Pensieri di pope
sopra le donne. Due donne di rado divengono amiche intrinseche, sennon a spese di una terza. Si
uniscono fra loro, come fra loro si collegavano i Re degli antichi tempi, i quali sagrificavano un
povero animale per preludio delle loro alleanza; così due donne dopo aver lacerato qualcuna del loro
sesso si uniscono in una viva amicizia. Una donna galante tratta gli uomini come un bravo giuocatore
di scacchi fa coi suoi pezzi: ella non si attacca tanto ad un solo, che non abbia nel tempo stesso
l’occhio sopra un altro; che le possa procurare vantaggi maggiori. Le donne sono come gli enimmi, e
generalmente parlando hanno questo di comune cogli enimmi, che cessano di piacere quando sono
indovinati. Le donne guardano gli amanti coll’occhio stesso con cui guardano le carte. Se ne servono
qualche tempo per giocare, quando hanno guadagnato le gettano: ne domandano di nuove, e spesso con
queste nuove perdono ciò, che hanno guadagnato colle vecchie. Un uomo che vede una bella donna, non
ha maggior ragione di desiderare di essere suo marito, di quello che un uomo dopo aver
ammirato i pomi d’oro del giardino delle Esperidi, ne avrebbe avuto di desiderare d’essere il
dragone che li custodiva.
Nível 3
Exemplo
Il Sig. Lichtawer volendo provare, che non v’è al mondo una donna che
non sia buona per qualche cosa riferisce la seguente graziosa storiella. Un povero paesano di sette
figlj, che aveva avuti dal suo matrimonio non gli restò che una femmina, e questa della più orribile
figura. E’ facile dunque immaginarsi quanta pena gli costasse il trovarle un marito. In fatti chi
mai avrebbe voluto incaricarsi di un oggetto sì deforme? Un conduttore di orsi però passò dal luogo
in cui abitava, la vide, e la chiese in matrimonio. Il padre era un uomo onesto, un uomo fatto
all’antica, che ingannar non voleva nessuno. Signore, diss’ egli al pretendente di sua figlia, io
devo parlarvi schietto: voi forse non avete osservato bene, che mia figlia è molto mal composta, e
che io non ho nulla da darle per dote? -- Oh Suocero caro, rispose l’altro, questo non è quello che
m’inquieta -- Ma ella è storpia da ogni parte à -- Questo appunto è quello che desidero -- Ma essa è
priva eziandio del naso -- Ne ho ben piacere, ella non è altro che tre piedi -- Molto
bene -- essa ha le gambe del tutto storte, ha il viso contrafatto, le braccia lunghe un piede é --
Meglio ancora --- Sappiate finalmente, giacché non bisogna nulla tacervi ch’ella è quasi muta e del
tutto sorda -- Ed è possibile, esclama lo sposo? Voi mi cagionate una contentezza assai grande: era
molto tempo che cercava una donna appresso a poco formata su questo modello, ma non ardiva di
lusingarmi a trovarla, e son ora più felice: e soddisfatto di quello che mi credeva. Ma io non
v’intendo, interruppe il Suocero, che volete fare d’una donna così brutta, così mal fatta, quasi
inferma, e che non ha un soldo? -- Cosa ne voglio fare mi dite! Io giro sempre e guadagno il pane a
far vedere dei mostri: io metterò questo in una cassetta, la farò portar meco, e conto di fare la
mia fortuna.
Invenzioni per la toletta. Pomata alla Creme Per fare questa pomata si prende una mezza
dramma di cera bianca, altrettanto di bianco di balena, un’oncia d’olio di mandorle dolci, e se dramme d’acqua. Tanto la cera che il. bianco di balena si mette a fondere sopra la cenere
calda in un vaso di majolica, e quindi si versa una tale fusione in un mortajo, mischiandola col suo
pistone che sia di sasso, finchè diventi fredda e bene incorporata. In seguito vi si versa sopra
dell’acqua a poco a poco mischiando di nuovo il tutto col mentovato pistone: In tal guisa diventa
essa facilmente una pomata bianchissima simile al creme, ed ha l’attività di ammorbidare la pelle, e
ne allontana le rughe: qualche volta vi si aggiunge qualche olio d’odore per renderla più grata; e
invece di acqua comune si usa acqua rosa o di fior d’arancio. Una tale pomata si adopera pure per
scancellare le macchie del vajuolo, aggiungendovi nel composto di essa un poco di zafferano
polverizzato. Cipria odorifera di nuova Invenzione. Si prende una libbra di giglj di Firenze, una
libbra di fiori di rosa secchi, un’oncia di storace, un’oncia e mezza di sandalo, due dramme di
chiodi di garofolo, un poco di scorza di cedro, e il tutto si pista in un mortajo; vi si aggiunge
dopo venti libbre d’amido o di cipria, che si mesce ben bene insieme, e si fa quindi
passare per un setaccio finissimo. Questa diviene una polvere sana, e molto grata, N.B. La cipria
ordinaria si fa molto buona quando si bagna con dello spirito di vino; in seguito si fa seccare, si
sminuzzola, o si fa pur essa passare per un setaccio.
