La Gazzetta Veneta: N. XC

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N.° XC.

Sabbato addi 13. Dicembre 1760.

Che contiene Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico. Al Sig. Gazzettiere.
Oreofilo. S.

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Fremdportrait

Al mio ritorno in Città, ho avuto il piacere di vedere e d’udire la Commedia intitolata la Casa nuova~i. In essa ho riconosciuto, dal principio fin all’ultime parole, la fantasia, il dialogo, e l’arte del signor dottor Goldoni. Commedia dilettevole, Commedia utile, Commedia vera, meritamente si dee dire quella, a cui intervenendo gli ascoltatori, quelle cose veggono, quelle cose sentono, le quali nelle familiari conversazioni s’odono, e le quali cadono giornalmente sotto l’occhio. Tale appunto è il carattere della mentovata Commedia. L’Autore in questo genere è impareggiabile, e la fecondità della sua fantasia non mai diventerà sterile, finchè vi saranno uomini animati dalle passioni, le quali, secondo la diversità del loro grado di forza, formano diversi caratteri, appunto come dello stesso metallo, si forman monete di diversa grandezza, di diverso impronto, e di diverso valore. Perdoni, faccia ravvedere, e conduca sulla vera strada i traviati, Febo Protettore della buona Poesia; e faccia una volta cessare il flagello delle maravigliose incoerenze le quali ci conduranno alla barbarie de’Goti, e faranno diventar’i Comici, non attori, ma declamatori, e cangeranno le Commedie in Romanzi, che porteranno il guasto del cuore, e della mente. L’Autore della mentovata Commedia, il celebre Goldoni, Pittor della Natura, usando de’talenti suoi, e lasciando gracchiar’i Corvi, continuerà certamente a far vedere, che essendo la Commedia uno specchio de’costumi, non ponno vedersi nello specchio, se non quelli che stanno avanti lo specchio medesimo. Tutto il rimanente, non è specchio, ma lente artifiziosa della Lanterna Magica, la quale, inganna, e fa comparire un Pigmeo qual Gigante, che poi, non, sotto il Monte Ossa resta sepolto, ma sotto un Monte di fumo diviene ridiculus mus. La Casa nuova~i è veramente una di quelle Commedie, che fanno grandissimo onore al Sig. Dottor Carlo Goldoni. La maestria con cui è condotta la rende interessante da capo a fondo, e tante sono le grazie del dialogo, e la vivacità degl’inaspettati colpi teatrali, che lascia desiderio di rivederla. I caratteri sono così pieni di verità, che non par d’essere ad una rappresentazione; ma presenti ad un fatto vero. Sopra tutti gli altri caratteri il più giudizioso, e pieno di mirabile artifizio, è quello d’una delle Signore, che abitano nell’appartamento superiore, la quale conduce a buon fine lo scioglimento. Il costume suo è maravigliosamente conservato in una squisita mezzanità, e in tal condizione, che a tempo fa ridere; ma si conserva in buona opinione, e in tanta gravità, che sola fra tutti gli altri può esser degna d’essere ascoltata dal ruvidissimo Zio, fatto all’antica, uomo di buon giudizio, ricco, e offeso da’suoi parenti, a favor de’quali vien pregato dalla Signora. In breve l’Autore ha composto un mastro pezzo d’opera, e sempre ne comporrà quando s’atterrà a questo genere di Commedie, per le quali fu da Natura fatto, e nelle quali si rese con l’arte unico fino al presente.

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Proseguimento delle Osservazioni sopra la lettura del Dizionario Istorico Critico~i di Pietro Bayle~i.

