N. 85 Gasparo Gozzi Moralische Wochenschriften Angela Fabris Editor Alexandra Fuchs Editor Alexandra Kolb Editor Sara Stregar Editor Ingrid Scherk Editor Angelika Hallegger Editor Teresa Petrovitz Editor Institut für Romanistik, Universität Graz 15.12.2016 o:mws.5570 Gozzi, Gaspare: La Gazzetta veneta. Venezia, 1760 La Gazzetta Veneta 1 085 1760-11-26 Italien Ebene 1 Ebene 2 Ebene 3 Ebene 4 Ebene 5 Ebene 6 Allgemeine Erzählung Selbstportrait Fremdportrait Dialog Allegorisches Erzählen Traumerzählung Fabelerzählung Satirisches Erzählen Exemplarisches Erzählen Utopische Erzählung Metatextualität Zitat/Motto Leserbrief Graz, Austria Italian Theater Literatur Kunst Teatro Letteratura Arte Theatre Literature Arts Teatro Literatura Arte Théâtre Littérature Art Frauenbild Immagine di Donne Image of Women Imagen de Mujeres Image de la femme Liebe Amore Love Amor Amour Italy Parma Parma 10.32618,44.79935 Italy 12.83333,42.83333 Italy Venice Venice 12.33265,45.43713

N.o 85.

Mercoledì addi 26. Novembre 1760.

Che contiene

Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico.

Al sig. GazzettiereSalvatico Fronimo S.

NOn (sic.) saprei come meglio ringraziare, nè come meglio mostrare la mia riconoscenza a quel vostro gentilissimo Aretofilo, che col pregare voi, di volergli continuare la vostra utile amicizia. Io l’amo, non per il bene che egli dice di me, ma per l’oggetto; a cui ha consegrato i suoi affetti; che è la bella Virtù, sotto il manto di cui stanno i doveri della Religione, e quelli della Società Umana, divisa in tante Società Civili. Il vostro Giovanetto Aretofilo non ha avuta la disgrazia, nelli primi anni della Innocenza, di essere Schiavo degli abiti cattivi, che sotto figura d’insidiosi Pigmei, impercettibilmente guidano sul pendìo precipitoso delle passioni, quelli che, per soverchia compiacenza de’Genitori vengono abbandonati alli capricci della età tenera, la quale appunto è capricciosa, perchè o affatto abbandonata, o con crudeltà in sembianza d’amore, troppo assecondata.

La violenza delle cattive inclinazioni, e delle passioni fuori della loro stagione, è così manifesta nell’universale de’Giovanetti, che a ragione si può inferire, che la educazione generalmente sia stranamente erronea e pervertita. La parsimonia nel cibargli, e l’attenzione per la semplicità de’cibi, sembrano atti di crudeltà, e pure da questa parsimonia, e da questa semplicità pende la base della vigorosa salute, e il raffrenamento delle passioni, che crescono più tarde, e divengono meno furiose. Le compiacenze si credono segni d’amore, e pure queste rendono i Giovanetti effemminati, e dispongono il corpo non meno che la mente alle cure, alla tristezza, alli malori. La forte impressione della Religione renderebbe i Giovanetti più atti agli affari per i quali vi vuole della probità, e somministrerebbe loro una forte armatura di Religiosi motivi, contro le tentazioni della poltroneria, e del figliuolo di lei, ozio fatale e pericoloso; ma, che attenzione vi s’usa? E finalmente, le Conversazioni alle quali intervengono, gli esempj che veggono, i Libri che leggono, quali sono? Galanteria, mormorazione, giuoco e certi Romanzi di data moderna, che sono parti di stravolta e stoltamente ubbriaca fantasia, sono i fondamenti, alli quali si pretende d’appoggiare, l’Uomo morale, l’Uomo Civile! Dirà tal’uno, oh! che materia pedantesca è questa, per una Gazzetta! Egli avrà ragione, se nella maggior parte la cosa non è vera; ma se la cosa è vera, parlerà a torto. Le Virtù Civili, sono così unite alle Morali, che non mai possono andar disgiunte, o se per avventura si trovan qualche volta disgiunte, desse sono Virtù false, d’esito sciagurato, e come Meteore, che per poco attraggono la maraviglia, e ingannano, ma che dopo brevi momenti si dileguano e spariscono. Dall’abituato Tavoliere del giuoco, e dal geniale circolo d’una galante Tavoletta non mai vengono Uomini di vaglia, o se ve n’è alcuno, egli non per anche è stato nel caso di cimentare la Virtù col Giuoco, o colla Galanteria.

Ratio non regit affectum, quando ipsa degeneravit in affectum.

