Cita bibliográfica: Gioseffa Cornoldi Caminer (Ed.): "Num. XVIII", en: Donna galante, Vol.2\18 (1786), pp. NaN-192, editado en: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Ed.): Los "Spectators" en el contexto internacional. Edición digital, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4803 [consultado el: ].


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Num XVIII.

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[163] Dialogo

Fra Platone, e Dionigi il tiranno.

Diálogo► Dionigi. Buon giorno Platone. Eccoti finalmente ridotto come già ti viddi in Sicilia.

Platone. Egli è ben giusto che tu non sia così brillante, come eri in vita. Quà giù siamo tutti eguali, il Re col medico, il Letterato coll’ignorante, il Ministro col facchino.

Dionigi. Tu eri un filosofo chimerico, e chimerica era la tua Repubblica.

Platone. La tua tirannia non era più ferma della mia Repubblica, e perciò dovette cadere.

Dionigi. Il tuo amico Dione fu quello, che mi tradì.

Platone. Tu sei quello che ha tradito se stesso. Quando l’uomo si fa odiare deve temere di tutto.

Dionigi. Cosa non costa mai il farsi amare? Bisogna contentar gli altri; e però vale assai di più il contentare se stessi, a costo anche di farsi odiare.

Platone. Quando un Principe si fa odiare per contentare le proprie passioni, egli si procura tan-[164]ti nemici, quanti sono i suoi sudditi; e non vive mai in sicurezza. Dimmi la verità, dormivi tu tranquillamente?

Dionigi. No, io lo confesso; ma il motivo si è, perchè non avea fatto morire ancora tanta gente che bastasse.

Platone. E non di accorgevi che la morte degli uni s’attirava l’odio degli altri? che quelli i quali vedevano a massacrare i loro vicini, si aspettavano al loro turno la stessa sorte, da cui non potevano salvarsi, che collo prevenirti? Bisognava dunque, per farsi amare, od uccidere dal primo all’ultimo dei cittadini, od abbandonare il rigore. Quando il Popolo vi ama, voi non avete più bisogno di guardie; voi siete nel mezzo dei vostri sudditi, come un buon padre di famiglia, che nulla teme trovandosi in mezzo de’suoi figliuoli.

Dionigi. Mi soviene le tante ragioni, che tu mi andavi dicendo, allorchè io fui in procinto di abbandonare la tirannia per divenire tuo scolare, ma un adulatore me lo impedì. Altronde bisogna confessare, che è ben difficile di rinunciare alla Sovranità.

Platone. Non sarebbe stato meglio che tu vi rinunciassi volontariamente per divenire filosofo, [165] che di esserne spogliato con iscorno per quindi doversi trasferire in Corinto a fare il Maestro di scuola per guadagnarsi da vivere?

Dionigi. Io non prevedeva che mi si avrebbe scacciato.

Platone. E come mai potevi sperare di dimorare in un luogo, ove tu avevi messo il mondo nella necessità di sperderti per esimersi dalla tua crudeltà.

Dionigi. Io sperava che niuao [sic] avrebbe esato di attaccarmi.

Platone. Quando gli uomini rischiano d’avantaggio nel lasciare vivere un Principe, che coll’attaccarlo, si trova sempre che essi lo prevengono; le stesse guardie non possono garantire la propria loro vita, che mediante la morte del tiranno. Ma parliamo sinceramente: Non hai tu vissuto più tranquillamente nella povertà di Corinto, che fra lo splendore di Siracusa?

Dionigi. È vero. A Corinto il Maestro di Scuola mangiava, e dormiva assai bene, ed il Tiranno in Siracusa vivea sempre in timore, ed in diffidenza. I piaceri non erano più piacer per me, perchè mi vi era troppo accostumato; ma dimmi, ti credevi disgraziato, quando ti feci vendere?

Platone. Nella mia schiavitù io godeva di quel [166] risposo, che tu godevi a Corinto, colla sola diversità, che io aveva la sorte di soffrire per l’ingiustizia di un tiranno, quando tu all’opposto fosti vergognosamente spogliato della tua tirannia.

Dionigi. Và, che io non vi guadagno a disputare con te. Se avessi a ritornare in vita io sceglierei una condizione privata, o quando avessi a governare, io procurerei di farmi amare da’miei sudditi. ◀Diálogo ◀Nivel 3

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Allegoria.