Fremdportrait

Se (sic.) questo Libro è così pericoloso; dirà tal’uno; perchè viene letto, e tollerato? Di questo si renderà quella ragione, che si potrà migliore. Il Libro è pericoloso per quelli, i quali senza studio, e senza essere versati nelle cose, che leggono, prendono per Testo autorevole il Bayle, ma non è così pericoloso per quelli, i quali forniti di Scienza, sanno scernere il buono, dal cattivo. E come le persone, che non sanno di Chimica, non sanno manipolare veleni senza avvelenarsi, così i bravi Chimici sanno estrarre dai veleni, i più salutari rimedj. Se non che, questi bravi Chimici, nel nostro proposito, non mai anderanno esenti, ed immuni dal veleno, quando non saranno versati nella Storia Sacra, nella Storia dell’Eresie, e non sapranno in materia di Religione, qualche cosa più del Catechismo. La Idea delli Dizionarj universali, non è derivata dagl’antichj; e per quanto vogliasi supporre, che vi sia stata, e che siasi perduta, o fra le ceneri della Biblioteca de’Tolomei, arsa per l’inavvertenza delli Soldati di Cesare, o fra le rovine del Palazzo Cesareo in Roma, o fra li Codici Greci fatti abbruciare da Omer Principe de’Saraceni, non mai si truovan tracce verisimili, dalle quali arguirne la esistenza di questi Libri omniscii. La Invenzione è stata tutta delli Letterati de’nostri Secoli, e la fabbrica di questi Magazzini universali, è di nuova architettura. Nella primaria loro origine, il loro principale scopo era quello, di dare un compendio d’erudizione, e di accennare agli uomini i fonti, ai quali potessero ricorrere per chiarirsi de’dubbi, o sopra l’Arti, o sopra le Scienze. Dalli Dizionarj eruditi, passarono i Letterati alli Dizionarj Critici, e come l’uffizio del Critico si è di separare il vero, dal falso, così in tali Dizionarj, dovrebbe trovarsi, soltanto, la verità, separata dalla falsità, i punti Storici, purgati da favole, i Libri autografi, distinti dagl’apocrifi, e di tutto parlar si dovrebbe con veracità, e senza passione. Ma, gli uomini non si sono accontentati di raccogliere solamente, e di confrontare le cose, ma hanno voluto eziandio, giudicarle, difenderle, ed assottigliarle a loro capriccio. Così ha fatto il Bayle, il quale s’è intieramente cavato dal suo centro, e ha voluto metter la mano da per tutto. Che bisogno v’era di chiamar’all’esame, i fatti dalla Sagra Scrittura narrati, le vite de’Patriarchi, l’Eresie già sepolte, l’opere delli Padri della Chiesa, i Dogmi della Fede, la disciplina della Religione? Egli tutta via ha voluto giudicare, e di quello che s’ha da credere, e di quello che s’ha da operare, e di tutto ha parlato, come se Iddio non avesse dovuto fare, se non quello, che al Bayle dovesse piacere, e avesse fatto male tutto quello, che il Bayle non sapeva intendere; e perciò è venuto a formare nel suo Dizionario una Biblioteca per i dotti, e una seducente, ed insidiosa rete per i Libertini. Non è già, che egli apertamente insegni e difenda gli errori, ma li propone in vista forte, e lusinghiera, e li combatte in modo debole, e velenoso, coll’intrecciarvi de’Dubbii, col condurr’il Leggitore in laberinti di paralogismi, e coll’abbandonarlo fra quelli, alla sola guida delle passioni, le quali inclinate sono più alla libertà, che alla moderazione. Il comodo, che reca agl’eruditi il Bayle, fa che non s’abbadi al grave danno, che da lui ricevono i spiriti deboli, i quali poi con facilità si cangiano in spiriti, detti, forti.

Metatextualität

Il fine delle osservazioni, nella seguente Gazzetta~i.
Il Gazzettiere.

Metatextualität

Abbiami per iscusato l’Autore de’dubbii s’io accorcio una parte del suo Dialogo in difesa de’dubbii suoi contro l’Autore del Nuovo Segreto~i. Come vedrà ognuno il suo Dialogo, e fra la Berretta~i, e il Cervello~i, fingendo egli nel principio, ch’essa Berretta di tela sia dal destino stabilita a dover diventare cencio da far carta per la stampa, ond’essa insuperbitasi prima del tempo, comincia a fare la letterata. Sarebbe questo Dialogo rimaso inedito, se come fu detto Mercoledì passato, ci fosse stato dato qualche cenno d’emendazione del Nuovo Segreto~i. Il tacere prendesi per confermazione, e l’Autor de’dubbii manda il Dialogo intero, ch’io con la buona licenza di lui ho ridotto a frammento

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Berretta~i, e Cervello~i
Frammento d’un Dialogo.

