La Gazzetta Veneta: N. 81

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N.o 81.

Mercoledì addi 12. Novembre 1760.

Che contiene Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico.

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La Gelosia in amore, dicono alcuni, è un sale, un pizzicore, e infine un certo che, il quale da grazia alla vita degli amanti. Un po’ d’ingrognamento, di borbottare fra denti; dopo molti biglietti affettuosi, una Polizza di rimproveri, d’accuse, di diavolerie; dopo molti giorni di tranquillità, una repentina ombra, che a forza di dire; sì è vero; nò non la fu così; cieco, sordo, io veggo pur troppo, e altre somiglianti bagattelluzze, sparisce, sono tutti scherzi, giuochi, capestrerie, e accortezze d’Amore, acciocchè amando alla lunga gli Uomini, e le Donne non diventino Statue, e Pitture, e stieno a guardarsi senza saper che dire i giorni interi, o dicendo sempre quelle stesse cose, che fanno fastidio, come la carne grassa. Queste dilicatezze è (sic.) squisitezze dell’amore, sono intese, dov’è coltura di costumi, attillatura, e garbato vivere: ma fra villani, che vivono a casaccio, e in un certo lor modo naturale, non s’intendono. Al primo monta loro la mosca al naso, e quando hanno ombra, non aspettano il tempo ch’essa sparisca, come avvenne pochi di fa nella Villa di Fiesso.

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Narração geral

Facevasi il giorno di San Carlo una Sagra, vicina alla Chiesa, e secondo l’usanza di que’luoghi, v’avea una gran concorrenza di giovani uomini, e donne; fra quali ne venivano due maschi, tuttadue intabaccati d’una Villanella, che bench’io non l’abbia veduta, dirò che bella, e garbata fosse, come fanno tutti coloro, che raccontano casi d’amore. Uno di loro, che più ardito era, e forse qualche quattrino avea più, che l’altro, comperò da un ciambellajo non so quai berlingozzi, e con un certo suo guardare sottecchi, e un inchino qual ne venne, gli presentò alla sua amante, la quale fatto un sorriso modesto, e rustico, venuta rossa in viso, e con gli occhi abbassati, gli prese, e gli voltò una spalla per ringraziamento. Il concorrente, che vide l’atto fu ferito da un coltello nel cuore, e gliene seppe sì male, che giurò fra sè di farne vendetta, e fatto per allora un brutto ceffo alla Villanella altro non disse; ma si partì borbottando. Venne la sera; e trovaronsi le genti, come s’usa, in conversazione all’Oste. I due concorrenti vennero a quistione. Ma il primo, che non potea sofferire chi pretendesse d’avere l’amante sua, venne in tanto furore, che uccise il suo rivale, e percosse malamente un fratello di lui.
In Ruga degli Speciali fu ferito un lavoratore di ventagli, e sopra un Bastimento vicino a S. Biagio, nacque una rissa fra due marinai, de’quali l’uno uccise l’altro con una Pistola.

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Carta/Carta ao editor

Mio Signore. Voi siete, al mio credere, l’uomo il più utile alla Società in generale. Chi vi propone dubbii di Letteratura, chi vi domanda nuove intorno a cose accadute in lontani Paesi, chi vi domanda un Padrone, chi un Servitore, e per fino (sic.) si ritrova chi vi domanda un marito, o una moglie. Ancor io ho bisogno di voi. Permettetemi, che prima di palesarvi le mie premure, vi dica, che nutro per voi da molto tempo in quà un’amicizia particolare, ed una singolare stima per voi. Voi mi conoscete certamente di vista. Spesse volte vi vedo in luogo, dove siete solito a praticare, e spessissime volte ho voluto legare discorso con voi, ma gli uomini di Lettere mi fanno più paura, che un Cannone da 24. pronto a scaricare. In qual maniera abbordare un Uomo di spirito? Ho pensato più giorni attaccarvi con un fa freddo, fa caldo, gran orridi tempi, gran belle giornate! ma temendo, che Voi mi rispondeste con un Certo, o con qualche altra parola simile per troncare la conversazione, non ho osato di farlo. Puol essere, che venga il giorno, che ardisca farmi conoscere, lasciando a parte ogni timore, e che vi dica a bocca, che sono vostro Servo e Amico per inclinazione. Un’Oltramontano ec.
Ecco le mie premure. Bramerei trovare un Librajo, il quale s’obbligasse a prestarmi per leggere i Libri, che sarò a dimandargli, colla ricognizione di cinque soldi il giorno, mentre che sarà in mio potere il Libro, dando un pegno, o piegieria, sufficiente per il valore dell’Opera, che mi verrà consegnata. Di più prometto pagarne il valore, sempre che per qualche accidente soffrisse qualche detrimento il Libro. A Torino v’è quest’usanza ottima. Dando un soldo di Piemonte al giorno ad un Librajo, questi presta ogni Libro, che gli vien ricercato. Non tutti possono comprarli, ne tutti possono avere campo di stare in una Bottega da Librajo, nè in una Bibliotteca (sic.) pubblica. La mia offerta non è irragionevole; goderò sì trovi chi sia per accettarla. I Libri, che vorrei leggere per adesso, pigliandone un Tomo alla volta sono. Le dictionnaire historique, et critique de M. Bayle~i. La vie des hommes illustres de Plutarque~i, traduction de M. Dacier~i. L’histoire de l’Empire Romain depuis Auguste jusqu’au Derniers Empereurs. La Storia del Concilio di Trento~i di Frà Paolo Sarpi~i.