Io mi rallegro dunque, col saggio vostro Aretofilo; a cui auguro ogni vero bene, e segnatamente la quiete e la contentezza Filosofica, che è il maggiore di tutti i beni del Mondo; mi rallegro, dissi, perchè assistito da due domestici Genj, delle belle Arti, e delle Scienze, vada avvanzandosi nel cammino della Virtù; e siccome Egli non si lascia trasportare dalla moderna corrente, così io, per fare cosa grata a lui, e per assecondare anche il mio genio, non desisterò dall’attaccare, dentro i limiti, che sono leciti, i Parziali della moda, a rischio d’incontrare, e il disprezzo del Superbo, e le ingiurie del Petulante, e la malignità dell’Invidioso. Se il gentile Aretofilo si dichiara in mio favore, ogni mio dispiacere è più di quel che merito compensato. Addio.

Il Sig. Abate Frugoni, pochi giorni fa, dopo d’avere consolati gli amici suoi di Venezia colla sua presenza; e fatto sentire molti suoi nuovi, e graziosi componimenti, e (sic.) ritornato a Parma, lasciando quì non picciola ammirazione del suo ingegno, e contentezza della sua ottima salute.

Il Zoroastro Re de’Battriani Tragicommedia in Versi Martelliani del Sig. Dottor Carlo Goldoni.

Fu rappresentata per la prima volta nel Teatro di San Lucca la sera de’dì 24. del corrente Mese. In essa si veggono alcune Scene, che ben mostrano d’esser di mano d’un Autore peritissimo nell’arte del piacere al Popolo; e sono un’imitazione dell’Alessandro nell’Indie. Non parve però, che agli spettatori la Rappresentazione gradisce da capo a fondo. Chi trovò che troppo frequenti fossero i discorsi d’Astrologia, chi la fine non essere debitamente sviluppata. Soprattutto il carattere di Semiramide non fu gradito. La colpa è forse della Tragicomedia (sic.), componimento per sè mostruoso, il quale non può come la Tragedia esser sublime, né, come la Commedia piacevole. Nei Personaggi grandi, e famosi è difficile il tenere una via mezzana, e volendola tenere s’esce del debito carattere facilmente. Semiramide, che come dice Dante

Il libito fe licito in sua legge,

rappresentata fra grandi avvenimenti moverà passioni grandi, mezzamente maneggiata è una femminetta di mal affare. Le sue Scene diventano Satire troppo forti; e la nostra vita, e tutti gli affari nostri sono sì congiunti con quelli delle Donne, che credendosi di mordere in Scena i costumi di quelle, rovesciamo la Satira anche sopra tutti gli uomini comunemente. Amori, gelosie, e burle accostumate saranno sempre graziose. La Fedra d’Euripide è trista per vendetta di Venere, e quasi contra sua voglia. Medea è malvagia, per li tradimenti, che le vengono fatti. Ma che ricordo io quì anticaglie; e vecchie stitichezze di tempi, ne’quali tutto si facea col compasso? I Teatri oggidì chieggono varietà, e si tenta ogni via per variare. Quanto dico è un capriccio. Nessuno più di me stima l’Autore, il quale nelle Commedie, non sarà mai pareggiato.

Risposta alla Madre che domanda in qual modo debba allevare la sua figliuola.

Essendo ufficio delle Donne veramente il guidare una parte delle faccende d’una famiglia, parerebbe, che in altra dottrina non dovessero essere ammaestrate, fuorchè in quella, che a tal ministerio appartiene. Ma oggidì questa sola disciplina non è bastante. Si cambiano di tempo in tempo i costumi degli uomini, come le fogge del vestire si mutano; e siccome una volta le femmine solevano di rado uscire di Casa, e non v’avea conversazione comune fra uomini, e donne; oggidì richiede l’usanza, che spesso in compagnia si ritrovino, e si facciano altri ragionamenti, che d’un bucato, di telerie, o d’altri affari appartenenti alle masserizie d’una famiglia. E’dunque di necessità che le donne ancora acquistino qualche lume di dottrina, il quale serva a far sì, che trovandosi esse, dove si ragiona di cose intellettive, non pajano cadute dalle Nuvole, non isbadiglino, non sembrino morire di noja, o non aprano mai bocca, pregando in loro cuore il Cielo, che sia terminato un ragionamento, del quale non intendono una sillaba, come se si parlasse ne’meno intelligibili linguaggi, che s’udissero al tempo della Torre di Nembrotte. Dall’altro lato, ch’esse apprendano qualche cosa, è di necessità per gli uomini medesimi, i quali ritrovandosi fra Donne, che nulla sapessero, verrebbero obbligati a tacere, o per civiltà a ragionare di spille, di forbici, e di ventagli, che in bocca de’maschi non hanno buon garbo, avendoci Natura data una voce grossa, e gagliarda, quasi per segno, che la nostra lingua debba articolare cose di sostanza maggiore. Dico dunque in breve, che l’odierno costume richiede, che le Donne sieno allevate con qualche coltura di Lettere: ma vorrei, che, come si dice, s’insegnasse loro fino ad un certo segno, e non con un metodo pedantesco, e da Scuola.