Allegorie► Lo spirito e la scienza erano figli d’Apollo, ma di due madri diverse. Le lieta Eufrosina dato avea la vita allo spirito, e la seria Sofia alla scienza. Il fratello, e la sorella si rassomigliavano di molto. Alla toletta di Venere lo spirito si beffeggiava della scienza e contraffaceva l’esterior suo grave e pesante. La scienza tratteneva Minerva sull’ignoranza dello spirito. Coll’età s’accrebbero le loro querele. Il fratello trionfava sempre al principio d’una disputa; sua sorella lo confondeva alla fine di essa. In tal guisa si procacciava stima e venerazione: avevasi per lei tutto il gusto e l’inclinazione. Quanto allo spirito impetuoso e rapido, tutto donava alla novità. Imba-[167]razzata la scienza distingueva eternamente, e non accordava il suo voto che all’antichità, all’autorità, ed alla ragione. L’uno divertiva continuamente, l’altro convinceva sovente; ma volendo essi sortire dal loro carattere si rendevano molto ridicoli. Si disprezzavano i raziocinj dello spirito, ma non si scherzava su quelli della scienze. Finalmente si riscaldarono fra loro; si frammischiò l’animosità, e si formarono nel Palazzo celeste dei forti partiti; e per ristabilirvi l’armonia, Giove ne scacciò le due rivali. Portarono fra i mortali i loro gusti e le loro contese. I giovani furono del partito dello spirito, ed i vecchj della scienza. Si costrussero dei Teatri per il primo, e dei Collegi per l’altra. Entrando nel mondo bisognava fare una scelta, e rinunciare ai favori d’una delle divinità per partecipare di quelli dell’altra. Le potenze rivali si collegavano contro i nemici comuni. Eravi infatti una classe di mortali, che dedicati a Plutone egualmente disprezzavano e lo spirito, e la scienza, e a poco a poco toglievano loro le proprie conquiste. Stanca di queste frequenti diserzioni la copia celeste domandò ed ottenne dal Padre delli Dei il permesso di rivedere la patria loro, ma il ritorno fu difficile. Lo spirito si sollecitò, stese le ali, montò nelle nubi, e [168] si perdette; durò anco molta fatica a ritornare a terra. La scienza non correva questo rischio: ella sapeva la strada, ma per mancanza di forza non poteva alzarsi, e ritrovava cadendo il suo antagonista come lei nel cammino poco avvanzato. Dopo inutili sforzi la necessità fece loro acconsentire di reciprocamente ajutarsi. Lo spirito sostenne la scienza, e la prese per sua guida: quest’unione ebbe delle felici conseguenze. Il fratello iniziò sua sorella nel commercio delle grazie; essa per parte sua l’impegnò al servizio delle virtù. Il matrimonio terminò di unirli, e diè vita alle scienze ed alle arti. ◀Allegorie ◀Nivel 3

Nivel 3►

Combattimento fra l’amore, ed il dovere.

Diálogo► Allegorie► Nel mirar quegli occhi tuoi

Sì soavi al giro, al guardo,

Pastorel, mi strugo, ed ardo,

E ritorno ai miei sospir.

Ma più ancor mi trema il core

Di tua voce al dolce incanto,

Con confuso insiem col pianto

Mi fa tutta illanguidir.

Ah perdona! Il mio destino

[169] Sì crudel con te mi rende;

Che se Amore il cor m’accende,

Pur giammai si piegherà.

A quel nodo avvinta sono;

A quel barbaro dovere,

Che avvelena ogni piacere,

Che mi vieta aver pietà.

Io giurai sull’ara un giorno

Fede eterna a un sol Pastore,

E giurai che un solo Amore

Io nodrito avrei nel cor.

Nel gentile tuo sembiante

Poi m’avvenni, e sì mi piacque,

Che s’estinse il primo, e nacque

Un più forte e vivo ardor.

Io sperai trovarti un core [sic]

Non eguale al bel sembiante;

Chiesi al Ciel, che un incostante

Ritrovar potessi in te.

Chiesi al Ciel, che il foco mio

Fosse privo d’alimento;

E tu allor; fu in quel momento

Che la fiamma crebbe in me,

Sempre sordi a voti viei

Fur li Dei; e parve allora

[170] Che un bel cor, che s’innamora.

Innamori il Cielo ancor.

De’suoi pregi adorno ci viene

A far guerra a un debil sesso;

Poi si chiama folle eccesso

Ciò ch’è premio al suo valor,

Giovinetto, se tu m’ami,

Lascia almen ch’io viva in pace.

Lo fai pur che a quel che piace

Lieve scudo è la virtù;

Che delle anime più belle

È la guida, ed il conforto

Ma s’invola a un sol trasporto

Della calda gioventù.

Così pallida e tremante

Cantò Nice, e il suo Fileno

Sospirò.°.°.°.°.° La strinse al seno,

Di colore si cangiò.