Nível 3
La pantera
Favola. Chi vol espagnare il cuor d’una bella dee tradire la verità; fa d’uopo ch’è, sappia lisciare
lusingare, mentire, che metta la sua Dea nel Cielo e interpreti per esquisite prerogative i più
decisi difetti, poiché la verità le offende gli orecchi, ed i tratti sinceri sono ormai impolitezze
così grossolane che non possono tollerarsi. Sì, io dico ciò che penso, la verità discuopre delle
cose disobbliganti.
Exemplo
Son io ben dunque infelice adorata mia Cloe, io
che v’amo e che non posso mentire! Ed anzi, onde ancor meno m’amiate, accresco il mio demerito con
osar di correggervi. Ma forse che uno sciocco imbecille nascer farà nel cuor vostro il
più dolce dei sentimenti, mentre un sincero amante, il quale v’espone la verità e le tracce addìta
alla vostra giovinezza di vero onore, vedesi in premio del suo zelo proscritto, e posto in un cale.
Sappiate pure mia cara, che molto più agevole mi sarebbe secondare il vostro genio colle lusinghe. E
non potrei io forse a molte cattive rime una filastrocola annettere interminabile immensa di belle
comparagioni, che a lucicar si vedrebbono quai lucciolette nel seno di cupa notte? Se per esempio
dicessi che le coraline labbra spirano divina ambrosia, che le fresche guancie s’infiorano di giglj
e di rose, che piene avete di giacinti le mani, di fulmini le pupille, che in somma voi siete il
fiore più bello d’amore, intorno a cui quali auree pecchie intente a fare di dolce mele tesoro,
sempre a volazzare si veggoono le grazie più gentili e più nobili; sarebbe egli perciò forse men
vero che questo fiore disseccherassi fra poco, e che il tempo distruggerà finalmente ogni singolare
bellezza? La farfaletta sì varia di colore, sì vivace e brillante vi rassomiglia ancor più del
fiore. Questo piccolo insetto leggiero, vago, ed ardito, che vola sull’ali del piacere, trastullasi
leggiadramente a brieve tempo per perire tutto ad un tratto, e cadere in eterno obblio. Amate voi di rendere stabili le splendide attrattive di un’amabile giovinezza, prevaletevi dei
vincoli della virtù. Una condotta semplice non selvaggia, non incostante, prudente nell’allegria,
ingenua di cuore, non artificiosa negli sguardi, abbastanza docile per riconoscere le debolezze che
sa osservare un amico, e tanta grandezza d’animo che basti a distinguere il pregio, ed i vantaggi
della virtù: ecco la solida beltà che giammai non vien meno, quantunque la gioventù, e le grazie
s’involino, e cui lo stesso tempo distruggitor d’ogni cosa rispetta a segno, che anzi continuamente
le presta nuove vigore. La vostra fronte s’arruga … Voi mi chiedete a qual proposito così insipida
apostrofe? Io vi protesto in succinto, che vi lusingherei se meno v’amassi; ma schernite,
rimproverate, doletevi, io sarò insolente sino a tanto che voi vana sarete.
