V Pietro und Alessandro Verri Moralische Wochenschriften Klaus-Dieter Ertler Herausgeber Alexandra Fuchs Herausgeber Valentina Rauter Mitarbeiter Lisa Pirkebner Mitarbeiter Sarah Lang Gerlinde Schneider Martina Scholger Johannes Stigler Gunter Vasold Datenmodellierung Applikationsentwicklung Institut für Romanistik, Universität Graz Zentrum für Informationsmodellierung, Universität Graz Graz 08.05.2018 o:mws.6739 Pietro e Alessandro Verri: Il Caffè o sia brevi e varj discorsi giá distribuiti in fogli periodici. Venezia: Pietro Pizzolato 1766, 52-66 Il Caffè 1 05 1766 Italien Ebene 1 Ebene 2 Ebene 3 Ebene 4 Ebene 5 Ebene 6 Allgemeine Erzählung Selbstportrait Fremdportrait Dialog Allegorisches Erzählen Traumerzählung Fabelerzählung Satirisches Erzählen Exemplarisches Erzählen Utopische Erzählung Metatextualität Zitat/Motto Leserbrief Graz, Austria Italian Autopoetische Reflexion Riflessione Autopoetica Autopoetical Reflection Reflexión Autopoética Réflexion autopoétique Wirtschaft Economia Economy Economía Économie Theater Literatur Kunst Teatro Letteratura Arte Theatre Literature Arts Teatro Literatura Arte Théâtre Littérature Art Italy 12.83333,42.83333

V.

Signor dottor Goldoni, uomo al di cui talento comico ha resa giustizia in prima l’Italia, e al di d’oggi può dirsi la parte colta dell’Europa, al di cui onestissimo carattere e amabili costumi ne rendono giustizia i molti e rispettabili suoi Amici. Pretendeva costui che gl’Italiani hanno torto quando trovano piacere alle Commedie del Goldoni, declamava che il Goldoni non ha il vero talento Comico, che il Goldoni non osserva nessuna regola, che il Goldoni non sa la lingua, che il Goldoni non può paragonarsi a Moliere in verun conto, e continuava su questo gusto. Io che son persuaso che il più gran castigo che possa darsi ad un ignorante ardimento è di lasciarlo ignorante, e ardito; io che sono persuaso, che il peggior impiego, che possa farsi della ragione umana, è adoperandola con un Pedante, mi sono fatto portare una tazza dello squisito Caffè del buon Demetrio, e me la sono sorbita deliziosamente, lasciando declamare il Pedante a sua posta; ma giunto a casa me ne vendico, e vendico l’onore, non dirò del Goldoni, al quale un’Elogio di più aggiunge poco, ma l’onore del popolo d’Italia, il quale frequenta e applaude al nostro Protocomico.

La Commedia e destinata a correggere i vizi dilettando, e questa definizione della Commedia, s’ella non è conforme a quella, che ne danno gli eruditi Scrittori che hanno imparato ogni cosa fuori che l’arte di distinguere le cose buone dalle cattive, mi pare preferibile all’altra, che la Commedia è quella che purga l’animo col riso, poichè mi pare che il riso purghi così poco l’animo, quanto la slogatura delle ossa dell’omero purghi l’infamia nella tortura.

Nelle commedie del Sig. Goldoni primieramente è posto per base un fondo di virtù vera, d’umanità, di benevolenza, d’amor del dovere, che riscalda gli animi di quella pura fiamma, che si comunica per tutto ove trovi esca, e che distingue l’uomo, che chiamasi d’onore, dallo scioperato. Ivi s’insegna ai Padri la beneficenza e l’esempio, ai Figli il rispetto e l’amore, alle Spose l’amor del Marito, e della Famiglia, ai Mariti la compiacenza e la condotta; ivi il vizio viene accompagnato sempre dalla più universale e possente nemica, cioè l’infelicità; ivi la virtù provata ne’ cimenti anche più rigidi, riceve la ricompensa; in somma ivi stanno con nodo si indissolubile unite la virtù al premio, e la dissolutezza alla pena, e sono con si vivi e rari colori dipinte e l’una e l’altra, che v’e tutta l’arte per associare le idee di onesto e utile nelle menti umane con quel nodo, il quale se una volta al fine giungessimo a rassodare, sarebbero i due nomi di pazzo, e di malvagio sinonimi nel linguaggio comune.

Io non dirò che le ottanta e più Commedie del Sig. Goldoni dilettino tutte; dirò che spirano tutte la virtù, e che la maggior parte di esse veramente diletta. Che diletti me, ogni lettore deve accordarmelo, poichè parlo in materia, in cui non v’e miglior giudice competente; che dilettino gli spettatori, sembra cosa molto probabile, direi quasi delle probabilmente probabili, anzi delle probabilmente probabiliori, posto che vediamo il concorso ch’esse hanno avuto, ed hanno tuttavia per tutto ove si rappresentano.

Gli abitatori di Parigi, quelli cioè che sono avvezzi ogni giorno a vedere su’ loro Teatri le più belle produzioni Drammatiche, che gli uomini abbiano fatte, almeno dacchè le memorie sono giunte a noi, essi ascoltano con applauso le Commedie del valoroso nostro Italiano. Nella Germania molte delle sue Commedie si rappresentano tradotte ed applaudite. Pongasi tutto ciò da una parte della bilancia, pongasi dall’altra parte il piccol numero degli insensibili Pedanti, e poi si giudichi, se in una cosa che piace cosi universalmente vi sia una ragione perchè piaccia, oppure se sia un effetto senza cagione.

La vita degli uomini di genio è sempre stata il bersaglio di frecce degli uomini mediocri; e Moliere sarebbe stato da essi oppresso, se la protezione d’un gran Monarca non lo avesse di-feso. Sia detto a gloria nostra, gl’Italiani hanno fatto per quest’illustre Paesano quello, che avrebbe potuto fare un monarca, e la sensibilità della Nazione al merito, ha offerto in tributo all’eccellente Comico l’allegria, le lagrime, e gli applausi de’ pieni Teatri.

Sin dalle montagne, ove ha scelto di passare i giorni della gloriosa sua vecchiaia il Maestro vivente del Teatro il Signor di Voltaire, vengono gli elogi al Ristoratore della Commedia, al Liberatore dell’Italia dai Barbari, al vero dipintore della Natura, Sig. Goldoni; ed in fatti il nostro Comico per liberarci dalla vera barbarie, in cui erano le scene d’Italia, ha dovuto superare i primi ostacoli; cioè la difficoltà di avvezzare i Commedianti a imparare a memoria, e la difficoltà di avvezzare gli Uditori a gustare le cose imparate a memoria. Il nostro Comico ha dovuto per gradi mostrarci la Commedia, e molte ce ne ha mostrate, le quali, oso predirlo; si mireranno un giorno con gloria dell’Italia, come ora con diletto e istruzione.