La natura in quell’istante

Fu pur dolce! Il molle freno

Tolse Amore, e il Ciel sereno

La lor sorte invidiò. ◀Diálogo ◀Allegorie ◀Nivel 3

[171] Aneddoti.

Nivel 3► Exemplum► Un Poeta Inglese d’una bella figura, e dagli Amanti citato per un modello di costanza in amore, avendo ricevuto una sfida in iscritto, la rimandò al suo Avversario postillata così.

„Non è il timore di morire, o di battermi che riscurar mi faccia la vostra proposizione, ma il desiderio di conservare un tenero cuore non per me, ma per Celia. Calmate dunque il vostro furore. Risparmiate non la mia persona, ma la mia Amante. La vostra spada farebbe la ben venuta in tutti i luoghi del mio cuore, in cui essa non si trova.” ◀Exemplum ◀Nivel 3

Nivel 3► Exemplum► Un gentiluomo Napoletano sostenne quattro duelli per assicurare che Dante valeva più dell’Ariosto. Questo entusiasta Dante, rrovandosi [sic] vicino a morte, esclamò dolorosamente: oimè! Io non ho letto ancora nè l’uno nè l’altro. ◀Exemplum ◀Nivel 3

Metatextualidad► Crediamo che i nostri Lettori vedranno con piacere i dettaglj d’una causa straordinaria giudicata all’Ufficialità di Saintes a Parigi, e che fa oggi il soggetto di tutte le conversazioni. ◀Metatextualidad Nivel 3► Exemplum► Il giudizio porta lo scioglimento d’un illegittimo matrimonio contratto fra due uomini Francesco [172] Suire, e Maria Besson. Non si sa come un simile imeneo sia restato per tanto tempo nascosto, essendo stato sepolto per diciotto mesi nelle ombre del più profondo mistero. ◀Exemplum ◀Nivel 3

Nulla diremo degli antichi e moderni Androgini, nè richiameremo quì la storia dell’Ermafrodito Giovanni, ed altri simili: non si tratta quì d’un ente à due sessi; l’individuo di cui parlîamo [sic] è veramente un uomo, quantunque battezzato sotto un nome di donna, ed allevato nella compagnia delle figlie. Nivel 3► Exemplum► Un ritardato sviluppamento di forme potè ingannare i parenti. Le circostanze della sua educazione lo lasciarono in una straordinaria ignoranza del suo sesso. La noja della sua situazione lo condusse al matrimonio senza gusto, senza desiderio, senza cognizione di causa, e per conseguenza senza volontà di rendersi colpevole di profanazione. Così i Giudici non pronunciarono che un semplice scioglimento di matrimonio senza infliggere alcuna pena. Giudicarono ragionevolmente che la sola ignoranza aveva fatto errare i due contraenti. In un secolo meno illuminato un simile abuso del Sagramento avrebbe fatto appiccare il fuoco ai roghi: lo spirito di lume, di sapienza, di giustizia, e d’umanità che inspira il Clero di Francia guidò Giudici dell’ [173] Officialità e dettò la sentenza. Siccome i due uomini ebbero il permesso di rimaritarsi; così noi cercheremo di sapere tutto ciò che li concernerà per farne parte ai nostri Lettori. ◀Exemplum ◀Nivel 3

Un tratto di spirito che fa ridere ancora adesso tuttocché siano passati alcuni giorni da che fu detto a Parigi in occasione delle Assemblee de’Notabili, è il seguente.

Nivel 3► Relato general► Due Damerini che nella galleria del Castello di Versailles si erano accostati ad un Primo Console convocato per l’Assemblea de’Notabili, e di cui volevano prendersi giuoco, schiamazzavano sopra tutto quello che diceva = Ah Dio mio! Com’è bello! Com’è ben detto! Che spirito! Chi lo avrebbe creduto un Provenzale non ancora stato a Parigi! Bisogna che voi veggiate un gran bel mondo nella vostra Provincia! Il Console rispose loro con un’aria di bonarietà: Quello che io dico non è meraviglioso [sic] : tutto il Mondo ne direbbe altrettanto. Io so di non avere grande spirito; ma non sono poi un ignorante, tuttocchè mi trovi in mezzo di due. ◀Relato general ◀Exemplum

[174] Fine della Erudizione sopra le Mode.