Nível 4
Fábula
Sotto il pacifico regno d’un Lione, nel tempo in cui gli animali
s’incontravano amichevolmente nella pianura, una Pantera la più superba femmina della Corte,
rimarchevole pel suo contengo pieno di grandezza, per la macchiata sua pelle, e pe’ suoi occhi di
fuoco, eccitava dei desiderj in ovunque ella s’aggirava: truppe di vili galanti s’umiliano e
prostransi d’avanti a lei. L’orgogliosa (come le belle dei nostri tempi) teneva
circolo tutte le settimane, ed ivi vedeva ai suoi piedi quei damerini imbecili, che la regalavano
d’impertinenze. Le smorfie, le menzogne, gli aneddoti scandalosi facevano tutto il loro
trattenimento. Rappresentatevi questa spiritosa e romanzesca creatura attorniata dalla numerosa sua
Corte. Il Simio dopo di essersi inchinato fino a terra, e mostrando un’aria d’importanza le
addirizza per primo questo complimento: Poffare bacco, Madamigella, vi giuro, che siete più bella
d’una Venere: perdonate alla mia rustichezza, se vi confesso, che mai non mi sembraste così
brillante: che membra! che sembiante! che occhi! Ah chiudeteli per pietà, o altrimenti è mestieri,
che cada conquiso chi vi contempla! — Eh via, acchetatevi, pazzarello, vi protesto che mi fate
arrossire; mi lagnerò se più seguitate, ciò che voi dite rassomiglia all’adulazione che io odio… Il
Volpe più scaltro si estende sopra la bellezza dell’anima, e parla delle cognizioni, del gusto, e
del senso squisito della bella. In una parola fa sì bene la sua parte, che diviene pel Simio un
formidabile rivale. Il Montone fa senza riguardi la confessione dell’amorosa sua
fiamme, e dichiara, che arde . . . .per ciò che non ardisce nominare! spera non pertanto un
trattenimento privato nel bosco ove sarebbesi forse meglio spiegato. – La Pantera mezzo irritata ad
un siffatto complimento increspa la fronte; ma conviene dippoi, che la sua bellezza potea ben
accendere il di lui sague non ostante che lo stile ne sia alquanto brutale. Il Porco ammira
l’elegante proprietà. L’Asino cirimonioso và pazzo del portamento leggiadro. In una parola tutti
codesti vili galanti pascono la loro follia, e si fanno amare a proporzione dei loro elogi. Il
Cavallo, il cui carattere generoso sdegna qualunque accoglienza mendicata con basse adulazioni, osa
coraggiosamente interrompere quel fetido crocchio d’insipidi adoratori, e grida in tuono di sdegno:
quando ridicoli Simj vezzeggiano la beltà con insulsi complimenti deono riportarne disprezzo ed
odio. Egli è un mettere in dirisione il merito, lasciandolo applaudire dalle sozze smorfie d’un
pazzo. Il Volpe artificioso loda il vostro spirito per tirarvi al suo intento. Schifate questi
indegni panegiristi, poiché i vili sanno tradir l’amicizia. Scacciate questo sciame di scimuniti ed
impertinenti, ed alle regole attenetevi della saviezza. La vostra bellezza potrebbe
interessare il Lione, se la stoltezza vostra non ne dissipasse i vezzi, ed il pregio. Chi vorrebbe
sospirare per voi per diventar rivale ad un Simio? Dice, e altamente russando con aria di disprezzo,
lancia replicati calci contro la folla galante, e guadagna il piano.
Scherzo d’ un filosofo sopra la moda. Io non starò a cercare se la varietà delle Mode sia di
profitto o di nocumento al commercio; ma esaminerò bensì quanto in certi casi sia assurda, e
ridicola. Shakespeare dice in un luogo, che il poco cervello di un uomo si scuopre assai dalla
stravaganza del suo vestire: onde se la pazzia di un secolo si conosce da certi segni esterni, certa
cosa è che l’Italia non ne diede mai altrettanti. Le Signore si affaticano tutto il giorno ad
abbigliarsi per aver il piacere di essere riguardate con amirazione, e siccome questa cessa al
mancare della novità, quindi ne nasce in loro la continua smania di variare e mutare
l’abbigliamento, e la manìa in tutte di accomodarsi al gusto, ed alle invenzioni di quelle che danno
il tuono. Tutto questo è ben naturale; ma il grande errore nell’acconciarsi alla moda
tanto negli uomini che nelle donne si è, che ognuno vuol vestire alla moda, non perchè quella moda
particolare gli dà risalto, ma solamente perchè tal’ è la moda universale. Una vezzosa Signorina, un
bel Cavaliere può scherzare sicuramente nel giro delle mode, ma questi medesimi abbigliamenti quanto
stanno male indosso a quella piccol donna, brutta, e scontraffatta, o a quel grasso paffuto che con
una borsa pendentegli sul groppone più grossa d’una piva, ed un cappellino che si nasconde in mano
viene a far ridere il mondo colla sua sciocca abbigliatura? Dicasi lo stesso delle piume; queste sul
capo della vezzosa Glori rialzano maestosamente la bellezza, ma quanto poi rendon deforme la
sventurata Gorilla, quel miserabile pimmeo, che che non arriva a tre palmi? Che trista figura a
vedere la cornacchia colla coda guarnita di penne di pavone, o un bel gruppo di fiori esprimente la
più ridente primavera sopra un volto grinzoso, il vero ritratto dell’inverno? Perchè una vaga e
leggiadrissima Signora si è adornata il capo di leggiadrissime piume: ecco che subito tutte le moglj
dei cittadini voglion a gara fargli la scimia, e fino le stesse serve scappan fuori col capo
svolazzante di penne. Sono assicurato che le ali delle ocche che prima si serbavano
per spolverare la casa, in oggi si sono convertite in ornamenti da testa per le cuoche, e le
sguattere. Non è possibile l’immaginare a quale altissimo prezzo faccia salir la moda tutte queste
bagatelle. L’introduzione delle penne ha fatto nascere nel capo di un Chincagliere l’idea di
comprare tutte le bambole chinesi, che hanno la testa movibile, ed a tale effetto ha inviate persone
in tutti i porti del Mediterraneo, e altrove per comprarle tutte dalle navi che giungono dall’indie.
