Donna galante: Num. XXI

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Livello 1

Num. XXI.

Livello 2

Amore, galanteria.

L’Amore è più vivo della galanteria: ha per oggetto la persona: fa che si procuri di piacergli colla vista di possederla. Egli s’impadronisce agramente del cuore, e deve la sua nascita ad una certa cosa, che non si può definire, che trasporta i sentimenti, e strappa la stima prima d’ogni esame, e senza alcuna informazione. La galanteria è una passione più voluttuosa dell’amore: ha per oggetto il sesso; fa che s’annodino degl’intrighi nella vista di godere, e che maggiormente si ama per propria soddisfazione, che per quella della sua Dama. Attacca meno il cuore che i sensi, e deve più al temperamento, ed alla complessione, che al potere della bellezza, di cui ella però ne sviluppa il dettaglio, e ne osserva il merito con occhio meno conoscitore, e meno prevenuto di quello dell’amore. L’uno ha il potere di rendere gradite ai nostri occhi le persone, che piacciono a quella che amiamo, purchè non siano nel numero di quelle, che eccitar possano la nostra gelosia. L’altra ci riduce a maneggiare tutte le persone che sono capaci di servire, o di nuocere ai nostri disegni sino sul nostro rivale medesimo, se noi veggiamo di poterne trarre vantaggio. Il primo non lascia la libertà della scelta: comanda in principio da padrone, e regna in seguito da tiranno, fino a tantochè dal tempo siano le catene consumate, o infrante dallo sforzo d’una possente ragione, o dal capriccio d’un sostenuto dispetto. La seconda permette qualche volta che un’altra passione decida della preferenza: servonle sovente di freno la ragione, e l’interesse, e si accomoda facilmente alla nostra situazione, ed ai nostri affari. L’amore ci attacca unicamente ad una persona, e gli abbandona il nostro cuore senz’alcuna riserva, di modo che l’occupa intieramente, e non ci resta che dell’indifferenza per tutte le altre per qualunque bellezza, e merito che abbiano. La galanteria ci trascina generalmente verso tutte le persone, che hanno bellezza, o altre qualità piacevoli, e ci unisce a quelle che corrispondono ai nostri desiderj, di modo però che ci resta ancora gusto per le altre. L’amore è dipinto dai Poeti con una benda agli occhi per segnare l’acciecamento in cui l’immerge. La forza di questa passione non si misura che col grado di un tale acciecamento.

Livello 3

Esempio

Questo è quello che aveva vivamente sentito quella donna, che sorpresa dall’amante nelle braccia del suo rivale, ardì negargli il fatto di cui era testimonio. E che le disse, voi spingete a tal segno l’imprudenza? Ah perfido, esclamò ella, ben vegg’io, che più non m’ami; tu credi più quello che vedi, di quello che ti dico.

Livello 3

Esempio

Una Giovane ch’era stata tre mesi senza vedere il suo amante lo incontrò un giorno nell’uscire di casa. Questi le faceva comprendere i suoi più teneri sentimenti, quando sopravvenne una forte pioggia. Il Giovine dimostrava dell’inquietudine, e cercava di evitarla. Come! Voi siete stato tre mesi assente, gli disse nel maggior trasporto l’amante, voi mi amate, voi mi vedete, e voi pensate alla pioggia.

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Esempio

Una Dama Spagnuola che vivamente sentiva la forza dell’amore, leggeva in un Romanzo Francese una lunga e tenera conversazione fra due amanti. Quanto spirito male impiegato, diceva, erano insieme, ed erano soli!

Livello 3

Esempio

Un uomo di qualità preso dalle attrattive d’una bella giovine le diceva: se tanto ci amiamo, assediata quanto voi siete da vostra Madre, quanto peneremo a trattenerci insieme con libertà? Di che mai v’imbarazzate, gli rispose la spiritosa ragazza, pensate in vece a farmene nascere il desiderio.