Egli è vero che il nostro Autore sapeva poco la lingua italiana quando cominciò a scrivere; ma nelle Opere, che diede in seguito si ripulì di molto. Egli è vero, che i suoi versi quanto sono facili, altrettanto ancora sono lontani da quell’armonia e da quell’apollinea robustezza, che fa piacere la Poesia, e tal difetto lo ha comune col Moliere. Egli e vero ancora, che il pennello di questo dipintore della natura riesce meglio assai nel rappresentare i caratteri del popolo, che riesca rappresentando i caratteri delle persone più elevate, e di ciò son d’accordo. Ma sieno d’accordo ancora tutti i sensibili, e ragionevoli nel trovare che il Goldoni ha tutta l’anima Comica, e tutto il merito della più pura virtù, che scaturisce dappertutto nelle sue produzioni.

Il soggiorno ch’egli ora fa, per sua gloria, in Parigi, spero che sia per esser fruttuoso all’Italia, alla quale manca ancora la vera arte de’ Commedianti. Qui m’avvego che alcuno, e forse molti de’ miei Lettori sospetteranno, ch’io cada in un accesso di delirio, ma si tranquillino, si calmino, e se vogliono delle verità leggano, e se non ne vogliono restino come sono.

Nella Francia dunque, dove il comico Moliere, il comico Baron erano insieme Commedianti, essi che sentivano tutta la energia dei ridicoli e delle passioni che dovevano rappresentare, diedero esempio agli altri, e servirono di modello del modo di rappresentar sulla Scena. Essi erano ben veduti alla Corte allora la più brillante d’Europa, essi erano ben accolti nelle più nobili e pulite compagnie del Regno, e cosi agevolmente impararono l’arte di parlare, di moversi, di vestirsi, e di rappresentare in somma al naturale ogni nobil personaggio. Stabiliti gli esemplari, i quali frequentemente si mostravano, facil cosa divenne l’averne buoni allievi, e tali sono per tradizione i Commedianti che in Francia anche al di d’oggi rappresentano le composizioni Drammatiche. La non vedreste gl’innamorati parlare alle lor belle con una canna in mano, come se sempre fossero di viaggio, col cappello in testa (indecentissima cosa), con un’ abito malfatto, e logoro, avvanzo di un rigattiere. La non udireste gli urli, e il tuon di voce

Lacerator di ben costrutti orrecchi

cose tutte che quasi universalmente accompagnano le Compagnie de’ Commedianti d’Italia. La vedreste in somma la nobile natura, il costume rappresentato come egli e, anzi vedreste la Commedia divenuta una vera scuola di gentilezza, e di buone maniere; onde se il nostro Signor Goldoni, che sente il bello, che conosce il buono, al suo ritorno in questa Patria, a cui ha fatto tanto onore, avrà forze tali da portare la riforma, ed atterrare gli avvanzi della barbarie, che ancora abbiamo pur troppo, spero che ciò si farà. Voglia il buon Genio d’Italia. che ciò si possa; e che nasca qualcuno degno d’imparare l’arte onorata del Goldoni, e degno di sostenerne la gloria presso i figli nostri.

P.

M’e stato dato un Progetto sulla coltivazione del tabacco ch’io volentieri ripongo nel Foglio. Ogni Cittadino risente gli effetti del pubblico bene, ogni Cittadino deve desiderarlo, e meritano la riconoscenza del pubblico quei che vi meditano e somministrano i loro lumi, sebbene la maggior parte delle volte non l’ottenghino da’ loro Contemporanei. Credo che sia un bene che molti scrivano e pensino su gl’interessi veri d’una Nazione, sulle Finanze, sul Commercio, e sull’Agricoltura; la nebbia ed il mistero servono alla impunità di pochi, e alla miseria di molti. I fatti dell’economia Politica è bene che si sappiano, poichè e un bene che vi si pensi da molti, e dal fermento delle diverse opinioni sempre più si separa, e rende semplice la verità. Chiunque ci somministrerà scritti ragionevoli in queste materie avrà sempre un luogo onorato in questi Fogli. Il progetto dunque così dice:

P.

La coltivazione del tabacco

La prima e principal massima di chi dirige il Commercio d’una Nazione, quella dev’essere di renderla il più che sia possibile indipendente dalle altre, si quanto all’industria, che quanto ai generi di prime necessità, nell’abbondanza de’ quali consiste realmente la vera ricchezza d’uno Stato. Egli è vero che sarebbe una chimera il voler pretendere di conseguire una totale indipendenza: non omnis fert omnia tellus; ma come perdonarla a chi potendo con facilità trapiantare qualche prodotto entro i proprj confini, volesse ciò non ostante con grave discapito della massa circolante andare a procacciarselo altrove?

Cinquanta mila Filippi costa l’annua provista delle foglie per i Tabacchi che si consumano in questo Stato; il nostro clima (a dispetto di non lo vuole), i nostri terreni, la nostr’aria sono ottimi per la coltura di questa pianta. L’esperienza cotidiana lo mostra ad evidenza, eppure si prosegue a comperarli fuor di Paese, nè mai il Progetto di farne qui le piantagioni fu fin on ch’io sappia, o proposto o tentato, quantunque unito al pubblico vantaggio trovar vi potesse particolar guadagno anche chi ha il diritto di venderli, colla diminuzione dell’intrinseco valore del Tabacco istesso.

Qualche calcolatore, del gusto dell’oppositore al bellissimo Progetto della natural spurgazione del Canale detto Naviglio della nostra Città, troverebbe forse questa mia proposizione erronea, ed iperbolica, e mi proverebbe in via di moltiplico con un bei conto dimostrativo, che il valore de’ fondi che s’impiegassero a questo fine, e sopratutto le sole giornate necessarie alla di lui coltura, basterebbero per far ammontare al doppio il prezzo del Tabacco che si raccogliesse a fronte del forestiero, e con ciò ne minacciarebbe un gravissimo pregiudizio alla Regalia. Aggiungerebbe in seguito le dispendiose disposizioni di attrecci, e di fabbriche; la difficoltà di trovar gente pratica per coltivarlo, e manufattarlo nelle debite forme; quindi lega facendo con alcuni nasi rispettabili più squisiti e dilicati degli altri, concluderebbe con una declamazione sul gusto delle Verrine contro l’enorme spesa, l’insuperabile difficoltà, la pessima qualità del Tabacco, e la chimerica idea del Progetto.