Allorchè ne avrà fatta una buona raccolta, l’adornerà di piume, e di poi mettendole in moto imparerà
a conoscere il vario giuoco delle teste impiumate. Terminato che avrà le sue esperienze; ne darà
avviso al Pubblico, e darà alle Signore un corso pubblico, esperimentale per insegnar loro come
abbiano a maneggiare la testa, affinchè possano giuocare un massimo vantaggio le loro piume in
conversazione. Questo ingegnoso Chincagliere ha già scoperte le regole dell’azione, ed ha già
preparato una specie di esercizio generale per facilitare prontamente alle Dame il maneggio delle
piume. Io ne riporterò un saggio. Primo. Una Signora quando tace non deve mai movere le sue piume.
Secondo. Quando poi parla ha da tener sempre il capo in moto, ed a guisa dell’eco le
sue piume hanno ad essere sempre in consonanza. Terzo. Quando uno della conversazione parla, la Dama
deve tenere il capo più fermo che sia possibile. Quarto. Quando suona sul cembalo o sul leuto, le
sue piume devono battere esattamente il tempo. Quinto. Quando le Dame ballano, le piume hanno a
stare dirittissime; ma nell’incrociare o nel dar mani, con una gentile ed insensibile piegatura di
testa hanno a far cadere tutte le piume in avanti. Queste in sostanza sono le regole principali nel
grazioso maneggio delle piume, che questo ingegnoso galantuomo dopo un’indefessa applicazione di sei
mesi ha ridotte in metodo per l’uso, e vantaggio del bel sesso; onde non v’è dubbio che tutte quante
le Dame non gliene sappiano buon grado. Amena letteratura Lettres eritiques &e., cioè: Lettere
critiche, morali, e politiche del Sig. Conte Massimiliano di Lamberg. Prima Parte in 8. Pag. 124.
Amsterdam 1786. Non è questa la prima produzione del Sig. Conte di Lamberg, il quale
brama di riunire ciò che la sua immaginazione, la sua memoria, le sue letture, e le sue riflessioni
gli forniscono di più interessante per formare delle raccolte che partecipa al Pubblico. Era tale il
suo Memoriale di un Mondano. Così questa prima parte ne promette un’altra, se sarà favorevolmente
accolta: egli può esserne certo; e per convincerne il Pubblico noi ne levremo il seguente anedoto
curioso: Il Ventriloquo, o l’ Ingastrimita, Opera erudita, e tutta nuova, tradotta per la prima
volta dal Francese nella volgare nostra favella dal Sig. Descotti di Cassano. Venezia 1786. Appresso
Gio. Antonio Pezzana. Il Ventriloquo! che Diamine, un ventre che parla! Ingastimità! Cos’è questo?
Sì amiche Ventriloquo è un’ Uomo che parla non col ventre, ma dal ventre; ed è una parola latina
infranciosata, ed italianizzata. La seconda poi è tutta Greca, ed è lo stesso che parola nel ventre.
