La Gazzetta Veneta: N. XCIV
Permalink: https://gams.uni-graz.at/o:mws.5592
Level 1
N.o XCIV.
Sabbato addì 27. Dicembre 1760.
Che contiene Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico.Level 2
Metatextuality
IL (sic.) caso fa nascere alle volte certe avventure, dalle quali sarebbe stato impossibile, che l’uomo si guardasse, tanto sono lontane da ogni umano avvedimento. Ciò si può in parte comprendere da quello, che successe ad un Gentiluomo d’una Città non molto da questa lontana, come io lessi in una lettera scritta da lui medesimo ad un suo amico, e molto mio, che mi conferì l’accidente.
Level 3
General account
Questo Gentiluomo dunque, il quale per molti anni s’esercitò nell’atte (sic.) della Guerra, deliberò di godersi la sua pace nella sua Patria, dove è ben veduto, e amato da’Concittadini suoi. Essendo però egli stanco de’romori del mondo, comecchè si trovi ancora in età fresca, e vigorosa, ha posto il suo maggior diletto nell’andare da sè solo a caccia, o nel passare il tempo suonando un’Oboè, con tanta maestria, che sembra la sua professione. E sopra tutto quando sa, che ne’vicini villaggi si faccia qualche sagra Solennità, quivi ne va tutto soletto, a piedi, e con lo strumento suo sotto il braccio; per suonare alla Chiesa, piacendogli di vedere la maraviglia di quegli attoniti villani, i quali a bocca aperta, e con gli occhi stralunati ascoltano l’armonia del non conosciuto strumento. Un giorno fra gli altri dunque, ch’egli avea suonato in una Chiesa, lontana forse due miglia dalla Città; se ne ritornava, secondo l’usanza sua, per esercizio, e per ispasso indietro alla volta di casa, solo, e a piedi, con l’Oboè sotto il braccio. Nè era forse giunto alla metà del cammino in un luogo solitario, e da lunge da tutte le genti, quando gli vennero incontra due uomini con un archibuso in ispalla per ciascheduno, e con certi visi, che avrebbero dato sospetto a Marte. E oltre a ciò s’avvide all’andare ondeggiando, ch’essi avevano in capo più vino, che cervello. Andavano costoro al loro cammino, e come gli furono appresso, e adocchiarono l’Oboè, ch’egli tenea secondo l’uso suo; gli domandarono. Suoni tu quel coso? Egli non rispose, e n’andava pe’fatti suoi. Ma levandosi essi dalle spalle gli strumenti loro, e fatti due ceffi i più micidiali, che si vedessero mai, ritoccarono di nuovo, s’egli quel coso suonasse. Egli trovandosi quivi solo, e disarmato, non sapendo, che farsi, rispose, che sì, e ch’egli n’era il suonatore. Or bene, disse uno di loro, sbrigati, e suona. Il Gentiluomo riordinato lo strumento, e messogli la piva in becco, incominciò a intuonare. No no, dissero i briganti. Suonaci un Minuetto~i. Che s’avea a fare? comincia a trinciar l’aria in tuono di Minuetto~i, e le due bestie cominciano a danzare con le più strane giravolte, e co’più lunatici aggiramenti che facessero mai Poàne in aria intorno ad una chioccia. Infine si porgono la mano, e chiudono con la riverenza. Il suonatore crede, che sia terminato. Non è vero. Vogliono un ballo alla gagliarda. Ed egli ritocca: ed essi fanno scambietti, capriuole, e salti, che parea, che volassero. Poi tornano al Minuetto~i, poscia al gagliardo, senza mai dargli requie, nè modo da rifiatare un momento, tanto ch’egli era vicino a far uscire quel poco d’anima, ch’egli avea in corpo, fuori per la canna dello strumento. Se non che infine il vino, aggiunto al caldo della danza, e dell’aggirarsi intorno, fece l’ufficio suo, e i due ballerini quasi ad un tempo caddero, e si distesero a terra come morti, tanto che il suonatore fu tentato allora di bastonargli come due tappeti; Ma egli era sì stanco, e parte sì maltrattato dall’avuta paura, che si mise a trottare verso la casa sua, e fece giuramento di non andar più a suonare alle funzioni da lontano, e solo.
