Il Filosofo alla Moda: Lezione CLXXV
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Level 1
Lezione clxxv.
A curiosi morali sopra la maniera di arricordarsi che si muore.
Citation/Motto
Vitae summa brevis spem
nos vetat inchoare longam.
Hor. L. I. od. IV. 15.
Level 2
Non posso a meno di non applaudire
alla costumanza di que’ Paesi ne quali s’imprime di settimana in
settimana un Foglio de’ morti in ciascuna Città, Borgo, o villa.
Questa mortuaria Lista servirebbe per riflettere da Filosofo,
all’accrescimento, ed alla diminuzione del Genere umano; come
pure sopra le differenti maniere, colle quali passiamo da questa
vita all’altra. Mi compiacerei a leggere tali eddomadarj
avvertimenti, perche ecciterebbono, in me, pensieri, che
dovrebbono servire di famigliare trattenimento a tutte le
ragionevoli persone: Rimirerei con grande soddisfazione, per
quale di quelle Liberazioni, che portano il nome di malattie, mi
accaderà, forse, di escire da questa valle di Lagrime, per
entrare in uno stato nuovo, dove mi lusingo d’essere più felice,
di quello sapessi, oggi immaginarmi. Ma non è
questo il solo frutto, che ne raccoglierei, mi pare vi
ritroverei un invincibile argomento della Providenza. In fatti,
senza supporci sempre governati dalla infinita sapienza d’un
supremo essere, come potremmo concepire quella esatta
proporzione, in tutte le grandi Città, trà quelli, che si
veggono nascere, e morire; come pure proporzionato numero di
Figli, e di Figlie, che vengono al mondo? senza questo, chi
somministrerebbe a ciascuna nazione le reclute si esatamente
proporzionate alle sue predite? Chi compartirebbe il nuovo
succrescimento di Abitanti, con tanta ugualità frà l’uno, e
l’altro sesso? Il Caso non potrebbe mai tenere, con mano ferma,
la bilancia si giusta. Se un Ispettore supremo non regolasse
tutte le cose, con peso, e misura, ora saremmo oppressi dalla
moltitudine, ora le nostre Città si ridurrebbono come Deserti.
Saremmo, alle volte, per servirmi della espressione di Floro,
Populus virorum: Un popolo tutto composto di Uomini, ed altre
volte non si vedrebbero, che Donne. Questo si puol estendere a
tutte le specie delle Creature viventi, e considerarle, come una
innumerabile armata, a cui ciascuna somministra la sua quota
parte da sei milla anni in circa; senza che mai vi sia mancata,
o sia perita, in si lungo spazio di tempo. Se ci
fosse possibile d’avere le Gazette mortuarie di tutti gli
animali, in generale, o di tuti gli individui di qualche specie,
in tutti li continenti, ed in tutte le Isole: che dico, in
qualche Bosco, Palude, o montagna, quali stupende prove non vi
ritroveremmo d’una Provvidenza, che veglia sopra tutte le sue
opre? Ho udito parlare d’ un’ Uomo di grande portata, che dopo
avere letti i seguenti versetti nel Cap. V. della Genesi Tutto
il tempo dunque, che visse Adamo fù novecento trent’anni, poscia
mori. Tutto il tempo dunque, che visse Seth fù novecento dodici
anni, poscia morì. Tutto il tempo dunque, che visse Mattusala fu
novecento sessantanove anni poscia morì: si ritirò subito dentro
un Chiostro, lasciando il mondo, persuaso, che non vi era cosa
degna della sua stima, se non si riferiva all’altra vita. Non si
ritrova niente di più utile nella storia, che la morte delle più
illustri persone, e la loro condotta all’avvicinarsi di quel
terribile momento. Potrei quì aggiugnere, che non vi è lettura
più grata, nè più penetrante: Non vi è quasi altra circostanza
nella vita umana, che possa quadrare si bene a tutti quelli che
la leggono. Il guadagno d’una Battaglia, o’ l Trionfo d’una
vittoria non puol’ essere il caso d’uno frà
millioni di Uomini; ma quando veggiamo una Persona in punto di
morte, non possiamo che stare attenti a tutto ciò, che dice, o
fa, sicuri, che, o tosto, o tardi si ridurremo ancor noi a
quell’agonia. Il Generale d’armata; il ministro di stato, o’ l
Filosofo, sono figure, che forse, e senza forse, per la maggior
parte, non faremo, a’ nostri giorni; ma è indispensabile
necessità, che ci rassomigliano, un giorno, ad un moribondo.