Oh le belle cose che si potrebbero dire a questo proposito! Oh le sucide che ne diranno i bei
spiriti! Io mi ristringerò a dire, che questa nuova Opera, è dì nuovissimo Argomento, era
opportunissima per smascherare le imposture antiche, e moderne. I recentissimi Ventriloqui di
Parigi, e di Vienna vi sono talmente annalizzati, con tanta precisone, e verità
esposti, che nulla v’ha di meglio. Memorie, ed Avventure di un’ Uomo di qualità, che si e ritirato
dal Mondo; nuovamente recare nell’Italiana favella dall’ultima Edizione Francese. Tomo V. in Venezia
1786 presso Domenico Pompeati. Bravo Sig. Domenico, e bravo il lodevole Figliuol suo che con questa
traduzione piacevolmente dà un’ esempio a cert’uomini del come dovrebbero diportarsi! Se Pamela è
una scuola per il sesso feminile; quest’Uomo di qualità è ottimo esemplare per il maschile. Ecco
sorelle mie, ecco Signori Uomini belle lezioni. Vi approffittarete di sì graziosi Esemplari?
Nível 3
Exemplo
Un Signore nativo del Kamascatka, trasferendosi a Vienna, si trovò in
una specie di gondola a quattro ruote in cui v’erano nove persone con un grosso lupo, due cani, e
quattro gatti d’Angola sull’imperiale. I domestici che si trovavano sul sedile di dietro, e su
quello d’avanti gridavano in latino, che nessuno si avvicinasse, ma gabellieri destinati alla
visita, non credettero per questo di mancare al loro dovere, ed aperta la portiera
rincularono sorpresi d’un sì strano equipaggio. Dopo le ordinarie domande fatte a porte chiuse alle
quali nessuno sapeva rispondere, tutti si lupi che gatti, uomini, e donne non intendendo se non il
Russo ed il latino, un secondo Commesso che aveva fatti i suoi studj all’Università prese la parola,
e domandò in bel latino se S. E. null’aveva di dazio. Ignoro, rispose il Russo: currus hic continet
lupum, feles, canes, uxorem, liberos. Ergo soggiunse subito l’Assistente che prese liberos per
libros, ergo in hoc casu currus abibit ad censuram librorum prohibitorum.
Erudizione
Nível 3
Exemplo
Pennans nella sua Istoria degli Ebridi fa menzione d’ un’usanza, che
nella Scozia era in vigore anche un secolo fà. Nella montagna di Eckdele si teneva ogni anno una
Fiera, a cui si portava un concorso prodigioso di persone de’due sessi. Li giovani non ammogliati vi
scieglievano le loro compagne, s’impegnavano congiungendosi scambievolmente la mano, ceremonia, che
chiamavasi Handsisting, e ritornavano accoppiati. Abitavano assieme fino al ritorno della Fiera
susseguente, a cui ricomparivano, ed avevano la libertà di confermare, o di
disciogliere la loro unione. Se le due parti continuavano ad accordarsi, la cerimonia
dell’Handsisting si rinnovava allora con un matrimonio, che durava per tutta la vita, ma se l’una
delle parti si ritrattava l’impegno preso dinanzi diveniva nullo, e le due parti avevano la libertà
di fare una nuova scelta a condizione però che la parte incostante s’incaricherebbe del fanciullo,
che fosse nato nell’anno di pruova. Sotto il Regno di Giacopo II il Conte di Murray ebbe un figlio
da Innes figlia del Lord d’Innes, a cui non era unito sennon dalla ceremonia di Handsisting.
N. B. In Italia presentemente . . . Penna mia, ti ferma. Tu diresti troppo. Perchè hai da
prendere una tal cura! Aneddoto.
Nível 3
Exemplo
Unito ai Figurini che diamo in questo V. Libretto, ci perviene una
notizia storica, che assolutamente non possiamo ommettere, poiché non è il rovescio, ma il vero
dritto della Medaglia. Un giovinotto scende di sedia al Caffè di P……, nella Città di...... e c’entra
vestito a puntino come dimostra il Figurino, cui avea ricevuto da Parigi; anzi avea
qualche cosa di più; vale a dire, una grossa crovatta al collo; era arricciato con ricci enormi,
impolverati solamente per metà, con un frac a larghi bottoni, aventi tutte le lettere
dell’Alfabetto; un giubettino del miglior gusto, rosette ai legaccj, ed alle scarpe, nulla in somma
gli mancava per brillare. Entra senza salutare, corre a riguardarsi nello specchio, e gorgheggia
un’aria d’Opera buffa, misurando ogn’uno degli astanti dal capo al piede. Un' altro giovane Signore,
vestito semplicissimamente leggeva in un angolo, e non lo aveva nemmeno guardato; lo saluta
leggermente, e gli dice: Il Signore legge? come voi vedete, gli risponde freddamente il da lui
sconosciuto. Posso ardire di dimandarvi qual libro? -- Delle Commedie --- E qual'è quella, che in
simil modo ci priva della vostra conversazione? ----- Il curioso impertinente, gli risponde il
Leggitore, fissandogli gli occhi in faccia con un disprezzante sorriso. Il stuchevole interrogatore
intese perfettamente il significato, arrossì, e disse, un pò balbettando. Potrei io sapere il nome
di chi mi risponde in simil tuono di derisione? — E’ il Cavaliere di . . . . Colonello del
Reggimento di . . . .; voi dovete conoscere un tal nome, Signor G….., poiché il padre vostro veniva
sovente a portare a mia casa merci della sua bottega. Tutti quelli ch’erano nel Caffè
diedero in un scoppio di risata. Il Sig. G….. impallidì, ed è sortito senza pronunziare una parola.