Level 3
Letter/Letter to the editor
Al sig. Gazzettiere
Sofronia. S. Il mio solo nome vi leverà ogni scrupolo d’intavolare una corrispondenza con una Donna. So che il nostro Sesso è una pece pericolosa, ma so ancora, che voi siete Filosofo, e che io sono stata, in sì fatta maniera educata, che in vece d’essere pece pericolosa, sono una pasta, la quale può esser maneggiata senza rischio alcuno. E tanto più potete essere di me sicuro, quanto che l’amicizia nostra sarà in ispirito, e quanto che non a voi, e non agli Uomini, ma alle Donne, come me, sarà diretto il mio carteggio. Voi servirete di canale, ed io mi studierò di suggerire alle Donne i veri mezzi per piacere. La Lettera in difesa delle Donne, da me letta nelle vostre Gazzette, m’ha animata a far toccare con mano la verità di molte proposizioni, da quel Sig. Jeniceo~i, e parte in aria seria, e parte in aria ironica, accennate. Darò principio al carteggio nell’anno nuovo, che auguro a voi, e a tutti gl’Amici vostri felicissimo. Auguro poi a me l’acquisto e la continuazione della vostra amicizia, la quale sarà da me, con attenzione, ma senza le stucchevoli gelosie coltivata, e custodita. Non sarebbono le Donne, nè così temute, nè così spregiate, se avessero quella educazione, che conviensi ad un ente Ragionevole. Ma se dalla nostra infanzia siamo nutrite col danno della ignoranza, e coll’inganno della vanità; se cresce in noi, lodata la superbia, e adulata la petulanza; se si fomenta la nostra dilicatezza, e s’asseconda il nostro umor fantastico; non è cosa sorprendente, se i cattivi effetti di questa tolleranza perniciosa, si facciano vedere in tutte le seguenti azioni della nostra vita. E siccome la ignoranza, o abituale, o attuale, è cagione d’ogni male, così non saprei dire, a qual grado giunga la crudeltà di quelli, e di quelle, che ci educano all’ombra di tenebre cotanto rovinose. Come potremo noi scoprire la verità, se non abbiamo di essa altre nozioni, se non che quelle, che ci riesce di trarre, o dagli spettacoli, o dalla lettura de Romanzi? Come avrem’ noi alcun sodo principio di virtù, se quelli che ci instruiscono, hanno il cuore pregiudicato dal vizio? Quindi proviene, che noi lasciamo la sostanza per l’ombra, e la verità per l’apparenza, ed abbracciamo quelle cose, dalle quali fuggiremmo, se fosser da noi ben conosciute. Per effetto di mero inganno, noi facciam delle cose equivoche, colla più buona intenzione del Mondo. Se non fosse questo inganno, è ella cosa probabile, che una Donna la quale ambisce d’esser ammirata, consentisse a fare delle azioni, che la rendono spregievole? Crederebbe ella, o di poter procacciarsi, o di poter’ ispirare l’amore, con metodi, pur troppo comuni, e li quali cagionano nausea e finiscono coll’odio? Stimerebbe Ella qual pregio di grandezza quelle maniere che la rendon vile all’occhio delle Persone assennate? Sarebbe Ella tanto sciocca da credersi qualche cosa più delle altre, per essere ricca, e per esser vestita alla moda? No certamente. Una educazione piena di pregiudizj fa, che per ignoranza e per costume le Donne perdano la tranquillità d’animo, la virtù, e l’innocenza, e che s’avvicinino al vizio, non per inclinazione d’un cuore corrotto, ma per ignoranza della mente confusa fra le tenebre della cattiva educazione. Ma è tempo ormai, che faccia punto, e v’assicuri della mia inalterabile stima, con cui viverò vostra buona Amica, e Serva. Addio.