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Enimma. Dell’Universo intero Arbitro della sorte, Son sempre prigioniero Fra lacci e fra ritorte. Due volte dò alla luce Dodici figlj al giorno, Che possono del Tempo Chiamarsi vera prole: Due volte il chiaro Sole Tutti sparir li vede, Indi due volte ancora Risorger li rivede; Ma se la mia catena, Oh Dio! si rompe? allora Mi manca moto e lena. E forza è allor ch’io mora.

Dell’origine, effetti, ed utilità del giuoco del pallone.

Poiché la Stagione è opportuna; poichè anche a Venezia abbiamo attualmente il Giuoco del Pallone, poichè non si dispensa dall’esserne spettatore anco il nostro Sesso, e poichè infine io procuro non solo di divertire, ma altresì d’istruire, e di esser utile, darò quì la seguente, percosì dire, Dissertazione. Tanto più sarà grata, e composta di cose, e non di vane chiacchiere quanto che è Opera del famoso Giuocatore Pietro Marinoni di Bassano pubblicata a Milano. Eccola. Dell’origine del giuoco del pallone. L’Origine del Giuoco del Pallon si pretende poterla derivare sulle tracce del Poeta Omero dai Compagni d’Ulisse. Ecco pertanto come se ne vuole la storia.

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Eolo Re de’venti mosso a compassione dell’estreme sventure dell’illustre Nipote distruttore di Troja perseguitato con odio implacabile da Nettuno, e già quasi da due lustri agitato per tutti i mari, avendolo benignamente accolto, e ristorato alla sua Corte, volle fargli un dono, colla scorta di cui potesse felicemente ritornarsene alla patria. Chiusi egli pertanto i venti in certe pelli bovine, le quali consegnò ad Ulisse, istruendolo ancora della maniera, onde se ne potesse all’uopo con sicurezza servire. Lieto oltremodo il Greco Eroe di un favore così segnalato non tardò molto a radunare i Compagni, e far loro vedere il gran presente. Le otri gettate sul lido sorpresero da principio la Ciurma per loro mobilità saltellando ovunque a perpetui sbalzi; ma succedendo quindi all’ammirazione il disprezzo, e la vendetta corsero precipitosi ad armarsi le destre de’soliti cesti, e prendendo a percuotere con vicendevoli colpi quell’ampie moli, e agitandole per la vasta pianura, non sapevano saziarsi di far servire di suo ludibrio quelle anime superbe, che fino allora avevano reso loro vile bersaglio del mare, e di tante calamità.
Tale fu probabilmente l’invenzione di questo giuoco, il quale poi ridotto a certe leggi divenne così nobile, e dilettoso, quale lo vediamo al presente.

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Regole del giuoco del pallone.