Meravigliosa scoperta fatta in questi ultimi Secoli, ed ora (presso che) perfezionata, ed
aumentata. Mi è indispensabile raccontarvi i fatti miei, quand’anche non voleste saperli, dolcissimi
miei Leggitori. Jer l’altro sui a visitare uno di que’ burberi saccentoni, che all’occasione però
non sono inimici del nostro sesso, nè astemj dalla bevanda non fanciullesca. Oh benedetta vista! Fra
una dozzina di nuovi Libri gravi, e leggieri, ce ne trovava uno che volentieri divorerei con la
lettura, se non vi si dovesse inciampare in cose, quali è bene che dalle femmine, e dalle teste loro
simiglianti, s’ignorassero. Ecco il titolo: Compendio Istorico di Memorie Cronologiche concernenti
la Religione, e la Morale della Nazione Armena suddita dell’Impero Ottomano; Opera divisa in sei
libri, ec. L’Autore è il Sig. Abate M. ed il promotore il Sig. Marchese Giovanni de Serpos. Questo
libro benchè di tre tomi in 8 da più di 500 pagine per ognuno, e molto bene stampato
in Venezia dal Palese, si dona, e non si vende, essendosene fatta l’Edizione a spese del Sig.
Marchese suddetto. Oh quante belle cose vi ci leggono! Amiche mie sapete voi dove di certo era
situato il Paradiso Terrestre? La questione di tanti dotti uomini ecco finalmente decisa. Era
situato nell’Armenia. L’Autore lo prova con testi irrefragabili, Argomenti sottili, giudiziosissime
Osservazioni, e critico esame di quanto su tale Argomento scrissero i Sapientoni; vissuti però non
meno di cinque, o sei mila anni dopo l’esistenza di quel deliziosissimo soggiorno. Io muojo di
voglia di portarmi nell’Armenia. Volete venir meco? Se ci fu Eva nel Secolo primissimo, cagione di
tutte le conseguenze funeste dell’uman genere, ci possiamo ben’ andare anche noi nel dieciottesimo,
che cooperiamo a rendere felici gli uomini; e ciò con tanti buoni effetti! L’oca ed il cigno. Favola
O Dio una bella quando sa l’affettata. Il parlare smorsioso, lo studiato contegno, gli artificiosi
sguardi, i compassati movimenti, la finzione in somma d’un carattere, che non è
naturale, sono tutte sciocchezze, le quali non fan altro, che nuocere a quella grazia, di cui si
vuole far pompa. Quel divino incanto non reca un sembiante abbellito dalla semplice mano della
natura! Occhi che brillano senz’arte, interpreti sinceri del cuore: aria sciolta, allegra, gentile
annunziatrice dello spirito ingenuo e tranquillo: maniere affabili, graziose, e linde carateristiche
del buon costume, e dell’innocenza. Se tutto ciò non forma una perfetta beltà, se non vi si trova
quell’ultimo finito, e quei gran tratti che la distiuguono, che importa? Ogni sguardo, ogni
atteggiamento rapisce, e fa che tutte avvampino d’amabile incendio le anime degli spettatori. La
bellezza checché se ne dica, abbaglia più di quello che tocchi; là dove leggiadra femmina ferisce a
colpo sicuro, e conquide senza rimedio. A che dunque, o mia cara, tante frivole cure per rendervi
men bella? Se la natura ha dipinto le vostre guancie di un vivo colore che fa invidia alle rose, se
simile forma celeste non si è mai presentata al penello d’Appelle, volete voi avvilirla per un
assurdo capriccio di fare la leziosetta? Quand’anche la natura ingrata condannata v’avesse alla
bassezza di meschini natali, e ad industrie, le quali non sarebbero che accrescere il
suo disprezzo. Allorché veggonsi cotai proscritte figure tutte sfolgoreggianti per fuoco d’orientali
tesori a pavoneggiarsi dovunque, e a presentarsi sfacciatamente, e in aria ridicola, come in
spettacolo all’universo, un così sozzo apparato offende la vista, e dà risalto alla deformità.
