La Gazzetta Veneta: N. LXXXIX

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Livello 1

N.o LXXXIX.

Mercoledì addi 10. Decembre 1760.

Che contiene Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico.

Livello 2

Livello 3

Lettera/Lettera al direttore

All’Autore de’dubbii. Sopra la Lettera anonima, intitolata Nuovo Segreto, per farsi immortale un Poeta sulle Gazzette. Lo scherzare è bella cosa, ma è non poco difficile, e l’Anonimo Alchimista Poetico, Autore del Nuovo Segreto~i, ci è molto male riuscito. La sua Lettera è una cantilena Ironica, ma fuori di tuono, ed accompagnata da Cembalo scordato. Per provare che l’Autore del Prologo, amico suo, è superiore ad ogni critica, viene a dire, che Egli, come Poeta Originale, non è obbligato d’imitare, nè i buoni Autori Antichi, nè i buoni Autori Moderni, i quali sono buoni, appunto, perchè imitano gl’Antichi; e per convalidare le sue prove si prende la libertà di profanare il nome d’Orazio~i, quasi egl’avesse esclusa la vera imitazione, e quasi avesse scritto, soltanto, per solleticare la curiosità: exemplaria Graeca Nocturna versate manu versate diurna. Orazio~i, che nella sua Arte Poetica dà il modello d’un buon Poeta, e che non accorda qualche licenza, e non scusa qualche difetto, se non in un buon Poeta, serve a lui, di Testo, per dispensare l’amico suo dalli precetti dell’Arte, dallo scrivere con sintassi Grammaticale, e dalla osservanza della buona Lingua Italiana! La imitazione accompagnata dal buon senso, e dalla ragione, forma il carattere di Poeta, e egli fa pendere questo carattere, da versi voti di buon senso, e da immagini contro natura! E (sic.) stato il buon Secolo de’Scrittori, e de’Poeti appresso i Latini, e vi sono le età d’oro, d’argento ec. L’Autore del Nuovo Segreto~i non può negare questo; nè può negare, che fin’al giorno d’oggi sussista questa distinzione, nè può negare, che appresso gl’Italiani, non sian corsi i Secoli colti, e i Secoli barbari, nè può negare che fra gl’Autori dei Secoli colti, non sieno universalmente riconosciuti, i buoni Scrittori ed i buoni Poeti, secondo il Canone ricevuto da tutte le più colte Nazioni. Ora se egli, per avventura negasse questo, s’esporrebbbe sul Teatro Letterario per oggetto delle risa di tutte le Nazioni, e se non lo nega, si rende da per sè singolare colla sua Lettera, dalla quale s’inserisce, che la buona Lingua, e la Buona Poesia Italiana non vanno soggette a regole, nè hanno Autori Classici, li quali soli servir debbano di Testo autorevole, e di modello vero, a chi calca la via di Scrittore, e di Poeta Italiano. E come sarebbe singolare l’asserzione, con cui si pretendesse, non esservi distinzione tra la Lingua Latina usata da Terenzio~i, e quella usata da Sidonio Apollinare~i, e tra gli Scrittori e Poeti del Secolo d’oro e tra quelli del Secolo di ferro, così sarà sempre mai singolare la proposizione, con cui l’Autore del Nuovo Segreto~i vorrebbe provare, non esservi distinzione di Lingua tra gl’Autori Italiani, ed essere l’amico suo in pieno diritto, di godere ed usare del Libertinaggio Letterario. Ma, a dir il vero, sembra che lo spirito della Lettera Ironica, tenda a dileggiare l’Autore del Prologo, e che sotto specie di difenderlo, voglia farsi beffe di lui. E tanto più mi confermo in questa opinione, quanto meno di buon senso ritrovo nello stiracchiato scioglimento dei cinque dubbii, imperciocchè le distinzioni sofistiche che fa, e le voci, di ente e di attributo malmenate, dimostrano chiaramente che non si parla, nè in via Fisica, nè in via Metafisica, ma così, a caso, per poter dire s’ha risposto. Che nuovo modo di sofisticare è mai quello dell’Autore del Nuovo Segreto?

