Il Filosofo alla Moda: Lezione CLXXXV
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Nivel 1
Lezione clxxxv.
A quelli che si lasciano trasportare dalle Prosperità.
Cita/Lema
Quod huic officium,
quae laus, quod decus erit tanti, quod adipisci cum dolore
corporis velit, qui dolorem summum malum sibi esse
persuaserit? quam porro quis ignominiam, quam turpitudinem
non pertulerit, ut effugiat dolorem, si id summum malum esse
decreverit?
Cicer. Tuscul. Quaest. L. II. C. 6.
Nivel 2
E sì grande la debolezza degli Uomini,
che, per conservare il loro ben senno, e non escire di riga,
hanno bisogno d’esse travagliati. Dolorosa rifflessione! Non si
danno Felici al mondo; e quelli, che vivono con prosperità,
abbagliati dallo splendore, che gli attornia, mai pensano alla
incostanza della Fortuna, o più tosto alla invisibile mano del
supremo dispensatore di tutte le cose. Ma un Anima nobile, e
generosa, che si applica alle idee dell’avvenire, ritrova
piccioli i mali, che gli accadono; e rimane più tosto penetrata
dalle afflizioni degli altri. Se il più reo di tutti gli Uomini
viene condotto alla morte, e la riceve con
coraggio, eccita la pietà di tutti li circostanti; non già
perche sia deplorabile il di lui caso, ma perche egli stesso non
lo deplora: Compassionamo quello, ch’è meno sensibile alla
propria miseria, ed inclinamo a dispregiare chi soccombe al peso
delle sue disgrazie. Un anima elevata, e saggia rimira dall’alto
del suo posto tutti li gonfj dalla prosperità, senza punto
d’invidia, anzi con qualche rossore della loro debolezza;
vedendo che si scordano tanto dello stato, in cui la natura gli
ha messi, che al tocco d’un afflizione subito loro gira il capo,
senza rifflettere, che questa è la porzione di tutti gli Uomini.
Chi non vuole dunque gettare gli occhi sopra un infelisce per
ammaestrarsi; e teme l’afflizione più della Peste, non è che una
vittima, la quale s’ingrassa per lo giorno del sagrificio; ed è
tanto più degno di provare la miseria, quanto più cerca di
evitarla. Un Amico, presso di cui mi ritrovai l’altra notte,
intavolò un discorso, e mostrò, a mio credere, d’avere molto
discernimento. Tutte le volte, dicea, che rientriamo in noi
stessi per esaminare quale sia la vera grandezza della natura
umana, veggiamo, che consiste nel patire volentieri per la
Giustizia. Gli Eroi ci vengono sempre dipinti fra gl’imbarazzi
delle Turbolenze, e delle avversità; pare, che
amino, e ricerchino i perigli, per servigio dell’umano genere.
Siamo sì convinti, aggionse, che vi abbisogna una straordinaria
virtù per tollerare le grandi Calamità con pazienza, che gli
auttori de’ Romanzi, quando vogliono rintracciare i caratteri
più sublimi, li rilevano da ciò, che vi è di più terribile nella
natura; Formano Mostri, Dragoni, e Giganti, affinche vengano
combattuti dagli Eroi. Dove finice il pericolo, termina eziandio
l’Eroe. Subito che hà vinto un Impero, o conseguita la sospirata
Dama, tutto quello, che siegue non è degno di attenzione, non
merita d’essere letto. Conclude l’amico, che le sole creature
superiori all’Uomo ponno godere il bene, senza mescolanza di
male; nè si vede Eroismo, che non sia corteggiato da qualche
sfortuna. E certo, che abbiamo tutto il motivo di apparecchiarci
a soffrire i roverscj e gli accidenti, a’ quali siamo esposti
nella vita presente; ma in vece di raffermarci in questo
proposito, non pensiamo, che a’ piaceri, da quali rimane
infiacchito il nostro coraggio, e snervata tutta la forza
dell’anima; e perciò soccombiamo alle tentazioni, che ci
assaliscono. La costante ricerca de’ sensuali piaceri del tutto
ci abbatte, ed ha eziandio qualche repugnanza colla
natura umana. Ritrovo un’assai modesta vivacità nella ode, che
Orazio scrive a Dellio: dice: “che il pensiero della morte gli
dee suggerire di conservare, in tutto, una grande ugualità di
animo, tanto nelle avversità, quanto nelle prosperità: che una
moderata serenità di animo dee sempre bilanciare, in lui, tutto
ciò, che in queste, o in quelle, vi puol’ essere di
straordinario.” Tale moderazione non è che per gli Uomini di
sublime talento: Questi soli godono tutte le dolcezze della
sanità, e tutti gli altri vantaggj di questa vita, come se li
dovessero perdere ad ogni momento; e li rassegnano con quella
Grandezza d’animo, che ha loro somministrata la cognizione di
quanto vagliano, e di quanto durino. La indifferenza per lo
piacere, ci ajuta a tollerare il dolore. Senza un tale soccorso,
l’animo si ritrova oppresso da una improvisa disgrazia. Ma chi
non si è mai abbusato della Prosperità, ha sempre la
consolazione di sentire, in mezzo de’ più crudeli disastri, che
il loro peso non rimane aggravato dalla memoria della vita
passata.
Nivel 3
Ejemplo
Cicerone ci racconta un tratto
di storia, che avea udita da Pompeo, e che ci dà un
saggio della graziosa maniera, con cui le Persone di
spirito, ed i Filosofi dell’antichità
raddolcivano i mali a forza di Ragione. “Gionse Pompeo a
Rodi, e curioso di vedere il celebre Filosofo
Pessidonio, si portò a visitarlo, e ritrovatolo
obbligato dalla Gotta a Letto, gli palesò il dispiacere
di non poterlo perciò udire a parlare. Al che rispose il
Filosofo. Voi mi udirete, nè il dolore sarà cagione, che
un sì grande Personaggio sia venuto a vistarmi in darno.
Indi pose a discorrere molto a lungo, sopra il dogma
favorito de’ Stoici, i quali dicono, che il Dolore non è
male; e quando la Gotta lo tormentava interompea il
discorso, gridando: Ah! Dolore, Dolore, tu hai bel fare,
non la vincerai: per quanto sembri feroce, mai
confessero, che tu sia un male.