Sofronia. S. Il mio solo nome vi leverà ogni scrupolo d’intavolare una corrispondenza con una Donna. So che il nostro Sesso è una pece pericolosa, ma so ancora, che voi siete Filosofo, e che io sono stata, in sì fatta maniera educata, che in vece d’essere pece pericolosa, sono una pasta, la quale può esser maneggiata senza rischio alcuno. E tanto più potete essere di me sicuro, quanto che l’amicizia nostra sarà in ispirito, e quanto che non a voi, e non agli Uomini, ma alle Donne, come me, sarà diretto il mio carteggio. Voi servirete di canale, ed io mi studierò di suggerire alle Donne i veri mezzi per piacere. La Lettera in difesa delle Donne, da me letta nelle vostre Gazzette, m’ha animata a far toccare con mano la verità di molte proposizioni, da quel Sig. Jeniceo~i, e parte in aria seria, e parte in aria ironica, accennate. Darò principio al carteggio nell’anno nuovo, che auguro a voi, e a tutti gl’Amici vostri felicissimo. Auguro poi a me l’acquisto e la continuazione della vostra amicizia, la quale sarà da me, con attenzione, ma senza le stucchevoli gelosie coltivata, e custodita. Non sarebbono le Donne, nè così temute, nè così spregiate, se avessero quella educazione, che conviensi ad un ente Ragionevole. Ma se dalla nostra infanzia siamo nutrite col danno della ignoranza, e coll’inganno della vanità; se cresce in noi, lodata la superbia, e adulata la petulanza; se si fomenta la nostra dilicatezza, e s’asseconda il nostro umor fantastico; non è cosa sorprendente, se i cattivi effetti di questa tolleranza perniciosa, si facciano vedere in tutte le seguenti azioni della nostra vita. E siccome la ignoranza, o abituale, o attuale, è cagione d’ogni male, così non saprei dire, a qual grado giunga la crudeltà di quelli, e di quelle, che ci educano all’ombra di tenebre cotanto rovinose. Come potremo noi scoprire la verità, se non abbiamo di essa altre nozioni, se non che quelle, che ci riesce di trarre, o dagli spettacoli, o dalla lettura de Romanzi? Come avrem’ noi alcun sodo principio di virtù, se quelli che ci instruiscono, hanno il cuore pregiudicato dal vizio? Quindi proviene, che noi lasciamo la sostanza per l’ombra, e la verità per l’apparenza, ed abbracciamo quelle cose, dalle quali fuggiremmo, se fosser da noi ben conosciute. Per effetto di mero inganno, noi facciam delle cose equivoche, colla più buona intenzione del Mondo. Se non fosse questo inganno, è ella cosa probabile, che una Donna la quale ambisce d’esser ammirata, consentisse a fare delle azioni, che la rendono spregievole? Crederebbe ella, o di poter procacciarsi, o di poter’ ispirare l’amore, con metodi, pur troppo comuni, e li quali cagionano nausea e finiscono coll’odio? Stimerebbe Ella qual pregio di grandezza quelle maniere che la rendon vile all’occhio delle Persone assennate? Sarebbe Ella tanto sciocca da credersi qualche cosa più delle altre, per essere ricca, e per esser vestita alla moda? No certamente. Una educazione piena di pregiudizj fa, che per ignoranza e per costume le Donne perdano la tranquillità d’animo, la virtù, e l’innocenza, e che s’avvicinino al vizio, non per inclinazione d’un cuore corrotto, ma per ignoranza della mente confusa fra le tenebre della cattiva educazione. Ma è tempo ormai, che faccia punto, e v’assicuri della mia inalterabile stima, con cui viverò vostra buona Amica, e Serva. Addio.
Level 3
Risposta
Letter/Letter to the editor
Mia Signora.
Con tutto l’animo, Signora mia, io vi sono obbligato della gentilezza vostra, e di quegli augurii di prosperità, che mi fate nel primo foglio, che ho ricevuto da Voi. Non ho però parole da ringraziarvi dell’amicizia in ispirito, che mi proponete. Spero, che a questo modo sarà essa durabile, e avrà fine colla vita mia. In altra forma non avrei tale speranza. Se voi mi vedeste spesso, o ragionaste meco, io son certo, che la diverrebbe fredda in pochi giorni. Non sarebbe la prima volta, che ciò m’è accaduto. Io ho un certo che di sciapito nella faccia, uno stento di parole tale, una certa nimicizia con la prontezza, e con la vivacità; e oltre a ciò, alcune giornate così lunatiche, e malinconiche, ch’io sono una molestia a me stesso non, che ad altrui. Tutte queste qualità m’hanno fatto scapitare più volte, non vi dico con le femmine, ch’io non mi sono arrischiato mai d’esser grato ad un Sesso tutto galanteria, e garbo; ma con gli uomini, i quali alla prima apparenza giudicarono, ch’io avessi nelle vene acqua in iscambio di sangue, e in breve mi scartarono come disutile. Signora mia, siate sicura, che fareste il medesimo, se l’amicizia nostra dovesse essere di conversazione, e di pratica; ma poichè sarà, come voi dite, per lettere, ho qualche fiducia, che la tiri innanzi lungo tempo. Oltre a ciò me ne assicura, quasi per augurio il nome vostro, che suona virtuosamente. In breve, torno a ringraziarvi, e son pronto ad ogni vostra disposizione: essendo certo, che i fogli, i quali mi verranno da voi daranno grazia a quello, ch’io vò pubblicando.