Essendo però le mode un effetto dell’Industria; producendo ricchezza a chi fa immaginarle, sostenerle, e spacciarle, e facendo circolare il denaro, cavandolo dalle mani dei più ricchi, e anche bene spesso dei più avari, meritano approvazione e gran lode; massimamente poi sopra tutte le altre Nazioni merita stima, ed encomj la Francese, per avere scoperta e praticata una magìa, mediante la quale fa pensare a suo modo tutte le altre, avendo, cioè saputo impadronirsi dell’Impero del gusto, il quale è un ramo di commercio molto steso, e assai ricco delle produzioni dell’Industria, e che felicita, e sempre più feliciterà cotesto Regno.

Le Opere del maggior valore, ed eseguite col massimo studio cadono nell’avvilimento, e perdono quasi tutto il loro prezzo se non hanno in soccorso il carattere della moda, e se non sono particolarmente escite dalle Fabbriche di Parigi. Quest’autentica sola, in cose bizzarre e nuove, fa sì, che senza repugnanza veruna, e senza la benchè minima apparenza di ragione, sieno subitamente approvate, e abbracciate.

[175] Nella Francia la maggior affluenza delle mode in genere di vestirsi e adornarsi, ed il costume di tanto spesso cangiarle, andato poi sempre fino al giorno d’oggi in incremento, vien fissato dall’Autore delle Annotazioni alle Avventure di Telemaco negl’anni della minorità di Luigi XIV: e immediatamente ancora in cotesto Regno ne succedette l’introduzione, e lo stabilimento di molte altre Arti e Manifatture, come sono la fabbricazione di bellissimi Panni, del più bello Scarlatto, di vaghissime Tappezzerie, di lucidissimi Specchi o Cristalli, di perfettissimi Drappi, Stoffe e Broccati, i quali furono trasportati a Lione, dove in soli cinquant’anni sono stati ridotti ad una perfezione e vaghezza maggiore di quella, e cui erano stati portati dai Greci, e dai Veneziani nel corso di 700.

Veramente la Francia ha trovato, e messo in pratica il mezzo più naturale, umano, utile e potente che dar si possa per stendere il proprio dominio, consistendo esso, come pensa lo Spettatore, non già nelle Armi, operazione barbara e distruttiva, ma nello stabilimento, e accrescimento delle Arti e dell’Industria.

Ma tempo è ormai di dar fine a quello mio [176] qualunque ragionamento: onde Socj Cortesissimi, chiedendovi benigno compatimento sull’avervi forse troppo lungamente tediati, questo medesimo chiuderò con farvi nota, sull’Articolo Mode la mia opinione, non propria originalmente, ma dalla lettura delle Riflessioni dell’Abate di Bellegarde sul ridicolo, e sopra i mezzi d’evitarlo, insinuatami, cioè, che le Persone anche più sensate debbono assoggettarsi alle Mode, mentre vi sarebbe dell’affettazione, e sarebbe un’ostentazione di singolarità a non fare quello, che fa tutto il mondo; e per quanto stravagante possa sembrare una moda, convenir benissimo, quando è stabilita, il seguitarla, osservando solo di non sorpassare la follìa di quelli che l’hanno inventata, o prima introdotta, ma di tenersi, nel farne uso, in un grado di moderazione. Ho detto.

[177] Toletta

Segreto per togliere le rughe dal volto. Facciasi arroventare una paletta: vi si getti sopra della polvere di mirra: se ne riceva il fumo sul viso, coprendosi la testa con una salvietta per tenerlo raccolto, e così il replichi tre volte; quindi si faccia affuocare di nuovo la paletta, che si bagnerà di vino bianco, del quale prima si avrà cura di empire la bocca, ricevendone pure il vapore sulla faccia, usando per tre volte lo stesso metodo, che si potrà continuare mattina e sera finchè duri il bisogno.

Segreto per conservare la freschezza della pelle del viso. Bisogna alla sera nel coricarsi applicare sulla faccia alcune sottili fette di vitella: niente meglio di questo impedisce la crespatura del volto, mantiene morbida la pelle, e conserva fresca la carnagione.

Acqua per le bolle del viso. S’involga in un sacchettino di tela fina del nitro; si lasci stemperare perqualche tempo nell’acque chiara e naturale, e con essa si tocchino le bolle della faccia.

Nivel 3►

[178] Testamento dell’anno 1786.