Prima però d’entrare a confutar queste obbiezioni convien premettere per conforto dei nasi parasiti, ch’io non intenderei già che si dovessero proscrivere i Tabacchi di Siviglia, e del Brasile; anzi da principio ne meno le stesse foglie ordinarie. Devesi in tutto andar per grado, poichè quand’anche per supposto conseguir non si potesse che di sostituire il tabacco nostrano al più ordinario e grossolano, non sarebbe sempre questo ancora altrettanto oro risparmiato all’interna circolazione? Non verrebbe, il Pubblico a guadagnarvi la sussistenza di tutte quelle persone, che venissero impiegate alla di lui coltura? Ho ragione nulladimeno di credere che non anderebbero molti anni, che l’introduzione della foglia forastiera verrebbe naturalmente, e colla sola sperienza sempre più a sminuirsi, ed a cessare.

Ciò premesso (oltre che io non saprei se il prodotto de’ fondi si dovesse punto computare in un paese che abbia una considerabile quantità di buon terreno tuttora incolto da surrogare a quel poco destinato alle proposte piantazioni), egli è certo, che il prodotto del Tabacco (ritenuta sempre la necessità di questo genere) sarà a dir poco d’una doppia rendita di qualunque altro, potendovi assicurare, dopo replicate esperienze fatte qui, quando eravi libero il traffico di questo genere, che una sola pertica, poco più, di terreno ben coltivata a tabacco è giunta a produrre di netto i dieciotto, fino i venti Filippi; differenza enorme certamente in confronto di qualunque altro de’ nostri prodotti. La spesa della coltura poi, ed e necessaria alla produzione di qualunque altro frutto, si potrebbe di molto sminuire coll’impiegarvi tutti quei Condannati, che doniamo cosi liberalmente. Cosi risparmiare pure in gran parte si potrebbero le altre spese di attrezzi, e di fabbriche, essendo i primi poco differenti dai soliti praticarsi nell’ordinaria Agricoltura, e potendo supplire alle secon-de molti vecchj, ed ora quasi inutili edifici; e per dirne d’un solo, il vastissimo recinto del Lazaretto, il quale ci offre ad un tempo stesso ed un ottimo fondo per coltivarlo, ed un opportuno fabbricato per riporlo, manufatturarlo, e custodirlo. In risposta poi a chi promove la difficoltà di trovar gente pratica per ciò fare, direi che il nostro paese non ne manca, e lo rimanderei al Dizionario del commercio del Savari, dove troverà per esteso le varie colture, che si danno al Tabacco, secondo i Paesi. Quella che si pratica in Francia, mi sembra da preferirsi nel caso nostro.

Altro non resta adunque che il timore della cattiva qualità. A ciò rispondo, che quando la foglia del Tabacco nostrano si racccolga ben matura, e si lasci sopratutto riposare da un anno all’altro, riesce per le fatte sperienze molto buona; ottima poi per formarne dei Tabacchi fermentati, ed artificiali d’ogni qualità.

Ed eccovi il più brevemente che mi sia possibile esposto il mio pensiero, quale riunendo alla pubblica utilità (coll’impedire ogni anno la sortita d’una somma cotanto grandiosa, e col procurare la sussistenza a buon numero di famiglie) il vantaggio tanto della Regalia, quanto di chi la tien in affitto (colla diminuzione dell’intrinseco valor del Tabacco) potrebbe meritare qualche esame, massimamente presso persone non volgari, ne facili a impaurirsi al sol vocabolo di cosa nuova, nè prevenute da un’inconsiderato amor proprio a segno di trovar male tutto ciò che non ha preso il primo nascimento nella loro immaginazione.

S.

Così termina il breve Progetto, il quale a nostro giudizio potrebbe aver luogo a beneficio d’ogni Paese, che voglia non trascurare i proprj vantag-gi anche a costo di pensare a’ spe-dienti, che non sieno venuti in capo ai nostri Avi. Ma per fare un bene qualunque un pò grande a una Nazione, vi vogliono di quegli uomini, che il volgo chiama imprudenti, e che la posterità chiama uomini grandi. Se essi nascono in una felice combinazione di cose, ripuliscono una Nazione selvaggia e si chiamano Pietro il Grande; se nascono in una privata condizione, scrivono tutto al più qualche libro, e ottengono per sommo elogio quello che ebbe l’Abate di San Pietro, cioè d’Autore di Sogni, d’un buon Cittadino.

P.

Ricevo da ottimo Cittadino il seguente Dialogo da inserirsi nel nostro Caffè. Ei ci pare molto utile da presentarsi al Pubblico, poiché se non è possibile in un breve scritto d’illuminare profondamente su una materia tanto interessante per gli uomini, è sempre un bene grande il far conoscere, che le cose non sono a quell’ apice di perfezione, a cui credono che siano giunte gli uomini volgari, ed è sempre pure un bene il mostrare quai sieno gli autori e le mire che debbono seguirsi per innoltrare i progressi d’un oggetto tanto necessario, qual è 1’Agricoltura. Speriamo che i Lettori nostri saranno contenti di questo breve saggio per ora, e speriamo altresi che chiunque abbia cose utili, nuove, e ragionate, le quali per la tenuità del loro volume non possano star bene pubblicate da se, vorranno far capo al nostro Demetrio, e contribuire alla nostra raccolta, ricevendone in premio un esemplare annuo gratis, quando però piaccia a noi di farne uso. Ecco in somma il dialogo.

Dell’agricolturaDialogoAfranio e Cresippo

Afr. Non so se vi ricordiate, Signor Cresippo, della promessa, che un giorno mi avete fatta d’istruirmi, come noi potessimo far valere l’Agricoltura, le arti, e l’industria per togliere lo sbilancio, che soffre il nostro Commercio. Io spero che dalla vostra cortesia otterrò questo piacere.

Cres. Mi sovviene benissimo, nè ricuso di mantenervi la parola; ma siccome sono queste materie importantissime, e che meritano d’essere separatamente trattate, cosi non mi comprometto di potervi subito intieramente compiacere. Se vi bastasse per ora di ascoltare le mie riflessioni intorno l’Agricoltura, io sono in grado di servirvi, riservando in altro tempo il discorso sopra le altre materie.

