Donna galante: Num. VIII

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Num. VIII

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Carta/Carta ao editor

Lettera
Alla compilatrice del giornale delle mode. Siccome pare che voi vi siate costituita l’Avvocato del bel sesso, permettetemi ch’io v’indirizzi la storia vera, e reale della più infelice creatura che m’abbia conosciuta. Era venuta, ov’io dimorava per occultare le sue disgrazie, ed io le somministrai tutti quei soccorsi che da me potevano esserle dati. Questo racconto potrebbe esser utile alla parte men frivola del vostro sesso; perciò vi prego d’inserirla nel vostro Giornale, La propria confessione io riferirò dell’infelice, che n’è l’oggetto.

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Storia della Signora di M. N.

Exemplo

Quantunque voi mi vedete priva d’amici, di abiti, e di pane; inarridita dalla malattia ed avvilita dalla miseria e dal dolore, vi fu un tempo, in cui ricercata, accarezzata portava l’allegria per ogni dove. Mio padre d’una fortuna considerevole aveva meco cinque altre figlie. Conforme al suo stato fu l’educazione che ci diede, e fummo infatti instruite in tutte le arti che possono sedurre il cuore, e lusingare i sensi. Fummo istruite nella musica, nel ballo, nel disegno, e in alcune lingue. Dicevasi a tutti che noi eravamo belle, e vantavano le nostre bellezze più del bisogno. Ma intanto che si coltivava in noi ciò che poteva contribuire alla felicità degli altri, del tutto si trascurava ciò che poteva servire alla nostra propria. Non fu lo spirito nostro coltivato: il riso tenne luogo di spirito, ed il ridicolo fu sostituito alla ragiòne. Disprezzavamo tutto ciò che non era di nostro costume, e quello che aveva l’aria di serietà era da noi riguardato di mal occhio. I nòstri parenti che ci amavano alla folia erano di noi incantati, e di loro medesimi. Le due sorelle maggiori furono date per compagne a due uomini egualmente male educati, e godono amendue tutti quei contenti, che possono gustare le persone incolte, ma io era nata per essere infelice. Un giovine nostro vicino mi amava: paragonai il suo merito con quello degli altri pretendenti che mi facevano la loro corte, e lo trovai molto più amabile degli altri. Cominciai a credere che avessi per lui dell’amore, e terminai con divenirne innamorata. S’io fossi stata padrona di me medesima, non avrei esitato a unirmi con lui, ma era d’uopo di consultare un padre; e questo destinato m’aveva per un gentiluomo di campagna, che possedeva una gran fortuna. Ricusai ostinatamente un tale Partito, e mi proposi di voler un marito di mio genio. Mio padre che m’amava oltremodo restò dalla mia ostinazione fieramente colpito, cadde in una profonda malinconia, e dopo qualche tempo fu trovato morto nel proprio letto per un colpo di pistolla che si era dato. Immaginate quale fu la mia situazione. Quest’orribile disgrazia fu dalla famiglia imputata alla mia disobbedienza. Avrei desiderato allora di essere stata più docile ai voleri di mio padre, ma era troppo tardi, e non ebbi altra consolazione da sperare che quella che poteva recarmi chi già riguardava per mio marito. La collera però di mio padre mi tenne dietro anche dopo la sua morte, poichè nel suo testamento m’aveva diseredata, e quindi priva restai d’ogni bene, e d’ogni risorsa. Il mondo mi si presentò allora sotto un altro aspetto; cominciai a conoscere qaanto (sic!) poco in esso si apprezza il merito intrinseco. Mi consolava nella tenerezza dell’amante, che sembravami piucchè mai appassionato, e non fu la nostra unione differita, che per quel tempo dalla convenienza prescritto, attesa la morte di mio padre. Una sera fra le altre, in cui veniva a trovarmi, mi si presentò arruffato e smunto, e dissemi che veniva d’aver difeso l’onor mio malamente attaccato in una gran compagnia, e ch'era stato sul punto di dare una mentita a colui che aveva ardito di attaccare la mia riputazione. M'irritò la notizia, e gli rimproverai con qualche fuoco di non averlo fatto. „Voi non sapete, mia cara, mi rispose, di quale conseguenza sarebbe l’eseguirlo: ci porterebbe seco necessariamente un duello”. Il mio orgoglio non fu da tale idea spaventato, ed insistetti a dire che un Amante che poteva tranquillamente sentire insultata la sua