Exemplum► Dopo la confessione generale che l’anno 1786 ha fatto al buon padre Saturno; e dopo aver questi confortato il malato, lo indusse a far il suo Testamento con cui riparare pubblicamente i suoi torti, ed insegnare a suo figlio la maniera di meglio condursi nel Mondo. Metatextualidad► Ne staccheremo perciò qualche articolo per divertire i nostri lettori cogli oggetti più a portare di questi foglj. ◀Metatextualidad

„Lascio la cenere dei libercoli, che sono stati abbruciati sotto i miei occhi, ai Poetastri del secolo per impegnarli a fare lo stesso sagriticio colle meravigliose [sic] loro produzioni”

„Abbandono al furore del vento le prime, i pennacchj, tutte le altre penne, di cui dev’essere ormai stanca la moda da tanto tempo che le impiega, col patto che Eolo le trasporterà nella Laponia dove non si è veduta mai una petite-maitresse

„Consegno al braccio secolare tutte le mode Inglesi, perchè se ne proibisca l’introduzione, come assolutamente contrarie al genio Francese e Italiano, avendo esse prodotto quei Jockei, il cui [179] servizio non fu così rispettoso, come dovea esserlo”

„S’invocheranno le Furie contro ogni cabriolet affinchè tutti siano ridotti in polvere, e se mio figlio sarà più vigilante di suo Padre susciterà un’orribile tempesta tutte le volte che gl’indomiti conduttori di queste micidiali macchine si metteranno a portata di farle girare.

„Desidero che si faccia tregua di spirito per lo meno di tre mesi intieri, affinchè possa il buon senso riprodursi e riprendere i suoi diritti. Con questo mezzo i piacevoli chiaccheroni [sic] si taceranno, e le persone ragionevoli potranno dire una buona parola nelle conversazioni, oggetto che si attende da tanto tempo”

„Instituisco l’ordine del Silenzio e della Semplicità, di mode che i di lui membri che si prescieglieranno fra i due sessi non si uniranno che per dire delle buone cose, che per dirle senza preparativi, che per dirle a proposito, e per non lodare alcuno. Le mode meno dispendiose, e più semplici formeranno l’uso delle donne, e quelle che volessero liberarsi da questo regolamento saranno scancellate dall’Ordine ipso facto. Nella sala di adunanza non si troveranno seggiole troppo comode, o troppo ricche, affinchè non possino in-[180]spirare amor proprio. Proibizione di far visite, giacchè il merito non deve mai da per se stesso prodursi”

„Si richiamerà quell’antica probità che risguardavasi una volta come la vita dell’anima, e come l’elemento del cuore, affine di rendere gli uomini più delicati nel loro contegno, ed insegnar loro che non solo colle parole d’onore si forma l’onest’uomo, ma bensì col metterle in esecuzione.” ◀Exemplum ◀Nivel 3

Amena Letteratura.

Se dobbiamo misurare, come suol dirsi, dalla unghia il Leone, non solo corrisponderà la nuova Gazzetta Urbana a quanto il Scrittore di essa ha promesso nel Manifesto, ma altresì sovrabbonderà nelle notizie, o negli articoli. Se ne sono già pubblicati cinque numeri contenenti cose, e non sole parole, singolarmente nel quarto. È utile, è dilettevole, è variata; infine lire undici ad ogni sei mesi che pagarsi devono dagli Assocciati per sei mesi, al Libraro Colombani; sono finora, e lo saranno certamente per l’avvenire bene impiegate. Il Scrittore è noto per altre sue piacevoli Opere, e Romanzi, ed è forse l’unico, che presentemen-[181]te possa riuscire in questa intrapresa. Se ne pubblicano due Fogli per settimana.

Un libro, che da prima non sembra, ma poi si conosce benissimo, a portata anche del nostro sesso è quello che Sig. Storti ci ha dato in tre Tomi già pubblicati, ed intitolati la Letteratura Turchesca. L’Autore è il Sig. Abate Toderini. È eccellentemente stampato, ed utilissimo non solamente, ma ancora necessario alla Letteratura, poichè la Europa mancava di cognizioni che abbondano in questo Libro. Nel secondo Tomo singolarmente vediamo un Catalogo detagliato [sic] delle Biblioteche di Costantinopoli. Se ci si danno alcune in Arabico idioma, vi è anche la versione litterale [sic] ; e ciò sempre più conferma quella giustissima, ed alta riputazione, che il valentissimo Autore si è acquistata fra i Letterati. Ripeto, è a portata anche del femmineo sesso, poichè vi si trovano Articoli di Fisica Sperimentale, d’interpretazione de’Sogni, di Poesia, di Musica, di Astronomia ec. Inoltre le usanze Turche non sono forse ora di moda? Turbanti, vesti, sottovesti, ec. ec. Le Signorine bizzare, e modernanti pongono in uso; e ne hanno da giorno, e da notte. Oh quanto invidio quella Miledi Montague, ch’essendo Ambasciatrice Britannica a Costantinopoli ha potuto entrare non so-[182]lo, ma dimorare per qualche giorno nel gran Serraglio; e tanto più deve invidiarsi quanto che, al dire del Cavaliere suo figlio, morto recentemente a Padova in concetto di Anglo-Maomettano, non n’è sortita vuota. Egli è certo, che ha portata seco la notizia1 dell’innesto del vajuolo, e che communicandolo [sic] all’Europa, ha recato un dono inestimabile all’umanità.