Avrei caro che qualche giudizioso soprintendente eleggesse loro buoni Libri, e con ordine gli desse a leggere, e fossero tali, che non per via di regole mettessero loro in campo la verità, ma la lasciassero nel cervello, e nel cuore, in quel modo, che tinge il Sole la faccia, e le carni, di chi sotto esso cammina. In tal forma le sarebbero atte a parlare d’ogni cosa, e ad intenderla, senza usare vocaboli d’arte, che quasi quasi hanno odore di pedanterìa anche ne’maschi. Desidererei, che mentre leggono, vi fosse, chi facesse loro osservare le bontà, e i difetti del Libro, che hanno sotto gli occhi, perchè formassero diritto giudizio delle cose; la quale assuefazione passa da’Libri all’altre occasioni della vita, senza avvedersene; e passerà principalmente, se leggendo Storie, o ben lavorati Romanzi, si ragionerà intorno alle belle azioni, e a’buoni costumi de’Personaggi rappresentati in quelle Scritture: E non solo si loderanno l’opere buone, ma si biasimeranno le triste. Questa via potrà molto più giovare de’precetti, perchè i precetti hanno un certo che del superbo, e pare, che chi gli fa voglia comandare, onde facilmente entrano nel cuore umano, il quale per sua natura odia chi gli comanda. All’incontro il vedere quello, che altri operò, e (sic.) una specie d’essempio (sic.), che a poco a poco, senza pensare che sia per te, nell’animo entra, vi fa radici, e germoglia. Non è poi possibile, che col continuare il leggere non acquistino anche una certa attività di concatenare i pensieri, e d’esprimersi con facilità, e leggiadria tanto parlando quanto scrivendo, e di lasciare indietro certi vocaboli bassi, e plebei, che hanno un pessimo suono nelle civili conversazioni, nelle quali dee solo regnare gentilezza, e coltura. In somma, secondo il parer mio, dicovi essere di necessità, che una giovane sia allevata con qualche tintura anche di Lettere, le quali bene insegnate indirizzano il cervello e il cuore, e il cervello, e il cuore delle donne non merita d’essere all’ignoranza, e alle sole minuzie abbandonato.

Sig. Gazzettiere.

Trovandomi jersera in una Conversazione, cadde fra molti Uomini, e Donne il ragionamento sopra Amore; e chi disse una cosa chi un’altra. V’era fra gli altri un Poeta, il quale recitò certi versi con quell’antica cantilena, ch’egli è Figliuolo di Venere, con l’ali, e con le saette in mano. Le Donne se ne risero, e dicevano, che questo Amore non è più al Mondo. Fra gli altri vi fu uno, il quale s’ostinò a dire, che oggidì fa tutto l’interesse, e affermava d’aver udita da voi una certa Favola a questo proposito.

Le Signore, che quivi erano s’invogliarono d’udirla, onde per parte loro vi prego a pubblicarla nella vostra Gazzetta. Vi sarò obbligato, e di cuore vi saluto.

Mio Signore.

La Favola, che mi chiedete non è cosa mia. In ogni modo desidero d’ubbidirvi, ed eccola. Sono vostro buon Servitore.

L’amore, e l’interesse.

Narrano le antiche Storie delle Deità, che trovaronsi un giorno nel Palagio d’un ricchissimo Uomo l’Interesse, e l’Amore; e tuttadue quivi aveano faccenda a prò del Padrone. Soprintendeva l’Interesse agli affari di lui, e faceva le ragioni dell’entrata, e dell’uscita, con tanta avvertenza, e accuratezza, che tutte le cose quivi prosperavano. Dall’altro lato Amore, secondo la piacevolezza del suo costume avea condotto il Padrone della casa ad amare la più bella, e la più vistosa Fanciulla, che mai si fosse veduta al Mondo, e rideva in faccia all’Interesse, perchè la Giovinetta, come che avesse in sè ogni perfezione di bellezza, la non era perciò ricca, nè avea altri beni, fuorchè quelli de’suoi vaghissimi occhi, d’una faccia veramente Celeste, e d’una statura, e un portamento di Persona, che Pittore, o Statuario non avrebbe potuto fare con l’invenzione quello che in lei avea fatto Natura in effetto.