Eteroritratto

Il Giuoco del Pallone è una finta battaglia, che si eseguisce nella maniera seguente. Siavi in aperta pianura di terreno sodo, sgombro, e senza prominenze uno spazio quadrilungo, che abbia almeno cento passi andanti di lunghezza, e venticinque di larghezza. I quattro lati siano segnati con visibili confini, e per una linea stabile di pietra si divida il piano in due eguali quadrilunghi largo ognuno venticinque passi, e lungo cinquanta. Uno di essi chiamasi battuta, l’altro la ribattuta: la linea di mezzo chiamasi il fallo: i confini laterali controfalli; e i confini verticali appellansi dissopra. Questo è il campo della tenzone. Due quadriglie di Giuocatori armati di Bracciale (è questo un Cesto di legno fornito nella superficie esterna di spessi, e forti denti pure di legno) occupano a vicenda i detti spazj distribuendo ciascheduna a’suoi individui il posto, e le incombenze, sebbene abbiano tutti il medesimo oggetto. La Quadriglia, che prende lo spazio della battuta destina uno a battere, e stà nel luogo della battuta; un altro alla controposta, e stà tra la battuta, e la linea del fallo; gli altri due stanno vicini alla linea del fallo, e chiamansi mezzi. L’altra che occupa lo spazio opposto mette ella pure uno de’suoi Giuocatori alla estremità, e dicesi stare allo sbalzo, ne assegna uno alla posta, e si chiama Postiere, che sta tra il Giuocator dello sbalzo, e i mezzi, i quali similmente prendono posto vicino alla linea del fallo dirimpetto ai due della parte contraria. Oltre i Giuocatori vi sono il Mandarino, che ha per uffizio di gettare il Pallone al Battitore, ed il Marcatore, che segna le Caccie, e ad alta voce accusa i punti del giuoco, e le partite per l’una, e per l’altra parte. Queste due persone sono mercenarie, e sebben necessarie al giuoco, non si computano fra’giucatori. Il giuoco è di disputarsi il terreno con battere, e ribattere il Pallone, facendo ciascheduna Quadriglia tutti gli sforzi, perchè il Pallone vada a fermarsi, e giacere sul terreno della Quadriglia avversaria. La Partita consta di quattro punti, che non si contano ad uno ad uno, ma per una certa stabilita consuetudine il primo conta quindici, il secondo trenta, quaranta il terzo, e il quarto decide della partita, quando non vi siano altre straordinarie convenzioni fra’Giuocatori. In tre modi si guadagna il punto: Primo mediante un fallo dell’avversario: secondo col guadagnar una caccia: con far un dissopra. Il Fallo si commette in varie maniere. Se il Battitore colpisce il Pallone inviatogli dal Mandarino, e non riesce a cacciarlo per aria di là dalla linea di mezzo sul terreno nimico, quando anche il Pallone arrivasse a cadere sulla detta linea, questo è un fallo, e la Quadriglia, che batte perde un punto. Il Battitore però può rifiutare il Pallone gittatogli dal Mandarino, quando non gli venga gettato in modo comodo a batterlo, ed in quel caso non fa fallo, benchè lo tocchi col bracciale. Dal modo col quale il Giuocatore lo tocca è assai facile a distinguersi se è un fallo, o se è rifiuto. N. B. E regola di giuoco, che se il pallone colpito nell’atto della battuta dal Battitore non passa sopra la testa del Mandarino, si tiene come di rifiuto; ma se oltrepassa la testa del Mandarino, allora è fallo non passando la linea di mezzo, e la Quadriglia della Battuta perde un punto. Questa regola si suole anche dichiarare specificatamente dai Giuocatori per convalidarne sempre più la convenzione. Se il Pallone venga toccato prima del secondo sbalzo successivamente, o contemporaneamente da due Giuocatori d’una stessa Quadriglia, è un fallo, e la Quadriglia, che lo commette perde un punto. Se da una Quadriglia venga cacciato il pallone per aria fuori del Giuoco dalla parte de’Controfalli, o lo facesse anche toccare sopra delle due linee laterali, questo è un fallo, e la Quadriglia che lo commette perde un punto. Quando però si desse il caso, che la parte avversa ribattesse ancor per aria il palone già fuori delle dette linee, ancorchè lo rimettesse dentro del giuoco, allora il fallo è suo, e perde essa il punto. Nota bene: se il giuoco avesse dai fianchi una muraglia, e il pallone toccasse