Référence bibliographique: Cesare Frasponi (Éd.): "Lezione CCCXI", dans: Il Filosofo alla Moda, Vol.5\311 (1729), pp. 393-399, édité dans: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Éd.): Les "Spectators" dans le contexte international. Édition numérique, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4881 [consulté le: ].


Niveau 1►

Lezione cccxi.

A quelli, che ereditano considerabili Facoltà.

Citation/Devise► Nunquam ita quisquam bene subducta ratione ad vitam fuit,
Quia res atas, usus semper aliquid adoptet novi,
Aliquid moneat, ut illa, que te scire credas, nescias ;
Et, qua tibi putaris prima in experiundo, ut repudies.

Terent. Adelph. Hat. v. Sc. 11. 1. ◀Citation/Devise

Niveau 2► Metatextualité► Nella seguente Lettera, che ho ricevuta dal più volte mentovato Capitanio mio associato, ed Amico, vi ritrovo sentimenti, che mostrano, se non m’inganno, un animo uguale, una mente ragionevole, e soda, ben disposto a sostenere così la buona, come la cattiva fortuna. ◀Metatextualité

Niveau 3► Lettre/Lettre au directeur► Sig. Filosofo.

Pervenuto alla eredità del mio onoratissimo Zio, il Cavalliere già vostro associato, ed Amico, duro fatica nel [394] sostenere la figura di quel buon uomo, della vecchia stirpe, colle facoltà delle quali godeva, in sì graziosa maniera. Non saprei rifflettere sopra il suo Carattere, se mi è permesso il dirlo, con tutto il rispetto, che gli è dovuto, e che da me esigono i suoi gran beneficj, senza arricordarmi una verità, che parmi d’avere appresa nella vostra Società. Che un uomo pieno di ardore, e di buon cuore, benche per altro di assai tenue intendimento, supera di molto nella civile Società, chi possiedendo bei talenti, è di umore indolente, e freddo. Ahi! perchè avrò io ribrezzo nel rilevare i deboli del mio illustre Congionto? Le sue picciole bizzarie, e la di lui insufficienza nelle Conversazioni polite sono morte con lui, ma il rifflesso alle sue grandi, e buone qualità fà onore alla sua memoria. Che dico? Questo contrasto dà rillievo al suo merito. Ha lasciata di lui tanta riputazione, che non sarebbe cosa indegna dell’uomo più sapiente l’impiegare tutta la sua vita, per farne acquisto.

Che che ne sia, tengo principalmente in mira il quì dipingervi la situazione del mio animo, ed il piacere, che mi prometto dal godimento della mia nuova Fortuna. Ho rattenuti tutti i Domestici, ed altri, ch’erano al [395] servigio del fù mio Zio, eccettuati quelli, che avevano bisogno di essere congedati, ai quali ho distribuiti piccioli stabilimento, che si ritrovano dentro il recinto del mio Dominio. Per quelli de’ quali mi aveva positivamente incaricato, e ne ha fatta, egli stesso la lista, gli ho posti presso i Gastaldi, che hanno rinovato meco il loro accordo. Questi debbo mantenerli, loro vita durante, ed ho accordati loro, per tal’ effetto, sì grandi vantaggi, che sarà sempre loro interesse l’averne cura particolare. Ho ritrovata, in oltre, una buona somma in Cassa, e ne ho disposto tra’ miei sudditi, sul piè nell’ordinario interesse, che alla sicurezza del mio Capitale. Da un'altra parte, esiggo da quelli, che mi hanno grandi obbligazioni, di fare sicurtà per la loro pover gioventù, sieno maschi, ò femine, che meritano d’essere ajutate per istabilirsi nel mondo. Mi lusingo perciò, di regolare sì bene i miei affari, che la generosità servirà più tosto ad accrescermi, che a diminuirmi l’entrata. Non presterò in somma, il mio danato, che a Persone bisognose, colla sicurtà di quelle, che più nol sono per i beneficj ricevuti dalla mia Famiglia, ò da me stesso. Di maniera, che que-[396]sti ponno rendersi utili a loro prossimi col soccorso della mia Borsa, che ritroveranno sempre appartata a tale prezzo. Ho già così impiegate quattro mila Doppie, e rimarreste meravigliato, se vi dicessi il numero delle Persone, che se ne approfittano. Non è questo il tutto: per quello riguarda gli Orfanelli destituti d’ogni sussidio, raccomandatimi dal Cavalliere, somministro loro di che impiegarli a qualche mestiero colla cauzione de’ loro Parenti, o de’ loro Amici, sotto la condizione, che se vengono a morire prima, che termini il loro tempo, non sarò tenuto a pagarle cosa veruna; il che obbliga i loro Parenti, e Padroni a tenere cura particolare di que’ poveri giovani, i quali dopo avere finito il loro tempo, ponno dare due, ò tre anni del loro tempo a quelli, che hanno fatta sicurtà, e somministrato tale danaro per loro. Ecco ciò che è passato di più considerabile, in questo genere, da che sono entrato al possesso della mia eredità. Ma siate sicuro, che cercherò sempre le occasioni di rendermi utile a tutti li miei vicini; e di concorrere all’avvanzamento de’ loro interessi.