Amica era indegno di un tal nome: egli non mi rispose, ma dopo di aver data un’occhiata al suo orologio, pensieroso se ne partì. Era circa mezza notte, allorchè la mia Cameriera mi avvertì, che il Sig. di M…… in poca distanza dalla mia casa desiderava di vedermi! Io non ne indovinai il motivo, ma corsi precipitosamente, e trovai il solo amico che aveva sulla terra steso sul pavimento, e ferito da un colpo mortale. Il chiaror della luna mi faceva distinguere purtroppo il sangue che in abbondanza sgorgava dalla sua ferita: restai qualche minuto in uno stupido turbamento: non cadevanmi dagli occhi le lagrime, ne potevo esalare un solo sospiro. Quindi tutto ad un colpo sentendo subito l’orrore della mia situazione mi precipitai sul corpo dell’amico spirante col procurare di fermargli il sangue: sosteneva il suo capo, che stringeva al mio seno, intanto che i domestici erano andati a cercare un chirurgo: In tale spaventevole situazione non s’offriva agli occhi miei che un viso caro, e sfigurato, e le orecchie mie non erano colpite che dallo sforzo che l’infelice faceva per respirare. Finalmente ebbe il pianto mio, e la mia voce un adito per chiedergli la cagione di sì orribile disastro. Ei mi rispose che eccitato dal mio rimprovero era andato a cercare il gentiluomo che aveva mal parlato di me, che l’aveva attaccato, e da cui era stato ferito. Egli non sopravisse che due ore, e mi lasciò senza amici, senza fortuna, e senza riputazione per consolarmi. La disperazione finì col farmi girare la testa: io non volli più fermarmi in un luogo in cui mi si presentavano delle idee troppo dolorose ed acerbe, e presi il partito di trasferirmi alla Capitale, ordinario asilo di tutti quelli che vogliono celare le loro disgrazie nella folla, e nel tumulto, Per colmo di miseria e di disperazione io non tardai a cadere nell’abisso della dissolutezza. Rinunciai alla felicità, onde non mi restava che di darmi in preda al sentimento della mia miseria. M’abbandonai a tutto lo stravizzo del nuovo mio stato, e divenni ben presto la creatura la più abbandonata e vile. Posso dire senza vanità che la mia figura colpiva egualmente come qualunque altra delle più belle cortigiane, ma queste bellezze medesime che io prostituiva furono ben presto sdegnate da quegl’istessi a cui le offriva. Fui maltrattato dagli uomini, e chiusa in una casa di castigo. Finalmente fui ridotta in quella deplorabile situazione in cui mi avete trovata, ed i cui orrori furono dalla vostra carità alquanto calmati.
Questa donna infelice non sopravisse che tre giorni dopo un tale spaventevole racconto, e morì con tutti quei sentimenti di penitenza, e di pentimento, che somministra la vera religione.
L’Amore. Anacrenotica. Su d’un cespuglio agreste Amor vide una rosa, E di Psiche vezzosa Ornar ne volle il sen. Egli la coglie. Oh quante Lagrime! oh quai clamori! Lo punge un ape fuori Guizzando qual balen. Vede gonfiar la mano, Di pianto il ciglio irrora; Oimè! Convien ch'io mora; Oh rio destin crudel! Così del duolo amaro Egli sospira e dice, E va la genitrice A giù chiamar dal Ciel. Serpe fallace e scaltro Com’io battendo l’ale, Ch’ape si chiama, un strale Mi fisse feritor. Ahi! Moro . . . . . Oh instabil figlio, Se tanto t’addolori, Quanto più sia che plori Quel cui tu paghi il cor! Aneddoti.

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Exemplo

Desolavasi una donna non ricevendo nuove di suo marito ch’era stato ucciso nell’ultima battaglia in America. Nessuno ardiva di annunziarle una tal morte per timore di qualche disperazione. Finalmente una persona andò a farle visita con l’intenzione di palesargliela. Parla essa del suo dolore, e del timore che il marito non fosse morto. E se lo fosse che fareste? Ah! esclamò ella vivamente, io mi getterei dalla finestra in presenza di chi mi portasse la nuova. L'altro si alza subito, e va ad aprire tutte le finestre dell’appartamento. Comprese la Signora quello che voleva significare; ma cessarono sul momento i suoi trasporti, e non potè lasciare di ridere, vedendosi in tal guisa presa in parola.
Quest’avventura tragicomica fece il soggetto di tutte le conversazioni: si piange giustamente il morto, ma si deve approvare il subitaneo cambiamento di questa donna, che in tal guisa non restò vittima della sua sensibilità.