Non potea sofferire l’Interesse, che per opera del baldanzoso Fanciullo, gli fosse tolta dalle mani una ricca dote, la quale egli avea più volte noverata coll’immaginazione; e se avesse potuto l’avrebbe co’denti tritato, tanto era l’odio che avea conceputo contro di lui. Contuttociò facendo quel miglior viso che potea, e pensando in suo cuore in qual modo potesse far sì, che Amore non avesse più autorità di comandare agli Umani cuori quello, ch’egli volea trovò, come colui che tristo, e malizioso era, un inganno di questa sorta. Posesi un giorno a sedere con un mazzo di carte in mano, e quasi per ischerzo mescolandole, e facendole l’une fra l’altre entrare giuocava da se a se alla bassetta, con un monte di monete da un lato, tutte d’oro, che ardeva, e coniate allora allora, che avrebbero invogliato un Romito. Amore a poco a poco accostatosi, pose certi pochi quattrini in sui primi punti, i quali l’Interesse, che avea nelle uncinate mani ogni maliziosa perizia, glieli lasciò vincere per maggiormente adescarlo; ma poi cominciò a tirare acqua al suo mulino, tanto, che Amore riscaldatosi si diede a poco a poco al disperato, e ad accrescere le quantità, sperando pure, che la mala fortuna si cambiasse in buona. Ma era tutt’uno; e in brevissimo tempo Amore si ritrovò senza un quattrino, e con maggior voglia di giuocare di prima. Che volete voi più? Avendo egli già giuocato ogni cosa, pose sopra un maladetto asso fino l’armi sue, e avendo quelle perdute, vi lasciò finalmente l’arco, le saette, il turcasso, e finalmente le penne dell’ali, per modo, che vergognandosi di mai più comparire dinanzi a Venere sua Madre, s’intanò, e nascose per modo, che non si sa poi più dove andasse. L’Interesse della vittoria tutto lieto, si legò le penne alle spalle, come potè, e prese l’armi d’Amore, va oggidì in cambio del legittimo padrone di quelle adoperandole, secondo, che gli pare, che vi sia da far guadagno, e da chi non è informato dell’Istoria, vien Amore creduto.

Legni arrivati.

Adi 15. Novembre. Nave nominata Cattarina, Capitan Andrea Brandt Olandese, manca da Bergen, in Norvegia li 9. Settembre, raccomandata a sè medemo, con 700. Balle Bacalai in Pesci 65000.

Detto. Nave, nominata Cattarina Cornelia, Capitan Cornelio Jansen Eye Olandese, manca da Chiester li 18. Settembre, e da Milford, Inghilterra li 13. Ottobre, raccomandata a sè medemo, con 2720. Panni Piombo.

Detto. Nave, nominata Maria Elisabetta, Capitan Zuanne Carstens Olandese, manca da Falmauth i 20. Settembre, raccomandata a sè medemo, con 655. Bar. Cospettoni.

Detto. Nave, nominata Galera Elena Capitan Endrich Breme Olandese, manca da Amsterdam 3. Mesi, e da Fovel 39. giorni, raccomandata a sè medemo, con 3564. Pezzi Legno da colori. 13. Botte cacao. 4. Botte colori. 3. Botte Droghe. 30. Bar. Stagno. 10. Botte Farina di Amitto. 911. Bar. Cospettoni.

Detto. Nave, nominata Pescator Spagnolo, Capitan Gerardo Elkes Olandese, manca da Hul 3. Mesi, e da Bergen, in Norvegia li 16. Settembre, raccomandata a sè medemo, con 830. Bal. Bacalai in Pesci 140000. 1486. Gagiandre Piombo. 6. Barilli Salumi.

Detto. Pieligo, Patron Mattio Verona, venuto da Cattaro, con 37. Miera Castradina. 109. Mogliazzi, e Masteladi Fighi.12. Pannetti Spalmadura. 1707. Pezze Formaggio Moriotto. 1. Rodolo Rassa in più cavezzi. 3625. Pelle Boldroni. 10. cassoni Candelle di Seo.

Detto. Pieligo, Patron Elia Florio, veuuto (sic.) da Cattaro, con 16. Miera Castradina. 71. Molgiazzo (sic.), e Masteladi Fighi. 801. Pezza Formaggio Morioto. 570. Pezze detto Morlaco. 4. cassoni candelle di Seo.

Detto. Pieligo, Patron Zuanne Lucovich, venuto da Cattaro, con 16. Miera Castradina. 8. cassoni, e 2. cassette candelle di Seo. 3330. Pezze Formaggio Morlaco. 277. Pezze detto Moriotto. 194. Molgiazzi (sic.), e Masteladi Fighi.

Detto. Pieligo, Patron Rinaldo Stradi, venuto da Capo d’Istria, con 4. cai Oglio. 12. Bar. Sardelle Salate. 10. Fag. Sufini. 11. Rodoli Grizzo. 1. car. Olive verde. 1. cassa Cera vecchia.

Persone, ch’esibiscono la loro capacità.