detta muraglia, e si riflettesse da essa nel giuoco, è lo stesso, come se vi venisse di posta; ma se toccasse persone fuori del giuoco, e ribalzando rientrasse in giuoco, in tal caso è fallo in perdita di chi lo avrà battuto, ma se il pallone toccasse il Mandarino, o il Marcatore; allora si considera, che abbia toccata una muraglia. Non essendo per legge di giuoco permesso ad alcuno de’Giuocatori di colpire il pallone se non col bracciale, o col pugno sinistro chiuso, ovvero ancora col piede coperto dalla scarpa; perciò se alcuno de’Giuocatori toccasse, o fosse toccato dal pallone prima del secondo sbalzo in qualunque parte del corpo, questo è pure un fallo, e la sua Quadriglia perde un punto. Se un Giuocatore in luogo di ribattere, e rimandare il Pallone al riceverlo di posta, o di primo sbalzo, lo schiacciasse tra il bracciale, e il terreno, o tra il bracciale, ed un muro, fa un fallo, e la sua Quadriglia perde un punto. Se alcuno de’Giuocatori d’uno spazio trascorra in quello degli Avversarj prima, che il Pallone si spicchi dalla battuta, è fallo, e la sua Quadriglia perde un punto. Quando o il Battitore battendo, ovvero uno degli altri Giuocatori rimandando caccia il Pallone per aria fuori del giuoco, non già dai lati, come s’è detto, ma da una delle teste del giuoco, cioè da quella, che chiude lo spazio allora occupato dagli avversarj, in tal caso dicesi, che ha fatto un dissopra, e la sua Quadriglia guadagna un punto. Nota bene: se il giuoco avesse una muraglia, o riparo alle teste, ed il pallone toccando detto riparo, o muraglia rimbalzasse in giuoco, si calcola sempre un dissopra a profitto di chi lo fece. Se poi non accada alcuno di detti accidenti, dee una volta succedere, che ad uno de’Giuocatori non riesca di ribattere il pallone di posta, e di primo sbalzo, ma solamente di secondo, terzo, o mentre il pallone va rotolando per terra, ovvero, che nessuno de’Giuocatori sia a portata del pallone, e questo si fermi da se, ovvero esca non già di posta, ma di primo sbalzo, o di secondo, o rotolando, esca, dico, dai fianchi del giuoco; in tal caso il Marcatore marca sulla linea d’uno de’lati del giuoco con un contrasegno bianco fatto a posta, e che si chiama Caccia il sito, da cui uscì, o in cui restò fermato il pallone. Chi guadagna una Caccia, guadagna un punto, e lo perde la Quadriglia avversaria. La Partita si conduce nella seguente maniera. Comincia una Quadriglia a battere; l’altra corre contro al pallone, e dopo che ha passata la linea del fallo, mentre ancora è per aria, o al primo rimbalzare lo ribatte nello spazio opposto contro gli avversarj, e questi contro quelli fino a tanto che o succede un fallo, o si faccia un dissopra, o resti marcata una ciaccia, allora il Marcatore ad alta voce accusa o i punti, o la caccia: Fatte le prime due cacce le Quadriglie cambiano i spazj portandosi in Battuta quella ch’era nella ribattuta, e viceversa. Allora si giuoca a vincere le cacce. L’impegno della Quadriglia di battuta è, che il pallone si fermi di sotto della caccia verso la parte inferiore del giuoco; ed al contrario l’altra Quadriglia procura, che il pallone si fermi di sopra della caccia verso il luogo dove si batte, e chi riesce nell’impegno, si dice, che guadagna la caccia. Decisa la prima caccia, si passa alla seconda, dopo la quale continua tuttavia la Quadriglia, che batte ad occupare il suo spazio fino a tanto che non si facciano altre due cacce, e quindi succede una nuova vicenda delle Quadriglie nei medesimi termini. Quando una delle due Quadriglie, ovvero anche amendue hanno quaranta, allora le Quadriglie cambian terreno con una sola caccia segnata, mentre segnandone due, la seconda resterebbe superflua nel caso, che la prima venisse guadagnata dalla parte, che ha quaranta. Nascendo poi de’falli a danno d’una Quadriglia, quando hanno ambedue quaranta, nel tempo, che non fossero per anche decise le due cacce, allora si scema un punto alla Quadriglia, che ha fatto il fallo, e così progressivamente sino alla decisione del giuoco. Al terminarsi di partita il Marcatore annuncia ad alta voce le partite guadagnate da cadauna Quadriglia, dichiarando prima le