Référence bibliographique: Cesare Frasponi (Éd.): "Lezione CCCLXVI", dans: Il Filosofo alla Moda, Vol.7\366 (1730), pp. 94-100, édité dans: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Éd.): Les "Spectators" dans le contexte international. Édition numérique, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4332 [consulté le: ].


Niveau 1►

Lezione ccclxvi.

A‘ troppo timorosi.

Citation/Devise► Non possidentem multa vocaveris
Restè Beatum restius occupat
Nomen Beati, qui Deorum
Muneribus sapienter uti,
Duramque callet pauperiem pati,
Pejusque letho stagitium timet;
Non ille pro caris amicis,
Aut patria timidus perire.

Hor. L. IV. Od. X. 45. ◀Citation/Devise

Niveau 2► BIsogna confessare, che il timò è una fastidiosa passione, e che si ricerca per vincerla un grande sforzo della virtù. Ci è stato dato per nostro riparo, e per nostra conservazione, così non dee parere strano, se da per tutto ci siegue, mentre, da per tutto, abbiamo qualche cosa da custodire. La stessa vita, ed i suoi piaceri, appena [95] meriterebbono i nostri desiderj, se apprendessimo continuamente di perderli. Il fine della Religione, e della Filosofia, è di liberarci da inutili spaventi, e di applicare il nostro timore al suo vero oggetto.

Se si riflette alle mortali inquietezze, che questa passione cagiona, si vedrà, che si arrischia di abbandonarvisi per assai leggeri motivi. Alcuni vi hanno perduto il senno, altri la vita. Tutto il Mondo sà l’avventura di colui, che aggitato dal timore, diventò grigio nello spazio di una notte sola; il che pure hà fatto dire a Marziale:

Niveau 3► Citation/Devise► O nox, quàm lenga es, que facis una senem! ◀Citation/Devise ◀Niveau 3

Se tali spaventi vengono dal sentimento della colpa, sono giusti rimorsi della coscienza, nè vi è altro rimedio, che la vera penitenza, regolata da una direzione prudente. Ma chi non ha da farsi grandi rimproveri, che siegue il diritto sentiero della virtù, e malgrado tutto ciò, ò per la debolez-[96]za del temperamento, e per la tirannia de’ pregiudizj, ò per la mancanza di buone reflessioni, si lascia strascinare dagli eccessi di questa passione, dovrebbe considerare, che non deve temere se non il Monarca Supremo dell’universo, quel benefico Essere, che gli è Amico, Protettore; e Padre. Se questo solo pensiero fosse radicato nell’Anima, quale disgrazia, quale roverscio sarebbe capace di spaventarci? Quale cosa ci puole render infami, quando siamo sicuri dell’approvazione di quello, che ricompenserà la disgrazia d’un momento, con una eternità di Gloria? Quale cosa vi è d’insoportabile ne’ dolori, è nelle malattie, mentre non servono, che a più presto ellevarci a quelle gioje celesti, che mai finiranno? Ogn’uno, che vive in maniera da non temere la morte troppo contradice a se medesimo, quando si spaventa negli altri accidenti di questa vita. La descrizione che fà Orazio [97] della intrepidezza d’un’ uomo da bene, e sì nobile, e sì viva, che non sò dispensarmi dal quì rifferirla di peso.

Niveau 3► Citation/Devise► Justum, & tenacem propositi virum,

Non civium ardor prava jubentium,

Non vultus instantis Tirannis

Mente quatit solida, neque Auster

Dux inquieti turbidus Adrie,

Nec fulminantis magna Jovis manus:

Si fractus illabatur orbis,

Impavidum ferient ruina.

Lib. III. Od. III. .I. ◀Citation/Devise ◀Niveau 3

Per liberarci tanto più presto da mal fondati timori, si deve considerare, in primo luogo, che quello temiamo, puole non accadere. Per quanta cura piglino gli uomini nel formare i loro Progetti; per quanta esattezza osservino, la [98] minima circostanza, che puole mancare, ò sopragiugnere, è capace di roversciare il tutto. Chi dirige a suo piacere il cuore dell’Uomo, e scuopre ben da lontano i nostri pensieri, puole con un millione di accidenti, ò con una azzione immediata sopra le nostre spirituali facoltà, sconcertare le trame più sorde, e più sottili, e rivoltarle in vantaggio de suoi servi fedeli.

E quando accadesse il male temuto, puol essere più sopportabile di quello s’immagina. Siccome non vi è prosperità nella vita presente che non sia accompagnata da qualche roverscio; così puole dirsi, non esservi Avversità, che non abbia il suo bene per qualche verso. Dimandate a’ Grandi del mondo, se non sentono i crudeli assalti della invidia, e dell’ambizione. Dimandate a’ Poveri, ed agl’ Infelici, se non hanno, qualche volta gustate le dolcezze del riposo, e del contento. In mezzo allo stesso Dolore, tra a perfidia de’ nostri Ami-[99]ci, e fra la maldicenza più nera, quando vi siamo un poco avvezzati, si esperimenta una segreta gioja, che sempre accompagna la umile, e pia rassegnazione agli ordini della Provvidenza. I mali di questa vita compariscono, in lontananza, come sterili, e scoscesi Rupi, e Precipizj; Ma, a misura, che vi si accostiamo, si ritrovano alcuni piccioli luoghi, che sono fertili, e delle sorgenti di acqua viva, che ne diminuiscono il naturale orrore.

Dobbiamo finalmente consolarci su questo pensiero, che se il male da noi temuto, non è per anco giunto, possiamo non aspettarlo, e morire prima, che venga.

Quello che conosce le nostre debolezze, ne permette, che siamo esposti alle prove, che superano le nostre forze, ritrova sovente, a proposito, il preservarcene colla morte non aspettata. E questo si puole intitolare una graziosa severità.

Se gli dimandiamo, con ardore, [100] i suoi divini ajuti, non arrischieremo di cadere in que’ precipizj sovente dalla nostra sola immaginazione formati. I nostri occhi debbono sempre essere rivolti, come ad un punto fisso, verso di lui; ed allora cammineramo, con passo costante, e fermo; la dove se, o per imprudenza, o per timore, li giriamo in altra parte, è quasi infallibile la nostra caduta. ◀Niveau 2 ◀Niveau 1