Nível 3
Fábula
Un’ Oca vanarella, sciocca, ed affettata aspirava alla preminenza
sopra tutti i volanti. Mi fan pur ridere gli uomini che beffeggiano la mia andatura. Osservate
miserabili che siete, e arrossitene mentitori insolenti? Neppur l’uomo stesso che và di se cotanto
fastoso, ha una presenza più bella. Gnaffe, che l’Oca esser potrebbe la rarità più singolare fra gli
augelli. Ecco là il Pavone: corpo di bacco! come va mai altiera la povera bestia di quella sua
comica coda; la natura per coprire le sue mancanze mette un fornimento brillante sulle difettose sue
opere. Se le Oche avessero la metà solamente di quell’ornamento, si resterebbero forse gli uomini a
vagheggiare con tant’ammirazione il Pavone? Era appunto il fervido meriggio, quando un festevole
stormo di Cigni godea scherzoso attuffarsi nel limpido seno del fiume. La nitidezza delle lor piume,
e i loro maestosi aspetti irritano la di lei bile. Ho a veder anche questa, grida la
rauca Ocaccia? E d’onde tant’ arroganza? Ah quelle stolide creature vogliono contrafarmi. Che
dunque? Tutti gli augelli avran eglino la mania di svolazzare a fior d’acqua, perchè le Oche sanno
nuotare? ma impareran ben essi assai presto ad essere più modesti, e a convenire umilmente della
loro insufficienza. Appena detto, spiega l’ali, slanciasi nell'acqua. Stende il più che può
insuperbindo le penne, e sforzasi d’imitare il nobile ed imponente contegno dei Cigni. Una così
fatta comparsa era veramente grottescha. Dapprincipio fu riguardata con una sprezzante pietà; ma in
seguito le grandi risate onorarono il trionfo dello sciocco uccellaccio. Allora il più rispettabile
fra i Cigni facendosi avanti, così parla a quella solle: non vedi, creatura presuntuosa e stolta, e
che la tua affettazione eccita la derisione universale: la tua superbia ti rende ridicola, e fa
veder chiaramente chi tu ti sei. Tra tuoi eguali dei meritar qualche stima, perchè non manchi di
buone qualità. Apprendi dunque ad esser saggia; persuaditi pure, che la mania di volersi rendere
singolare è un folle orgoglio, e il voler migliorare la natura è lo stesso che manifestare i proprj
diffetti.
Novelle né letterarie, né politiche.
Una Madama di Cout… suocera
del Primo Presidente del Parlamento di Rennes, vedova ricchissima, essendosi innamorata del S. di
B....Militare e Poeta, lo sposò secretamente a condizione, che il suo matrimonio resterebbe occulto,
e che conserverebbe il suo nome. Il S. di B. . . . avendo avuto qualche differenza con la sua Sposa
clandestina si è permesso alcuni atteggiamenti militari, c onjugali, come schiaffi, pedate, ed altri
simili, e per giustificarsi fu obbligato di prendere la sua qualificazione di marito, come
sganarello nella Commedia. La Scena essendo succeduta nel Giardino di Luxemburgo, Madama di Cout….,
o piuttosto Madama di B...., prese motivo da un tal caso di dimandare separazione. Tutto Parigi,
com’è di dovere, è in somma curiosità dell’esito di una tal Causa.
Gabinetto
Delle mode di Francia.
Nível 3
Tavola IX.