Vi è Persona Propria, e Civile che desidera impiegarsi per Fattore da qualche Cavaliere, o sia per Scritturale, qual darà tutte le dovute informazioni sì per la di lui abilità, come pure per la di lui pontualità, perciò chi ha bisogno di un tal soggetto, ricapiti dal Sig. Gasparo Ronconella, che averà distinta informazione del medemo.

Vendesi la presente Gazzetta a 5. soldi, e si ricevono le Notizie.

A San Marco. Nella Bottega da Caffè di Florian.

In Merceria. Nella Bottega di Paolo Colombani Librajo.

Giù del Ponte di S. Polo appresso la Calle dei Savoneri. Nella Bottega di Gasparo Ronconella Librajo.

In Venezia. Per Pietro Marcuzzi Stampatore.

Con Privilegio.

N.o 85. Mercoledì addi 26. Novembre 1760. Che contiene Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico. Al sig. GazzettiereSalvatico Fronimo~i S. NOn (sic.) saprei come meglio ringraziare, nè come meglio mostrare la mia riconoscenza a quel vostro gentilissimo Aretofilo~i, che col pregare voi, di volergli continuare la vostra utile amicizia. Io l’amo, non per il bene che egli dice di me, ma per l’oggetto; a cui ha consegrato i suoi affetti; che è la bella Virtù, sotto il manto di cui stanno i doveri della Religione, e quelli della Società Umana, divisa in tante Società Civili. Il vostro Giovanetto Aretofilo~i non ha avuta la disgrazia, nelli primi anni della Innocenza, di essere Schiavo degli abiti cattivi, che sotto figura d’insidiosi Pigmei, impercettibilmente guidano sul pendìo precipitoso delle passioni, quelli che, per soverchia compiacenza de’Genitori vengono abbandonati alli capricci della età tenera, la quale appunto è capricciosa, perchè o affatto abbandonata, o con crudeltà in sembianza d’amore, troppo assecondata. La violenza delle cattive inclinazioni, e delle passioni fuori della loro stagione, è così manifesta nell’universale de’Giovanetti, che a ragione si può inferire, che la educazione generalmente sia stranamente erronea e pervertita. La parsimonia nel cibargli, e l’attenzione per la semplicità de’cibi, sembrano atti di crudeltà, e pure da questa parsimonia, e da questa semplicità pende la base della vigorosa salute, e il raffrenamento delle passioni, che crescono più tarde, e divengono meno furiose. Le compiacenze si credono segni d’amore, e pure queste rendono i Giovanetti effemminati, e dispongono il corpo non meno che la mente alle cure, alla tristezza, alli malori. La forte impressione della Religione renderebbe i Giovanetti più atti agli affari per i quali vi vuole della probità, e somministrerebbe loro una forte armatura di Religiosi motivi, contro le tentazioni della poltroneria, e del figliuolo di lei, ozio fatale e pericoloso; ma, che attenzione vi s’usa? E finalmente, le Conversazioni alle quali intervengono, gli esempj che veggono, i Libri che leggono, quali sono? Galanteria, mormorazione, giuoco e certi Romanzi di data moderna, che sono parti di stravolta e stoltamente ubbriaca fantasia, sono i fondamenti, alli quali si pretende d’appoggiare, l’Uomo morale, l’Uomo Civile! Dirà tal’uno, oh! che materia pedantesca è questa, per una Gazzetta! Egli avrà ragione, se nella maggior parte la cosa non è vera; ma se la cosa è vera, parlerà a torto. Le Virtù Civili, sono così unite alle Morali, che non mai possono andar disgiunte, o se per avventura si trovan qualche volta disgiunte, desse sono Virtù false, d’esito sciagurato, e come Meteore, che per poco attraggono la maraviglia, e ingannano, ma che dopo brevi momenti si dileguano e spariscono. Dall’abituato Tavoliere del giuoco, e dal geniale circolo d’una galante Tavoletta non mai vengono Uomini di vaglia, o se ve n’è alcuno, egli non per anche è stato nel caso di cimentare la Virtù col Giuoco, o colla Galanteria. Ratio non regit affectum, quando ipsa degeneravit in affectum. Io mi rallegro dunque, col saggio vostro Aretofilo~i; a cui auguro ogni vero bene, e segnatamente la quiete e la contentezza Filosofica, che è il maggiore di tutti i beni del Mondo; mi rallegro, dissi, perchè assistito da due domestici Genj, delle belle Arti, e delle Scienze, vada avvanzandosi nel cammino della Virtù; e siccome Egli non si lascia trasportare dalla moderna corrente, così io, per fare cosa grata a lui, e per assecondare anche il mio genio, non