Zitiervorschlag: Cesare Frasponi (Hrsg.): "Lezione CCCXXXII", in: Il Filosofo alla Moda, Vol.6\332 (1730), S. 163-171, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4760 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

Lezione cccxxxii.

A mal contenti del proprio stato.

Zitat/Motto► Non possidentem multa vocaveris
Reste beatum: restius occupat
Nomen beati, qui Deorum
Muneribus sapienter uti
Duramque callet pauperiem pati Pejusque letho stagitium timet.

Hor. L. IV. Od. IX. 45 ◀Zitat/Motto

Ebene 2► Bisogna confessare, che la contentezza di animo produce in qualche maniera tutti gli effetti, che gli Alchimisti attribuiscono alla Filosofica Pietra; e se quella non porta Richezze, ne bandisce il desiderio il che si riduce allo stesso. Se non puole allontanare tutte le inquietezze che nascono dal cattivo stato de’ beni di Fortuna, o del corpo fà per lo meno, che si tollerino con gran-[164]de calma. Ha una dolce influenza sopra l’anima verso tutte le cose, colle quali tiene qualche sorta di relazione. Esclude ogni sorta di mormorazione, e d’ingratitudine verso il Monarca Supremo dell’universo, che ci ha collocati ciascheduno nel posto, che dobbiamo riempire. Ella distrugge tutti i dissegni ambiziosi, e rei, ed ogni inclinazione a lasciarsi corrompere in pregiudizio della Società, in cui ci ha posti. Rende la conversazione gradita, e dolce, e dà una intera serenità allo Spirito.

Trà i differenti mezzi, che si ponno metter in uso, per acquistare tal’ abito di contentezza, ne rifferirò due. L’ uno è di considerare ciò che abbiamo sopra i nostri reali bisogni: e l’altro di pensare, che potremmo essere molto più infelici di quello siamo.

I. Il primo di questi punti mi fà sovenire la risposta di Aristippo ad un Amico, che seco si condolea, perche avesse perduta una Casa di [165] Compagna: Avete torto, gli disse, di afligervi per me: dovrei più tosto io avere compassione di voi, avvegnache, a me rimangono per anco trè Cafe in camagna, e voi non ne avete, che una. Tutto all’ opposto, la maggior parte degli uomini pone maggior attenzione a ciò che perdono, che a ciò che posseggono; Fissano i loro occhi più sopra i più Ricchi, che sopra i più infellici di loro. Tutti i sodi piaceri, e tutte le comodità della vita presente si racchiudono in termini assai ristretti, ma tutti hanno il debole di ricercare sempre la loro ampliazione, e di elevarsi al più alto grado di onore, e di richezze, a cui possano giugnere. Da questo nasce, che non potendosi chiamare propriamente ricchi se non quelli, che hanno sopra il loro bisogno, non se ne ritrovano gran cosa più polite nazioni, che tra le persone di rango mediocre, le quali restringono i loro desiderj alla propria [166] fortuna, ed hanno più roba di quello sapessero dispensarne. Quelli di più distinto rango vivono in una brillante miseria, e so no sempre in bisogno, perche in vece di fissarsi a’reali piaceri, cercano di superarsi a vicenda ne’ chimerici, ed apparenti. In ognitempo i più saggj si sono divertiti nel vedere la rapresentazione di questa Comedia, mentr’ eglino restringono da se stessi i proprj desiderj, e godono tutta la soddisfazione interna, dietro la quale corrono gli altri, senza poterla mai ritrovare. Mai si potrebbe abbastanza deridere la ricerca degl’immaginarj piaceri; e la sorgente di tutti i mali, che inducono la rovina de’ Popoli. Abbi uno tante richezze quante vi piace, egli è povero, se spende più delle sue entrate, e si mette per così dire, in vendita, pronto a darsi in mano di chi vuole pagare il suo giusto, o preteso valore. Quando il Rè di Lidia essibì una grande somma di danaro a [167] Pittaco. Questi, che aveva ereditato un bel podere per la morte di suo Fratello, lo ringraziò, dicendogli, che aveva di già la metà più di quanto gli bisognasse. La contentezza in somma tiene il luogo di Richezza, ed il Lusso conduce alla Povertà; e per esprimermi in altri termini dirò con Socrate che la Contentezza è una naturale richezza, ed aggiugnerò io che il Lusso è un’artificiale Povertà. Quelli per tanto, che aspirano sempre a’ nuovi piaceri, né vogliono in questi restringersi, si arricordino la eccellente sentenza del Filosofo Bione: Non esservi uomo, che si esponga a tanti stastidj, quanto quello, che più estende la sua Fortuna.