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Exemplo

Il Signor Voltaire per provare che si ride, e si piange qualche volta per la medesima cosa ed in uno stesso quarto d’ora, riferisce che una dama rispettabilissima trovandosi un giorno al letto d’una sua figlia moribonda esclamava mandando un torrente di lagrime: Mio Dio, rendetemi questa, e prendetevi tutti gli altri miei figli. Un uomo che aveva sposata una sua figliuola le si avvicinò, e tirandola per la manica le disse: Signora, e i generi che sono? II sangue freddo, ed il comico con cui furono tai parole pronunciate fecero tale effetto su quell’afflitta Dama, che sortì dalla camera sfogandosi in ridere: tutti la seguirono; e l’ammalata avendo saputo di che si trattava, si pose a ridere più forte degli altri.

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Exemplo

Non era gran tempo che la Principessa Anna di Cleves aveva sposato il Re Enrico VIII. Allorchè la Contessa di Rochefort, e due altre sue Dame trattenendosi un giorno al cospetto di lei sulla pretesa sua gravidanza, questa buona Regina disse loro. Quando il Re ed io fummo a letto mi prese la mano, e mi diede un baccio, dicendomi: buona notte mio cuorino; e subito che fu risvegliato mi bacciò di nuovo, e mi disse: addio mia carina; e tutto questo non basta egli forse? aggiunse essa colla maggior simplicità.

Metatextualidade

Due Enigmi, de’quali si darà il significato nel volume susseguente; lasciandosi frattanto a’Leggitori un’occasione di divertirsi pensandoci.

Enimma I.

Oh non intesa, e tante volte udita Strana vicenda di caduca forte! Il bel si strugge e la splendor v’addita Quanto per noi quaggiù l’ore son corte. Pende da un fragil sil la nostra vita; Un debil fiato la riduce a morte; E siam nel Monda lagrimosi e frali Spettacolo alle gioje e ai funerali. Enimma II. Porto spoglia terrena e spirto eterno, E il più bel fra i viventi è mia fattura; L’opere di mia man nutro, e governo. E per legge divina e per natura Empio d'alme beate il Ciel superno, E di dannati la magion più oscura. D’ogni vita cagione è il viver mio, Feci l’uom, nacqui al Mondo, e non son Dio.

La Partenza.

Sonetto. Tu parti, io resto; sia fedel Ben mio, Nice diceva, ed io risposi a Nice: Ah! non pianger Ben mio vivi felice, E consolando lei piangeva anch’io. Mi stringe al sen per voler dirmi addio. E parlan gli occhi, e il labbro nulla dice Ti sovvenga talor d’un infelice, Dir le voleva, e dissi invece, oh Dio! Voglio partir, ella mi chiama, e torno; Lasciar mi vuole, e ancor mi vola al seno; Partiam, restiam, e ci siam sempre intorno. Ma passan l’ore, io partir deggio intanto. Potuto avessi favellare almeno, Ma il nostro addio si terminò col pianto.

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Libretto di memorie d’una dama di uno spirito singolare.