desisterò dall’attaccare, dentro i limiti, che sono leciti, i Parziali della moda, a rischio d’incontrare, e il disprezzo del Superbo, e le ingiurie del Petulante, e la malignità dell’Invidioso. Se il gentile Aretofilo~i si dichiara in mio favore, ogni mio dispiacere è più di quel che merito compensato. Addio. Il Sig. Abate Frugoni, pochi giorni fa, dopo d’avere consolati gli amici suoi di Venezia colla sua presenza; e fatto sentire molti suoi nuovi, e graziosi componimenti, e (sic.) ritornato a Parma, lasciando quì non picciola ammirazione del suo ingegno, e contentezza della sua ottima salute. Il Zoroastro Re de’Battriani~i Tragicommedia in Versi Martelliani del Sig. Dottor Carlo Goldoni~i. Fu rappresentata per la prima volta nel Teatro di San Lucca la sera de’dì 24. del corrente Mese. In essa si veggono alcune Scene, che ben mostrano d’esser di mano d’un Autore peritissimo nell’arte del piacere al Popolo; e sono un’imitazione dell’Alessandro nell’Indie. Non parve però, che agli spettatori la Rappresentazione gradisce da capo a fondo. Chi trovò che troppo frequenti fossero i discorsi d’Astrologia, chi la fine non essere debitamente sviluppata. Soprattutto il carattere di Semiramide non fu gradito. La colpa è forse della Tragicomedia (sic.), componimento per sè mostruoso, il quale non può come la Tragedia esser sublime, né, come la Commedia piacevole. Nei Personaggi grandi, e famosi è difficile il tenere una via mezzana, e volendola tenere s’esce del debito carattere facilmente. Semiramide, che come dice Dante Il libito fe licito in sua legge, rappresentata fra grandi avvenimenti moverà passioni grandi, mezzamente maneggiata è una femminetta di mal affare. Le sue Scene diventano Satire troppo forti; e la nostra vita, e tutti gli affari nostri sono sì congiunti con quelli delle Donne, che credendosi di mordere in Scena i costumi di quelle, rovesciamo la Satira anche sopra tutti gli uomini comunemente. Amori, gelosie, e burle accostumate saranno sempre graziose. La Fedra d’Euripide è trista per vendetta di Venere, e quasi contra sua voglia. Medea è malvagia, per li tradimenti, che le vengono fatti. Ma che ricordo io quì anticaglie; e vecchie stitichezze di tempi, ne’quali tutto si facea col compasso? I Teatri oggidì chieggono varietà, e si tenta ogni via per variare. Quanto dico è un capriccio. Nessuno più di me stima l’Autore, il quale nelle Commedie, non sarà mai pareggiato. Risposta alla Madre che domanda in qual modo debba allevare la sua figliuola. Essendo ufficio delle Donne veramente il guidare una parte delle faccende d’una famiglia, parerebbe, che in altra dottrina non dovessero essere ammaestrate, fuorchè in quella, che a tal ministerio appartiene. Ma oggidì questa sola disciplina non è bastante. Si cambiano di tempo in tempo i costumi degli uomini, come le fogge del vestire si mutano; e siccome una volta le femmine solevano di rado uscire di Casa, e non v’avea conversazione comune fra uomini, e donne; oggidì richiede l’usanza, che spesso in compagnia si ritrovino, e si facciano altri ragionamenti, che d’un bucato, di telerie, o d’altri affari appartenenti alle masserizie d’una famiglia. E’dunque di necessità che le donne ancora acquistino qualche lume di dottrina, il quale serva a far sì, che trovandosi esse, dove si ragiona di cose intellettive, non pajano cadute dalle Nuvole, non isbadiglino, non sembrino morire di noja, o non aprano mai bocca, pregando in loro cuore il Cielo, che sia terminato un ragionamento, del quale non intendono una sillaba, come se si parlasse ne’meno intelligibili linguaggi, che s’udissero al tempo della Torre di Nembrotte. Dall’altro lato, ch’esse apprendano qualche cosa, è di necessità per gli uomini medesimi, i quali ritrovandosi fra Donne, che nulla sapessero, verrebbero obbligati a tacere, o per civiltà a ragionare di spille, di forbici, e di ventagli, che in bocca de’maschi non hanno buon garbo, avendoci Natura data una voce grossa, e gagliarda, quasi per segno, che la nostra lingua debba articolare cose di sostanza maggiore. Dico dunque in breve, che l’odierno costume richiede, che le Donne sieno allevate con qualche coltura di Lettere: ma vorrei, che, come si dice, s’insegnasse loro fino ad un certo segno, e non con un metodo