Livello 4

Citazione/Motto

Può immaginarsi (dice egli) un ente qual’è la notte nella mente de Poeti, senza che abbia l’attributo delle Tenebre, ritenendone tutti gli altri.
Dunque a pari si può immaginare, il giorno senza luce; un uomo vivo senza vita, un ente ragionevole senza razionalità; ma, siccome la Razionalità è qualità essenziale e sostanziale dell’ente ragionevole, la vita dell’uomo vivo, la luce del giorno, così l’entità della notte sono le tenebre, e ogni Immagine astratta è impossibile, poichè niente può immaginarsi, senza previa idea, e la previa idea della notte, s’ha nelle tenebre. Ammiro dunque sempre più l’Autore del Prologo, che ha bisogno di sottigliezze strametafisiche, per sostenere la verisimiglianza naturale de’Personaggi. Che sarà poi delle cose? Dal Mondo della Luna farà egli cadere qualche nuovo Codice che autorizzi le assurdità sue, nelle cose, che si sanno anche dai zotici. V’esorto, pertanto, amico stimatissimo, a guardarvi da gente, che non risponde a proposito, e che parla in tuono di ridere, quando dovrebbe arrossire. Addio. Misoghelos.

Metatestualità

Proseguimento delle Osservazioni sopra la lettura del Dizionario Istorico Critico~i di Pietro Bayle~i.

Livello 3

Eteroritratto

Quelli, che sono pieni di prevenzione nominale del Bayle, ed alli quali il suo Dizionario serve di Testo, in ogni materia, o Morale sia, o sia Civile, quelli, dissi, riproveranno le presenti osservazioni. Come? dirann’essi, qualche Pedante sciocco vuol mover guerra al Bayle, che è uno, de’Pianeti della Repubblica Letteraria? Ma, di grazia, non confondiamo le specie, e intendiamoci bene. L’Osservatore non s’è proposto di attaccare la erudizione, o la letteratura del Bayle, ma s’è proposto bensì di provare; per spiegarsi in termini chiari; che la lettura del suo Dizionario è pericolosa per tutti quelli, che non sono versati nelle cose delle quali si tratta nel Dizionario, o che vanno in traccia delle cose, che, scandalosamente dilettano; così che non viene attaccata la erudizione, e la letteratura del Bayle, ma si asserisce, che quelli, i quali non sono, almeno mediocremente eruditi e letterati, non debbono leggere il Dizionario del Bayle, perché, o non intenderanno quel che leggono, o l’intenderanno male, dacchè quell’Autore abbonda di maligna erudizione, la quale è atta a depravare l’Uomo Morale, e l’Uomo Civile. Non è già che così pensi quel Pedante, che fa le osservazioni, ma così scrisse Francesco Buddeo~i, che non è, nè Pedante, nè Cattolico. Parlando egli del Dizionario del Bayle, dice:

Livello 4

Citazione/Motto

Nunc plus inde damni, an emolumenti, ad lectores incautos, rerumque de quibus agitur, non satis peritos, vel ea solum, quae voluptatem adferre possunt, captantes, redundare queat, merito dubitaveris:
e dove loda i Dizionarj, come Repertorj di molte cose erudite, dice:

Livello 4

Citazione/Motto

Licet illi magnopere errent, qui ex iis solis sapere cupiunt.
Ecco dunque il primo principio dell’Osservatore conforme alla opinione, non solamente d’un zelante Cattolico, ma eziandio d’un Eterodosso, ciò è a dire, che bisogna legger’il Dizionario del Bayle cautamente, che bisogna saper di quello, che si legge, e che non basta saper, soltanto quello, che si legge. Gl’ardenti Leggitori dell’omniscio Dizionario, non possono negare, che il Dizionario del Bayle non tenda a stabilire il Pirronismo, a difender’il Manicheismo, a promovere l’Ateismo, ad introdurre la contrarietà di ripugnanza tra la Ragione e tra la Rivelazione, a dubitare, e glosare su molti fatti della Sagra Scrittura, a sostener la indifferenza delle Religioni, a scandalizzare con novelle lascive, ad impugnare la Provvidenza di Dio, dacchè lo stesso Buddeo~i scrive, che Bayle:

Livello 4

Citazione/Motto

in impugnanda Providentia Divina omnem ingenii et eloquentiae vim exhausit.
Può vedersi qualche cosa di più nella Storia Critica della Filosofia~i, di Giacomo Bruchero~i Tomo IV. Parte prima, pag. 574. e seguenti, d’onde l’Osservatore ha tratto molti semi per le presenti osservazioni. Se, dunque, tanti Uomini illustri, non solamente, tra’Cattolici, ma eziandio tra gli Eterodossi si sono affaticati per metter’il Dizionario del Bayle in vista pericolosa, segnatamente per quelli, che non hanno lumi sufficienti, colli quali conoscerne gl’inganni, come mai potran riprovarsi le osservazioni sopra la lettura di gravi e rovinose conseguenze per gl’incauti Leggitori, d’un Libro, che è divenuto in molti luoghi la Biblioteca stabile sulla Tavoletta delle Donne? La corruzione Morale non può se non turbare l’armonia Socievole, e Civile, e perciò si proseguisca a metter’in vista l’importanza del pericolo. Quelli che non ha alcuna Religione, non può esser’altro, che empio, e che il Bayle fosse tale, evidentemente si dimostra. La sua instabilità nella Fede Romana non meno, che nel ceto de’Rifformati, serve di prova non equivoca. L’ambiziosa intemperanza del suo ingegno lo portava alla sottigliezza de’Paralogismi, li quali non s’accordavano colla Fede Romana: onde, eccolo fuori della Chiesa Romana. Fra i Paralogismi delle sue sottigliezze, non voleva ammetter’errore, che non fosse di sua invenzione, ed eccolo fuori del ceto Rifformato. Non volle essere Professore della Fede Romana, per aver la libertà di tesser’errori, e non fu costante nella Rifforma, perchè volle esser Creatore di empietà, che sono avute in orrore dalli medesimi Rifformati. Eccone una prova. Il Bayle nelle Novelle della Repubblica Letteraria dell’anno 1684. mese di Marzo, loda e dice tutto il bene di Giurio, e poi crudelmente lo assalisce, lo morde, e lo lacera, perchè Giurio aveva impugnato la indifferenza delle Religioni, sostenuta, promossa, e difesa da quel Bayle, che è l’Autore favorito di molti spiriti moderni.
Signor mio; ne’casi suoi io non posso darle altro consiglio, che quello, che segue. Ella m’intenderà, e pazienza se gli altri non m’intendono.

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Allegoria

Era felicissimo sopra tutti gli altri fiori del Giardino un Gherofano piantato in un pitale di creta; perchè la Geva Contadinella n’avea preso una cura grande fin dal suo primo nascimento. Al primo spuntar del Sole, ne lo traeva fuori della sua capannetta, e gli facea godere i primi raggi di quel benefico Pianeta; e quando soverchiamente cuocevano lo ricopriva; e a tempo con purissima, e fresc’acqua d’una fontana vicina nel ristorava, allogandolo la sera, per timore, che qualche sopravvenuto nembo non lo guastasse, o forse non gli togliesse la vita. Parlava spesso col fiore la semplice Villanella; e gli dicea: Tu se’ tutto il mio amore, io non ho altro pensiero, nè altra cura, che te: E sì lo rimirava di quando in quando, che veramente si vedea, ch’ella non avea in cuore altro affetto, che lui. Un giorno verso la sera entrò nel Giardino una Giovane bella, e vistosa, come quella che fornita era di vestimenti di seta, e d’argento, e avea intorno le più nuove, e più squisite fogge, che s’usassero, non dico fra le Signore, ma dalle più capricciose Ballerine, che facciano in sui Teatri di sè spettacolo, e mostra. Ella avea, fra gli altri abbigliamenti dall’un lato del petto certi fiorellini di più ragioni; che mossero ad invidia il Gherofano; il quale con un sospiro disse fra sè: Vedi sventura ch’è la mia! Non son io bello? non sono io garbato, quanto ciascheduno de’fiori ch’adornano il seno di cotesta così bella, e gentile Creatura? E perchè sono io condannato ad essere possessione d’una Villanella? Udì la Signora le parole, e se ne compiacque sorridendo alcun poco; ma pure fingendo di non aver posto mente alle sue parole, passeggiò due o tre volte il giardino; e sempre ritornava per la medesima via, per udire se il fiore dicesse altro. Che più? egli rinnovava la spiegazione de’suoi desiderii, ed ella finalmente rivoltasi a lui, con poche parole furono d’accordo l’uno, e l’altra; sicchè la Donna gittato via il mazzolino di fiori, ch’avea, colse il bellissimo Gherofano, e lo si pose al suo seno. Trionfava il poco giudizioso fiore, e non si curò, d’essere troncato da quelle radici, che gli davano la sostanza della vita, nè d’essere trafitto con un aghetto il gambo, perchè in quel principio tutto gli parve felicità, e si rallegrava di veder gli altri fioretti gittati dalla Signora sul terreno, e senza più ricordarsi punto, nè della Geva sua, che l’avea così cordialmente amato, nè di quella terra, che nudricato l’avea, se n’uscì trionfando fuori del Giardino. Ma non andò molto tempo, che gli convenne, prima a suo dispetto trovarsi con altri fiori mescolato, e finalmente fu, per ordine della Signora, come una cosa fracida, gittato fuori per la finestra; dando luogo ad un bocciuol di rosa nuovamente venuto, ed accolto.