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Allegorie

Dialog

Ber.~i Sicchè essendo stata sul capo d’un Poeta lungo tempo, debbo sapere, che cosa è Poesia, quanto tu, e meglio, ed essendo destinata a dover essere carta da stampe, ho l’autorità di cominciar a parlare, per avvezzarmi al mio stato di quel tempo. Cerv.~i Berretta~i, ricordati, che quanto allo stare sul capo, tu stai di fuori, e avrai compreso la Poesia così leggiermente; e io sto di dentro, e medito. Quanto è all’esser carta, attendi la tua tramutazione; e non parlare di quello, che non sai prima del tempo. Tu hai a divenir cencio, ad essere pesata, venduta, entrar in uno edifizio, essere pestata da magli, posta in un tino, tirata su in una forma, stare al Sole, andar per più mani di genti, entrare in quinterno, e tante altre brighe, che prima d’essere stampata chi sa quello, che ti potesse avvenire, e dove potresti andare. Sicchè a difendere tu ora l’Autore del Nuovo Segreto~i, dirai mille farfalloni, e non cosa, che vaglia. Ber.~i Che farfalloni, o non farfalloni? Io ti dico, che la Notte, presa Poeticamente per Donna, la si può non solo far parlare col Sole, ma dargliela per moglie, dir ch’ella ingrossa, e acquista figliuoli di lui. Cerv.~i Oh! con chi son condotto a parlare ora! Con una Berretta. La qual vuole, che si possa disgiungere Poeticamente la Notte dall’ombra; cioè la Notte dalla Notte medesima, e distruggerla, e far ch’ella sia in uno stesso tempo. Ma di questa impossibile divisione, derisa da chi sa, e da chi non sa, non parliamo per ora. Vegnamo ad altro. Sai tu che cosa sia Notte. Ber.~i L’ombra della Terra. Parti, ch’io lo sappia? Cerv.~i Bene. E sai tu ancora, chi di quest’ombra della Terra formasse una Persona? Ber.~i Gli antichi Poeti, i quali di tutte le qualità Fisiche, Morali, e Astronomiche, creavano Persone a loro beneplacito. Cerv.~i A loro beneplacito, no; ma creavano con la ragionevole immaginativa una Persona, la quale ne’caratteri, e ne’costumi suoi rappresentasse quelle qualità, che avea la cosa da loro di Persona vestita, sicchè gli uffizii di questa non uscivano mai dalla verità; e chi v’avesse levato il velo della Favola, v’avrebbe ritrovata sempre la natura, e la condizione della cosa favoleggiata, accordatasi benissimo coll’invenzione della Persona. E così aveano a fare, perchè volendo essi rinchiudere in tali invenzioni qualche dottrina o Fisica, o Morale, o Astronomica, se fossero usciti più che Poeticamente dalle correlazioni dovute fra l’essenza della cosa, e la Figura, che le davano con la fantasia, da tale discrepanza ne sarebbe nata contrarietà, e non dottrina. Diceano, per esempio, che la Notte avea acquistati dall’Erebo varii Figliuoli (e nota, che l’Erebo è cosa molto buja) ch’ella avea partorito le risse, e i timori, le fantasime, e altri simili figliuolacci tristi. La rappresentavano sopra un carro vestita di nero, con una benda nera sul capo, con le Stelle, che parte andavano dinanzi al carro, parte lo seguivano. Vi fu chi fece una Statua di Donna, la quale allattava due bambini l’uno pallido, e l’altro negro, significando, che la Notte era balia della morte, e del sonno1. Il tempio suo era circondato da’papaveri, dal silenzio, dall’oscurità delle Selve; e sì nemica, si diceva, ch’era della luce sua distruzione, che le veniva sagrificato il Gallo; per essere animale nunzio del giorno; e se Giove vuole una notte lunga tre notti per dar la vita ad Ercole, manda Mercurio al Sole, acciocchè gli ordini, che per tutto quel tempo si stia in casa, e non vada attorno col suo carro. Questa era la Poesia degli Antichi, e questi i caratteri dati da loro alla notte, fatta Persona. Essi ci hanno lasciata la regola dell’usare debitamente la Favola. E se vogliamo uscire con qualche novità, dobbiamo, seguendo l’usanza, anzi lo Statuto di quelli, attenersi ad un’aggiustata allegoria, la quale non ispogli le Persone Favolose del loro proprio carattere, nè delle circostanze convenienti alla loro condizione, o Fisica, o Morale, o Astronomica. Ovvidio, che pure fu Poeta di caldissima fantasia, in ciò non uscì de’confini, e quando volle raccontare, che Cerere sdegnata contro Erisittone, il quale avea tagliata una quercia a lei consagrata, stabilì di fare, che la Fame l’assalisse, e facesselo morire, non fa già che Cerere Dea delle biade vada a ritrovare la Fame. Manda ella una Ninfa de’Monti sua Ambasciatrice con gli ordini suoi alla Fame, affermando, che il destino vietava, che Fame, e Cerere si trovassero insieme. Ed è vero, che la Fame, non sarebbe più Fame, se a lei si presentasse il Pane, che in Cerere è figurato. Sicchè Cerere avrebbe distrutta la Persona della Fame, come appunto il Sole distrugge quella della Notte, trovandosi presente a lei.