Oh Suore mie voglio che divenghiate Letterate a vostro malgrado. Leggete un eccellente Libro, che vendono a Venezia il Negozio Bettinelli, ed il Libraro Fogliarini. Il suo titolo si è Del Commercio de’Romani dalla prima guerra Punica a Costantino. È questa una Dissertazione coronata dall’Accad. R. delle Iscrizioni, e Belle-Lettere di Parigi il dì 14 Novembre 1786. L’Autore di essa è il Sig. Francesco Mingotri dell’Accad. delle Scienze, e Belle-Lettere, ed Arti di Padova. Un’Estero che vi porta un premio Accademico in Francia! È una cosa ben strana! Nò Signorine mie non è nè rara nè nuova. Se il vostro Lettore (poichè dovrebbesi pur uno assodarne, e non già tanti altri [183] stolidi, ed inutili domestici) scorrerà gli Atti delle Accademie Oltramontane, ed anco Italiane, vedrà che i Veneziani, i Padovani, ec. hanno già fatte in coppia di tali conquiste. Fra gli altri non dobbiamo ommettere il defunto Chiar. Sig. Girolano Zanetti Veneziano, ma Accademico altresì di Padova, Autore di eruditissime Opere, ed anco di alcuni Tomi della Storia dell’Anno, e Scrittore altresì del Foglio ebdomadario il Postiglione, pria che lo scrivesse chi attualmente solleva i suoi studj con una periodica Opera amena; procurando di renderla dilettevole bensì, ma molto più istruttiva della Storia odierna. Il Sig. Zanetti aveva già riportati due Premj all’Accademia di Parigi, ed era sul punto di cogliere il terzo, con che, oltre al premio della gloria, e della medaglia del valore di 50 zecchini, diveniva altresì Membro dell’Accademia medesima.

Approposito di Amena Letteratura permettetemi che quì vi dia uno squarcio di un Trattato teorico-pratico-storico-politico, e fisico morale, delle riverenze, ed inchini degli Antichi, ed i Moderni, ed è questo nella seconda parte del Libro IV, destinata alla dietetica preservativa, e carattere dei Reverenziarj. “Uno de’maggiori pericoli, dic’egli, a cui ne’casi urgenti può andare incontro il Ri-[184]verenziante, si è quello di toglier d’equilibrio la propria macchina per modo che la parte inclinata all’orizzonte pesi più che l’altra destinata a rimaner perpendicolare dal femore in giù. Per casi urgenti io intendo quelli, ne’quali secondo i precetti dati nell’Art. X. cap. XVI, il capo del Riverenziante deve andare molto più basso che le ginocchia del Riverenziato, e se riesce fattibile anche toccargli le fibbie delle scarpe. In tali circostanze l’uomo precario incurvandosi sprofondamente potrebbe capovolgersi, e stramazzare dinanzi al Grande, e forse anche rompersi la testa, lo che sarebbe male fino ad un certo segno, o lasciarsi sfuggire dalle parti posteriori qualche suono condannevole, lo che sarebbe assai peggio. Affinchè il sospetto di simili contrattempi in nulla posta pregiudicare alla sacra, e indispensabile profondità delle riverenze ne’casi gravi, sarà opportuna cosa, che ogni Professore di Riverenziaria pratica porti sopra di se nelle tasche de’calzoni qualche contrappeso nascosto, scegliendone la materia in relazione de’fini che sarà proposti. Trattandosi per esempio di far riverenze a’Grandi, a’Ministri, o alle Donne di gran moda porterà sempre indosso una buona somma di denaro, onde otte-[185]nerne il doppio effetto, cioè l’accrescimento di gravità nella parte perpendicolare della propria macchina, e la bella conciliazione degli animi nobili, ne’quali non mancano mai di promuovere, o anche di creare dal nulla, le possenti emanazioni simpatiche dell’oro, e dell’argento ec.”

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Tavola XXXIV. Fig. 45.