Giovedì sera sono stata alla conversazione della Contessa F . . . Tutti quelli che la componevano erano stravagantemente stupidi. Il Marchese G. . . . non vi era. Sedici zecchini di perdita. Ritornata a casa di molto cattivo umore, e assai indisposta. Osservai che il Cav. M. è innamorato della piccola S. . . . Quanto è ridicola la sua figura; ciò non ostante il suo bonnetto le stava bene. Il Sig. Marchese S . . . è pure amante di Madamigella G . . . Dio buono! Non ha avuto peranche un numero bastante d’imbecilli per amanti? Egli porta la testa alta, per averla per quanto si dice molto leggiera: di nulla è caricata che la possi rendere più solida. Domenica alla Chiesa, con molto male di testa. La Signora S . . . si tiene sopra un cuscino molto alto per sembrare più grande di quello ch’è realmente. La Contessa A. . . è giunta tardi. Memorandum: ottimo mezzo di fissare l'attenzione del Pubblico: io non andrò Domenica che alla metà dell’ufficio. La Signora M . . . è la persona più bella che vi fosse, ma i suoi manichetti non sono alti abbastanza. Il nostro Predicatore è un uomo ben terribile. Rimprovera ad ognuno i suoi falli, come se avesse il segreto di tutte le famiglie. Memorandum: andare dal Duca di M. . . perchè sia impiegato diversamente, onde non debba più predicare. Lunedì dalla Baronessa B . . . Vi si trovava il Marchese G . . . Io non fui giammai così ardente. Quanto era brutta la Baronessa! Sessantatre zecchini di perdita. Io non guardava bene il giuoco, perchè la Contessa F . . . . addocchiava con un’ aria interessante il Marchese. Essa è bella. ma troppo affettata. E’una fisonomia che si vede in tutti i Teatri. Domandare se suo marito sia tanto patifico, quanto lo assicura ella stessa. Vi è sopragiunto anche il Sig. H. . . . Che ardire! Ha sempre l’aria di aver fatto un cattivo colpo. La Baronessa W. si trova vicina al parto: essa dice molto bene dei Francesi. Martedì mattina alla Fiera: veduto in una bottega fra alcuni altri il servizio da caffè della Signora P. . . . Memorandum: comperarlo ed invitarla a venire da me a prendere il Caffè. L’Armeno ha delle belle stoffe di seta: sono stata da lui due ore: avrebbe voluto vendermi una veste, ma il mercante vicino vende a miglior mercato. Veduto un bell’anello. Chi potrebbe farmene un regalo? Io non vedo il Sig. W. . . ch’è ricco e balordo. Memorandum: andare a prendere la ciocolata dalla Contesa R. . . . dove sempre si trova. Ritornata a casa a pranzo, deliziosa sorpresa di trovarvi il Sig. H. . Ei venne a tenermi compagnia, e mi disse, che era bella come un Angelo. Che uomo grazioso! Si potrebbe forse metterlo a paragone del Marchese G. . .? E’ venuto anche il Marchese P. . . . Che uomo singolare! non ha mai nulla da dire. Memorandum. aver sempre una Gazzetta per dargli da leggere. Sua moglie saltò da una muraglia per fuggire con un Ufficiale, e poi unirsi in matrimonio con lui. Dio buono! Cosa sono le donne! Manco male se si dovesse saltare da una muraglia per liberarsi da un marito. Io so bene chi si esporrebbe con molta maggior rassegnazione. Il Sig. H. . . . ci condusse al Teatro: e ci ha quindi lasciati per andare dalla sua Contessa, e più non è ritornato. Che banderuola! Con tutto questo non posso dimenticarlo. Giovedì sera dalla Marchese R. . . . Molta perdita giuocando col Sig. H. . . Mi disse che io aveva un modo molto semplice di pagarlo. Briconcello! Io l’odio; ma è così seducente, sì destro. Memorandum: questi amanti bisogna guardargli ad una certa distanza. Ritornata tardi; non aver dormito un’ora, sempre occupata da questo Sig. H. . . . Oh Dio! Io non l’amo, eppure mi tormenta cotanto. Lunedì travaglio d’un quarto d’ora presso i miei manichetti di Dresda. La mia cameriera disse ch’io farei bene a farli terminare. Effettivamente la Signora di Q. . . . che vanta cotanto i suoi gli ha fatti finire. Il Sig. H. . . altronde assicura che una donna sensata non lavora giammai. Giovedì mattina sono stata ad una vendita. Che quadri immodesti! E’ quello precisamente che si può vedere di meglio. Come mai i pittori si divertono in simili cose? Bel quadro di Cupido e di Psiche: l’ha comperato la Marchesa M. . . . Non v’ha che lei nel mondo che possa fare una tal compera. Il Sig. H. . . si trova dapertutro (sic!): io ne sono furiosa. Fa l’innamorato con quella petegola di M. . . Memorandum. Finirla con lui. Sabbato sera alla conversazione: molta gente. Vi era anche il Marchese G. . . ., il quale restò sorpreso della mia; riservatezza seco lui tenuta. Disse delle cose galanti a Madamigella A……. A tai cose io non mi accostumerò giammai. La piccola Contessa si dà una grand’aria. Come si può mai trovar bella? Il Consigliere panciuto è entrato nella sala mezzo ubbriaco. Si dice che al dopo pranzo sia sempre così: perchè mai alcuno non gli dice, che quella non è la più buona cosa? E’ venuta dopo la Duchessa di R. . . . . in verità è più bella di sua figlia. Io credo in coscienza che la virtù renda le donne belle: ho desiderio di sperimentarlo. Il Signor H. . . . . dice però che la bellezza è un nulla se non si mette a profitto. Martedì, visita alla Marchese T. . . . donna bella, e la miglior creatura che esista. Altre volte conobbe di molto il Sig. H. . . . . ., e non ne disse gran bene. Furono tutti sorpresi al vedermi andare da lei; il marito però l'ha riconosciuta per sua moglie. Il mio pretende che ciò nonostante non vorrebbe ch’io adottassi i suoi principj. Ei non fa quel che si dica. In ogni caso voleva sapere qualche cosa rapporto al Sig. H. . . . . . Sabbato restai in casa, ove mi trovai una numerosa conversazione. Memorandum: restai finalmente sola col signor H. . . . . ec. ec.

