Référence bibliographique: Cesare Frasponi (Éd.): "Lezione CCCLXVIII", dans: Il Filosofo alla Moda, Vol.7\368 (1730), pp. 107-111, édité dans: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Éd.): Les "Spectators" dans le contexte international. Édition numérique, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4334 [consulté le: ].


Niveau 1►

Lezione CCCLXVIII.

Alli Superbi, che non si conoscono tali.

Metatextualité► Illic postquam le lumine vero
Implevit, stellasque vagas miratur,
& astra
Fixa polis, vidit quanta sub noste jaceret
Nostra dies, risitque sui ludibria trunci.

Lucan. L. II. II. ◀Metatextualité

Niveau 2► Gli Argomenti ordinarj, che gli Oratori mettono in uso contro la superbia dell’uomo, sono pigliati dalla bassezza della sua origine, dalle imperfezioni della sua natura, e dalla corta durata di que’ beni, de’ quali si gloria. Benche non vi sia niente in noi, che dovesse eccitare la nostra vanità, con tutto ciò alle volte qualche interno sentimento del [108] nostro merito puol’esser’ lodevole.

Il male dunque consiste, da una parte, perche siamo pronti ad insuperbirci di frascherie, ed anche di cose indegne; dall’altra, perche rimiriamo, come disonorevole, ciò che forma la nostra stabile gloria.

Da questo proviene, che gli ansiosi di lodi pigliano false misure per ottenerle. Se un Superbo si dasse la pena di consultare il proprio cuore, ritroverebbe, che se gli altri fossero come lui sì bene istruiti delle sue debolezze, non avvrebbe mai la imprudenza di pretendere la pubblica stima. La superbia dunque nasce dalla mancanza di riflesione, e dalla poca cognizione di se medesimo. A misura di tale cognizione cresce l’umiltà; l’una siegue naturalmente all’altra, e di continuo si accompagnano.

Il più sicuro mezzo per giudicare di noi è l’esaminare ciò noi stimiamo, o dispregiamo negli altri. Un uomo, che si vanta de’ [109] Beni, di fortuna, d’un magnifico Abito, o di nuovo Titolo, diventa appunto per questo ridicolo, così non doveremo mai ammirare in noi stessi ciò che c’impegna a deriderne gli altri.

Vi è molto meno di ragione nell’ insuperbirci di ciò, che certamente dispregeremo un giorno. Se volessimo riflettere alli diversi cambiamenti, che abbiamo provati, ed a quelli che ancora ci aspettano, ritroveremmo, che quanto la nostra saviezza, e la nostra cognizione si aumentano, tanto più servono a scuoprirci le nostre imperfezioni.

A misura che noi passiamo dalla Fanciullezza alla Gioventù, rimiriamo con isdegno i trastulli, e le applicazioni, che aveano fin’ allora fatto tutto il nostro piacere. Allor che ci accostiamo alla virilità, ci stimamo virtuosi a proporzione della vergogna, e di ribrezzo, che abbiamo per i disordini, e per i sviamenti della Gioventù. [110] La vecchiezza è piena di sode riflessioni sopra la nostra vita mal’ impiegata nel procurarci de’ Beni, e degli onori incerti. A seguire questa graduazione di pensieri si puole, con assai fondamento, congetturare, che nel secolo a venire, la saviezza, e la sperienza, e le massime della vecchiezza saranno rimirate, da uno spirito separato dal corpo, presso poco collo stesso occhio con cui rimira oggi le insulsagini, e le bagatelle de’ Fanciulli. Le pompe, gli Onori, la Politica, e le Astuzie degli uomini fatti compariranno, allora tanto ridicole, quanto tutti i giuochi, e tutti gli esercizj, che oggidì occupano tutta la destrezza, tutta la forza, e tutte l’ambizione della Creature ragionevoli dalli quattro fino a’ nove, o dieci anni.

Se la idea d’una graduale elevazione, frà le Creature dalla più bassa fino alla più alta, non è chimerica: e assai probabile, che un [111] Angiolo rimiri un uomo presso poco, nella stessa maniera, che un uomo rimira un’animale, che più si avvicina al ragionevole. Colla stessa Regola, se mi è permesso dare corso alla mia immaginazione, sù questo punto, una Bestia di ordine superiore, rimira con una specie di dispregio quelle che le è inferiore. Se fossero capaci di riflessione, a giudicare de’ pensieri, che alcune mostrano nelle loro azioni, potremo congetturare, credano di essere le sovranne del mondo; e che tutte le cose siano state fatte per loro.

Concludo da quanto ho detto, che non dobbiamo stimarci, se non per quelle cose, che le Creature, a noi superiori, credono degne di stima: questo è il solo mezzo di non perdere mai la buona opinione, che abbiamo di noi medesimi. ◀Niveau 2 ◀Niveau 1