partite di quella, che ha guadagnato l’ultima. Alle volte chi vince quattro punti guadagna due Partite in vece d’una sola, e ciò accade quando vi sia il Vada; il che si spiega brevemente così Qualunque volta le due Quadriglie giungono ad avere numero eguale di punti, cioè di quindici per cadauna, o trenta, o quaranta, nè vi sia in quel momento alcuna caccia in terra, in tal caso si dimanda il Vada, e se la Partita termini senza che venga più segnata alcuna Caccia, la Quadriglia, che vince prima i quattro punti guadagna due partite. Ma se accade, che dopo chiamato il Vada la partita non termini a forza di falli, o di dissopra, ed occorra segnare una caccia, allora il Vada già dimandato s’annulla, e la Partita rimane semplice. N. B. Se il Pallone crepasse, o si scucisse, o si sgonfiasse in altro modo sotto un colpo, quel colpo è nullo. Se il Pallone colpisse uno de’contrasegni, che marcano le caccie mentre sono in terra, il colpo è nullo. Se un Giuocatore per disgrazia si facesse del male, il giuoco si scioglie, o come dicesi, va a monte, quando i Giuocatori non accordassero, o non avessero preventivamente patteggiato altrimenti. Se una pioggia improvvisa interrompesse il giuoco, la partita, ed ogni accessorio si disciolgono egualmente. Qualunque differenza nasca sul giuoco, i Giuocatori non devono mai parlare, nè quistionare; ma si dovrà stare alla decisione del Marcatore, che dee essere giusto, ed intelligente del giuoco. Altre osservazioni di simil fatta dipendono dagli usi, e da particolari convenzioni, che fossero corse fra i Giuocatori. Il Giuoco si comincia al solito alle ore 22, e termina alle 23 e mezzo, annunciando preventivamente il Marcatore l’ultima Partita.
Effetti, ed utilità del giuoco del pallone. Il Giuoco del Pallone, ritenuta la sua origine di sopra esposta, è forse l’unico ramo dell’antica Ginnastica, che in uso de’spettacoli pubblici; ad onta de’tempi, e dell’instabile variar de’costumi, sia fino a noi pervenuto. Ciò somministra un sicuro indizio, che epilogando egli in se stesso tutti que’veri vantaggi, che risultar potevano dagli altri giuochi, senza averne le pessime conseguenze, gl’inconvenienti, e i disordini, onde questi abbondavano; sonosi unite in tacito consenso le più colte Nazioni a conservare l’esercizio costante pel bene dell’Umanità. Infatti può dirsi con verità, che un tale Giuoco a’dì nostri pareggi da per se solo tutto il merito di quella grand’arte, adempiendone maravigliosamente i diversi interessantissimi oggetti. L’intento di promuovere la robustezza nelle membra, e d’avere uomini pieni di maschio vigore, e alla fatica induriti, capaci d’ogni lodevole impresa per sicurezza e sostegno della Patria, fu quello, che sino dal primo stabilirsi della Società fece istituire de’giuochi, e proporre premj per animare la Gioventù a combattimenti di diversa specie. E siccome il corso, il salto, la forza, e destrezza del braccio nello scagliare il giavellotto, nello spingere una palla o girare un disco, oltre il lottare ec. erano esercizj accomodati alla maniera di combattere di que’tempi: così la gioventù faceva a gara per segnalarsi in essi alla presenza de’Giudici, che fra le acclamazioni del Popolo dispensavano nobilissimi premj ai vincitori. A questo si aggiunse ancora il consenso de’Medici, che avendo trovato niuna cosa conferir tanto al ristoro, e alla preservazione alla salute, quanto un esercizio proporzionato alla complessione, ed età, non mancarono con tutto l’impegno di promoverne l’uso; il quale di più ridondando a trattenimento, e spasso del Pubblico, diventò nel decorso del tempo cosa di tale importanza, che v’interessò diverse Cittadi, e Nazioni intiere. Ora tutti questi vantaggi, che per tanti secoli formarono la delizia del Mondo, chi non li vede uniti nel solo giuoco del Pallone, il quale di più sceuro, da ogni barbarie, e superstizione pregiasi unicamente di nobiltà, e gentilezza? Merita ben egli pertanto di essere accetto presso d’un Popolo colto qual’è il Milanese, il quale con tanta sua lode ottiene anche in mezzo alla bella Italia il grande onore di essere fra gli altri l’eminente promotore di quanto può interessare la Società.