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La Penitenza.

Un pover galantuomo Pensò nei giorni santi D’andar pentito ed umile D’un Confessore avanti. Udillo il Sacerdote, E quindi sotto voce Gli diè per penitenza Di contemplar la Croce Il pover galantuomo Pieno d’affanni e doglie Andò subito a casa, E contemplò la moglie.
Definizioni. Della Castità. La Castità è una virtù morale, la quale consiste a non dire nè fare cos’alcuna, elle offender possa la verecondia, e la fedeltà conjugale. Della Continenza. La Continenza è una moderazione nell’uso de’piaceri. Ell’è una virtù morale, che altri non dà alli bisogni della natura, se non precisamente, quanto lor bisogna per soddisfarli. Questo termine s’intende ancora spesso della privazione volontaria de’piaceri, ed allora, vien ad essere una virtù Cristiana. Delia Gelosia. La Gelosia è un vivo sentimento di timore, il quale accompagna la ricerca di un bene, che a noi si contrasta, oppure il godimento di quello, che a noi si vuol togliere. Non è tanto, la diffidenza, che noi avremo spesse volte fondamento di avere per noi stessi, la quale fà nascere la gelosia, come la mala opinione, che noi abbiamo delle persone, da cui dipende ciò che forma l’obbietto de’nostri desiderj, o sia del nostro godimento; tutta volta, qualunque sia il manto di cui servesi l’amor proprio per nascondersi ciò, che l’umilia, per poco che ci rivolgiamo a noi medesimi, obbligati faremo d’accordare, che la diffidenza di noi stessi vi ha molta parte; e che la gelosia altro non è che una secreta confessione del poco nostro merito. L’esempio de'vecchi, e delle persone brutte, e di poco spirito, che sono più degli altri portate alla gelosia, conferma un tale riflesso. La gelosia si è un vizio dell’intelletto, ed è non solamente inutile, ma eziandio nocivo a quello, che ne vien dominato. Chi sospetta, a tradirlo gli altri invita. Voltaire. Della Fedeltà. La Fedeltà è la costante osservanza de’doveri, che noi ci siamo imposti con nostro impegno, o sia con giuramento, o sia con scrittura, sì verbalmente, come tacitamente. Ciascun impegno suppone una reciproca obbligazione, imperciocchè non ci s’impegna senza ritrovare nel suo impegno un qualche vantaggio. Quindi è che allora quando noi manchiamo alla condizione espressa o tacita, diamo indietro la fede, che a noi fu promessa. Coloro i quali si lamentano dell’altrui infedeltà esaminino prima se medesimi; e bene spesso riconosceranno ch’essi furono i primi a mancare di fedeltà. Certo gli uomini sono molte volte ingiusti nel giudizio che formano sopra la virtù delle femmine; e se ascender volessero li medesimi alle cagioni, troverebbero esser quasi sempre colpa da’mariti se quelle deviano dal dritto sentiero. Femmina. Li due sessi hanno in comun le virtù, e li vizj. La virtù ha qualche cosa di più amabile nelle femmine, e le colpe loro sono più degne di perdono a motivo della cattiva educazione, che fogliono ricevere. Nella fanciullezza loro si parla de’propj doveri, senza però far conoscere alle medesime li veri principj; gli amanti lor tengono poco dopo un contrario linguaggio, come mai dunque possono far a meno di non essere sedotte? Sembra, che la virtù di una femmina sia in questo Mondo un Essere straniero, contro del quale il tutto cospira. L’amore seduce il di lei cuore, ed ella deve starsene in guardia contro la sorpresa de’sensi. Alle volte l’indigenza, oppure altre disgrazie ancora più crudeli vengano a superare tutta la costanza di un’anima troppo a lungo provata, ed è d’uopo, ch’essa soccomba. Viene allora il vizio ad offrirle degl’interessanti ajuti, o vogliam dire tanto più pericolosi, che li medesimi si fanno vedere sotto la maschera della generosità; la disgrazia gli accetta, la gratitudine li fa valere, ed una virtù si arma contro l’altra. Circondata essendo una femmina da tanti scogli, se viene ad esser sedotta, non si dovrà riguardare la sua debolezza come una disgrazia? Erudizione profondissima.

