Il Filosofo alla Moda: Lezione CXC
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Lezione CXC.
A Parenti, ed a Padri, che abbandonano i Giovani e di direzione, e di sussidio per la loro educazione.
Zitat/Motto
Maxima debetur pueris
reverentia.
Juven. Sat. XIV. 47.
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Metatextualität
Le due Lettere, che voglio quì
esporre, scrittemi da due Giovani molto assennati, l’uno, e
l’altro di sotto alla età di vent’anni, sono
prove della necessità di accudire a tutto ciò, che può fare
torto alla educazione della Gioventù.
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Brief/Leserbrief
Sig. Filosofo Mi lusingo, che
nel corso delle vostre speculazioni sopra i differenti
stati della vita umana, parlerete qualche giorno d’un
punto, che mi stà molto a cuore, che fin quì non avete
per anco toccato, e che perciò ardisco raccomandarlo
alla vostra penna. Bramerei dunque, che i Giovani saggi,
e modesti avessero qualche direttore, che
gl’incoraggisce; e che servisse ad introdurli nel mondo.
Per mancanza di tale soccorso un Giovane di merito,
senza beni di fortuna, languisce nelle oscurità, e nella
miseria; o s’immerge negli eccessi, e nella dissolutezza
spintovi dall’abbondanza non saprei meglio spiegare il
mio pensiero, che col porgervi la storia della mia vita,
pregandovi, acciò vi degniate d’inserirla in qualcuno
de’ vostri Fogli. Questa è la sola strada, che mi resta
per dimostrare la mia riconoscenza verso d’una Persona,
a cui professo la più grande di tutte le obbligazioni.
Io ne fò la presente rimostranza, non solamente
per dare al mio Benefattore un debole argomento della
mia riconoscenza, ma eziandio pe eccitarne altri col uso
esempio. Vi sarebbe di che comporre un’opera degna della
pubblica curiosità, se s’intrapprenddesse
a dimostrare, che si ponno fare molte insigni Carità,
senza spesa; e che vi sono delle nobili azioni
trascurate per inavertenza, da quelli, che ne sarebbono
capaci, se qualch’ uno si pigliasse la cura di
avvertirli. Ritorno a me stesso, e dico; che altri ponno
aspettare impieghi, e ricchezze da loro Padroni; Io sono
contento di ricevere dal mio le qualità virtuose, e
buone. Abbiate per tanto la bontà di rendere pubblico
quanto vi scrivo, per istruzione di tutto il male, che
un orfanello puol evvitare, e di tutto il bene, che puo
ricevere in questa vita, e nell’altra. Io debbo il tutto
al mio generoso Parente; e sono a tutte prove &c.
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Selbstportrait
Io sono Figlio d’un
mercante di questa Città, il quale, dopo avere
veduto fiorire il suo credito, ed il
suo Commercio provò terrribili
svantaggi, e si ridusse molto alle strette, almeno
in confronto della prosperità, in cui vivea un
giorno. Questo roverscio gli abbattè di si fatta
maniera il coraggio, che credete disperata la sua
fortuna; nè pensando più a ristabilirla, morì
senza fare testamento, dopo l’afflizione d’avere
perduta mia madre nel colmo delle sue disgrazie.
Non avevo allora, che sedici anni, e mi ritrovai
al possesso di quattrocento scudi all’anno
d’entrata, senza Amico, o Tutore, che
s’interessasse a regolare le mie spese. Ritrovai
ben subito de’ Compagni, che mi strascinarono ad
ogni sorta di eccesso e mi obbligarono ad
oltrepassare i termini del mio avere. Indebitato
fino agli occhi, venni finalmente condotto
Prigione. Dopo alcuni giorni, liberato da quel
vergognoso arresto, provai un sì vivo dolore della
mia vita passata, che voltate le spalle a miei
poco buoni Amici, mi portavo ogni dì ad una
pubblica scuola per istudiarvi, con tutta la
possibile applicazione, la Legge. Vi perdetti anno
intero nell’esaminare mille questioni spinose,
senza coraggio di ricorrere ad alcuno, che me le
svilupasse. Ero presso poco, come i teneri
fanciuletti, che si mandano alla scuola benche,
incapaci di approffitarsene, a solo
fine di levarsi l’imbarazzo di Casa e preservarli
da qualche sinistro. Mentre ondeggiavo frà queste,
ad altre simili confusioni, non sapendo a che
determinarmi; un mio Parente ebbe la bontà di
venirmi a ritrovare; e scuoprendo le mie buone
inclinazioni, mi si mostrò affezionato, e mi
condusse ad’ una sua Casa in villa. Appena vi
fummo gionti, m’introdusse in tutte le civili
compagnie del vicinato. La generosità, con cui da
principio mi avea ricercato, e disegnato poscia di
sempre trattenermi presso di lui, mi ha tanto
penetrato il cuore, ch’egli tiene sopra di me
l’autorità di padre. Tengo a mio uso una scelta
Libreria, e buoni Cavalli in stalla: e benche non
abbi più di dieciotto anni, la famigliarità, che
mi dona, unita al mio desiderio di cattivarmi
sempre più da lui benevolenza, ha prodotto si buon
effetto, che sono da pe tutto accarezzato. Cosi,
stante la benignità, e la protezione di questo
nuovo Padre, sarà mia colpa, se non dovento ogni
giorno più saggio.
