Zitiervorschlag: Cesare Frasponi (Hrsg.): "Lezione CCLXVII", in: Il Filosofo alla Moda, Vol.5\267 (1729), S. 83-89, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4837 [aufgerufen am: ].


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Lezione cclxvii.

Agli Educatori della Gioventù: Alle Donne Brontolone. Ed à mal maritati.

Zitat/Motto► Ego, apis matine
more modoque
Grata carpentis Thyma per laborem
Plurimum, circa nemus, uvidique
Tiburis ripas, operosa parvus
Carmina singo.

Hor. L. 4. Ode. 2. 27. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► Metatextualität► Le seguenti Lettere contengono delle riflessioni, le quali pajono di qualche conseguenza per i Sapienti, e per la vita Domestica. Vi è nella pri-[84]ma un’ Allegoria sì ben’ avvanzata, che no puole riescire se non dilettevole a chi ha buon gusto per le cose ingegnose, e galanti. ◀Metatextualität

Ebene 3► Brief/Leserbrief► Mio Signore.

L’altro giorno passeggiando in vago Giardino, osservai la infinita varietà de’ progressi nelle Piante, e ne’ Fiori, di là dà quello sarebbono potuti giugnere senza coltura; e naturalmente passai a riflettere sopra i vantaggi della educazione, e sopra la maniera, che si pratica ne’ tempi correnti. Quante buone qualità di Ingegni, dicevo frà me stesso, non si veggono perdersi miseramente per mancanza d’una simile cura, e d’una uguale destrezza nel coltivarli? Quante virtù non si veggono affogate dalla moltitudine delle erbe selvagge, che si lasciano con loro crescere? Quali bei Talenti non si veggono alla giornata, seccare, e diventare inutili, perche piantati in cattivo terreno? Quanto parimente è raro, che le sementi della virtù producano il buon frutto, che se ne potrebbe aspettare, perche si trascura di coltivare, di mondare, e di maneggiare destramente le nostre tenere inclinazioni, e i principali istinti, che ci fanno agire? Finalmente queste speculazioni, che nasco-[85]no da se medesime, mi strascinarono a concludere, che vi sia, come una sorta di principio vegetabile nell’anima di tutti gli uomini, quando vengono al mondo. Ne’ Fanciulli, che succhiano il Latte, se ne stanno sepolte, e nascoste le sementi, fino che ad un certo tempo, tramandano delle ragionevole Foglie, cioè le parole. In un'altra stagione incominciano a comparire i Fiori, con tutta la diversità de’ più vivi colori, e con tutti li tratti gajosi d’una immaginazione focosa. Il Frutto, che indi si forma, da principio, è verde, acerbo, e disgustoso, nè si raccoglie fino a tanto, che reso maturo dalla cura, e dalla vigilanza, si scuopre in tutte le belle produzioni della Filosofia, delle matematiche, e d’un esatto discorso. Quando tali Frutti sono pervenuti ad una giusta maturità, e sono di buona sorta, somministrano il più sodo nodrimento all’Intelletto. Feci di nuovo riflessione sopra le Foglie ragionevole, delle quali ho parlato, e ritrovai, che vi era quasi tanta varietà frà di loro, quanta ne comparisce nel Circolo de’ vegetabili. Vi osservai, facilmente, le Foglie arrendevoli, e brillanti dell’Italiano. La leggiadria, ed il moto perpetuo di quelle del Tremolo Francese. Gli Alberi, sempre verdi de’ Greci, e de’ Latini. Il Mirto Spagnuolo, [86] la Quercia Inglese, le Foglie spinose dell’agrifolio Todesco, ed Olandese. La ortica Polonica, e Russiana, oltre una infinità di Piante straniere venute dall’ Asia, dall’Affrica, e dall’America. Vidi molti Alberi sterili, che non aveano, se non delle Foglie senza veruna speranza di portare mai nè Fiori, nè Frutti. Le Foglie d’alcuni erano Aromatiche, e di regolare figura, la dove quelle degli altri erano di cattivo odore, e d’irregolare figura. Mi stupj nel vedere una truppa di Vecchi Botanisti sì bizzarri, che spendeano tutta la loro vita nel contemplare alcune Foglie secche, venute dall’Egitto, dal Paese de’Cophti, dall’Armenia, ò dalla China, mentre si occupavano a raccogliere, dentro erbieri di grossi volumi, tutte le Foglie di qualche Albero particolare. I Fiori divertivano, in maniera graziosa, colla meravigliosa varietà delle loro figure, de’ colori, e degli odori, benche la maggior parte, ben presto s’inarridissero, nè durassero al più che un anno. Alcuni Fioristi di professione ne fanno il loro continuo studio, e dispregiano tutti li Frutti. Si vede eziandio, di tempo in tempo, una picciola truppa di Fantastici, che impiegano tutta la loro vita nel coltivare un Tulipano, ò altro fiore. Ma la più gallante di tutte le applicazio-[87]ni, ella è di ben scegliere i Fiori, frammischiarli assieme, e fare de’ mazzetti da presentare alle Dame. Si osserva, che l’odore de’ Fiori Italiani, come pure quello degli altri profumi di quel Paese, riesce troppo acuto, ed offende il cervello; che l’odore de’ Fiori Francesi, benche ricamati di varj colori vivi, e risplendenti, riesce debole, e passaggero: che i Fiori d’Alemagna, d’Inghilterra, e del Nord, non hanno, che poco, ò niente di odore, e qualche volta è disgustoso. Gli Antichi aveano il segreto di perpetuare la bellezza, il colore, e a delicatezza d’alcuni de’ loro esquisiti Fiori. Hanno conservato fino al dì d’oggi il loro splendore, ma pochi moderni hanno l’arte d’immitarli. Questi antichi Fiori seminati bene a proposito, fanno assai gallante effetto, e ponno servire di ornamento ad un Convito, ma quando troppo si amano, e si profondono, cagionano il dolore di capo. E cosa rara il ritrovare una Pianta sì vigorosa, come il Cedro, che dia, allo stesso tempo, Foglie di luminoso verde; Fiori di gradito odore; e Frutti di gusto assai delizioso. Sono &c. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