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Exemplo

La storia ci notifica, che cinquecento giumenti seguivano dappertutto l’Imperatrice Poppea per somministrar latte in abbondanza pe’suoi bagni, e pei suoi incomodi feminili di salute. La Regina Cleopatra accresceva lo splendore delle sue bellezze co’più ricercati abbigliamenti, ed in tal guisa incatenò il primo, ed il secondo fragli uomini, Cesare, ed Antonio. La Regina Berenice aveva bei capegli, che diedero nome ad una costellazione. Semiramide calmò una furiosa sedizione, togliendosi dalla sua tolette, mostrandosi dal balcone nel disordine di una donna mezzo vestita. Gezabele, la quale fu mangiata dai cani, si dava il belletto. Siamo però una gran cosa noi altre femmine! Forse non possiamo, se vogliamo, saperne quanto voi, uomini tiranni? Ed io non sono aggregata ad alcuna Accademia; quando tanto ne so di Poppea, di Berenice, di Semiramide, e di tante altre Eroine antiche? Tanto ne sò anche di moderne! ma . . . .
Amena letteratura. Quanti bei libroni, libri, e libretti non ci dà mai il Sig. Storti Librajo Veneto! Egli certamente nell’ordine topografico ha un merito singolare. Presentemente ci dà la Nuova Storia della Marca Trivigiana, ottima Opera del ch. Sig. Verci; ed ha già dato il secondo Tomo. Ha pubblicato il settimo del Saggio sulla Storia Politica, Ecclesiastica, e sulla Corografia degli Stati della Repubblica di Venezia, scritto dall’Exgesuita Abate Tentori Spagnuolo; oriundo Veneto. Ho sotto al torchio i Capriccj Teatrali di Giovanni Greppi. Oh quanto le tre composizioni Teatrali del primo Tomo corrisponderanno al titolo! L’Autore nel Manifesto si fa conoscere per eccellente Attore, e ciò è verissimo; ma ci viene dato anche per Autore tragico, drammatico, e comico. Sudarono i più bravi Scrittori a riuscire in uno solo di tali generi. Eccoli uniti in un solo Individuo tutte tre. Portento! Ma in un secolo, in cui si presta tanta poca credenza a portenti, si verificherà il presente? Vedremo. La edizione sarà bellissima, ed anche con rami. Questa non mancherà; del rimanente io non sono astrologa; ma il vaticinio mio non sarebbe portentoso. Una ben più interessante, ed eccellente Opera ci ha dato il Sig. Storti; poichè nulla di meglio per i fanciulli, e per i giovani, per la loro educazione, e per istruzione nel Francese idioma. Questo è appunto l’Adele, e Theodore, ou Lettres sur l'Education, ec. in 4. vol. già pubblicati. L’Autrice è Madama Genlis autrice anche delle Veilles du Chateau, del Theatre d'Education, del Theatre de Societe, e degli Annales de la Vertu, e questi pure ci dà ora il nostro Sig. Storti. In fine egli ha pubblicati i soliti suoi eleganti Almanacchi, ed in quello intitolato Nuovo ha aggiunta la Veduta Prospettica di Lisbona. Il nostro Sig. Torre ci ha poi regalati del Num. II. del suo Annale istruttivo, e dilettevole, ec. incominciato l’anno pros. sc. Una bella antiporta, graziose Vignette, il Ritratto del Re desunto di Prussia, una gentile legatura, ed in sua busta rendono questo Almanacco gentile, ed il più bel regalo, che possa farsi da capo d’anno. E’di pagine 224, e nondimeno si vende per sole lire due da tutti i Libraj, ma singolarmente al Negozio Pezzana nella Merceria dell’Orologio. Contiene questo Secondo Articoli differenti da quelle del I, ma non meno interessanti. Fra gli altri molti si leggono le Serie Cronologiche de'Patriarchi, e Cancellieri Grandi di Venezia; un Esame se fossero più ragionevoli le solennità, e le operazioni tutte de'maritaggi presso gli antichi, o se lo fieno quelle de'moderni, con l’esposizione de'costumi, non solamente degli Europei, ma altresì degli Asiatici, Affricani , ed Americani in tale Articolo interessante per l’umanità tutta. Oh le curiose, e peregrine cose che vi si leggono! I Tartari Calmuchi comprano le mogli a soldo contante, formandone il valore li gradi di bellezza. In ogni età conviene il Matrimonio; le femmine, dice Baccone, sono le nostre padrone nella gioventù, nostre compagne nell'età matura, e nostre nutrici nella vecchiaja. Al Senegal ogni uomo può avere tante mogli, quante ne può alimentare, ma ordinariamente ognuno si limita a dodici; all’incontro le femmine del Regno di Lassa sono padrone di fissare il numero dei mariti, che vogliono sposare; ed i figliuoli sono riconosciuti dai Padri secondo la loro età, essendo primo Padre il più vecchio. A Ceylan la femmina moglie dorme con il Marito, e dopo con tutti i maschi della famiglia; senza, che tanta prostituzione estingua l’ardore amatorio. Bestie