Zitiervorschlag: Cesare Frasponi (Hrsg.): "Lezione CCXXXV", in: Il Filosofo alla Moda, Vol.4\235 (1728), S. 250-254, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4575 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

Lezione ccxxxv.

Spesse volte l’effetto e chiarissimo ma la causa è nascosa.

Zitat/Motto► Causa latet, vis est notissima.

Ovid. Met. Lib. IV. 287. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► TUtto ciò che è Grande straordinario, o Bello, come abbiamo veduto, dà piacere alla immaginazione, ma fa di mestieri confessare, che riesce impossibile l’assegnare la vera causa di tale piacere, non conoscendosi da noi, nè la natura d’una idea nè la sostanza dell’anima. Tale notizia potrebbe autarci a scuoprire la conformità, o la opposizione, che hanno insieme. Ora mancandoci questo lume, tutto ciò possiamo fare nelle ricerche di tale natura, è il riflettere sulle operazioni dell’anima le più gradite; e raunare sotto certi generali capi, ciò, che le piace, o dispiace, senza metterci alla impresa di salire sino alle cause efficienti, che producono il piacere, o il disgusto.

Per quello riguarda le cause finali, ve ne sono tante, le quali tengono allo stesso effetto, che riesce più facile lo scuoprirle; e benche non sieno di tan-[251]ta soddisfazione come le altre, ci riescono, di ordinario, più utili in quanto ci porgono maggiore occasione di ammirare la Bontà, e la sapienza del Creatore.

Una causa finale del piacere, che ritroviamo in tutto ciò, che è Grande puol’essere ha seguente. Il supremo Monarca del mondo ha formata l’Anima umana, in maniera, che non vi è se non egli solo e la sola contemplazione del suo essere divino, che possa formare i di lei vero Bene acciò dunque le nostre Anime provino gusto in tale contemplazione, ha loro communicato l’istinto di naturalmente compiacersi nel riflettere sopra di ciò ch’è Grande, e senza limitazione, la nostra ammirazione, la quale non è che un grazioso dibattimento dell’animo, non lascia mai di rimanere eccitata, quando considera un obbietto il quale occupa un grande luogo nella immaginazione, nè puole così non cambiarsi in una profonda venerazione, allorche contempliamo la natura Divina, senza termini, nè di tempo, nè di luogo, a segno che la più vasta capacità di tutte le creature, non è valevole a ben concepirla.

Ha pure unito Dio un segreto piacere a tutto ciò, che è straordinario, e nuovo per impegnarci ad estendere le nostre cognizioni, ed animarci a ricercare le maraviglie della sua Creazione. Ogni [252] nuova idea viene seguita da tanto piacere; che ci ricompensa la fatica impiegata per arrivarvi, e ci serve di motivo per via più avvanzare le nostre scuoperte.

Ha, in oltre, reso grato alle Creature animate tutto ciò ch’è Bello in ciascheduna delle loro specie: a fine di portarle a moltiplicarsi, e riempire il mondo di abbitanti: è perciò cosa degna di riflessione, che da per tutto, dove la natura viene forzata a produrre un mostro, il quale risulta da una mescolanza opposta al di lei ordinario tenore, la Razza è incapace di perpetuarsi, e di fondare un nuovo ordine di Creature; di maniera che, se tutti gli animali non fossero allettati, ciascheduno dalla Beltà della propria specie, cesserebbe la moltiplicazione, rimarrebbe spopolata la terra.

Finalmente ci ha reso grato quanto vi è di bello in tutti gli altri oggetti; o più tosto li fà comparire belli, affinche tutta la Creazione riesca, più vaga, e di maggiore divertimento. Ha dato il potere a tutto ciò che ci attornia di eccitare una gradita idea nell’animo; di maniera che ci è quasi impossibile il rimirare le sue opre con freddezza: o con indifferenza, ed il vedere tante bellezze senza un segreto piacere. Gli obbietti non piacerebbono, gran cosa, all’occhio, se penetrassi-[253]mo la vera figura delle loro minime parti, e de’ loro movimenti: quale ragione si potrebbe addurre di tutte quelle idee, che in noi eccitano, si differenti da tutto ciò che si ritrova negli stessi obbietti; come sono la luce, ed i colori, se Dio non gli avesse destinati per servire d’ornamento all’Universo, ed a rendergli più graditi alla immaginazione? veggiamo, da per tutto, scene, ed apparenze, che ci piacciono: osserviamo bellezze immaginarie nel Cielo, e sopra la Terra, e ve ne sono de’ tratti sparsi sopra tutta la Creazione. Quale spettacolo orribile, e grossolano non porgerebbe la natura se venissero a disparire tutti i colori; e svanissero tutte le differenti mescolanze di luce, e di ombra? in poche parole, le nostre Anime s’immergono, e si perdono oggidì in una illusione graziosa, ed abbiamo, presso à poco, la sorte d’un Eroe da Romanzo, che vede Castelli, Boschi, e Prati di stupenda bellezza, ma al terminare di qualche segrato incantesmo, tutta quella vaga decorazione si ecclissa, e lo sfortunato Cavaliere si ritrova dentro una sterile pianura, o in un solitario deserto. Non è lontano dal verosimile che l’anima, dopo uscita dal corpo, si vedrà, in qualche maniera, nel medesimo stato, in riguardo alle idee che le potranno venire della materia; massimamente quelle [254] de’ colori che riescono si gradite alla immaginazione; ella potrebbe non esserne priva; ricevendole per mezzo di qualche altra causa; in quella guisa, che si dicono, oggidì eccitate dalle differenti impressioni della materia sottile sopra l’organo della vista.

Metatextualität► È cosa facile l’accorgersi, che quì suppongo informati i miei Leggitori d’ (sic!) d’una pretesa moderna scuoperta, riconosciuta come vera dalla maggior parte de’ Fisici: che la Luce, voglio dire, ed i colori, tali quali si concepiscono dalla immaginazione, non sono che idee della mente, e non già qualità inerenti, o essistenti nella materia. Ella è veramente una delle speculazioni della Fisica. Se non altro si può collocare tra le belle novità, che dilettano la stessa immaginazione. ◀Metatextualität ◀Ebene 2 ◀Ebene 1