Giovanni de Giacomo an Hugo Schuchardt (38-3729)

von Giovanni de Giacomo

an Hugo Schuchardt

Rossano

08. 12. 1909

language Italienisch

Schlagwörter: Verleih von Publikationen Mähen und Dreschen Sachwortforschung Sprichwörter Dreschflegel Mostra di Etnografia italiana 1911 Sprachprobelanguage Kalabresische Dialekte Loria, Lamberto Martini, Ferdinando Accattatis, Luigi (1895) Schuchardt, Hugo (1910)

Zitiervorschlag: Giovanni de Giacomo an Hugo Schuchardt (38-3729). Rossano, 08. 12. 1909. Hrsg. von Verena Schwägerl-Melchior (2015). In: Bernhard Hurch (Hrsg.): Hugo Schuchardt Archiv. Online unter https://gams.uni-graz.at/o:hsa.letter.2667, abgerufen am 28. 03. 2024. Handle: hdl.handle.net/11471/518.10.1.2667.


|1|

Mio Chiarissimo Signor Professore,

perdoni: Le scrivo su carta di ufficio, perché voglio far partire questa lettera con la posta di oggi, e non ho tempo per potermi recare a casa.

Non ho il Dizionario dell’Accattatis:1 un amico, cui lo prestai, non me l’ha restituito.

Posso dirLe che la pietra bucata, onde si servono i contadini per Trebbiare il grano, a Cosenza, a San Vincenzo la Costa, a Montalto uffugo, a Rende, a San Fili, a Marano Marchesato, a Marano Principato, a Cerisano, a Carolei, a Mendicino vien detta Triglia. È vivo, credo, un detto popolare: “Quannu liscia e leggia è la Triglia, - lu grannu nu si stacche da la paglia”.2 È anche, per traslato, un modo di dire che vien rivolto a chi non sa prendere in suo favore un provvedimento energico; e altrimenti si dice “non sa misurare i suoi passi”

Chiesi ad un contadino: - Perché la chiamate Triglia questa pietra? Non vedete – rispose – che è simile al pesce che ha nome triglia?

E qualche altra cosa posso dir|2|Le in riguardo al coreggiato.

Posso dirLe del coreggiato non si ha, in gran parte della Calabria, se non in tutta, idea, Molte parole nella poesia popolare ad esso però si riferiscono. Ecco: trovo questi detti nelle mie vecchie carte che ho rifrugate in questi giorni:

“Donna, a duvivielli si crisciuta,

“A ‘stu palazzu nu’ nei si’ ghintrata!”

È un detto del mio paese, Cetraro, dove tuttora per dire: non sono andato a nessuna parte, dicono “signu stata duvi vielli. “Duvivielli” dunque significa: “nessun luogo, oppure “ad un luogo di nessun conto

E ci ho una variante del detto riportato qui sopra:

Donna ch’a duibuvielli si’ vattuta,

A stu palazzu nu’ nci po’ saliri!

Qui è chiaro il traslato: Donna, che ti sei fatta battere con due correggiati (che ti sei data a due persone) non puoi, non meriti di entrare nel mio palazzo! Il detto, duvi vielli e buvielli sono, qui almeno, figliuoli di una stessa madre. Il primo distico popolare e il secondo dicono la stessa cosa per via delle due |3| parole: “duvi vielli” e “dui buvielli”

E trovo ancora:

1° Chi di vribiellu campe, di quartana more!

2° Chi ‘u pani ccu’ la vrocca l’è ‘muccatu,

cu’ lu bruviellu ‘u granu s’ha vattutu!

Il primo: chi vive, battendo il grano col coreggiato, muore di quartana! Il secondo: chi mangia il pane con la forchetta (vrocca), ha, certo, battuto il grano col coreggiato!

È oggetto da disprezzo, come vede, quaggiù il coreggiato; solo pochi, i più miseri, dovevano averlo. Guai a colui che si contenta di battere il grano col coreggiato! Solo chi mangia a poco a poco (ccu’ la vrocca) il pane, ha dovuto battere il grano col coreggiato. I ricchi, i forti lavoratori di molti campi, non si servono di quell’arnese: Vanno a trebbiare con i buoi o con i cavalli, sull’aia.3

Ma, non mi arresto qui. Altro andrò scavando, e tornerò a scriverLe. Ho chiesto notizie anche ad amico [sic] di Cetraro.

Se il Loria4 troverà modo come togliermi, per un po’ di tempo, al lavoro in questa scuola e mi manderà in giro per la Calabria, farò ritorno a’ mie’ studi, e rac|4|coglierò molta altra messe abbandonata, non conosciuta, marciscente.

La ringrazio dal profondo dell’anima mia. Io, che ho consacrato gli anni miei più belli e tutto il mio entusiasmo alla raccolta di tante cose di questa terra, vivrò eternamente grato alla S.a V.a, che ogni tanto mi richiama agli antichi amori. Grazie, illustre Maestro, grazie infinite!

Si abbia le più vive affezioni della mia famiglia. La Mamma adorata sta un po’ meglio. Le ho scritto che Lei ha preso parte al dispiacere nostro. Con tutta stima

Rossano, 8 dicembre, 1909
Suo per sempre
G. De Giacomo

PS: Forse, avremo Ministro dell’istruzione il Martini.5 Sarebbe una bella occasione, se si potesse spingere a far raccogliere il materiale folkloristico di Calabria prima che questa fosse destata alla nuova luce e lanciata nel turbine della vita moderna.


1 Accattatis, Luigi. 1895-97. Vocabolario del dialetto calabrese (casalino-apriglianese). Castrovillari: Patucci. La copia personale di Schuchardt è conservata alla biblioteca universitaria di Graz (II 220.235).

2 Il detto viene citato da Schuchardt (1910: 259).

3 Le informazioni date intorno al coreggiato vengono riprese da Schuchardt nella sua pubblicazione al riguardo del 1910 ( Schuchardt 1910:286s.).

4 Lamberto Loria (1855-1913), etnografo italiano che nel 1910 fondò la Società italiana di etnografia e fu anche fondatore del Museo di Etnografia italiana a Firenze. Fu figura di primo piano nell’organizzazione della Mostra di Etnografia italiana del 1911 (cf. Ceci 2006, Puccini 2005).

5 Probabilmente il riferimento è a Ferdinando Martini (1841-1928), già ministro della pubblica Istruzione tra il 1892-1893 sotto il governo Giolitti I; è possibile che, alla fine del governo Giolitti III [date], il suo nome fosse tra i possibili successori a Giulio Rubini. Pochi giorni dopo la lettera del De Giacomo, l'11 dicembre 1909, il governo Giolitti III si dimise e tra il 1909 e il 1910, sotto il governo Sonnino II, la carica fu ricoperta da Edoardo Daneo. Per informazioni biografiche su Ferdinando Martini cf. Romanelli 2008.

Faksimiles: Universitätsbibliothek Graz Abteilung für Sondersammlungen, Creative commons CC BY-NC https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/ (Sig. 3729)