pedantesco, e da Scuola. Avrei caro che qualche giudizioso soprintendente eleggesse loro buoni Libri, e con ordine gli desse a leggere, e fossero tali, che non per via di regole mettessero loro in campo la verità, ma la lasciassero nel cervello, e nel cuore, in quel modo, che tinge il Sole la faccia, e le carni, di chi sotto esso cammina. In tal forma le sarebbero atte a parlare d’ogni cosa, e ad intenderla, senza usare vocaboli d’arte, che quasi quasi hanno odore di pedanterìa anche ne’maschi. Desidererei, che mentre leggono, vi fosse, chi facesse loro osservare le bontà, e i difetti del Libro, che hanno sotto gli occhi, perchè formassero diritto giudizio delle cose; la quale assuefazione passa da’Libri all’altre occasioni della vita, senza avvedersene; e passerà principalmente, se leggendo Storie, o ben lavorati Romanzi, si ragionerà intorno alle belle azioni, e a’buoni costumi de’Personaggi rappresentati in quelle Scritture: E non solo si loderanno l’opere buone, ma si biasimeranno le triste. Questa via potrà molto più giovare de’precetti, perchè i precetti hanno un certo che del superbo, e pare, che chi gli fa voglia comandare, onde facilmente entrano nel cuore umano, il quale per sua natura odia chi gli comanda. All’incontro il vedere quello, che altri operò, e (sic.) una specie d’essempio (sic.), che a poco a poco, senza pensare che sia per te, nell’animo entra, vi fa radici, e germoglia. Non è poi possibile, che col continuare il leggere non acquistino anche una certa attività di concatenare i pensieri, e d’esprimersi con facilità, e leggiadria tanto parlando quanto scrivendo, e di lasciare indietro certi vocaboli bassi, e plebei, che hanno un pessimo suono nelle civili conversazioni, nelle quali dee solo regnare gentilezza, e coltura. In somma, secondo il parer mio, dicovi essere di necessità, che una giovane sia allevata con qualche tintura anche di Lettere, le quali bene insegnate indirizzano il cervello e il cuore, e il cervello, e il cuore delle donne non merita d’essere all’ignoranza, e alle sole minuzie abbandonato. Sig. Gazzettiere. Trovandomi jersera in una Conversazione, cadde fra molti Uomini, e Donne il ragionamento sopra Amore; e chi disse una cosa chi un’altra. V’era fra gli altri un Poeta, il quale recitò certi versi con quell’antica cantilena, ch’egli è Figliuolo di Venere, con l’ali, e con le saette in mano. Le Donne se ne risero, e dicevano, che questo Amore non è più al Mondo. Fra gli altri vi fu uno, il quale s’ostinò a dire, che oggidì fa tutto l’interesse, e affermava d’aver udita da voi una certa Favola a questo proposito. Le Signore, che quivi erano s’invogliarono d’udirla, onde per parte loro vi prego a pubblicarla nella vostra Gazzetta. Vi sarò obbligato, e di cuore vi saluto. Mio Signore. La Favola, che mi chiedete non è cosa mia. In ogni modo desidero d’ubbidirvi, ed eccola. Sono vostro buon Servitore. L’amore, e l’interesse. Narrano le antiche Storie delle Deità, che trovaronsi un giorno nel Palagio d’un ricchissimo Uomo l’Interesse, e l’Amore; e tuttadue quivi aveano faccenda a prò del Padrone. Soprintendeva l’Interesse agli affari di lui, e faceva le ragioni dell’entrata, e dell’uscita, con tanta avvertenza, e accuratezza, che tutte le cose quivi prosperavano. Dall’altro lato Amore, secondo la piacevolezza del suo costume avea condotto il Padrone della casa ad amare la più bella, e la più vistosa Fanciulla, che mai si fosse veduta al Mondo, e rideva in faccia all’Interesse, perchè la Giovinetta, come che avesse in sè ogni perfezione di bellezza, la non era perciò ricca, nè avea altri beni, fuorchè quelli de’suoi vaghissimi occhi, d’una faccia veramente Celeste, e d’una statura, e un portamento di Persona, che Pittore, o Statuario non avrebbe potuto fare con l’invenzione quello che in lei avea fatto Natura in effetto. Non potea sofferire l’Interesse, che per opera del baldanzoso Fanciullo, gli fosse tolta dalle mani una ricca dote, la quale egli avea più volte noverata coll’immaginazione; e se avesse potuto l’avrebbe co’denti tritato, tanto era l’odio che avea conceputo contro di lui. Contuttociò facendo quel miglior viso che potea, e pensando in suo cuore in qual modo potesse far sì, che Amore non avesse più autorità di comandare agli Umani