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Brief/Leserbrief
Sig. Filosofo.
Degnatevi compatire la mia sfortuna, Priegherò
Dio per la vostra conservazione, e per lo felice
successo de’ vostri lodevoli disegni, in qualità di
&c.
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Selbstportrait
Mi ritrovo alla età
di quattordici anni, in circa; e sono assai
inclinato allo studio. Ne’ quattro anni, che vado
a scuola, mai l’ho fuggita una volta, nè ho
lasciata la taccia disegnatami dal maestro. Al
mezzodì, e la sera, in ritornando a Casa vado
ruminando tutto ciò, che ho udito, o letto in
Iscuola, con attenzione si grande, che, astratto,
mi è accaduto di sgarrare più di un miglio, la
strada. La nostra serva mi dice, che
barbotto in sogno un linguaggio da lei non
intenso. M’insogno due, o tre volte, ogni notte
nella settimana, in cui leggo, ed ascolto la
spiegazione di Juvenale, e di Omero. Il maestro si
mostra di me soddisfatto, al pari di ciascun altro
della mia Classe. Parmi, se debbo giudicare da ciò
mi dice il cuore, che vorrei più tosto essere
suddito Letterato; che Principe ignorante. Tengo
un buonissimo Padre, il quale mi ama; ma benche
assai ricco, è tanto ecconomo, che gli rincresce
la spesa della mia educazione. Mi dice sovente, vi
e da temere, che le spese della mia scuola non lo
mandino in rovina, e che ha di già impiegata una
buona somma in Libri. Io non ardisco dirgli
esservene un di cui ne tengo grande bisogno. Sono
anche forzato a comprarne di tempo in tempo
qualch’uno, senza ch’egli il sappia, con que’
pochi soldarelli, che mi vengono regalati a
discapito de’ miei giovanili, ed innocenti
trastuli. Ha dato ordine al mio maestro di non più
comprarne, per me, sotto pretesto, che li
provvederà egli stesso. Gli dimandai, l’altro
giorno, un Orazio, e mi rispose, in collera, che
non mi credea capace di leggere un tal’ autore; e
ch’era un astuzia del mio maestro a fine di farmi
comparire molto avvanzato ne’ studj. Non ho alle
volte i Libri ordinati dal maestro a
tutti, se non un mese dopo gli altri. Tutti, per
esempio, fuori che io hanno gli
autori Classici All’uso del Dolfino, colle carte
indorate, legati alla Francese. Mio Padre calcola
di continuo il tempo, che sono stato a scuola, e
sempre teme, per quanto dice, che la spesa sia
gettata senza profitto. Questo mi disanima, a
segno che sono doventato malinconico, ed afflitto.
Il mio maestro si stupisce nel vedermi in tale
stato, ne io ardisco palesargliene la cagione sul
timore, che non ne rimproveri mio Padre, e lo
renda via più austero. Vi supplico per tanto, mio
Signore, per l’amore, che avete alle scienze, di
somministrarmi in questo caso i vostri consegli, e
di esortare i Padri, che hanno Figliuoli disposti
a riescire ne’ loro studj, ad incoraggirli per
tutte le strade. Ho uditi alcuni Padri vantarsi,
che farebbero di tutto per i loro Figliuoli, se
volessero applicarsi, a doventare virtuosi. Perche
non son’ io nel numero di questi! scusate la
libertà, che mi sono pigliata.