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Il pittore schiavo. Racconto.

Esempio

Fabula

“Viaggiando un Pittore fu preso da un corsaro, e condotto alla stessa Corte del Re di Salè, perchè vantavasi di essere un valente soggetto. Presentato al Sovrano, accostati, gli disse, Tiziano bastardo, e veggiamo cosa sa fare il pennello di cui tanto ti vanti. Se tu arrivi a gradirmi ti prometto la libertà. Dipingi per ornamento della mia galleria tutte le nazioni, e sappia fare in modo la tua industria, che al primo sguardo ciascuna si distingua all’aria, ed al vestito. Il Pittore che tutto avrebbe fatto per liberarsi dalla schiavitù dipinse sì bene, imitò così perfettamente, che senza dubitarne, ogni nazione si riconosceva all’abito, ed al volto; ma ciascun Popolo essendo vestito secondo la propria maniera nella singolare sua diversa figura, il solo Francese restava tutto nudo, e portava unicamente sotto il braccio diverse pezze di stoffe. Ov’è dunque il tuo spirito, disse al Pittore il Monarca, per qual follìa dipingi i Francesi senz’abito? Sire, rispose il Pittore, ciò non vi sorprenda: il Francese cambia così spesso di mode, che l’arte mia non sapendo come determinarsi, gli somministra le stoffe, perchè s’acconci come più gli piace.”
Questo racconto è molto ingegnoso. Non bisogna però che simili piacevolezze, che si potrebbero dire e fare sulla temporaria variazione delle mode, potessero distogliere dall’adottarle. Che diciamo mai? Non dobbiamo temere questo pericolo. Sappiamo benissimo quanto lo spirito umano presso tutti i popoli della terra sia impaziente di aver qualche cosa di nuovo, e che un mezzo di piacergli è quello di somministrar loro la facoltà di soddisfare una tale impazienza. Infatti che dire mai quando si vede oggi, quanto si è veduto jeri, quanto si vidder jer l’altro, quanto si vede sempre la stessa cosa? Lo spirito umano non può accomodarsi all’uniformità. Egli è ben presto annojato.

Toletta

Acqua che rende le donne più belle. Si ponga in cucurbita cinque pinte d’acquavite, vi si aggiunghino tre libbre di midolla di pane, sei once di goma di prugno, sei once di litargirio d’argento, e ott’once di mandorle dolci. Facciasi che il tutto sia ben pistato, e si lasci digerire per ott’ore, quindi si faccia distillare a bagno-maria. Si lavi con il liquore che risulta dalla distillazione la faccia; lasciandolo seccare sulla pelle senz’asciugarla, e la carnaggione diventa bianca e lucida come uno specchio. Profumo da mischiarsi colla polvere. Prendasi una drama i musco, quattro chiodi di garofano, quattr’once di granelli di lavanda, una dramma e mezza di cipollina, ed una mezza dramma di ambra griggia: si pisti il tutto insieme, e si passi per il setaccio: un tal profumo si conservi in scatole ben turate, e se ne metti nella polvere quella quantita che si desidera secondo il piacere di sentire più o meno odore.

Teatro.