le femmine, ed i maschi Calmucchi, Senegalesi, Lassani, e Ceylanesi. Gli Articoli però, che devono maggiormente interessare i Veneziani in questo Almanacco sono una Descrizione specificata di tutte le Città, Castelli, Comuni, Ville, e Terre dello Stato Veneto, la Continuazione delle Operazioni della Squadra Veneta contro i Tunisini, ed il Proseguimento dell'Istoria Veneta. L’Articolo finalmente singolare, nuovissimo, ed importante è un Epitome, ossia Compendio della Storia dell'anno, dal Novembre 1785 a tutto Ottobre 1786, cioè di tutti i Fatti rimarcabili accaduti in que’dodici mesi. Oh è pur la bella cosa! Voglio sapere cosa è avvenuto nell’anno scorso nel tal giorno, e lo rinvengo epilogato in giornata. Questo Epilogo non è già breve, ma di 57 pagine in carattere testino. Signor Torre non mancate di darci questo Articolo, anche per l’anno venturo; ci giova, e diverte pur molto! Teatro. Nella Città nostra che per moltissimi anni fu il modello de’spettacoli, specialmente Teatrali, abbiamo i Teatri chiusi, ma il dì 26 corrente Decembre si riapriranno. In due ci verranno date Commedie, e Tragedie. Voglia la Musa protettrice, che anco nel Carnovale non abbiamo nè scucite Spagnuolate, nè esemplari di bestialità Inglese, nè cappriciosi, o fiabeschi metaforici pasticcj. Se pur v’ha chi vuol darsi la pena di farci conoscere Rappresentazioni Spagnuole, Francesi, Inglesi, e Tedesche, spacciandole per proprie originali, ci diano quanto v’ha di buono in quei Oltramontani Teatri, e non ciò ch’è detestabile. Si dice che il dì 5 Gennaro nel Teatro a S. Gio: Grisostomo si rappresenterà Agrippina, Tragedia dell’illustre Autore de’Baccanali. Si aprirà anche il Teatro a S. Cadano con giuochi di Cavalli, ed a cavallo, e con una burlettaccia. Averemo trè altri Teatri; due di Opera comica in Musica; ed uno di seria. In questo si rappresenterà il Demosonte dapprima, indi l’Orfano della China, tradotto, ridotto a Dramma Italiano. e posto in musica dal celebre Maestro Bianchi. Oh se noi moderni sapessimo trarre dalla musica que’frutti, che ne traevano i Greci! Sarebbe la bella, la utile cosa! Noi illuminati altro non ne facciamo, che spessissimo annojare il nostro udito, e rade volte provarne diletto. Non sempre fortunatamente abbiamo sulla Scena un buon cantore, e molto meno un tollerabile Attore. ,,Una delle cose più notabili nei costumi dell’antica Grecia è il sommo pregio, in cui tenevasi la musica. Formava essa in certo modo parte della politica Costituzione, ed aveva il suo fondamento nelle stesse Leggi. L’austera Sparta neppur disdegnavala delle sue attenzioni, siccome un’oggetto di sì grave momento, che in punto de musica era qualunque innovazione severamente inibita. Eransi gli utili effetti sperimentati dell’armonia, o per incivilire i popoli, ed ammansare i selvaggi costumi, o per infiammare il coraggio nelle battaglie o per inspirare l’amore della virtù, ed animare alle azioni magnanime colle lodi degli uomini illustri; posciachè insieme congiungevansi, e tendevano allo stesso scopo il canto, e la poesia. In breve la musica entrava essenzialmente nella educazione della gioventù. Plutarco sulla scorta de’più celebri Filosofi rappresenta la Musica qual meraviglioso espediente di sedar gl’interni tumulti delle passioni, di regolare la mente, ed il cuore. Ma si tratta di una musica maschia, semplice maestosa, che niente abbia di quella licenziosa effeminatezza, che possiamo rimproverare al Teatro del nostro secolo. Deggionsi applicare i loro principj alla poesia, ed alla danza, entrambe comprese nella idea generale di musica. I Romani rinunziarono agli schiavi un’arte sì pregiata dai Greci; ma però nel quarto Secolo di Roma, costernati gli animi per una fiera pestilenza, e sopratutto perchè questa aveva tolto di vita il gran Camillo, uomo unico, dice Tito Livio, sì nella buona, che nell’avversa fortuna, datisi in balia alla soperstizione, istituirono i giuochi scenici, ossia le teatrali Rappresentazioni, qual mezzo di placare gli Dei. I Greci per render soave la loro strumentale Musica, espressiva, ed armonica non avevano sennon una Lira di trè sole corde, moltiplicata poi da Timoteo sono ad undici, ed altre ne furono aggiunte in progresso. La loro musica era divisa in dieciotto tuoni. Noi abbiamo stromenti di tante sorte, di tanti generi! Regole, esemplari tanto sicuri! E quali passioni si destano ora con la Musica? E’ probabile che possa dirvelo in altro Libretto; cioè che possa rammemorarvelo, poichè ninuo può ignorarlo. Gabinetto
Delle mode di Francia.

