Zitiervorschlag: Cesare Frasponi (Hrsg.): "Lezione CCXXXIV", in: Il Filosofo alla Moda, Vol.4\234 (1728), S. 243-249, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4574 [aufgerufen am: ].


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Lezione ccxxxiv.

L’Opra divisa divien più breve.

Zitat/Motto► Divisum sic breve fiet opus.

Mart. Lib. IV. Ep. 83 ◀Zitat/Motto

Ebene 2► ESsaminerò, in primo luogo, que’ piaceri della Immaginazione, che nascono dall’attuale vista degli obbietti esterni: e parmi, che i primi debbano la loro origine e ciò che si apprende di Grande di straordinario, o di Bello negli altri. È vero, che vi puol’essere qualche cosa di sì terribile, e sì dispiacevole, che l’orrore, o il disgusto d’un obbietto superi il piacere, che risulta dalla sua grandezza dalla sua novità o dalla sua Bellezza, ma in questo stesso disgusto vi sarà sempre una mescolanza di piacere proporzionato a tali qualità, a misura che l’una, o l’altra più vi domina.

Per Grandezza non intendo già la massa d’una semplice obbietto; ma la estesa di tutto ciò, che si vede quasi nel medesimo tempo, e che si puole rimirare, come una specie di tutto. Tal’è l’aspetto d’una campagna aperta, d’un vasto ed incolto deserto: d’un confuso ammasso di monti, che s’intrecciano [244] l’uno coll’altro, di Rupi, di orribili precipizj; o d’una prodigiosa estensione di acque; ed altri simili obbieti, che non ci sorprendono, nè per la bellezza, nè per la novità, ma per quella rozza, grossolana magnificenza, che comparise in quelle stupende opre della natura. La nostra immaginazione ama d’essere ingojata da un’oggetto, e d’aggrapparsi a ciò che non potrebbe racchiudere ne’ suoi limiti. Sentiamo una gradita sorpresa alla vista di que’ obbietti, che immergono l’anima in una specie di tranquillità, o di estasi. Il cuore dell’uomo naturalmente odia tutto ciò, che pare lo restringa, e crede di essere chiuso come prigioniero, quando la vista rimane confinata in picciolo cerchio, ed e per ogni parte angustiata dalla vicinanza o di muraglie, o di montagne. Ma in qualche maniera viene posto in libertà nel vedere uno spazioso Orizonte, dove l’occhio passeggia a suo bell’aggio, e si perde trà la varietà degli obbietti, che lo circondano da tutte le parti. Gli aspetti, che non amettono limiti, riscono tanto gradevoli alla immaginazione, quanto ponno essere, le riflessioni sopra la immensità all’intelletto. Ma se questa grandezza viene accompagnata dallo straordinario; o dal bello, come in una mare agitato; in un Cielo adorno di stelle, e di meteori; in vasto paese, dove si veg-[245]gano fiumi, boschi, colline, prati, e monti, tanto più cresce il piacere quanto più vi sono principj, che lo fomentano. Tutto ciò che è nuovo o straordinario, eccita nella immaginazione piacere, perche riempie l’anima d’ una gradita sorpresa, soddisfà la di lei curiosità, e l’arricchisce d’una idea, che non aveva. Siamo avvezzi à tanti obbietti, e le stesse Scene ritornano con tanta frequenza, che non ne facciamo gran caso, la onde il nuovo, o lo straordinario contribuisce a diversificare un poco la vita, ed a rallegrarci i spiriti in tutto il tempo che la novità persevera. Questo è quello, che ci porge una specie di refrigerio, e che ci diminuisce il disgusto, o il tedio che si arreccano i giornalieri trattenimenti; questo è quello che dà vaghezza ad un mostro, e fà che le stesse imperfezioni della natura piacciano. Da questo pure nasce che si ricerca la varietà, la quale offre, ad ogni momento, qualche cosa di nuovo alla mente, e toglie, che la di lei attenzione non resti evacuata nel sempre contemplare lo stesso oggetto. Questo dà rilievo alla Grandezza, o alla Beltà, e fà che l’una, e l’altra riescano via più grate. I boschi, i campi, ed i prati piacciono in tutte le stagioni dell’anno; ma assai più quando giugne la Primavera: allora tutto comparisce fresco e nuovo, perche l’occhio [246] sen’era divezzato l’Inverno. Per questo pure non vi è niente, che renda più giojosa una prospettiva de’ fiumi, spruzzi di getti, e delle cascate d’acque dove si cambia, ad’ogni momento la Scena, e si offre di continuo qualche nuovo obbietto alla vista. Si stanchiamo ben presto, nel rimirare monti, e valli, dove ogni cosa stà immobile, e fissa; ma viene al quanto agitato, e refrigerato lo spirito nel vedere quegli obbietti, che ad ogn’ora, si muovono, e che fuggono insensibilmente all’occhio. La Bellezza però è quella, che hà più diritto sopra l’anima nostra, spande subito nella immaginazione un segreto piacere, e communica l’ultima perfezione a tutto ciò ch’è straordinario, e grande. Da che si scuopre l’anima ne risente la gioja, e vi s’interessano tutte le di lei facoltà. Può ben essere non vi sia più bellezza, o bruttezza reale in una che in altra porzione della materia mentre potremo essere fatti in maniera, che tutto quello oggi ci dispiace dimani ci piaccia, e così all’opposto. Ma la sperienza c’insegna, che vi sono diverse modificazioni della materia, o belle, o brutte, che l’anima, a prima vista, ritrova, senza nè meno avervi fatta considerazione. Così veggiamo che le differenti specie della Creature sensibili hanno diverse idee della Beltà; e cia-[247]scheduna viene più mossa dalle bellezze, che servono di ornamento alla propria specie anzi non ritrova bellezza se non dentro la medesima specie. Un Poeta moderno ha espresso tale istinto particolarmente negli uccelli co’ seguenti versi latini.