Afr. Io sono persuasissimo dell’importanza dell’Agricoltura, e volentieri sentirei a parlarne, se ciò si potesse fare utilmente. Tutt’altro abbiamo di bisogno, che d’imparare i precetti d’Agricoltura. Siamo nati in un Paese, in cui la medesima e ridotta a quella perfezione, che non può ricevere miglioramento alcuno. Mi accorderete anche voi, che non v’ha Forastiere, il quale passando per questo Stato non esclami: che belle campagne! che fertilità! che fin’agricoltura!

Cres. Io convengo, che lo Stato di Milano, considerato in complesso, sia ben coltivato, e che paragonato alla maggior parte dei Regni Europei si distingua fra di essi; ma vi devo dire altresi, che in certi capi d’Agricoltura è superato d’alcune altre Nazioni, e che in tutti può l’esser migliorato, onde il mio ragionamento non vi sarà inutile.

Afr. Se l’affare è nei termini, nei quali voi me lo rappresentate, io son ben contento di udirvi e di profittare dei vostr’ insegnamenti, benchè, qualunque sia il miglioramento, che siete per progettare, non mi sembra sperabile dalla sola scienza. La sperienza, che deve precedere le nostre operazioni esige una seria applicazione, e spese non indifferenti. L’incertezza della riuscita, la nostra pur troppo sensibile povertà ci toglie affatto il coraggio, e ce ne allontana il pensiere. Ho letto nei dialoghi di Xenofonte che: Agricoltura magnum incrementum sumeret, si quis vel per agros, vel per vicos optime terram excollentibus praemia constitueret. Ho inteso, che in molte provincie della Francia, nella Svizzera, in Toscana, in Modena, si erigono opportune Accademie, e si distribuiscono premj a chi fa qualche utile scoperta, o meglio d’ogn’altro fertilizza un Terreno incolto.

Cres. E certissimo, che i progressi dell’agricoltura sono più veloci, quando con mezzi valevoli si promovono. Vi dissi già, se non m’inganno, che l’agricoltura contiene tre articoli, cioè il moltiplicare i frutti, il perfezionarli, e l’introdurne dei nuovi. Per la moltiplicazione, e perfezione dei frutti fa d’uopo in primo luogo renderne abile la terra. La di lei diagnostica resta per anche imperfetta. Si può essa distinguere colla profondità della vegetabile, per la qualità del letto, che sotto vi giace, per la specie dell’erbe, che sopra naturalmente vi crescono, per il colore, per la durezza, il peso, la dissolubilità, vitricazione, calcinazione, per il gusto, e generalmente per ogn’altra qualità sensibile. Sarebbero necessarie molte cognizioni, lunghe osservazioni, che ancora non trovansi presso dei Naturalisti. Le storie naturali de’ Fossili dei Sig. Hill e di Emanuele Mendes da Costa, membro della Società Reale di Londra, ci possono ora somministrare dei lumi molt’importanti per quest’effetto. L’Accademia di Bordeaux propose il premio nell’anno 17618, a chi insegnava la migliore maniera di conoscere la diversa qualità delle Terre per l’agricoltura. Il Sig. Kubel ha fatta una Dissertazione sopra la cagione della fertilità della Terra. Tre sorte di terra noi in presente conosciamo, la grassa, l’argillosa e la saboniccia, alle quali convengono deferenti ajuti per migliorarle. Uno di questi ajuti si e la mischianza vicendevole delle terre medesime giudiziosamente fatta. Giova assai alla buon’agricoltura l’unire per mezzo di cambj i piccoli pezzi di terra dagli altri disgiunti. Incredibile riesce la spesa, l’incomodo, e la perdita del tempo, che fa di mestieri impiegare per lavorarli; sovente per questi difetti poco, o nulla se ne cava. Un’usanza ugualmente profittevole sarebbe quella di fare gli affitti a lungo tempo. Il Proprietario vedrebbe i suoi fondi più a dovere coltivati, e con maggior prontezza sarebbe pagato dall’Affittuario, l’industria del quale avrebbe un campo più vasto da svilupparsi, e d’intraprendere a fare tutto ciò, che deve godere per molto tempo, invece che la certezza, o il timore di travagliare unicamente per gli altri lo costringe a pensare ai soli miglioramenti annuali, e fa perdere a lui egualmente che al Pubblico tutto ciò, che intraprenderebbe senza questo corto, e fatal termine, che fa passare il prodotto delle sue fatiche nelle mani altrui. Il dissodare, e porre a frutto le brughiere, e le paludi, che in abbondanza trovansi nello Stato, lo stesso è che l’ingrandire lo Stato medesimo. Il valore d’un Paese non si misura dalla di lui estensione, ma bensi dalla quantità, e qualità dei prodotti, dall’utilità dei lavori, e dal numero degli Abitanti mantenuti da quelli. Riflette ottimamente il Signor NikollsJohn Nikolls. Remarques sr les avantages, & les desavantages de la France; & de la Grande-Bretagne. A Dresde 1754., che ogni Terra, la quale nulla produce, o cessa di produrre, fa una mancanza notabile ad una Nazione, a togliere la quale ci esortano le Sagre CarteIn Geremia. : Novate vobis novale, et nolite serere super spinas. In Annover, per ordine del Re d’Inghilterra suo Sovrano, si è dato al pubblico un metodo eccellente per rendere fruttifere le brughiere, metodo, che troverete esposto nel Giornal economico dell’anno 1751. Il signor Turbilly ha fatta una memoria sur les defrichemensAmsterdam chez Marc Michel Rey 1762., i di cui insegnamenti sono stati utilissimamente sperimentati. Ottimi precetti d’Agricoltura troverete, Signor Afranio, nel Traite de la culture des terres par Mr. Du-Hamel de Monceau, nell’Essai sur l’emelioration des terres de Mr. Patullo, nei principj d’Agricoltura del Signor Home Scozzese, tradotti, o stampati in Milano. Avrete ancora varie belle cognizioni dalle opere degli inglesi signori Evelyn, Laurance, Miller, Thull; dagli Atti delle Accademie Reali di Francja, di Londra, di Svezia, di Berlino, di Pietroburgo, dall’Enciclopedia, Maison rustique, settima edizione, dal Dizionario economico di Chomel, dal Gentiluomo Coltivatore.Le Gentil-Homme Cultivateur, a Paris chez P.G.Simon rue de la Harpe. A Bordeaux chez Chapuis l’ ainè1763. In Danimarca si sono recentemente pubblicate le seguenti Opere: Breve istruzione sopra l’Agricoltura; Pensieri patriotici su l’economia, ed agricoltura. Saggio sopra la maniera di perfezionare l’agricoltura. Nello stesso Regno trovasi un Magazzino economico sopra l’agricoltura, ed economia rustica.Copenaghen 1758. Da’ Torchj di Scozia è sortito un Trattato intorno la vegetazione, la coltura, o lavoro della Terra, gl’ingrassamenti, e loro effetti, ed i Terreni.Edimburgo presso Dovaldson, e si vende in Londra da Millar.