Zitat/Motto

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Zitat/Motto

. . . . quae (dice Ovvidio) quatenus ipsi
Non adeunda Deae (neque enim Cereremque Famemque
Fata coire sinunt) montani numinis unam
Talibus agrestem compellat oreada dictis.

Met. Lib. VIII.

Che dirai tu al presente, Berretta? Ber.~i Ciance tutte sono le tue. Non è il Sole quello, che si trova nel Prologo in compagnia della Notte, ma Apollo Pastor d’Amfriso. Cerv.~i Se quello non fosse il Sole, vi è il Giorno, bastante a distruggerla. Ma dico, che quello è il Sole, e non Apollo, perchè il Giorno vedendolo a venire lo chiama Padre suo, e poco dopo, dice, che copre la sua compagna col proprio splendore

Zitat/Motto

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Zitat/Motto

Io veggio almeno,
Che lei col suo splendor tutta coprendo.
Onde Apollo Padre del Giorno, e Apollo, che splende, è il Sole, e non è l’Apollo terrestre. Che ne dì tu ora? Se’ tu ancora fatta capace? Ber.~i Tu puoi dire quello, che ti pare; ma s’io avessi ad introdurre un’altra volta sulla Scena il Giorno, Apollo, e la Notte, lo farei senza scrupolo. Cerv.~i Ecco la differenza fra la Berretta, e il Cervello. Fa come ti pare. Io dico quello, che richiede l’entusiasmo guidato dalla ragione, poi faccia ognuno, che gli pare; nè di questa materia dirò più una parola, se me ne fossero dette incontra mille. Ber.~i E l’altre risposte a’dubbi tuoi, che si leggono nel Segreto Nuovo, come le sciogli tu? Cerv.~i Che vuoi tu, ch’io risponda, se tu se’ più ostinata nella fine delle mie risposte, che nel principio? Il Prologo dice, che solo da dieci anni in quà Venezia~i fa stima de’Poeti. Come? dice l’Autore de’dubbii, da dieci anni in qua? Risponde il Nuovo Segreto~i: Il Prologo vuol dire de’Poeti da Teatro non degli altri. Prima di voi le Venete Scene aveano de’Poeti; ma questi Poeti nè a voi, nè a me, nè ad altri sono noti. L’Autore del Prologo, e quello del Nuovo Segreto~i, vanno così alti, e in tanta sublimità di Cielo, che le nuvole restano in mezzo fra loro, e Venezia, onde non hanno mai potuto vedere nè la Merope, né l’Ulisse il Giovane, nè il Bruto, nè il Cesare, nè varii Drami recitati del Signor Abate Metastasio; nè altre cosette, delle quali più, che dell’altre intendono di parlare, e le quali però furono sul Teatro lodate da Venezia, e sono di quelle che vi durano, e non bolle d’acqua, che si disfanno subito dopo vedute. Dice poi che Dafne~i fu convertita da Apollo~i in Alloro. E questo è uno di que’granchi della Mitologia, che furono accennati. Leggansi le Favole e si vedrà chi cambiò Dafne in Alloro a grandissimo dispetto d’Apollo, che la volea viva nelle mani. Questo volea significare il dubbio non altre ciance. Ber.~i Oh! quì poi non saprei, che rispondere. Cerv.