Qual Autuno! Qual Carnovale ci si apparecchiano. Averemo a Venezia due Opere Serie, una a S. Benedetto, e l’altra in quella a S. Samuele; due Buffe a S. Moisè, ed a S. Cassiano; e trè Teatri di Commedia di ogni genere negli altri trè nostri Teatri. Che delizie! Che passatempi! Corrisponderanno all’espettazione nostra? Lo vedremo. Finora non abbiamo sennon speranze. In un Foglio stampato a Milano siamo lusingati di avere per quattordeci recite nell’Autunno a Venezia nel Teatro a S. Benedetto il gran Marchesi. Ecco le prime parole di un tal Foglio. “Sì di certo, ch’egli ha accettato il partito di andare dopo il Carnovale di Torino per quindici mesi a Londra, ma per Venezia non si è ancora deciso. Egli ha accennato il Teatro di Londra per mille ottocento Ghinee, ec.” In S. Samuele averemo la famosa Pozzi, ed il Tenore Babbini. Balli, Scenario, altre Decorazioni, insomma quanto v’ha di possibile per rendere applaudito un Teatro di Opera tutto si studia. Noi però assicuriamo soltanto, che al Carnovale succederà immediatamente la Quadragesima, che lo stesso avverrà negli anni venturi; e che uomini, e donne saremo sempre quai siamo; quai furono i nostri antenati, e che il concorso maggiore sarà dove appunto vi sarà concorso, o confonderemo il buono, il mediocre, il cattivo, ed il pessimo a perpetua gloria del nostro fine discernimento, e buon gusto. Amena letteratura. Giornale Storico del Viaggio in Africa della Veneta Squadra, comandata dall’Eccell. Cavaliere, e Procuratore di S. Marco il Sig. Angelo Emo Capitano Estraordinario delle Navi, spedita a danni dalla Reggenza di Tunisi. In Venezia 1787 presso Giambattista Novelli; in 8, di pagine 114, e con un Rame di Antiporta; in cui scorgesi il Ritratto di S. E. Si è pubblicato il Quinto, ed ultimo Tomo della Storia della Vita di Federico II Re di Prussia, ec. scritta dal Sig. Domenico Caminer. Questo Volume non è meno interessante degli altri quattro precedenti, e fra le altre cose si leggono in esso molti Aneddoti risguardanti quell’Eroe Letterato; la eruditissima sua Dissertazione sopra la Letteratura Tedesca, suoi difetti, modi di migliorarla; e quanto avvenne nell’ultimo anno di sua vita. Il Nostro Sig. Storti ci ha dato il V. Tomo della ottima Opera del Bassanese Sig. Verci, intitolata La Storia della Marca Trivigiana, e Veronese. Gabinetto delle mode. Rimontando eziandio all’antichità, noi non ci ricordiamo d’avere veduto giammai essere la moda delle donne la stessa che quella degli uomini, tanto per i colori che per la formazione degli abiti. Forse che il nostro secolo, o piuttosto l’attuale nostra età sia predestinata ad essere quella dei prodigj? Oggi, eccettuati gli abiti che ancora non rimpiazzano le vestine, e li calzoni che non tengono luogo ancora delle sottane, gli abiti delle donne sono li medesimi di quelli degli uomini tanto per il taglio che per il colore. Scarpe, calzette, gilets, giubbe, pettinatura, cappelli, canne, orologj, guanti, camicie, crovatte, tutto è simile fra i due sessi per la forma e per il colore. Noi abbiamo già molte volte provato che tutto era simile per la forma; proviamo ora che lo stesso è per il colore, osservando la seguente.

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Tavola XI. Fig. 51.

Moda Francese.

Eteroritratto

Se non abbiamo quì rappresentati i gilets, o le giubbe, il motivo si è, che colle vestine all’Inglese si portano men sovente che il corsetto unito colle fiubbe; ed abbiamo rappresentato le vestine all’Inglese, perchè queste si portano più frequentemente. Questa è di taffettà rigato a piccole righe verdi, bianche, e violette. È foderata dello stesso taffettà. Le maniche fatte a gala sono fornite di manichetti di linon-bastita frastagliato. Sotto questa veste ha una sottana di taffettà color di rosa, ed un corsetto di simile taffettà legato con larghi cappietti di seta verde, passanti in altrettante lunghe fiubbe d’acciajo liscio attaccate da una parte dello stesso corsetto. È inutile di dir quì, che gli uomini come le donne hanno adottato il taffettà. Diremmo bensì, che le donne hanno presi tutti parimenti gli abiti d’estate, se non avessimo annunciate tutte le vesti che portavano nella Primavera, come gorgorano, mussolina, linon ec. che sono pure d’estate. Se si ardisse una volta di portare il taffettà in altra stagione che nella state, come il raso in un’altra stagione che nell’inverno, non vi sarebbe più per le donne alcuna distinzione per le stoffe per la tale e tale stagione. Sarebbero tutte per ogni stagione. E questo sarebbe per noi poco piacevole, perchè non sapressimo più come distinguere ne’nostri fogli le stagioni stesse. Bisognerebbe forse ricorrere ai colori. Quest’almanacco, ovvero questi solstizj sarebbero ben poco sicuri. La Dama quì rappresentata porta in testa un cappello feltrato verde-pomo, di sotto dipinto in color di rosa oscuro, ed ha sotto lo stesso cappello una cuffia d’amore di garza bianca. In questa foggia s’acconcia anche la maggior parte delle Inglesi che sono a Parigi. Le Francesi che portano solamente le vestine all’Inglese si acconciano con bonnetti à la grande Prêtresse o con bonnetti alla Turca, o con grandi bonnetti montati. La pettinatura è a piccoli ricci sulla testa, due grossi de’quali le cadono per parte sul seno: i capegli di dietro sono sparsi alla Senatoria. Tiene al collo un largo fazzoletto solio formato ed incrocicchiato davanti, e che va ad unirsi di dietro sulla centura. Ha da una parte un mazzetto di rose artefatte. I guanti sono di pellicina bianca; e le scarpe sono di taffettà color di rosa guernite di nastro verde.