Retrato ajeno► Ecco una moda d’acconciatura che non potrebbe avere una più nobile origine. Il Monarca Francese ha detto nel suo Discorso all’Assemblea de’Notabili, che il suo desiderio era di seguire Enrico IV. nelle sue azioni, e questa brama s’adempie, e si manifesta perfettamente tutti i giorni. Lessero le Dame Francesi colla maggior tenerezza questo discorso pieno di sensibilità, che un Padre piuttosto che un Re indirizza ai suoi figlj; ed hanno immaginato di fissar l’epoca in cui è stato pronunziato nella guisa medesima, che fissarono quasi tutte le altre epoche, inventando i presenti bonnetti alla Bearnese.

La giovine Dama quì rappresentata ne porta uno dell’ultimo gusto. In principio si facevano di semplice garza bianca, di semplice velo bianco, [186] e si portavano senza piume; adesso si fanno di velo bianco, di mussolo bianco in cui sono tessuti o ricamati de’piccoli fiori campestri di diversi colori, come gli smeraldini, li margaritini ec. ec. aggiungendovi delle piume, e dei pennini.

Si vede che questo bonnetto non è composto che d’un semplice berrettino o toquet alla Bearnese fatto di garza bianca ricamata in colore di due lunghissime barbe di dietro ondulanti, e di due cannoncini assai ristretti, circondato d’una ghirlanda di rose artefatte, e di dietro legato con un nastro color di rosa che forma un grosso nodo. Verso la sinistra vi resta applicato un pennino di penne di pollo di diversi colori.

La giovine Dama trovasi vestita con una sopravveste di rensa bianca soglia, i cui paramani alla maniche sono fatti a gala in varj giri. Sotto questo vestito ella porta una sottana di taffetà bianco. Le sopravvesti, le vesti all’Inglese, i lunghi carachi di tela rensa tutta soglia colla sottana simile o bianca, sono oggidì della più gran moda, massimamente per il passeggio della mattina facendo bellissimo tempo. Non sono più in uso quei trasparenti blò, rosa, violetto, ec. che si portavano sotto le sottane bianche di mussolo, di garza, o di rensa.

[187] Tiene al collo un fazzoletto a gala guarnite di blonda con un grosso mazzetto di rose artificiali davanti al petto.

Ha nelle orecchie delle boccole d’oro à la plaquette.

I guanti sono di pelle color di rosa temendo con una mano un ventaglio.

Le scarpe sono di grossagrana color di rosa con falbalà di nastro bianco.

La pettinatura è fatta a grossi ricci, quattro dei quali a due giri le cadono per parte sul seno. I suoi capegli di dietro sono legati in un catogan molto basso con un riccio rivoltato. ◀Retrato ajeno ◀Nivel 3

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Tavola XXXV. Fig. 46.

Retrato ajeno► Noi abbiamo veduta una Dama della più grande qualità con un abito alla Turca di tela rensa guarnito del pizzo più largo e più bello, sotto del quale brillava uno trasparente color di rosa, oggetto che abbiamo procurato di rappresentare; ma siccome il bianco non risalta bene colla miniatura, nè in modo piacevole, presentando che un informe massa di bianco, abbiamo preso il partito di rappresentare una veste color di rosa, egualmente fatta alla Turca. Le maniche dell’abito di [188] rensa erano di grossagrana, o grograno bianco; e noi abbiamo fatte le maniche della veste color di rosa di grograno giallo coda di canarino come si usa, unendole alle vesti color di rosa. Le cuciture dell’abito di rensa erano contradistinte [sic] con nastri bianchi, e noi segnate abbiamo quelle della veste color di rosa con nastri gialli. Ora sarà facile ai nostri Associati di cambiare la veste color di rosa con quella di rensa bianca, e di aggiungervi la ricca e superba guarnizione di pizzi, che ci decise a raffigurare quest’abbigliatura.

Sono trascorsi tanti anni dacchè si abbandonarono i pizzi, che non si rammenta che appena l’epoca, in cui erano essi in voga.

Questa Dama nulla di nuovo portava nella sua acconciatura, perchè nulla di nuovo concepì la moda su quest’articolo. Portava un semplice pouf di garza bianca, al sinistro lato del quale si alzavano tre grosse penne, cioè una gialla, una bianca e rossa, e una gialla e bianca. Era questo pouf guarnito con una ciocca di garza cadente a vela, d’un nastro scagliato giallo e rosa, e d’una ghirlanda di fiori artifiziali.

Si osservi che i suoi manichetti sono del pizzo più bello, e più ricco.

