Il Filosofo alla Moda: Lezione CLXIV
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Niveau 1
Lezione clxiv.
L’uomo è il più
gajoso Animale, che sia al mondo: tutte le altre Creature o
superiori, o inferiori sono pensierose, e serie. Rimira le cose,
in un prospetto totalmente diverso e trae divertimento da certi
ogetti, che forse cagionano una specie di compassione alle
nature più elevate. Il Riso, per verità, serve di buonissimo
contrapeso a vapori della Ippocondria. È di giustizia il
ricavare allegrezza da ciò che non è bene reale, giacche si
prova dolore di ciò, che non è vero male. Ho tempo fà citato un
Autore moderno, il quale vuole, che la principale cagione, da
cui siamo impegnati a ridere, venga da un paragone segreto di
se, con quelli de’ quali ridiamo; o per servirmi d’altri
termini, da un piacere fondato sopra qualche eccellenza, che
riconosciamo in noi stessi, quando veggiamo le debolezze d’un
altro, e riflettiamo alle nostre inconvenienze antiche. Questo
per lo più si avvera mentre d’ordinario si osserva, che le
Persone più vane, sono più sogette a questa passione. Ho letto
in un Discorso fatto sopra le parole dell’Ecclesiaste:
In cui asserisce, che il Riso è una seguela
dell’originale peccato, e che perciò Adamo non potesse ridere
prima della sua caduta. Il Riso, nel suo attuale essercizio,
divisa la mente, scema il suo vigore discioglie, in qualche
maniera tutte le potenze dell’anima; e si può considerare come
una fiacchezza della natura umana. Ma se rivoltiamo l’occhio a’
frequenti soccorsi, che si somministra, col dissipare la
malinconia, che ci opprime e col riempierci di subitanea gioja,
non sò chi potrà essere insensibile ad’ un si dolce piacere di
questa vita meschina. Il talento di mettere in deriso gli
Uomini, ed esporli agli scherni degli altri è argomento di
debole giudizio, privo di ellevatezza, e di onore. Un Giovane di
simile tempra si mette in istato di mai fare progresso veruno.
Ciascheduno ha il suo debole; e ne Caratteri più luminosi vi si
ritrovano più grandi le macchie. Vi è niente di più assurdo del
trascurare tutte le belle qualità d’un Uomo, per non rilevarne,
che i soli difetti? di considerarne più i vizj, che le virtù, e
di renderlo givoco degli altri nel male, in vece di proporlo
quale modello nel bene? Le Persone applicate agli scherni sono
assai penetranti nello scuoprire le debolezze degli altri, e per
lo più non hanno veruna qualità, che le distingua
dal volgo. In fatti si danno famosi Critici, che non hanno mai
scritta una riga di buono, e vero senno. Vi sono pure
Meravigliosi Buffoni, che motteggiano sopra gli altrui
mancamenti senza essere addobbati nè meno, con cencio di soda
virtù. E pure, benche in oltre pieni di malizia, sono in
riputazione presso del volgo, e vengono innalzati sopra le
Persone di carattere infinitamente più degno di lode. Se gli
scherni servissero a bandire il vizio, e la pazzia dal mondo,
meriterebbero qualche applauso; ma, d’ordinario, l’impegnano a
mettere in deriso il buon senno; a beffarsi della virtù; ed a
combattere ciò che vi è di più santo, di più venerabile, e di
più meritevole de’ nostri eloggj. Nelle prime età del mondo; al
tempo di quelle anime grandi, e generose, ch’erano i capi d’opra
della natura Umana, non si distingueano gli Uomini, che per una
nobile simplicità de’ costumi; e tutte quelle picciole grazie
della Conversazione, che oggidì si affettano, erano affatto loro
ignote. Benche noi siamo inferiori agli Antichi nella Poesia,
nella Pittura, nell’oratoria, nella storia, nell’architettura,
ed in tutte le Arti Liberali, o scienze, che dipendono più
dall’ingegno, che dell’esperienza, li sorpassiamo, di molto,
nelle Rime, nelle Piacevolezze, nel Burlesco, ed
in tutte le maniere triviali di mettere in deriso, e le persone
e le loro azioni. Ritroviamo più trastullo ne’ moderni, ma più
buon senno negli Antichi. Le due sorte di composizioni, nelle
quali hanno voga gli scherni, sono la Comedia, ed il burlesco.
La prima schernice gli Uomini caratterizandoli al naturale; e
l’altra dipingendoli, tutto differenti da quelli, sono in se
stesse. Vi è pure un doppio Burlesco: un rappresenta le persone
di più bassa lega, come Eroi; e l’altro fa parlare, ed oprare
gli Uomini più illustri, come se fossero dell’infima plebe. Don
Quiziotte è un essempio del primo; e li Dei di Luciano ne
sommistrano il secondo. Disputano frà di loro i Critici per
sapere se la Poesia burlesca sia più corrente in versi Eroici, o
pure trivialmente rimati. Per me direi, che nel Poema, in cui il
Facchino de’ esaltarsi, il verso Eroico è più a proposito; ma
dove si degrada l’Eroe riesce propria la Rima storpiata.
Concluderò, che il Riso attributo ai Prati verdeggianti, ed agli
Alberi coperti di Fiori, è la sola metafora che per quanto mi
posso arricordare, si ritrovi in tutti i linguaggj, a riserba di
quella del fuoco, e delle fiamme, in proposito dell’amore.
Questa è una prova, che il Riso ha, presso tutti g
Uomini, qualche cosa di grazioso e di bello. Per
questo Omero dà a Venere un epiteto, che significa: Quella, che
ama il ridere: ed Orazio ce la dipinge come la Dea, che si
compiace nel Riso.
Agli Derisori.
Citation/Devise
Risus extemporaneus
inter homines malum munus.
Fragm. vet. Poct.
Niveau 2
Metatextualité
Quando scelgo qualche punto, che
non è mai stato maneggiato da altri estendo i miei pensieri
sulla carta, tali quali mi capitano alla mente, senza
ordina, e senza metodo, di maniera che hanno più tosto
l’aria d’un Abbozzo, che di un Discorso metodico, e conneso. Cosi voglio quì trattenere i miei Leggitori
sopra il Riso, e sopra gli scherni.
Niveau 3
Citation/Devise
Risum reputa: erromem. Et
gaudio dixit: quid frustra deciperis?