Permettetemi di quì esporvi un picciolo Stabilimento, che ho fatto: egli ha qualche tenore della vita, che una [397] volta menavo; spero mi recherà molta soddisfazione per lo rimanente de’ miei giorni, sieno pochi, o molti.

Ciascheduno è prevenuto in favore della educazione, che ha ricevuta in gioventù. Nè sò se fosse debolezza l’abbandonarla. Tale pregiudizio è simile a quello, che sì ha per la Patria, la quale si preferisce a tutti gli altri Paesi del mondo. Dopo avere impiegata la mia gioventù nella milizia, ho dopo sempre creduti gli Ufficiali, che conservano la modestia, e la bontà di cuore; la giustizia, e la umanità, Personaggi li più degni, e li più stimabili sopra la Terra. Essere la maggior parte del tempo esposti a crudeli pericoli, a penose vigilie, a furiose battaglie, a disastrose marchie; e passare il rimanente del tempo nella esatta osservanza della virtù, e della vita civile, è un mestiero, ò più tosto un Eroismo, che non doverebbe provare i cattivi trattamenti, che d’ordinario riceve. Fate conto, mio caro Signore, che se non vi fossero molti Ufficiali di questo merito, non avremmo vedute le gloriose imprese accadute a nostri giorni. Ciò che forma il Carattere d’uno vero soldato è il contraposto di quello, che comparisce in abito rosso, che fà strepito, che insolenta, e vuole soperchiare da per tutto, dove [398] si ritrova. Ora volevo dirvi, che per onorare la Professione militare, ho destinata una somma bastevole a tenere tavola aperta, per que’ bravi Ufficiali, che hanno ben servita la loro Patria, e che vorranno di tempo, in tempo, venire a passare l’Autunno, ò la Primavera, in questo Paese. Vi ritroveranno Cavalli, Servidori al loro servigio, con tutte le commodità convenevoli, a tutti li divertimenti che può somministrare una bella conversazione. Se il Colonello Bravardo volesse farmi quest’ onore, non vi è uomo al mondo, che fosse il più ben venuto di lui: ha sì perfetta cognizione della milizia, tanta sincerità, maniere sì oneste, ed il cuore sì buono, che il suo esempio potrebbe animare quelli, che gli si rassomigliano, a favorirmi. Che che ne sia, avvertirò i Signori Ufficiali, che debbono tenersi come invitati, ò nò, a misura, che il loro Carattere si avvicina, ò si allontana da quello del applaudito Colonello.

Per altro benche sia diventato Gentiluomo di Campagna, non debbono i miei Amici temere, che gl’impegni a passare i limiti della Temperanza, e dalla Sobrietà. Nò, Signore, averò sempre abbastanza di que’ Precetti di Virtù, e di Creanza, che abbiamo coltivati nella nostra Società, [399] per avere in orrore tutti gli sregolati piaceri. Mi arricorderò, sopra tutto, di ciò che dice il nostro caro Cicerone, che il piacere di mangiare consiste nell’appetito, non nella sazietà. Quelli che corrono dietro alla voluttà con più ardore, quasi mai vi arrivano. Finalmente non posso a meno di non palesare a voi, che siete Filosofo, la soddisfazione, che provai jeri leggendo in quest’ Oratore Romano: qualmente un Nobile Atteniese, dopo avere cenato con Platone, gli fè, il giorno vegnente questo bel complimento. I pasti, che date a’ vostri Amici, non piacciono solamente quel giorno, ma eziandio il giorno seguente. Sono &c. ◀Lettre/Lettre au directeur ◀Niveau 3 ◀Niveau 2 ◀Niveau 1