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Tavola I.

Retrato alheio

Rapprsesenta una donna con una veste fatta di tal guisa che chiamar si potrebbe à la Levite di color verde pomo. Cappello di paglia naturale alto di testa, guarnito di un nastro color di rosa con un gruppo, o cocarda, le di cui due estremità restano pendenti a capriccio. La pettinatura è composta di un mezzo herisson terminato da due grossi ricci flottanti. I capegli di dietro devono restare pendenti à la Conseillére. Gli orecchini sono composti di varj anelli uniti l’uno con l’altro. Il fazzoletto da collo di garza guarnito. La mantiglia di raso nero parimenti guarnito. Grembiale di garza, ovvero di piccardia finissima. Sottana di leggier raso color di rosa. Scarpe bianche con rosette color di rosa. Le vesti all’Inglese, alla Turca, alla Giansenista sono tuttavia di moda.

Nível 3

Tavola II.

Retrato alheio

Rappresenta un giovine in chenille con cappello rotondo di forma alta; capegli intrecciati ed avvinti in un catogan. Frac di panno verde dragone a due bottoniere. Gilet a righe a piacere. Calzoni color di zolfo molto stretti con soli tre bottoni per parte. Calzette di seta a righe bianche, e verde-pomo, ovvero a righe bianche, e violette. Scarpe con legacci. Gli uomini trovandosi con un tal abito portano un cappello à la Jocquai. Questo cappello deve avere la forma quadrata, di quattro polici, e sei linee sopra cinque polici di profondità, di tre potlici con sei in nove linee di bordo cadente, tanto di dietro, che davanti, e guarnito di un nastro, e d’un’alta fiubba d’acciajo a punte di diamanti, sotto di cui si mette qualche volta una piccola rosa di nastro nero.
Tavola Delle Materie contenute in questo VIII. Numero. Lettera alla Compilatrice, e Storia della Signora di M. N. Pag. 3 L’Amore. Anacreontica 232 Aneddoti 233 Due Enimmi 236 La Partenza Sonetto 237 Libretto di Memorie d’una Dama d’uno Spirito singolare 238 La Penitenza 243 Deffinizioni ivi Erudizione profondissima 246 Amena Letteratura 247 Teatro 251 Gabinetto delle Mode di Francia. Spiegazione delle Tavole XV, e XVI. 254 255