Nel tempo in cui la maggior parte delle Dame [189] Francesi inventava i bonetti alla Bearnese, un’altra parte inventava dei pouf à la grande-Prêtresse (alla gran Sacerdotessa.) Queste Dame erano debitrici della loro idea alle Grandi Sacerdotesse, che vedevano rappresentate nelle Ifigenie. Siccome questi pouf sono tanto semplici quanto i bonnetti alla Bearnese, che si avvicinano di molto per la sua forma, e che furono inventati nello stesso tempo, alcuni li confondono, e danno loro il nome di pouf à la Grande-Prêtresse, ovvero à l’Iphigenie. È vero però che sono essi differenti massimamente ora che i bonnetti alla Bearnese ricevettero alcune variazioni, nel mentre che i pouf à la Grande-Prêtresse sono ancora nella prima figura. Il pouf à l’Iphigenie non è che un gonfio cappetto di garza bianca, dal quale pendono di dietro delle lunghe ciocche di garza, circondato da una ghirlanda di grandi rose artifiziali, attaccato di dietro con un rilevato gruppo di nastro violetto. Le rose devono, per così dire, toccarsi l’una coll’altra, e fare appena travvedere la verdura che le adorna. Il piccolo pennacchio di penne di pollo nere collocato davanti è un’invenzione tutta nuova.

La Dama che porta il pouf à la Grande-Prêtresse porta una veste di grograno color di rosa [190] fatto alla Turca: tiene al collo un ampio fazzoletto a gala col colletto rivoltato. Questo colletto è circondato come quello degli uomini d’una larga crovatta, la quale dopo aver fatto due giri viene a formare davanti al petto un nodo colle sue estremità pendenti sopra la gala.

La pettinatura è grossi ricci, due de’quali le cadono per parte sul seno.

Nelle orecchie ha pur questa delle boccole d’oro à la plaquette.

Diversi nostri Associati ci hanno fatto sapere, che tutto quello di nuovo che non crediamo capace di comporre delle intiere tavole, potrebbe essere solamente annunciato col discorso. Perciò dopo gli ultimi Libretti, ne’quali abbiamo fatto conoscere la più gran parte dei gilets rigati, s’è introdotta la moda dei gilets di panno casimir ricamati in seta di diversi colori, questa moda aveva tentato di comparire nello stesso Autunno, ma non vi riuscì, e noi non l’abbiamo annunciata: in questa primavera ha fatto il colpo, come lo fece coi gilets a larghissime righe.

Un’altra moda che si è pure introdotta è quella dello sfilato per bordura delle partite davanti, dell’estremità, e delle sacoccie dei gilets. Questo sfilato è tanto vario, quanto lo sono i gilets. Spie-[191]ghiamoci: ve ne sono di tanti colori diversi quanto differenti sono i gilets. A’neri si mette lo sfilato bianco: vi si mette anche il nero, e vi sta bene; ai verdi il giallo, e color di rosa alternativamente mischiato; a quelli color di rosa il bianco; ai gialli il color di rosa; il cramoisi. Non vi sono che i gilets bianchi, ai quali si mette lo sfilato simile.

L’enorme quantità dei gilets a righe larghe pareva che minacciasse la ruina dei gilets di basin d’Olanda bianco ricamati in oro, o in seta; ma questi non furono vinti, e vanno del pari con tutti gli altri.

Si trovano dei gilets allo Scacchiere ricamati (le Dame sono assortite di varj colori) e dei gilets à Richard-Cocur-de-lion (vi si vede la scena di Blondel presso la torre.)

Tutti i gilets che annunciammo, e tutti quegli a righe di cui abbiamo parlato nell’ultimo quaderno, furono lasciati a Parigi nelle guardarobbe [sic] durante il lutto, che durò di undici giorni per la morte della Principessa Amalia. Nei giorni di questo lutto la gioventù non portava che dei frac di panno nero guerniti di bottoni neri bronzati con le calzette, giubbe, e calzoni neri. Pochi portavano i frac di colore. Le donne non portavano che [192] il blò soglio, sopra tutto alla seconda epoca. Tutte erano acconciate con dei cappelli guarniti di piume bianche, o color di rosa. ◀Retrato ajeno ◀Nivel 3 ◀Nivel 2

Tavola

Delle materie contenute in questo XVIII. Numero.

Dialogo fra Platone, e Dionigi il tiranno. Pag. 163

Allegoria. 166

Combattimento fra l’Amore, ed il Dovere. 168

Aneddoti. 172

Fine della Erudizione sopra le Mode. 174

Toletta. 177

Testamento dell’Anno 1786. 178

Amena Letteratura. 180

Spiegazione della Tavola XXXIV, Fig. 45. 185

Tavola XXXV. Fig. 46. 187 ◀Nivel 1

1Cioè il detaglio [sic] del come, e quando ivi s’innestava il vajuolo, e si curava, poichè la inoculazione era anche prima nota a Padova, e se n’erano fatte non poche esperienze.