Oltre d’avere preparata la terra altre diligenze sono da usarsi per ottenere la desiderata moltiplicazione, e perfezione dei frutti. Fra questi tengono il primo luogo le biade, perchè sono agli Uomini d’assoluta necessità. La loro semenza dev’essere preparata, al che può servire la maniera, che insegna il suddetto Giornale economico del 1751.Nei mesi di Maggio, e di Giugno., da

V. Signor dottor Goldoni, uomo al di cui talento comico ha resa giustizia in prima l’Italia, e al di d’oggi può dirsi la parte colta dell’Europa, al di cui onestissimo carattere e amabili costumi ne rendono giustizia i molti e rispettabili suoi Amici. Pretendeva costui che gl’Italiani hanno torto quando trovano piacere alle Commedie del Goldoni, declamava che il Goldoni non ha il vero talento Comico, che il Goldoni non osserva nessuna regola, che il Goldoni non sa la lingua, che il Goldoni non può paragonarsi a Moliere in verun conto, e continuava su questo gusto. Io che son persuaso che il più gran castigo che possa darsi ad un ignorante ardimento è di lasciarlo ignorante, e ardito; io che sono persuaso, che il peggior impiego, che possa farsi della ragione umana, è adoperandola con un Pedante, mi sono fatto portare una tazza dello squisito Caffè del buon Demetrio, e me la sono sorbita deliziosamente, lasciando declamare il Pedante a sua posta; ma giunto a casa me ne vendico, e vendico l’onore, non dirò del Goldoni, al quale un’Elogio di più aggiunge poco, ma l’onore del popolo d’Italia, il quale frequenta e applaude al nostro Protocomico. La Commedia e destinata a correggere i vizi dilettando, e questa definizione della Commedia, s’ella non è conforme a quella, che ne danno gli eruditi Scrittori che hanno imparato ogni cosa fuori che l’arte di distinguere le cose buone dalle cattive, mi pare preferibile all’altra, che la Commedia è quella che purga l’animo col riso, poichè mi pare che il riso purghi così poco l’animo, quanto la slogatura delle ossa dell’omero purghi l’infamia nella tortura. Nelle commedie del Sig. Goldoni primieramente è posto per base un fondo di virtù vera, d’umanità, di benevolenza, d’amor del dovere, che riscalda gli animi di quella pura fiamma, che si comunica per tutto ove trovi esca, e che distingue l’uomo, che chiamasi d’onore, dallo scioperato. Ivi s’insegna ai Padri la beneficenza e l’esempio, ai Figli il rispetto e l’amore, alle Spose l’amor del Marito, e della Famiglia, ai Mariti la compiacenza e la condotta; ivi il vizio viene accompagnato sempre dalla più universale e possente nemica, cioè l’infelicità; ivi la virtù provata ne’ cimenti anche più rigidi, riceve la ricompensa; in somma ivi stanno con nodo si indissolubile unite la virtù al premio, e la dissolutezza alla pena, e sono con si vivi e rari colori dipinte e l’una e l’altra, che v’e tutta l’arte per associare le idee di onesto e utile nelle menti umane con quel nodo, il quale se una volta al fine giungessimo a rassodare, sarebbero i due nomi di pazzo, e di malvagio sinonimi nel linguaggio comune. Io non dirò che le ottanta e più Commedie del Sig. Goldoni dilettino tutte; dirò che spirano tutte la virtù, e che la maggior parte di esse veramente diletta. Che diletti me, ogni lettore deve accordarmelo, poichè parlo in materia, in cui non v’e miglior giudice competente; che dilettino gli spettatori, sembra cosa molto probabile, direi quasi delle probabilmente probabili, anzi delle probabilmente probabiliori, posto che vediamo il concorso ch’esse hanno avuto, ed hanno tuttavia per tutto ove si rappresentano. Gli abitatori di Parigi, quelli cioè che sono avvezzi ogni giorno a vedere su’ loro Teatri le più belle produzioni Drammatiche, che gli uomini abbiano fatte, almeno dacchè le memorie sono giunte a noi, essi ascoltano con applauso le Commedie del valoroso nostro Italiano. Nella Germania molte delle sue Commedie si rappresentano tradotte ed applaudite. Pongasi tutto ciò da una parte della bilancia, pongasi dall’altra parte il piccol numero degli insensibili Pedanti, e poi si giudichi, se in una cosa che piace cosi universalmente vi sia una ragione perchè piaccia, oppure se sia un effetto senza cagione. La vita degli uomini di genio è sempre stata il bersaglio di frecce degli uomini mediocri; e Moliere sarebbe stato da essi oppresso, se la protezione d’un gran Monarca non lo avesse di-feso. Sia detto a gloria nostra, gl’Italiani hanno fatto per quest’illustre Paesano quello, che avrebbe potuto fare un monarca, e la sensibilità della Nazione al merito, ha offerto in tributo all’eccellente Comico l’allegria, le lagrime, e gli applausi de’ pieni Teatri. Sin dalle montagne, ove ha scelto di passare i giorni della gloriosa sua vecchiaia il Maestro vivente del Teatro il Signor di Voltaire, vengono gli elogi al Ristoratore della Commedia, al Liberatore dell’Italia dai Barbari, al vero dipintore della Natura, Sig. Goldoni; ed in fatti il nostro Comico per liberarci dalla vera barbarie, in cui erano le scene d’Italia, ha dovuto superare i primi ostacoli; cioè la difficoltà di avvezzare i Commedianti a imparare a memoria, e la difficoltà di avvezzare gli Uditori a gustare le cose imparate a memoria. Il nostro Comico ha dovuto per gradi mostrarci la Commedia, e molte ce ne ha mostrate, le quali, oso predirlo; si mireranno un giorno con gloria dell’Italia, come ora con diletto e istruzione. Egli è vero che il nostro Autore sapeva poco la lingua italiana quando cominciò a scrivere; ma nelle Opere, che diede in seguito si ripulì di molto. Egli è vero, che i suoi versi quanto sono facili, altrettanto ancora sono lontani da quell’armonia e da quell’apollinea robustezza, che fa piacere la Poesia, e tal difetto lo ha comune col Moliere. Egli e vero ancora, che il pennello di questo dipintore della natura riesce meglio assai nel rappresentare i caratteri del popolo, che riesca rappresentando i caratteri delle persone più elevate, e di ciò son d’accordo. Ma sieno d’accordo ancora tutti i sensibili, e ragionevoli nel trovare che il Goldoni ha tutta