Metatestualità

In una Città dell’Italia è avvenuto poco tempo fa un accidente, che merita d’aver luogo in questi Fogli.

Livello 3

Racconto generale

Due Fratelli rimasi soli in una Famiglia, e assai benestanti de’beni di fortuna, s’amavano così cordialmente, che non si vedeano quasi mai lontano l’uno dall’altro. Aveano tuttadue gli stessi sentimenti, e poco meno, che le stesse parole, perchè un pensiero era in tuttadue sempre. Attendendo con somma diligenza alle proprie faccende accrebbero sommamente le facoltà loro, massime col traffico, e con tutto ciò faceano una vita nobile, e liberale. Finalmente vedendo, che non aveano a cui lasciare quegli averi, de’quali la fortuna, e l’ingegno gli aveano abbondantemente provveduti, benchè avessero già l’uno, e l’altro il sessantesimo anno dell’età oltrepassato, deliberarono, che l’un di loro dovesse ammogliarsi. Di che fatto stabilimento, il men Vecchio pose gli occhi addosso ad una Vedova di venticinque anni bella, e garbata, e conchiuso il trattato, quella si prese per Moglie. Entrata la Giovane in casa, e parendole, che vi regnasse soverchia malinconia, la cominciò ad introdurvi novelle usanze di giuochi, di conversazioni, e d’altro, tanto che il Cognato se ne dolse col Fratello, il Marito con la Moglie, la Moglie con tuttadue, e si crebbero le querelle, che i due Fratelli cominciarono a vedersi mal volentieri, e sopra tutto la Cognata non potea più vedere il Cognato. Comecchè s’andasse la faccenda, un giorno, che il Cognato si stava alla finestra leggendo un libro, o che se gli aggirasse il capo, o altro, fu veduto a cadere in sul terreno, dove fra certe pietre, e pali, che quivi erano, tutto si ruppe, e morì. Diverse furono le dicerie, e i romori intorno al caso di lui; ma non si potè mai altro sapere, se non ch’egli s’era accoppato; e non mancarono maldicenti, i quali incolparono la Donna della morte di lui, comecch’ella se ne mostrasse gravemente addolorata. Sopra tutto però fu grandissimo il dolore del Marito, il quale a poco a poco dato fine al suo trafficare, e riscossi quanti danari potè, e diverse cose delle più preziose vendute, tutto occultamente, diede un giorno licenza alla Moglie, ch’ella in compagnia d’un suo congiunto n’andasse a villeggiare, dicendole, ch’egli per certe sue faccende, non potea, per allora; ma che sarebbe andato fra tre giorni a ritrovarla. Passarono i tre, e i quattro giorni. Il Marito non si vedea non solo alla Villa; ma era anche dalla Città sparito. Ritorna la Donna, e in iscambio del Marito, ritrova sopra una Tavola il Testamento di lui, nel quale egli lasciava alla Moglie cento ducati il mese finch’ella durava in vita, e il restante delle rendite sue a certi luoghi Pii, alle quali dovessero essere aggiunti anche i milledugento ducati dopo la morte della Donna. Seppesi dipoi, ch’egli se n’era andato a Parigi con diecimila zecchini, dov’egli si vive quietamente, è (sic.) non risponde più nè alla Moglie nè ad altri.