Livello 3

Tavola XLI. Fig. 52. 53.

Mode Inglesi.

Eteroritratto

Li due busti quì rappresentati comproveranno facilmente, che le Dame Inglesi hanno copiate assai bene le Francesi, e che ne fu pronto l’adottamento. Vesti rigate, vesti con pistagna; e si sa che questa moda è nata da poco tempo a Parigi. La prima è vestita con un redingotto a maniche alla marinaja di panno quasi nero, guarnito di bottoni color di rosa, e bordato d’una pistagna pure color di rosa. Sotto questo redingotto porta un gilet fondo argento ricamato a pagliuole d’oro, ed una sottana di taffettà color di rosa oscuro. Al collo un fazzoletto di garza solio molto gonfio. È acconciata con un bonnetto à la grande Prêtresse, fregiato d’una fascia Turca in vece d’un nastro, o d’una ghirlanda di rose finte. La pettinatura è tutta a ricci staccati. Quattro grossi ricci per parte a due giri le cadono sul seno. Di dietro i capegli restano sparsi alla Senatoria. La seconda ha una veste di taffettà a righe verdi e rosa. Ha questa veste le maniche fatte a gala, e guernite di larghi manichetti di garza frastagliata. Sotto questa veste porta un corsetto di taffettà bianco allacciato con fiubbe d’acciajo liscio, in cui vengono passati dei cappietti di seta verde-pomo; ed una sottana di taffettà blò celeste frastagliata nella sua estremità. Tiene al collo un gonfio fazzoletto a due piccoli falbalà ritagliato fermato davanti, lasciando cadere le due code di esso che vanno ad attaccarsi di dietro sulla centura. Anche questa moda di sopra annunziata è stata adottata dalle Inglesi. Noi ne abbiamo finora ignorata l’origine. Ha in testa un gran cappello fatto di garza gialla montata sopra gli ottoni, e fatto nella guisa dei cappelli di sparterie, cioè in alto con una forma rotonda, molto stretta, e con bordi assai larghi. Questo cappello è cinto con un largo nastro violetto, che forma due nodi uno davanti, e l’altro di dietro, lasciando cadere molto basse l’estremità del nastro medesimo. La pettinatura è a piccoli ricci staccati. Quattro grossi di essi a due giri le cadono per parte sul seno, e di dietro i capegli sono rilevati in un teso cignone. I guanti sono di pellicina bianca, e con una mano agita il suo vantaglio, che ha le canne dipinte di coda di canarino.

Tavola

Delle Materie contenute in questo Numero XXI. Amore, Galanteria. Pag. 259 Enimma. 262 Dell’Origine, Effetti, ed Utilità del Giuoco del Pallone. 263 Dell’Origine del Giuoco del Pallone. ivi Regole del Giuoco del Pallone. 273 Il Pittore Schiavo. Racconto. 276 Toletta. Acqua che rende le donne più belle. 278 Profumo da mischiarsi colla polvere. Ivi Teatro. 279 Amena Letteratura. 279 Gabinetto delle Mode. 281 Spiegazione delle Tavole XL. XLI. Fig. 51. 52. 53. 282 284.