Retrato alheio
Abbiamo rappresentato nel
N. II. un uomo in abito di montare a cavallo, ed avressimo dovuto in seguito raffigurare una donna
pure in abito da cavalcare, ma altre novissime mode ci hanno fatto ritardare a rappresentare
quest’ultima, come facciamo. Bisognerebbe ripassare tutti gli Archivj del mondo sempre retrocedendo
sino al primo per vedere dove comincia l’uso per le donne di montare a cavallo: sembra egli tanto
antico quanto quello per gli uomini. Noi non faremo su di ciò pompa alcuna di erudizione, perchè
avressimo un bel rimontare ai secoli più lontani per fissarne l’origine. La Dama qui rappresentata
per montare a cavallo è abbigliata con una veste di Pekino color pulce a tre colletti, a falde
alquanto lunghe, e con maniche alla Marinaja (a)
1. Le partite davanti, le saccoccie, e le maniche sono guarnite di
piccioli bottoni piatti di avorio bianco. Ogni partita ne ha dieci, le maniche tre, e cinque le
saccoccie. Sotto una tal veste portano un gilet di Pekino verde pomo incrocicchiato e ribalzato al
petto, e guarnito a due ordini di piccoli bottoni simili a quelli della veste. La sottana è di un
stofa simile a quelle del gilet all’estremità bordata d’un largo nastro color di rosa. Girale al
collo una larga crovatta di piccardia biancha, con cui formasi un largo nodo davantì al collo, e le
due estremità restano cadenti sul petto. Ha in capo, un cappello feltrato (b)
2di lana color canino guarnito all’intorno di
due grandi nastri color di rosa, che formano una larga rosa alla sinistra dello stesso capello: dal
mezzo di questa rosa si alzano fra di esse flottanti quatro (sic!) grosse piume verdi e bianche. I
capegli davanti sono acconciati a grossi ricci, e di dietro annodati in un grosso catogan a foggia
degli uomini, o nella guisa che abbiamo accennato nei precedenti Numeri. Ha coperte le mani con
guanti di pelle gialli. Tiene nella destra il suo fouet, ed ha fermata la sinistra alla cintura
della sua sotrana, cioè al borsellino dell’orologio, a cui pende un semplice cordone con una larga
chiave in oro attaccata all’estremità del cordone (c)
3. Le scarpe sono di pelle color
di rosa a larghi taloni piatti e d’avanti coperte d’un gruppo formato da un largo bendello verde
pomo. Molte Signore comparvero al passeggio con dei carachi, il di cui corsetto era bianco, i
colletti, le falde, e le maniche color pulce, rosa, violetto, nero, e giallo, verde, o
lila. Se in ogni tempo le donne hanno seguito l’uso di andare a cavallo, da poco in quà hanno
adottato quello di andare sole in cabriolet senza Cavaliere, Ve ne va una, due insieme, ma con
uomini giammai: si conducono da se medesime, e non sono seguite che da un domestico, che grida ai
passaggeri di pitirarsi.
Nível 3
Tavola X.
Retrato alheio
Gli abiti, che sembrano
essere di moda per l’Autunno, che sì rapidamente c’involò la bella stagione, sono quelli di panno
color pulce. L’uomo qui rappresentato ne porta uno di tal colore colla fodera simile. A autti gli
orli è attaccato un bordino, il quale talvolta è fatto a ricamo, e ne forma la pistagua. Questa è
una moda in passato sconosciuta, poichè la fodera stessa serviva all’abito di pistagna. Tale moderno
raffinamento ci presagisce imminente la soppressione della pistagna: strappato il bordino ella è
svanita, e già siamo vicini a questa piccola rivoluzione; ma non si spaventino i nostri seguaci,
poichè la fodera di coler simile all’abito resterà ancora per molto tempo di moda,
ammenocchè gli abiti non venghino a listarsi in una foggia grotesca, giacchè è pur troppo noto, che
talvolta una piccola, e ridicola aggiunta può far ecclissare sull’istante una moda, che prometteva
un lungo dominio. Li bottoni dell’abito dell’uomo quì segnato sono di madreperla con un cerchìo di
oro scolpito nel mezzo: porta sotto l’abito un gilet color di rosa di moerro a righe violette. I
calzoni sono di un panno Casimir color canino, e le calzette di seta a righe bleu, e bianche. Le
fiubbe sono perfettamente ovate: ha due orologi: da uno pende un semplice cordone nero con una larga
chiave in oro, e dall’altro una catena d’oro con qualche bijoux pure d’oro. Ha i guanti di leggier
camoscio giallo; una mano è appoggiata ad una canna di Bambou (d)
4molto forte
guarnita di un cordone di seta con nappi. I capegli sono acconciati in largo grecque con quattro
grossi ricci per parte: di dietro gli ha avvinti alla panurge, come abbiamo altrove
osservato. Il suo cappello à l’Androsmane è posato sopra di un zoccolo su di cui s’appoggia egli
stesso per profondamente meditare.