Case ricercate. Dee fra poco capitare in Venezia un Forestiere, il quale desidera d’avere una Casa, da pagare venticinque zecchini in circa di tre mesi in tre mesi, per tutto quel tempo, che si fermerà in questa Città. Ha egli avvisato anticipatamente un amico del suo desiderio, e delle condizioni della Casa, le quali sono queste. Vorrebbe, ch’ella avesse tre letti da Padrone, e uno per un servo; una dozzina di sedie, alcune tavole, e altre simili cose. Desidera, che sia situata sopra qualche canale di buona vista, e largo. Fra dodici, o quindici giorni il Forestiere sarà in Venezia; onde chi avesse casa con tali qualità, e volesse accomodarnelo, può intanto parlare al Sig. Paolo Colombani Librajo in Merceria all’insegna della Pace. Case da Fittare. Bottega con una Volta, e Magazino d’affittar in Pescaria a Rialto, paga all’anno Duc. 90. Le chiavi sono dal Seller sotto il Portico in Rialto per andar al Banco del Giro. Casette due d’affittar in Corte Nova a SS. Appostoli sopra la Fondamenta de’Sartori. Una paga all’anno Duc. 17. e l’altra 18. Le chiavi sono da Pasqualin Pelizzer che abita in detta Corte. Legni arrivati. Nov. Pieligo, nominato Madonna del Rosario, e S. Antonio, Patron Elia Petrovich, manca da Durazzo 17. giorni, raccomandato a Capitan Vicenzo Tripcovich, con 588. Balle Tabaco. Adi 24. Novembre. Tartana, nominata Madonna del Rosario, e Santissimo Crosiefisso, Capitan Conte Zorzi Ivanovich, manca da Durazzo 17. giorni, raccomandata al Capitan Conte Kav. Iseppo Ivanovich, con 1483. Balle Tabaco. Detto. Pieligo, Patron Francesco Bottolo, venuto da Spalatro, con 20. Sachi Lana. 22. Colli, e 1. cassa Cera zala. 184. Mazzi Cordoani: 365. Schiavinoti. 51. Fasso Ferro in Verga. 57. Bar. Sufini. 2. Rodoli Rassa. 1. Cassetta Candele di Seo di Tramesso. 26. Detto. Nave, nominata Galera Maria Capitan Cornelis Pieter Peer Danese, manca da Bergen in Norvegia li 5. Luglio, e da Corfù li 19. Ottobre, raccomandata a sè medemo, con 1020. Balle Bacalai in Pesci 100000.

Cambj per le Piazze Estere, corsi addi 5. Decembre 1760.

Lione Ducati- 59 ¾ Banco per Scudi d’Oro Sole N. 100. da Lire 3. l’uno. Bolzano Soldi- 133 per un Scudo da Carantani 93. Roma Scudi Oro Stampe 62 7/8 per Ducati 100. Banco. Napoli Ducati Regno 121 per Ducati 100. Banco. Firenze Scudi- 79 7/8 Oro da Lir. 7 ½ per Ducati 100. Banco. Livorno Pezze da 8/r 103 ¾ per Ducati 100. Banco. Milano Soldi- 155 ¼ per un Scudo di Soldi 117. Imperiali. Genova Soldi- 93 7/8 per un Scudo da Lir. 4: 12 Fuori Banco. Anversa grossi- 93 ¾ per un Ducato Banco. Amsterdam grossi- 90 ½ per un Ducato Banco. Amburgo grossi- 83 per un Ducato Banco. Londra Sterlini- 52 ¾ per un Ducato Banco. Augusta Taleri- 99 ½ per 100. Ducati Banco. Vienna Fiorini- 192 ½ per Ducati 100. Banco.