Il Filosofo alla Moda: Lezione CXXXI

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Ebene 1

Lezione cxxxi.

Alli dediti a dissoluti piaceri.

Zitat/Motto

Maximas virtutes jacere omnes necesse est, voluptate dominante.

Cic. de Finib. L. II. c. 35.

Ebene 2

Io non conosco verun Carattere, che offenda più la Ragione, e presenti una idea più ridicola alla immaginazione, che quello d’un Uomo di talento, che ama il piacere e l’allegrezza. Questo compendiato Ritratto d’un Galantuomo, di cui alcuni parlano con dispregio, o con derisione; ed altri con serio, e grave applauso: stà sulla lingua di tutti quelli, che si dilettano di conversazione. Il più volte citato mio Amico bizzarro sovente lo mette sul tavolliere; e per quanto egli me n’abbi detto, non ho mai potuto concepire, che il suo Uomo spiritoso amante de’ piaceri, sia altra cosa, che un dedito al vino ed alle Donne di mal fare; o un Libertino, che possiede qualche vivacità, il quale contraemi amicizia con voi riceverà i vostri buoni accoglimenti, ed allo stesso tempo insidierà l’onore di vostra Sorella, o tenterà l’onestà di vostra Moglie. Giusta la descrizione, ch’egli ne da, un Uomo Spiritoso dee portare la stravaganza sino a corrompere i Domestici, tradire i doveri dell’amicizia battersi co’ Parenti, per abbattere la pudicizia d’una Giovane onesta benche ne possa ottenere delle Libertine. La colpa semplice, è troppo facile, non è di suo gusto, dee rilevarsi con qualche perfidia; e se occorre, con qualche assassino. Egli s’immagina; che la Città sia doventata molto vile, e malinconica, perche non si parla più tanto di que’ spiritosi, ch’egli senza accorgersene, descrive, come i più infami, e scelerati, siano stati al mondo. Quando il Piacere costituisce il fine principale di questa vita, non puole se non produrre tali mostri, che si abbandonano alla ricerca di tutti li divertimenti, capaci di affogare i lumi della Ragione, e le sementi della virtù, per sostituirvi una folla di sregolati pensieri, e tutti li rei desiderj della cupidigia. Il Piacere da se si distrugge, ed il continuo uso lo rende quasi insensibile; e benche ci sentiamo incapaci di goderne, mai ne perdiamo le brame, a segno, di provare per ogn’altra cosa un generale disgusto. Da questo ne nasce, che un Uomo dedito al piacere, subito, che si ritrova lontano dall’oggetto della sua passione, non gode un momento di calma, e soffre in tale lontananza un supplicio, che non si vorebbe dare al più indegno di tutti i rei. Pigliatelo quando si sveglia, la mattina per tempo, dopo una dissolurezza, o dopo l’infame possesso d’una Donna senza onore, e ritroverete, che non vi è persona al mondo, a cui riesca più nojosa la vita. Non conosce il piacere, che si gode la notte nel riflettere al giorno ben impiegato; ne l’allegrezza del cuore, che si prova la mattina dopo avere placidamente dormito, e fatti de’ sogni graziosi, e lieti. Non sa godere riposo veruno nel proprio Letto, se non dopo averne bandita la ragione, ed esigliato il buon seno, quando non venga tormentato dalle fastidiose ed ordinarie riflessioni sopra le qualità d’una Donna, che ha ritrovata tutt’altra di quello credea. Che ha egli guadagnato in quella adulterina impresa, se non il ribrezzo d’avere cattiva opinione di quella, che due o trè giorni prima tanto apprezzava; e di avere forse disonorato il talamo d’un fedele Amico? Un Uomo, che corre dietro ai Piaceri n’è tanto occupato, che non quasi mai tempo di attendere a proprj interessi, non che di prestare qualche servigio agli altri. Non già, ch’egli non abbi una certa compiacenza, ed alcune maniere civili, per l’abito, che sen’e