~i Vegnamo al terzo dubbio: Se sia un carattere degno da investirne Venezia~i il mandarla davanti alla Fortuna a domandare una notte, e un giorno in grazia d’una Compagnia di Comici. Egli risponde, che una Città si può far parlare. Fu domandato non se si possa far parlare; ma per cui e perchè. Vedi se questo dubbio fu inteso. L’impaccio del quarto dubbio si vede nella risposta; dove l’Autore stima meglio di dare una risposta generale. Io l’avrei anzi consigliato a non rispondere nè particolarmente, nè generalmente. Ci vuol altro, che un verso del Filicaja a sanare cotanta imprudenza. Il Quinto dubbio non fu inteso nè punto, nè poco. So che il Tasso non va a proposito. La Fortuna nel Tasso, non è persona, che operi veramente da sè; ma vi s’intende una forza superiore, che per grandissimi fini vuole Rinaldo salvo dalle mani d’Armida. Nel Prologo è cieca, dice d’esser cieca; e che fa tutto alla cieca, e non basta la sua naturale cecità, che scuote anche l’urna, per rendersi più difficile il compiacere alla domanda, che le vien fatta. Berretta, per carità non altro. Lasciami. Ber.~i Orsù, per ora non dirò altro. Ma s’io divento carta, vedrai, ch’io non sono mutola. Cerv.~i Sopra tali baje, questa è l’ultima volta, ch’io parlo. Stampa quanto vuoi, che n’è secco il mondo.
Una certa Madalena Moglie di Giacomo Pedraccini, partorì a questi giorni tre fanciulli maschi ad un parto; e tutti e tre vivi. L’uno d’essi fu battezzato in Casa, e gli altri due alla Chiesa. Cose da vendere. Si ritrova in vendita una Raccolta di tremila Libri in circa, legati per la maggior parte alla Francese, ed in cartapecora. Gli Autori sono tutti scelti, e tali, che possono essere di soddisfazione ad un Letterato di buon gusto. Chi v’applicasse, ne parli col Sig. Paolo Colombani, il quale avrà il Catalogo d’essi. Il Decamerone del Boccaccio, stampato in Cartapecora, accennato altre volte nella Gazzetta, e che fu esibito pel prezzo di zecchini quaranta, fu acquistato dal Sig. Bortolo Occhi Librajo in Merceria appresso di cui era in Vendita; ed egli ora lo propone al comperatore per zecchini 30. è un bellissimo Libro, ed unico esemplare stampato con tale magnificenza. Case da Fittare. Giù del Ponte di S. Moisè vi sono due Mezzadi, con cammino alla Francese, ed un altro picciolo luogo, benissimo accomodato. Chi gli desiderasse ne parli al Tapezziere al Ponte di Santa Maria Zobenigo. Libri in Venezia. La Temi Veneta. È questo un Almanacco diligentemente composto, e utilissimo alle persone di questa Città, come quello, che contiene l’entrare, e uscire de’Magistrati, de’Reggimenti, e altri somiglianti ufficii, donde fu tratto il suo titolo di Temi, ch’anticamente era la Dea della Giustizia. L’indice stesso del Libretto, che sarà quì interamente