Il Filosofo alla Moda: Lezione CLI
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Livello 1
Lezione cli.
A quelli che ambiscono applausi, e si arrogano titoli vani.
Citazione/Motto
Nam genus, &
proavos, & quae non fecimus ipsi,
Vix ea nostra voto.
Vix ea nostra voto.
Ovid. Met. XIII. 140.
Livello 2
Si veggono pochi Uomini, che non
abbino l’ambizione d’essere distinti, e di rendersi
considerabili frà loro vicini. Vi è una specie di grandezza, e
di rispetto, che i più vili cercano di attraersi nel picciolo
circolo de’ loro amici, e de loro conoscenti. Il più Povero
Artiggiano; che dico? quello, che vive di limosina, ha la sua
truppa d’ammiratori: e si compiace, in quella superiorità, che
gode sopra gli altri, per qualche verso, a lui inferiori.
Quest’ambizione naturale all’Uomo, potrebbe, non v’ha dubbio,
pigliare un assai buona piega, e se fosse bene regolata,
contribuire, tanto al vantaggio d’un Uomo, quanto, pell’
ordinario, gli cagiona di inquietezza. Voglio dunque seminare,
in questo foglio, alcuni pensieri somministratimi dalle pure
meditazioni, senz’averli letti altrove. Non
osservarò ne ordine, ne connessione, ma li collocherò sulla
carta, a misura, che mi verranno in mente. Tutta la superiorità,
che un Uomo puol’ avere sopra un altro, dipende da vantaggj,
ch’egli possiede, o di Fortuna, o di Anima, o di Corpo. I primi,
che consistono nella nascita, ne Titoli, o nelle Richezze, hanno
meno relazione colla natura umana, ne si ponno assolutamente
chiamare nostri. Gli avvantaggj del Corpo, che si riducono alla
sanità; alla Forza, o alla Bellezza, ci toccano più da vicino, e
formano più parte di noi medesimi, che i precedenti. Quelli
dell’Anima, che racchiudono la cognizione, e le virtù, ci sono
più essenziali, e più strettamento uniti di
ciascun’altro. Benche non dobbiamo stimmarci tanto per i beni di
Fortuna quanto per quelli del corpo, e via più dell’anima, con
tutto ciò, compariscono con più fasto agli occhj del mondo. Si
come la virtù è la sorgente più legitima dell’onore, si ritrova,
che le grandi Cariche insinuano il merito ne’ particolari, che
le posseggono. La Santità si attribuisce a’ Pontefici. La Maestà
ai Rè. La Serenità alle Repubbliche, l’altezza a’ Principi
L’Eccellenza a Senatori, agli Ambasciatori &c.
Ne’ fondatori delle grandi Famiglie, questi titoli d’onore, sono
loro, ordinariamente applicati, con tutta giustizia. Ma nella
loro Posterità, non accade, se non troppo, che sono, più tosto,
insegne della Grandezza esterna, che del merito personale. La
denominazione sempre continua, ma il valore intrinseco sovente
disparisce. Le Agonie di morte espongono al chiaro lume della
verità, il vacuo, ed il niente di codesti titoli. Allora un
misero Peccatore trema, da capo a pie, in pensando al nuovo
stato, in cui stà sul punto di entrare, mentre quelli, che lo
circondano gli dimandano, con tuono mesto come si porta sua
Maestà? Un altro sente darsi il titolo magnifico di Altezza, o
di Eccellenza in ora, che si vede ridotto a morire, come il più
basso, ed il più cattivo di tutti gli Uomini. Allora que’
pomposi Epiteti pajono più tosto un insulto o uno scherno, che
un vero Rispetto. È cosa certa, che gli onori non sempre si
dispensano bene in questo mondo; il sodo merito vi è trascurato;
la virtù vi è oppressa, ed il vizio vi triomfa. L’ultimo giorno
regolerà il disordine, ed assegnerà a ciascuno, una stazione
convenevole alla dignità del suo carattere. Allora i Ranghi
saranno aggiustati, come si dee; e la Precedenza ben’ ordinata.
Mi pare, che dovremmo aspirare ad avvanzarci
nell’altro mondo, o per lo meno, a conservarvi il nostro posto.
Dovremmo cercare di sorpassare qui in virtù i nostri inferiori,
acciò non sieno elevati sopra di noi, nell’altro stato, dove la
dinstizione sarà fissata per tutta la eternità. Le
Divine scritture ci dicono, che gli Uomini sono come Forastieri
e viandanti sopra la Testa; e che la vita è un Pellegrinaggio.
Molti Pagani ci hanno pure rappresentato il mondo sotto la idea
d’un osteria, destinata a somministrarci il necessario nel
nostro passaggio, di maniera che, non vi è niente di più
inconveniente del ricercare riposo, qui a basso, prima d’essere
gionti al termine del nostro viaggio: Dovremmo, più tosto,
pensare all’accoglienza ci sarà fatta, che a tutte le comodità
possibili da godersi, più degli altri, per la strada, che vi ci
conduce.
La Parte, che questo Filosofo ebbe, non potea essere di
troppo suo genio; passò quasi tutta la vita in ischiavitù
dolorosa. Il motivo, che adduce, perche ci contentiamo del
nostro stato in questo mondo, riceve da questo un nuovo grado di
forza, particolarmente, se vi si aggiogne, che le nostre parti
saranno cambiate nell’altro, dove la superiorità del Rango sarà
proporzionata alla Eccellenza della virtù, che ciascuno avrà qui
praticata; ed alla maniera, con cui avrà addempiuto il suo
dovere. Vi sono molti bei passi nella Sapienza per far vedere il
niente degli onori, e di tutti gli altri beni temporali, che
sono in tanta riputazione presso degli Uomini; si come per
consolare quelli, che non li posseggono. Chi vuole vedere
espresso in termini vivi, e con frase elevata, il vantaggio d’un
Uomo da bene nell’altra vita, e la straordinaria sorpresa di
quelli, che andavano festosi della loro superiorità qui nel
mondo, legga il capo quinto dell’accennato Libro
Divino; vi ritroverà pure descritta una vita passata nelle
vanità del secolo frà le grandezze, e pompe, colle sue
conseguenze funeste. Concludo, già che vi ha da essere il dovuto
ordine, e la necessaria suburdinazione in questo mondo, saremmo
felici, se le Persone elevate sopra le altre, cercassero di
altretanto sorpassarle anche nelle virtù, quanto sono superiori
di rango; e procurassero, colla benevolenza, e dolcezza,
rendersi amabili a’ loro inferiori. Cosi pure se gl’Inferiori
pensassero ai mezzi; che hanno di migliorare la loro sorte; e di
contribuire, con una giusta sommessione, al bene di quelli, che
la Providenza ha stabiliti sopra di loro.
Livello 3
Esempio
Epitetto si è servito
d’un'altra specie di allusione assai bella, e capace
d’impegnarci ad essere contenti del Posto, in cui ci ha
posti la Providenza.
Livello 4
Citazione/Motto
“Siamo, dice, sopra un
Teatro, dove ciascuno dè fare, meglio che puole,
la parte che gli è dissegnata. Possiamo dire, è
vero che la parte, toccataci, non e bene
addattata, che ne faremmo più bene un'altra . Ma non è questo di cui si
tratta; si tratta di fare, colla possibile
essatezza, quella, che ci è addossata; Se poi non
ci è bene applicata, il fallo non cade sopra di
noi, ma sopra quello che ha distribuite le parti a
tutti gli Uomini; il Gran Direttore della scena.”