formato, colla longa pratica del mondo. Ma esponetegli i vostri bisogni, le vostre inquietezze, i vostri imbarazzi; non ha premura, che di soddisfare i suoi rei, e brutali capricj. Non conosce la vera allegrezza che perde, per correre dietro a vani fantasmi. Il Piacere è come una Beltà apparente, che vi si accosta, con aria ridente, cogli occhi amorosi e con una lusinghevole grazia, e che poi si ritira tutta in disordine, vergognosa, e convinta della sua vera orridezza. Il Piacere forma la vergogna della nostra Gioventù, e la ignominia della nostra età avvanzata. L’Accenato Amico ci parla qualche volta delle sue dissolutezze antiche, e vorebbe, perciò, che più si stimasse, perche cioè pretende d’avere incontrate delle buone fortune. Ma stento a credere che la memoria di quelle indegne fortune possa mai consolarlo in qualche afflizione. Non vi è presso di me occasione in cui il vizio faccia più nojosa comparsa, che quando due vecchie Persone s’incontrano, dopo avere in gioventù passate troppo segrete famigliarità frà di loro. Dichiarare ad una vecchia sdentata, che una volta portava una candida restelliera in bocca; o ad un Gallante, tutto tremolo e senza vigore, ch’egli era una volta la delizia di tutte le Donne, ella è una satira, non un Elogio. I capelli grigj di quelli, che hanno impiegata la loro vita nelle fatiche, nello studio, e nella pratica delle virtù, li rendono venerabili, e tutto il mondo vorrebbe, che fossero immortali. Che che ne sia, ritorniamo più diritto all’Uomo spiritoso dedito al piacere di qualsivoglia rango egli sia, per l’ordinario trascura gli Amici, la Moglie e Figli; ne lascia questi Eredi, se non di malattie, e di beni ippotecati. La irresolutezza, e le dilazioni, in tutti gli affari d’un Uomo, sono una naturale sequela del suo attacco a piaceri mondani. Il nobile, e l’ignobile, che vi si abbandonano, vi ritrovano finalmente il loro disonore, e la loro rovina. La indulgenza, che in tutti i secoli si è conceduta a simili attachi, è nata particolarmente, perche le Persone d’ un grande merito per altri capi, hanno sagrificato a questo Idolo. Le loro buone qualità hanno dato rillievo a loro difetti; ed una mescolanza di talento ha servito di passaporto alla pazzia. Un Uomo, che ha passata miglior parte del suo tempo ne’ piaceri, nelle allegrezze, e ne’ divertimenti, raccolga nella sua mente tutto ciò, che ha fatto, o detto di più considerabile, e ritroverà, che una volta punse sul vivo, quell’amico; che usò troppo crudeltà con quell’altro; che die in un trasporto, fuori di proposito in quella occasione; che avvanzò troppo la calunia in certi incontri, in somma, dopo avere esaminati tutti li suoi piaceri, non ne ritroverà un solo, che possa dare la minima soddisfazione al suo cuore; ne che volesse scegliere per carattere specifico della sua Persona. Quelli, che compariscono meglio disposti a godere tali piaceri, non ne raccoglieranno mai altro frutto. Che sarà poi della maggior patre degli Uomini, che vi corrono dietro senza ingegno, e senza discernimento. La scena, in questo non puo essere più stravagante; i deboli compariscono in Teatro per imitare i sciocchi. Vi sono de’ Piaceri ne’ Pasti dissoluti, e nelle tumultuose allegrezze di molti anche nobili, particolarmente in villa, che si divertiscono nell’estinguere con sollecitudine quella scintilia di Ragione, che traspira in loro, quando mantengeno la dovuta sobrietà. Queste gradite dissolutezze non tendono che ad imbestialire, con tutta la diligenza i sensi, bevono fino a perdere il gusto del vino; mangiano fino ad opprimere il calor naturale; urlano fino ad irrocchire la voce.