[88] Ebene 3► Brief/Leserbrief► Mio Caro Filosofo.

Voi ci avete ultimamente data una eccellente Lezione sopra la forza del costume, e sopra il meraviglioso effetto, ch’egli ha di renderci il tutto gradito. Non posso negare di non avere ricevuto più di due soldi d’istruzione della lettura di quella Lezione, e di non avervi ritrovato del gusto, in generale; ma senza complimento, provo sinceramente del’afflizione, di non potere, con voi credere, che il costume abbi la virtù di renderci il tutto gradito. In poche parole, io ho l’onore d’essere accompagnato con una Dama Giovane, la qual’è, in buon Italiano, una delle più celebri Brontolone, che si dieno nella sua età. Due Mesi dopo, che fummo assieme, incominciò a liberamente brontolare, e con me, e co’ suoi Domestici; e benche io sia, da tre anni, accostumato alle continue suonate, non sò se provenga dalla mia poca virtù, ma posso ben dire, che nol risento meno di quello facessi ne’ primi giorni. Ho parlato di questo a’ suoi parenti, i quali mi dicono tutti, che sua Madre, e sua Nona erano ammendue di tale umore; di ma-[89]niera che non debbo aspettare si rimetta, essendo un male della Famiglia, che gira nel sangue. Abbiate la bontà di porgermi una parola d’avviso sopra il mio stato; non vi domando già, che me la rendiate gradita, sarebbe un troppo esigere da voi, ma solamente, che mi suggeriate i mezzi di sopportarla con indifferenza. Sono &c.

P. S. Per fare giustizia a questa povera Figliuola, debbo avvertirvi, che il nostro matrimonio, non è stato di sua elezione, si come nè meno di mia; che per questo scanso di darle alcun motivo di lagnarsi, e che viviamo insieme più bene, che non fanno quelli, che si odiano prima di sposarsi. In oltre, per non mancare di rispetto verso di quelli, che ci hanno dati alla luce, ò almeno per estenuarne la colpa, la mia cara Compagna maledisce mio Padre, e mia Madre, ed io maledico li suoi, perche hanno voluto il nostro matrimonio. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3 ◀Ebene 2 ◀Ebene 1