l’anima Comica, e tutto il merito della più pura virtù, che scaturisce dappertutto nelle sue produzioni. Il soggiorno ch’egli ora fa, per sua gloria, in Parigi, spero che sia per esser fruttuoso all’Italia, alla quale manca ancora la vera arte de’ Commedianti. Qui m’avvego che alcuno, e forse molti de’ miei Lettori sospetteranno, ch’io cada in un accesso di delirio, ma si tranquillino, si calmino, e se vogliono delle verità leggano, e se non ne vogliono restino come sono. Nella Francia dunque, dove il comico Moliere, il comico Baron erano insieme Commedianti, essi che sentivano tutta la energia dei ridicoli e delle passioni che dovevano rappresentare, diedero esempio agli altri, e servirono di modello del modo di rappresentar sulla Scena. Essi erano ben veduti alla Corte allora la più brillante d’Europa, essi erano ben accolti nelle più nobili e pulite compagnie del Regno, e cosi agevolmente impararono l’arte di parlare, di moversi, di vestirsi, e di rappresentare in somma al naturale ogni nobil personaggio. Stabiliti gli esemplari, i quali frequentemente si mostravano, facil cosa divenne l’averne buoni allievi, e tali sono per tradizione i Commedianti che in Francia anche al di d’oggi rappresentano le composizioni Drammatiche. La non vedreste gl’innamorati parlare alle lor belle con una canna in mano, come se sempre fossero di viaggio, col cappello in testa (indecentissima cosa), con un’ abito malfatto, e logoro, avvanzo di un rigattiere. La non udireste gli urli, e il tuon di voce Lacerator di ben costrutti orrecchi cose tutte che quasi universalmente accompagnano le Compagnie de’ Commedianti d’Italia. La vedreste in somma la nobile natura, il costume rappresentato come egli e, anzi vedreste la Commedia divenuta una vera scuola di gentilezza, e di buone maniere; onde se il nostro Signor Goldoni, che sente il bello, che conosce il buono, al suo ritorno in questa Patria, a cui ha fatto tanto onore, avrà forze tali da portare la riforma, ed atterrare gli avvanzi della barbarie, che ancora abbiamo pur troppo, spero che ciò si farà. Voglia il buon Genio d’Italia. che ciò si possa; e che nasca qualcuno degno d’imparare l’arte onorata del Goldoni, e degno di sostenerne la gloria presso i figli nostri. P. M’e stato dato un Progetto sulla coltivazione del tabacco ch’io volentieri ripongo nel Foglio. Ogni Cittadino risente gli effetti del pubblico bene, ogni Cittadino deve desiderarlo, e meritano la riconoscenza del pubblico quei che vi meditano e somministrano i loro lumi, sebbene la maggior parte delle volte non l’ottenghino da’ loro Contemporanei. Credo che sia un bene che molti scrivano e pensino su gl’interessi veri d’una Nazione, sulle Finanze, sul Commercio, e sull’Agricoltura; la nebbia ed il mistero servono alla impunità di pochi, e alla miseria di molti. I fatti dell’economia Politica è bene che si sappiano, poichè e un bene che vi si pensi da molti, e dal fermento delle diverse opinioni sempre più si separa, e rende semplice la verità. Chiunque ci somministrerà scritti ragionevoli in queste materie avrà sempre un luogo onorato in questi Fogli. Il progetto dunque così dice: P. La coltivazione del tabacco La prima e principal massima di chi dirige il Commercio d’una Nazione, quella dev’essere di renderla il più che sia possibile indipendente dalle altre, si quanto all’industria, che quanto ai generi di prime necessità, nell’abbondanza de’ quali consiste realmente la vera ricchezza d’uno Stato. Egli è vero che sarebbe una chimera il voler pretendere di conseguire una totale indipendenza: non omnis fert omnia tellus; ma come perdonarla a chi potendo con facilità trapiantare qualche prodotto entro i proprj confini, volesse ciò non ostante con grave discapito della massa circolante andare a procacciarselo altrove? Cinquanta mila Filippi costa l’annua provista delle foglie per i Tabacchi che si consumano in questo Stato; il nostro clima (a dispetto di non lo vuole), i nostri terreni, la nostr’aria sono ottimi per la coltura di questa pianta. L’esperienza cotidiana lo mostra ad evidenza, eppure si prosegue a comperarli fuor di Paese, nè mai il Progetto di farne qui le piantagioni fu fin on ch’io sappia, o proposto o tentato, quantunque unito al pubblico vantaggio trovar vi potesse particolar guadagno anche chi ha il diritto di venderli, colla diminuzione dell’intrinseco valore del Tabacco istesso. Qualche calcolatore, del gusto dell’oppositore al bellissimo Progetto della natural spurgazione del Canale detto Naviglio della nostra Città, troverebbe forse questa mia proposizione erronea, ed iperbolica, e mi proverebbe in via di moltiplico con un bei conto dimostrativo, che il valore de’ fondi che s’impiegassero a questo fine, e sopratutto le sole giornate necessarie alla di lui coltura, basterebbero per far ammontare al doppio il prezzo del Tabacco che si raccogliesse a fronte del forestiero, e con ciò ne minacciarebbe un gravissimo pregiudizio alla Regalia. Aggiungerebbe in seguito le dispendiose disposizioni di attrecci, e di fabbriche; la difficoltà di trovar gente pratica per coltivarlo, e manufattarlo nelle debite forme; quindi lega facendo con alcuni nasi rispettabili più squisiti e dilicati degli altri, concluderebbe con una declamazione sul gusto delle Verrine contro l’enorme spesa, l’insuperabile difficoltà, la pessima qualità del Tabacco, e la chimerica idea del Progetto. Prima però d’entrare a confutar queste obbiezioni convien premettere per conforto dei nasi parasiti, ch’io non intenderei già che si dovessero proscrivere i Tabacchi di Siviglia, e del Brasile; anzi da principio ne meno le stesse foglie ordinarie. Devesi in tutto andar per grado, poichè quand’anche per supposto conseguir non si potesse che di sostituire il tabacco nostrano al più ordinario e grossolano, non sarebbe sempre questo ancora altrettanto oro risparmiato all’interna circolazione? Non verrebbe, il Pubblico a guadagnarvi la sussistenza di tutte quelle persone, che venissero impiegate alla di lui coltura? Ho ragione