Jeniceo~i, secondo che apparisce dalle sue scritture, che sono testimonianza dell’anima, è uomo assai dabbene, e dice molte verità. Ho timore però, ch’essendo egli maschio, gli sarà prestata poca fede. Lo stile degli Uomini non va tant’oltre ne’sentimenti quanto quello delle Donne. Noi lo veggiamo tuttodì, che se una Donna avrà detto ad uno, queste tre sole parole: Io ti amo; ella avrà sì potuto in lui con questa breve, e Laconica eloquenza, che non lo possono più dissuadere da tal credenza quanti parenti, e amici egli ha, se fossero esercitati nelle Scuole d’Atene. Quella vocina molle, quegli occhi, che guardano a mezzo, quello essere a tempo dispettosuzze, e di buon umore, sono la pronunzia, e l’azione potentissima, che i maestri rettorici hanno tanto raccomandata pel suo vigore, e che non fu mai posseduta in superlativo grado da Oratore veruno, altro che dal Sesso vostro. E s’egli desse l’animo a voi, con le vostre insinuazioni, di far comprendere, che tali qualità adoperate a tempo, e in cose d’importanza, sarebbero la gloria delle Donne, e la delizia degli Uomini, beato il mondo! Non vorrei già, che si desse ad intendere alle Donne, che le divenissero, come le Amazzoni, o come le Spartane; ma solamente, che le comprendessero, ch’elle sono la più bella, e la più gentil parte del mondo, e che tanto saranno dappiù, quanto verrà più stimata, e onorata la loro beltà, e gentilezza. In somma, ne lascio la cura a voi. Il nome vostro mi predice bene, e meglio il vostro scrivere. Acceratevi della mia gratitudine, e di quella vera stima con cui mi dico
Vostro buon Amico, e Serv. I. G.
Metatextuality
Mi fu mandata in una Lettera, pochi giorni fa la versione Latina del Sonetto indirizzato a Venezia~i dall’elegantissimo Poeta Sig. Abate Frugoni. E (sic.) debito, ch’io ripeta qui la Stampa de’versi Italiani, perchè sieno vicini alla traduzione, che nè fu fatta.
Level 3
Sonetto
Restar potessi, ove Tu giudi, e reggi In lieto stato la fedel tua Gente, O sempre invitta in Terra, e in Mar possente Città, che Atene, e Roma in un pareggi. Te Saggia onoro fra quei Patrj seggi Dove al Tuo meglio ogni voler consente, Tutta valor, tutta consiglio, e mente, Forte d’Armi, e di Navi, e d’auree Leggi. Qual ti lasciai, tal ti riveggo, e tale Te vedran tutti i Secoli remoti, O d’Adria~k cara al Ciel Donna immortale. E s’io torno a lasciarti, a Te devoti Torneran sempre sulle fervid’ale I miei dolci sospiri, ed i miei voti.Level 3
Latine Epigramma.
O utinam maneam, fidos ubi ducere cives
Rara pacatos est tibi forte datum,
Urbs invicta, potensque manu terraque marique,
Romae & Athenis par, dum tua regna tenes.
Te colo consilio patria de sede valentem
In melius junctis ad tua scita animis.
Virtute excellens, divina & praedita mente,
Ac praestans armis, classibus, & placitis.
Qualem te liqui, talemque unamque reviso,
Teque parem cernent saecla futura tibi.
Utque, aeterna Hadriae Dux, perjucunda Deoque,
Te rurus linquens littore solvo tuo;
Te mea lustrabunt validis suspiria pennis,
Votaque, dum vivam, luceque cassus ero.
Metatextuality
Quegli, che m’ha scritto una delle più gentili, e garbate Lettere, ch’io ricevessi giammai, e da me co’più vivi sentimenti del cuor mio ringraziato. Le fatiche mie cominciano a divenirmi leggiere, dappoichè veggo, che animi ben fatti, e cortesi, le stimano da qualche cosa. Un lungo tempo, ch’io consumo con la penna in mano, non è consumato senza frutto, se vò di giorno in giorno acquistando amicizie, cortesie, e onestissimi trattamenti. Sono però debitore della risposta ad un quesito fattomi in essa Lettera; la quale mi fu datta sì tardi, che non ho tempo di stenderla, quantunque io v’abbia fatto sopra qualche meditazione. Indugio dunque fino ad un altro foglio: e quì pubblicherò solamente la domanda, ch’è questa:
Veramente così dovrebbe essere; ma prima che siffatto vincolo possa stringersi fra di loro, conviene, che l’amor proprio sia indirizzato, secondo me, ad un nobilissimo fine. La materia del mio ragionamento sarà qual debba essere questo fine, acciocchè gli uomini Scienziati sieno fra loro uniti in amore. Senza siffatto scopo, l’essere amici riuscirà più loro difficile, che a tutte l’altre condizioni di genti, anche le più materiali.
Level 3
Citation/Motto
Se quell’amore, con cui pretese malamente Platone d’unire fra di loro gli animi di qualsivoglia Popolo materiale, possa almeno aver forza d’unire fra di loro gli animi di que’pochi, che vengono felicemente dal Lume delle Scienze rischiarati.