II. Il secondo punto, da me toccato, riguarda quelli, che si ritrovano in qualche stato di afflizione, o di miseria: questi ponno ben consolarsi nel pensare, che ve ne sono altri molto più infelici, e che potevano eglino stessi cadere in [168] maggiori disgrazie. Ebene 3► Exemplum► Ammiro il sentimento d’ un buon Marinajo, ch’ essendo caduto dall’ Albero d’ un Vascello, e rottasi una gamba, disse a suoi Camerate, che l’ajutavano, buona fortuna che non mi sono rotto il collo. ◀Exemplum ◀Ebene 3 Ebene 3► Exemplum► Questo mi fa sovvenire un'altra avventura meno tragica d’ un antico Filosofo: dava un giorno, da pranzo ad alcuni Amici, quando sua moglie venne in furia nella stanza dove mangiavano, lo sgridò nella loro presenza e roversciò quanto v’ era sopra la Tavola. Padrone delle sue passioni, il Filosofo disse: Ciascheduno ha la sua spina in questo mondo, e felice quello, che l’ha meno pungente. ◀Exemplum ◀Ebene 3 Ebene 3► Exemplum► Ho inteso a raccontare d’ un paziente Cristiano sogetto ad una complicazione de’ mali, che quando aveva la gotta ringraziava Dio, perché non era la Renella, e quando era travagliato de questa, rendeva grazie, perche non lo tormentavano ammendue in una volta. ◀Exemplum ◀Ebene 3

[169] Non vi è male al mondo, che non possa essere maggiore, se non in se stesso, nelle circostanze. Viene raccontata in tale proposito una Favola; ch’ essendo uno portato via dal Diavolo sopra le spalle, incontrato da un Amico, questi compassionandolo, gli dicesse; mi spiace, Amico, la vostra disgrazia, a cui rispondesse: Vi potrebbe esser di peggio: e che si può concepire di peggio, ripigliò l’Amico, dell’essere portato via dal Diavolo in corpo, ed in anima? Mi porta, soggiunse, potendomi strascinare.

Metatextualität► Non saprei finire questa Lezione senza osservare, che non vi è mai stato Filosofico sistema nel mondo, capace di produrre la contentezza di animo, come il Cristianesimo, e questa considerazione vaglia per chi non è Cristiano, ò non sa esser Cristiano. ◀Metatextualität Per renderci soddisfatti nello stato presente, molti antichi Filosofi ci dicono, che l’affliggerci non serve, che a maggiormente tormentare noi medesimi [170] senza rimediare al male. Altri sostengono, benche falsamente, che qualsivoglia disgrazia, ò male ci accada, vi eravamo predesti inati da una fatale necessità, a cui gli stessi Dei sono soggetti. Altri pronunciano pur falsamente, che se qualcheduno è infelice, lo dee necessariamente essere per mantenere l’armonia dell’Universo; e che se questo non fosse, il piano della Providenza sarebbe interrotto, e sconvolto. Tutte queste, ed altre simili ragioni, ponno bensì ridurre uno al silenzio, ma non soddisfarlo. Ponno convincerlo, che i suoi pianti sono inutili, e mal fondati; ma non ponno sollevarlo ne’ suoi travagli. Servono più tosto a metterlo in disperazione, che a consolarlo. Potrebbe rispondere a que’ Filosofi, ciò che Augusto disse ad un Amico, che lo esortava a non affliggersi per la morte d’ una Persona a lui cara, mentre il suo dolore non la farebbe revivere: Per questo appunto io piango.

[171] Tutto l’opposto fa la Religione Cristiana: ha riguardi più teneri verso la debolezza della natura umana. Prescrive i mezzi a ciaschedun’ afflitto, di rendere il suo stato più sopportabile; e gli fà vedere, che se riceve i suoi mali colla dovuta pazienza, ne sarà tosto, ò tardi liberato, e compensato. Non puole, che renderlo tranquillo quì in terra, promettendogli un Bene eterno in Cielo. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1