nulladimeno di credere che non anderebbero molti anni, che l’introduzione della foglia forastiera verrebbe naturalmente, e colla sola sperienza sempre più a sminuirsi, ed a cessare. Ciò premesso (oltre che io non saprei se il prodotto de’ fondi si dovesse punto computare in un paese che abbia una considerabile quantità di buon terreno tuttora incolto da surrogare a quel poco destinato alle proposte piantazioni), egli è certo, che il prodotto del Tabacco (ritenuta sempre la necessità di questo genere) sarà a dir poco d’una doppia rendita di qualunque altro, potendovi assicurare, dopo replicate esperienze fatte qui, quando eravi libero il traffico di questo genere, che una sola pertica, poco più, di terreno ben coltivata a tabacco è giunta a produrre di netto i dieciotto, fino i venti Filippi; differenza enorme certamente in confronto di qualunque altro de’ nostri prodotti. La spesa della coltura poi, ed e necessaria alla produzione di qualunque altro frutto, si potrebbe di molto sminuire coll’impiegarvi tutti quei Condannati, che doniamo cosi liberalmente. Cosi risparmiare pure in gran parte si potrebbero le altre spese di attrezzi, e di fabbriche, essendo i primi poco differenti dai soliti praticarsi nell’ordinaria Agricoltura, e potendo supplire alle secon-de molti vecchj, ed ora quasi inutili edifici; e per dirne d’un solo, il vastissimo recinto del Lazaretto, il quale ci offre ad un tempo stesso ed un ottimo fondo per coltivarlo, ed un opportuno fabbricato per riporlo, manufatturarlo, e custodirlo. In risposta poi a chi promove la difficoltà di trovar gente pratica per ciò fare, direi che il nostro paese non ne manca, e lo rimanderei al Dizionario del commercio del Savari, dove troverà per esteso le varie colture, che si danno al Tabacco, secondo i Paesi. Quella che si pratica in Francia, mi sembra da preferirsi nel caso nostro. Altro non resta adunque che il timore della cattiva qualità. A ciò rispondo, che quando la foglia del Tabacco nostrano si racccolga ben matura, e si lasci sopratutto riposare da un anno all’altro, riesce per le fatte sperienze molto buona; ottima poi per formarne dei Tabacchi fermentati, ed artificiali d’ogni qualità. Ed eccovi il più brevemente che mi sia possibile esposto il mio pensiero, quale riunendo alla pubblica utilità (coll’impedire ogni anno la sortita d’una somma cotanto grandiosa, e col procurare la sussistenza a buon numero di famiglie) il vantaggio tanto della Regalia, quanto di chi la tien in affitto (colla diminuzione dell’intrinseco valor del Tabacco) potrebbe meritare qualche esame, massimamente presso persone non volgari, ne facili a impaurirsi al sol vocabolo di cosa nuova, nè prevenute da un’inconsiderato amor proprio a segno di trovar male tutto ciò che non ha preso il primo nascimento nella loro immaginazione. S. Così termina il breve Progetto, il quale a nostro giudizio potrebbe aver luogo a beneficio d’ogni Paese, che voglia non trascurare i proprj vantag-gi anche a costo di pensare a’ spe-dienti, che non sieno venuti in capo ai nostri Avi. Ma per fare un bene qualunque un pò grande a una Nazione, vi vogliono di quegli uomini, che il volgo chiama imprudenti, e che la posterità chiama uomini grandi. Se essi nascono in una felice combinazione di cose, ripuliscono una Nazione selvaggia e si chiamano Pietro il Grande; se nascono in una privata condizione, scrivono tutto al più qualche libro, e ottengono per sommo elogio quello che ebbe l’Abate di San Pietro, cioè d’Autore di Sogni, d’un buon Cittadino. P. Ricevo da ottimo Cittadino il seguente Dialogo da inserirsi nel nostro Caffè. Ei ci pare molto utile da presentarsi al Pubblico, poiché se non è possibile in un breve scritto d’illuminare profondamente su una materia tanto interessante per gli uomini, è sempre un bene grande il far conoscere, che le cose non sono a quell’ apice di perfezione, a cui credono che siano giunte gli uomini volgari, ed è sempre pure un bene il mostrare quai sieno gli autori e le mire che debbono seguirsi per innoltrare i progressi d’un oggetto tanto necessario, qual è 1’Agricoltura. Speriamo che i Lettori nostri saranno contenti di questo breve saggio per ora, e speriamo altresi che chiunque abbia cose utili, nuove, e ragionate, le quali per la tenuità del loro volume non possano star bene pubblicate da se, vorranno far capo al nostro Demetrio, e contribuire alla nostra raccolta, ricevendone in premio un esemplare annuo gratis, quando però piaccia a noi di farne uso. Ecco in somma il dialogo. Dell’agricolturaDialogoAfranio e Cresippo Afr. Non so se vi ricordiate, Signor Cresippo, della promessa, che un giorno mi avete fatta d’istruirmi, come noi potessimo far valere l’Agricoltura, le arti, e l’industria per togliere lo sbilancio, che soffre il nostro Commercio. Io spero che dalla vostra cortesia otterrò questo piacere. Cres. Mi sovviene benissimo, nè ricuso di mantenervi la parola; ma siccome sono queste materie importantissime, e che meritano d’essere separatamente trattate, cosi non mi comprometto di potervi subito intieramente compiacere. Se vi bastasse per ora di ascoltare le mie riflessioni intorno l’Agricoltura, io sono in grado di servirvi, riservando in altro tempo il discorso sopra le altre materie. Afr. Io sono persuasissimo dell’importanza dell’Agricoltura, e volentieri sentirei a parlarne, se ciò si potesse fare utilmente. Tutt’altro abbiamo di bisogno, che d’imparare i precetti d’Agricoltura. Siamo nati in un Paese, in cui la medesima e ridotta a quella perfezione, che non può ricevere miglioramento alcuno. Mi accorderete anche voi, che non v’ha Forastiere, il quale passando per questo Stato non esclami: che belle campagne! che fertilità! che fin’agricoltura! Cres. Io convengo, che lo Stato di Milano, considerato in complesso, sia ben coltivato, e che paragonato alla maggior parte dei Regni Europei si distingua fra di essi; ma vi devo dire altresi, che in certi capi d’Agricoltura è superato d’alcune altre Nazioni, e che in tutti può l’esser