Ebene 3► Zitat/Motto► Scit thalamo servare fidem . . . .veretur Connubij leges, non illum in pectore candor

Sollicitat niveus, neque parvum, atcendit amorem

Splendida lanugo, vel honesta in vertic crista,

Purpureusvè nitor pennarum; ast agmie na latè

Fœminea explorat cantus, maculasque requirit

Cognatas, paribusque interlita corpora guttis,

Ni faceret, pictis, sylvam circum undique monstris

Confusam aspiceres vulgò, partusque biformes.

Et genus ambiguum, & veneris monumenta nefandæ.

Hinc merula in nigro se oblectat nigra marito,

Hinc socium lasciva petit Philomela canorum, Agnoscitque pares sonitus; hinc noctua tetram

Canitiem alarum, & glaucos miratur acellos,

[248] Nempe sibi semper conflat, crescitque quotannis

Lucida progenies, castos confessa parentes,

Dum virides inter saltus lucosque sonoros

Vere novo exultat, plumasque decora juventus

Explicat ad Solem, partrijsque coloribus ardet. ◀Zitat/Motto ◀Ebene 3

Si dà un altra sorta di Beltà nelle opere dell’arte, e della natura, la quale se non produce nella immaginazione lo stesso fuoco, e lo stesso ardore come la Beltà, che si vede nella nostra specie, vi eccita però un segreto piacere, ed una dolce inclinazione verso i luoghi, o verso gli obbietti ne’ quali la scopriamo. Questa beltà consiste nella gajosità, o nella varietà de’ colori; nella simetria, e nella proporzione de’ corpi; overo in una giusta mescolanza, o in un ordinato concorso di tutte le accennate cose assieme. Trà queste differenti bellezze, l’occhio si compiace più in quella, che risulta dalli colori. Non vi è spettacolo più bello, o più gradevole nella natura di quello, che comparisce nel Cielo, al levare, o al trammontare del Sole, quando comporre que’ differenti luminosi colori, che si ammirano fra le nuvole. Per questo i Poeti, che sieguono la immaginazione, pigliano imprestito i loro ep-[249]piteti più da’ colori, che da ogn’altra cosa. E sia, che la immaginazione si compiace in tutto ciò, che è Grande, straordinario, o Bello; e si aumenta il di lei piacere, a misura che ritrova maggiori tali perfezioni nello stesso obbietto, è parimente capace di ricevere un accrescimento di piacere col soccorso degli altri Sensi. Così continuo, suono qual è la musica degli uccelli, o quello d’una cascata di acque, eccita, ad’ogni momento l’animo dello spettatore, e lo rende più attento a considerare le differenti vaghezze del luogo dove si ritrova. Così i buoni odori, o i profumi rilevano il piacere della immaginazione, e rendono gli stessi colori, e le verdure d’un paese assai più gradite. Le idee della vista, e dell’odorato si ajutano le une colle altre, e danno assai più soddisfazione unite, che separate; in quella guisa, che i varj colori d’un quadro si communicano un vicendevole rilievo, e ricevono un accrescimento di Beltà dalla loro vantaggiosa situazione. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1