Entrerò qui in un passo comune, e de’ più agitati nella morale.
Se questo carattere gli fà perdere la grazia della novità, lo
rende allo stesso tempo, più sodo: perche, appunto, fondato
sulle universali notizie di tutto l’umano genere. Vorrei, che
ciascheduno sentisse, ch’egli è un viandante, e Pellegrino nel
mondo; che perciò, non vi dee ricercare il suo vero riposo; ma
solamente avere l’occhio sopra quel nuovo stato, a cui si
avvicina ad’ ogn’ora, e sarà, per tutta la eternità, permanente,
e fisso. Questa sola idea basterebbe ad estinguere l’ammarezza
dell’odio: la insaziabilità dell’Avarizia, e le rodenti premure
dell’Ambizione. In Antiphane antichissimo Poetea, che vivea
quasi un secolo prima di Socrate vi è al proposito un bel passo,
che ho letto con piacere, e ne’ seguenti termini
tradotto.
Si potrebbero qui raccogliere le belle metafore, da me
altrove citate, colle quali mostra la Divina scrittura, che la
nostra vita è un Pellegrinaggio, e che siamo tutti Forastieri, e
Viandanti sopra la Terra.
Level 3
Citation/Motto
Non vi affligga, in eccesso,
la perdita de’ vostri amici. Non sono del tutto morti,
hanno solamente compiuto il viaggio, a tutti, senza
eccezzione, imposto. Dobbiamo andare noi stessi a quel
grande Ricettacolo a quel generale Ridotto, dove tutti
quelli della nostra specie, stanno adunati, e dove
vivono in altro stato.
Metatextuality
Non
saprei meglio terminare questo foglio, che, col racconto
d’una picciola Avventura, la quale si ritrova in molte
storie de’ viaggiatori, questi, dopo averci avvertiti, che
le osterie, dove poggiano le Caravane nella Persia, ed in
tutto l’oriente, si nomano Caravanserai, ci porgono la
Relazione, che siegue.
Level 3
Example
Un Dervich, ovvero, Religioso
Maomettano, che viaggiava nella Tartaria, subito gionto
alla Città Balck, si portò ad alloggiare nel Palaggio
Reale, da lui pigliato per un Caravanserai. Vi entra, e
dopo avere, rivoltati gli occhi, in tutte le parti, si
và a collocare sotto una bella Galleria; mette a basso
la sua Bolgietta; stende il suo picciolo tapeto; e vi si
pone sopra a sedere. Le Guardie lo
sgridano, e gli dimmandano, in collera, Che pretenda ivi
di fare? Egli risponde: Che vuole passare la notte in
quel Caravanserai. Le Guardie si posero a sgridarlo più
forte; Che sen’ andasse mentre quello non era un
Caravanserai, mai il Palaggio del Rè. Il Principe, che
si chiamava Ibrahim, essendosi abbatuto a passare di la,
si pose a ridere per la simplicità del Dervich, e
fattolo chiamare dinanzi a se, gli dimmandò: Come avesse
si poco discernimento di non distinguere un Palaggio da
un Caravanserai. Sire, rispose il Dervich, Vostra maestà
mi permetta di chiederle una cosa: Chi alloggiò, da
principio, in questo edificio quando fù fabbricato? I
miei antenati, disse il Rè. E dopo di loro, repplico il
Dervich, Chi l’ha abbitato? Mio Padre: soggionse il Rè;
E dopo di lui, il Dervich, Chi n’è stato il Padrone? Io,
rispose il Rè, Di grazia Sire, continuò il Dervich; Chi
nè sarà dopo di voi, il Signore? Mio Figlio, ebbe la
sofferenza di soddisfarlo il Principe. Ab Sire, concluse
il Dervich; Un edificio, che ha, si sovente, cambiati
gli abbitanti, è una osteria non un Palaggio.