migliorato, onde il mio ragionamento non vi sarà inutile. Afr. Se l’affare è nei termini, nei quali voi me lo rappresentate, io son ben contento di udirvi e di profittare dei vostr’ insegnamenti, benchè, qualunque sia il miglioramento, che siete per progettare, non mi sembra sperabile dalla sola scienza. La sperienza, che deve precedere le nostre operazioni esige una seria applicazione, e spese non indifferenti. L’incertezza della riuscita, la nostra pur troppo sensibile povertà ci toglie affatto il coraggio, e ce ne allontana il pensiere. Ho letto nei dialoghi di Xenofonte che: Agricoltura magnum incrementum sumeret, si quis vel per agros, vel per vicos optime terram excollentibus praemia constitueret. Ho inteso, che in molte provincie della Francia, nella Svizzera, in Toscana, in Modena, si erigono opportune Accademie, e si distribuiscono premj a chi fa qualche utile scoperta, o meglio d’ogn’altro fertilizza un Terreno incolto. Cres. E certissimo, che i progressi dell’agricoltura sono più veloci, quando con mezzi valevoli si promovono. Vi dissi già, se non m’inganno, che l’agricoltura contiene tre articoli, cioè il moltiplicare i frutti, il perfezionarli, e l’introdurne dei nuovi. Per la moltiplicazione, e perfezione dei frutti fa d’uopo in primo luogo renderne abile la terra. La di lei diagnostica resta per anche imperfetta. Si può essa distinguere colla profondità della vegetabile, per la qualità del letto, che sotto vi giace, per la specie dell’erbe, che sopra naturalmente vi crescono, per il colore, per la durezza, il peso, la dissolubilità, vitricazione, calcinazione, per il gusto, e generalmente per ogn’altra qualità sensibile. Sarebbero necessarie molte cognizioni, lunghe osservazioni, che ancora non trovansi presso dei Naturalisti. Le storie naturali de’ Fossili dei Sig. Hill e di Emanuele Mendes da Costa, membro della Società Reale di Londra, ci possono ora somministrare dei lumi molt’importanti per quest’effetto. L’Accademia di Bordeaux propose il premio nell’anno 17618, a chi insegnava la migliore maniera di conoscere la diversa qualità delle Terre per l’agricoltura. Il Sig. Kubel ha fatta una Dissertazione sopra la cagione della fertilità della Terra. Tre sorte di terra noi in presente conosciamo, la grassa, l’argillosa e la saboniccia, alle quali convengono deferenti ajuti per migliorarle. Uno di questi ajuti si e la mischianza vicendevole delle terre medesime giudiziosamente fatta. Giova assai alla buon’agricoltura l’unire per mezzo di cambj i piccoli pezzi di terra dagli altri disgiunti. Incredibile riesce la spesa, l’incomodo, e la perdita del tempo, che fa di mestieri impiegare per lavorarli; sovente per questi difetti poco, o nulla se ne cava. Un’usanza ugualmente profittevole sarebbe quella di fare gli affitti a lungo tempo. Il Proprietario vedrebbe i suoi fondi più a dovere coltivati, e con maggior prontezza sarebbe pagato dall’Affittuario, l’industria del quale avrebbe un campo più vasto da svilupparsi, e d’intraprendere a fare tutto ciò, che deve godere per molto tempo, invece che la certezza, o il timore di travagliare unicamente per gli altri lo costringe a pensare ai soli miglioramenti annuali, e fa perdere a lui egualmente che al Pubblico tutto ciò, che intraprenderebbe senza questo corto, e fatal termine, che fa passare il prodotto delle sue fatiche nelle mani altrui. Il dissodare, e porre a frutto le brughiere, e le paludi, che in abbondanza trovansi nello Stato, lo stesso è che l’ingrandire lo Stato medesimo. Il valore d’un Paese non si misura dalla di lui estensione, ma bensi dalla quantità, e qualità dei prodotti, dall’utilità dei lavori, e dal numero degli Abitanti mantenuti da quelli. Riflette ottimamente il Signor NikollsJohn Nikolls. Remarques sr les avantages, & les desavantages de la France; & de la Grande-Bretagne. A Dresde 1754., che ogni Terra, la quale nulla produce, o cessa di produrre, fa una mancanza notabile ad una Nazione, a togliere la quale ci esortano le Sagre CarteIn Geremia. : Novate vobis novale, et nolite serere super spinas. In Annover, per ordine del Re d’Inghilterra suo Sovrano, si è dato al pubblico un metodo eccellente per rendere fruttifere le brughiere, metodo, che troverete esposto nel Giornal economico dell’anno 1751. Il signor Turbilly ha fatta una memoria sur les defrichemensAmsterdam chez Marc Michel Rey 1762., i di cui insegnamenti sono stati utilissimamente sperimentati. Ottimi precetti d’Agricoltura troverete, Signor Afranio, nel Traite de la culture des terres par Mr. Du-Hamel de Monceau, nell’Essai sur l’emelioration des terres de Mr. Patullo, nei principj d’Agricoltura del Signor Home Scozzese, tradotti, o stampati in Milano. Avrete ancora varie belle cognizioni dalle opere degli inglesi signori Evelyn, Laurance, Miller, Thull; dagli Atti delle Accademie Reali di Francja, di Londra, di Svezia, di Berlino, di Pietroburgo, dall’Enciclopedia, Maison rustique, settima edizione, dal Dizionario economico di Chomel, dal Gentiluomo Coltivatore.Le Gentil-Homme Cultivateur, a Paris chez P.G.Simon rue de la Harpe. A Bordeaux chez Chapuis l’ ainè1763.In Danimarca si sono recentemente pubblicate le seguenti Opere: Breve istruzione sopra l’Agricoltura; Pensieri patriotici su l’economia, ed agricoltura. Saggio sopra la maniera di perfezionare l’agricoltura. Nello stesso Regno trovasi un Magazzino economico sopra l’agricoltura, ed economia rustica.Copenaghen 1758.Da’ Torchj di Scozia è sortito un Trattato intorno la vegetazione, la coltura, o lavoro della Terra, gl’ingrassamenti, e loro effetti, ed i Terreni.Edimburgo presso Dovaldson, e si vende in Londra da Millar. Oltre d’avere preparata la terra altre diligenze sono da usarsi per ottenere la desiderata moltiplicazione, e perfezione dei frutti. Fra questi tengono il primo luogo le biade, perchè sono agli Uomini d’assoluta necessità. La loro semenza dev’essere preparata, al che può servire la maniera, che insegna il suddetto Giornale economico del 1751.Nei mesi di Maggio, e di Giugno., da