riferito, dimostrerà quali sieno le cose, che in esso principalmente si contengono. Vendesi dal Sig. Paolo Colombani Librajo in Merceria all’insegna della Pace, e vale L. r. : 10. Indice delle cose appartenenti alla Temi Veneta poste per ordine d’Alfabeto. Acque. Agostiniani. Ambasciatori. Armamento. Armata Veneta. Arsenal. Auditori Vecchi, e Novi. Avocati ai Consegi, e di Prigioni. Avocati per le Corti, e Rialto. Avogadori. Barbarella. Beccarie. Biave. Borgognoni. Cardinali. Canonici Lateranensi. Camaldolensi. Certosini. Canonici di S. Salvador. Cappucini. Carmelitani Scalzi. Cavalieri viventi. Collegio. Collegi de XX., e de’XII. Consiglieri. Consiglieri eletti. Consiglio di Dieci. Censori attuali, e usciti. Camerlenghi di comun. Cattaveri. Cazude. Cariche fatte nell’Eccellentiss. Senato. Consoli, o Sopra Consoli. Cottimi d’Alessandria, Damasco, e Londra. Ceca Oro, e Argento. Cancellaria Ducal. Domenicani. Dieci Savj. Dazio del Vin. Doana da Mar. Ecclesiastici Patrizj Veneti. Esaminador. Estraordinario. Esattori alle Rason Nove, e Governatori delle Intrade. Forestier. Fontico de Todeschi. Formento a S. Marco. Formento a Rialto. Gesuiti. Giustizia Vecchia. Giustizia Nova. Governatori dell’Intrade. Insida. Intrada. Legne. Minori Conventuali. Magistrati. Mobile. Messetaria. Olivetani. Patriarchi. Preti dell’Oratorio. Proccuratori di San Marco. Proveditori di Comun. Pompe. Pregadi. Petizion. Proprio. Procurator. Piovego. Pase. Quaranta viventi. Quaranta Criminal. Quaranta Civil Vecchia. Quaranta Civil Nova. Regolari Casinensi. Rason Nove. Rason Vecchie. Ritornati da Verona, e Bergamo. Reggimenti posti per ordine di Alfabeto. Sovrani più riguardevoli dell’Europa. Somaschi. Senatori viventi. Senato. Sopra Atti attuali, e usciti. Sal. Sopra Camere. Sanità. Sopra Conti. Sopra Daci. Sopra Officj. Sopra Banchi. Sopra Gastaldo. Sindici. Signori di Notte Criminal, e Civil. Serenissimo Maggior Conseglio. Teatini. Tana. Ternaria Vecchia, e nova. Zonta.

Cambj per le Piazze Estere, corsi addi 12. Decembre 1760.

Lione Ducati- 59 ¾ Banco per Scudi d’Oro Sole N. 100. da Lire 3. l’uno. Bolzano Soldi- Roma Scudi Oro Stampe 62 ¾ per Ducati 100. Banco. Napoli Ducati Regno 120 per Ducati 100. Banco. Firenze Scudi- 79 7/8 Oro da Lir. 7 ½ per Ducati 100. Banco. Livorno Pezze da 8/r 103 ½ per Ducati 100. Banco. Milano Soldi- 155 ¼ per un Scudo di Soldi 117. Imperiali. Genova Soldi- 94 per un Scudo da Lir. 4: 12 Fuori Banco. Anversa grossi- 93 ¼ per un Ducato Banco. Amsterdam grossi- 90 per un Ducato Banco. Amburgo grossi- 82 ¾ per un Ducato Banco. Londra Sterlini- 52 ½ per un Ducato Banco. Augusta Taleri- 99 ½ per 100. Ducati Banco. Vienna Fiorini- 192 ¾ per Ducati 100. Banco.

1Omero dice, che la salvò un sogno dall’ira di Giove.