi, che i tuoi scudi, li quali, senza verun rischio, ti rendono cinque per cento, te ne producano undici sopra il mare? Và và, credimi, prenditi buon tempo, pigliati de’divertimenti. Non hai da computare, se non que’giorni, che tù dai al piacere: doventerai un poco di polvere, un ombra; si parlerà di te, come d una favola: la morte s’avvicina, pensavi. Il tempo passa: il momento, in cui parlo, gia più non vi è. E bene infelice a quale partito volete appigliarvi? che pensate voi fare?” La Delicatezza, e l’Avarizia cercano strascinarvi, ciascuna dalla sua parte; a quale di queste due passioni vi arrendete? Quando uno stato fiorisce per le sue conquiste, nè ha che temere da suoi nemici, cade naturalmente in tutti li piaceri del Lusso; ma la spesa a cui impegnano questi piaceri, tanto s’avvanza, che per sovvenirvi, si pongono in opra tutti li mezzi, che ponno suggerirsi dall’avidità, e dalla coruttela; di maniera che, l’Avarizia, ed il Lusso doventano ascieme un complicato Principio de’movimenti di quelli, che non cercano se non l’agio, la magnificenza, ed il piacere. Salustio, il più esatto, ed il più polito di tutti gli Storici Latini, riferisce, che al suo tempo, quando gli Stati più formidabili del mondo, si vedeano sottomessi all’Impero di Roma~i, quella Republica s’immerse nelle due estremità opposte, del Lusso, e dell’Avarizia. Aggiogne, che Catilina~i desiderava i beni degli altri, mentre profondea i suoi tesori senza ritegno. Si può dire, che la sua osservazione si avveri per tutti gli Stati, che godono l’agio, e l’abbondanza. Li sudditi, allora cercano a vicenda superarsi nella pompa e nel fasto; si abbandonano a tutti i piaceri; e questo, per naturale sequela, produce un insaziabile desiderio d’accumulare ricchezze, e l’Avarizia. Strascinato dal gusto che mi pigliavo nel meditare questi due grandi incentivi dell’Uomo, mi venne in pensiero di formarne una specie di Allegoria, o di Favola, e quì presentarla a miei Leggitori. Vi erano due Tiranniche Potenze, impegnate frà di loro in una continoa guerra, il Lusso e l’Avarizia. I loro pensieri non si ristringeano a minor cosa, che ad esercitare un assoluto impero sopra gli Uomini. Il Lusso avea sotto di se molti Generali, che gli prestavano l’ubbidienza dovuta, il Piacere, l’Allegrezza, la Pompa, e la Moda. L’Avarizia pure avea i suoi fedeli ministri, la Fame l’Industria, la Premura, e la Vigilanza. Avea in oltre una Consegliera privata a fianchi, che di continuo le soffiava qualche cosa all’orecchio, e questa si chiamava la Povertà, ed era quasi l’arbitra delle sue rissoluzioni. Il Lusso di lei Antagonista era regolato anch’egli dall’Abbondanza, sua principale Direttrice, non mai perduta di vista. Mentre queste due Rivali Potenze così disputavano l’impero sopra gli Uomini; i loro successi erano presso poco uguali. Se il Lusso guadagnava un Cuore; l’Avarizia ne possedea un altro. Se un Capo di Famiglia si arrollava sotto l’insegne dell’Avarizia, il di lui Figlio pigliava il partito del Lusso. Il marito, e la moglie erano sovente di fazione contraria. Di più, la stessa Persona seguia un partito nel Fiore de suoi anni; e si dichiarava per l’altro verso il fine de’suoi giorni. E vero, che gli Uomini ragionevoli, osservavano una esatta neutralità; ma questi erano in assai poco numero. Finalmente queste due Potenze, stanche di combattere vennero ad un Congresso segreto, senza ammettervi le loro due Consigliere Povertà, ed Abbondanza. Il Lusso incominciò a parlare; e dopo avere rappresentato il pericolo, in cui erano di non finire mai più questa Guerra; con quella franchezza di animo a lui sì naturale, disse alla sua nemica, “Non dubito, non siamo per contraere una buona Amicizia quando voi siate disposta di abbandonare le suggestioni della Povertà, la perniciosa consigliera, che si abbu-sa del proprio credito presso la vostra Persona, e vi riempie di chimerici timori, e di ridicoli pregiudizj.” Replicò l’Avarizia, che l’Abbondanza era una Consigliera molto più da temersi della Povertà; avvegnachè, di continuo, suggerisce nuovi piaceri; esclude ogni sorta di precauzione contro la miseria, e così viene a roversciare tutte le massime del suo Governo. Dopo un longo dibattimento, rimasero d’accordo, di licenziare le due Consigliere. Gli altri articoli rimasero subito evacuati, in maniera, che stabilirono di vivere indi in buona amicizia, e di dividere fra di loro tutte le conquiste, e dell’una, e dell’altra parte. Così veggiamo, di presente, che il Lusso, e l’Avarizia occupano lo stesso cuore, ed a vicenda lo martirizano; Anzi dopo l’allontanamento delle due Consigliere, l’Avarizia somministra ai bisogni del Lusso, in vece dell’Abbondanza; ed il Lusso eccita l’Avarizia, in vece della Povertà.