cuori quello, ch’egli volea trovò, come colui che tristo, e malizioso era, un inganno di questa sorta. Posesi un giorno a sedere con un mazzo di carte in mano, e quasi per ischerzo mescolandole, e facendole l’une fra l’altre entrare giuocava da se a se alla bassetta, con un monte di monete da un lato, tutte d’oro, che ardeva, e coniate allora allora, che avrebbero invogliato un Romito. Amore a poco a poco accostatosi, pose certi pochi quattrini in sui primi punti, i quali l’Interesse, che avea nelle uncinate mani ogni maliziosa perizia, glieli lasciò vincere per maggiormente adescarlo; ma poi cominciò a tirare acqua al suo mulino, tanto, che Amore riscaldatosi si diede a poco a poco al disperato, e ad accrescere le quantità, sperando pure, che la mala fortuna si cambiasse in buona. Ma era tutt’uno; e in brevissimo tempo Amore si ritrovò senza un quattrino, e con maggior voglia di giuocare di prima. Che volete voi più? Avendo egli già giuocato ogni cosa, pose sopra un maladetto asso fino l’armi sue, e avendo quelle perdute, vi lasciò finalmente l’arco, le saette, il turcasso, e finalmente le penne dell’ali, per modo, che vergognandosi di mai più comparire dinanzi a Venere sua Madre, s’intanò, e nascose per modo, che non si sa poi più dove andasse. L’Interesse della vittoria tutto lieto, si legò le penne alle spalle, come potè, e prese l’armi d’Amore, va oggidì in cambio del legittimo padrone di quelle adoperandole, secondo, che gli pare, che vi sia da far guadagno, e da chi non è informato dell’Istoria, vien Amore creduto. Legni arrivati. Adi 15. Novembre. Nave nominata Cattarina, Capitan Andrea Brandt Olandese, manca da Bergen, in Norvegia li 9. Settembre, raccomandata a sè medemo, con 700. Balle Bacalai in Pesci 65000. Detto. Nave, nominata Cattarina Cornelia, Capitan Cornelio Jansen Eye Olandese, manca da Chiester li 18. Settembre, e da Milford, Inghilterra li 13. Ottobre, raccomandata a sè medemo, con 2720. Panni Piombo. Detto. Nave, nominata Maria Elisabetta, Capitan Zuanne Carstens Olandese, manca da Falmauth i 20. Settembre, raccomandata a sè medemo, con 655. Bar. Cospettoni. Detto. Nave, nominata Galera Elena Capitan Endrich Breme Olandese, manca da Amsterdam 3. Mesi, e da Fovel 39. giorni, raccomandata a sè medemo, con 3564. Pezzi Legno da colori. 13. Botte cacao. 4. Botte colori. 3. Botte Droghe. 30. Bar. Stagno. 10. Botte Farina di Amitto. 911. Bar. Cospettoni. Detto. Nave, nominata Pescator Spagnolo, Capitan Gerardo Elkes Olandese, manca da Hul 3. Mesi, e da Bergen, in Norvegia li 16. Settembre, raccomandata a sè medemo, con 830. Bal. Bacalai in Pesci 140000. 1486. Gagiandre Piombo. 6. Barilli Salumi. Detto. Pieligo, Patron Mattio Verona, venuto da Cattaro, con 37. Miera Castradina. 109. Mogliazzi, e Masteladi Fighi.12. Pannetti Spalmadura. 1707. Pezze Formaggio Moriotto. 1. Rodolo Rassa in più cavezzi. 3625. Pelle Boldroni. 10. cassoni Candelle di Seo. Detto. Pieligo, Patron Elia Florio, veuuto (sic.) da Cattaro, con 16. Miera Castradina. 71. Molgiazzo (sic.), e Masteladi Fighi. 801. Pezza Formaggio Morioto. 570. Pezze detto Morlaco. 4. cassoni candelle di Seo. Detto. Pieligo, Patron Zuanne Lucovich, venuto da Cattaro, con 16. Miera Castradina. 8. cassoni, e 2. cassette candelle di Seo. 3330. Pezze Formaggio Morlaco. 277. Pezze detto Moriotto. 194. Molgiazzi (sic.), e Masteladi Fighi. Detto. Pieligo, Patron Rinaldo Stradi, venuto da Capo d’Istria, con 4. cai Oglio. 12. Bar. Sardelle Salate. 10. Fag. Sufini. 11. Rodoli Grizzo. 1. car. Olive verde. 1. cassa Cera vecchia. Persone, ch’esibiscono la loro capacità. Vi è Persona Propria, e Civile che desidera impiegarsi per Fattore da qualche Cavaliere, o sia per Scritturale, qual darà tutte le dovute informazioni sì per la di lui abilità, come pure per la di lui pontualità, perciò chi ha bisogno di un tal soggetto, ricapiti dal Sig. Gasparo Ronconella, che averà distinta informazione del medemo. Vendesi la presente Gazzetta a 5. soldi, e si ricevono le Notizie. A San Marco. Nella Bottega da Caffè di Florian. In Merceria. Nella Bottega di Paolo Colombani Librajo. Giù del Ponte di S. Polo appresso la Calle dei Savoneri. Nella Bottega di Gasparo Ronconella Librajo. In Venezia. Per Pietro Marcuzzi Stampatore. Con Privilegio.