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Risposta.

Carta/Carta ao editor

V’ho servito. Ecco il vostro desiderio in Istampa. Quando sarà appagato il mio di conoscervi? Non lo so. Non avrei creduto mai, che il mio leggere, e lo scrivere dovesse atterrire le genti. Che credete voi, ch’io parli sempre di Lettere? Guardimi Dio. Queste sono la mia compagnia nella solitudine. Ho più cari gli uomini vivi, che morti. E vi dirò più, che sono ancor io uno di quelli, a’quali mancherebbero più volte gli argomenti di favellare, se non ci fosse la varietà delle Stagioni, e de’Tempi. Se voi avete la voglia, che dite di parlar meco, fatelo, e cavate a me la mia di parlare con voi. Sono tutto vostro Servidore, e Amico.

Metatextualidade

Il Sig. Gazzettiere è pregato di Pubblicare ne’suoi Fogli la seguente Lettera, diretta all’Autore de’dubbii.

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Lettera all’Autore de’dubbii.

Carta/Carta ao editor

ECcovi (sic.) di bel nuovo in campo con altri tre dubbii, sopra il Prologo Intitolato la Notte critica~i. Grande, a dir il vero, è la vostra presunzione; ma non mi maraviglio di voi, che non v’intendete della buona moderna Poesia, mi maraviglio bensì del Gazzettiere, il quale, a giudizio di tutti è Uomo, che sa di Lettere. Egli s’è avvanzato a scrivere che il primo de’vostri antecedenti cinque dubbii era un laccio, un laberinto; ma con sua buona grazia, e con buona pace vostra, ambedue vi siete, di molto, ingannati. Pria di parlarvi delli vostri nuovi tre dubbii, vi parlerò delli primi cinque. Non m’impegno nel secondo, terzo, quarto e quinto; imperciocchè l’Autore del Prologo è scusabile, se v’è in essi qualche error d’intelletto, o qualche eccesso di penna (a suo dire) focosa; e tanto più volentieri gli faccio grazia, quanto che sono persuaso, ch’egli ha voluto, e vuole sempre, non mai, andar soggetto ad errare. Privilegio egl’è questo di Uomini grandi, pari suoi, i quali sanno tingere penna focosa, nell’acqua d’Ipocrene, e conservarla sempre ardente; quindi non è maraviglia, se tra il fumo e la cenere, gli occhi vulgari restin’offuscati. Ma del primo de’vostri cinque dubbii, dovreste arrossire. Io vi accordo, che Notte e Giorno sono una negativa ed una affermativa contradittoriamente introdotte, e che il Marini per non urtare nello scoglio cotanto spropositato, v’ha posto l’Aurora fra la Notte e il Giorno. L’Autore, però, del Prologo, che sa di buona Filosofia tanto, quanto un Chirocchese sa di Grozio e di Puffendorfio, ha disposto i Personaggi in modo tale, che mi vergogno io per voi, che non ve ne siate accorto. Egli, come dovreste aver veduto, ha posto il Mondo sotto dei piedi della Fortuna, e da una parte v’ha introdotto il Giorno, e la Notte dall’altra. Figuratevi, ora, la Fortuna sulla linea Equinoziale; figuratevi il Giorno sul Coluro articoe figuratevi la Notte sul Coluro antartico; quindi non potendo voi negare, che quando nel nostro Emisfero fa giorno, nell’altro Emisferio sulli rispettivi Orizzonti faccia notte, avrete il vostro dubbio bello e sciolto. Aggiugnete alle orecchie della Fortuna, quella forza di sensazione, che le manca negli occhi, e conoscerete, che con orecchie, così allungate, poteva ella udir benissimo la voce della Notte e quella del Giorno. Che ve ne pare? Filosofia vuol’essere, e non Critica sguajata. Eccomi ora agli ultimi tre dubbii. Primieramente vi dico, che Inesorabil Dea, e non altrimenti, doveva scrivere l’Autore del Prologo; perchè in fatti, la Fortuna, non s’è lasciata vincere dalle preghiere, ma ha voluto, che il Prologo, e dopo lui la Commedia, sentissero la cattiva e non la buona Fortuna. In secondo luogo vi dico, che non vi sareste maravigliato dell’Allegoria, la quale ad ogni tratto va cangiando genere forma e specie, se aveste fatto attenzione alla Favola d’Icaro, avuta in mente dall’Autore del Prologo, nel Periodo del suo vaneggiar allegorico.

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Exemplo

Immaginatevi Icaro~i colle ale a tergo, che sorpassa le Sfere, ed immaginatevi Icaro~i, che precipitosamente rovina nel Mare, ed avrete l’Allegoria in qualche modo ridotta alla verità; imperciocchè l’Autore del Prologo sa, che quando l’ale della fantasia non sono naturali, si può volare nella Regione del Galimathias, per poi precipitare in un Mare d’assurdità.

Citação/Lema

Desinat in piscem Mulier formosa superne.
Finalmente ho l’onore di dirvi, che se non vi sono esempii di Classici Autori, i quali abbian fatta la rima di agio, con coraggio, poco importa. L’Autore del Prologo vi par egli di sì poca autorità, che non possa prendersi delle licenze, e non possa pretendere, che quelle divengano Testo autorevole in buona moderna Poesia? I Latini si servono della figura detta Epenthesis per interporvi una Lettera a comodo del Metro, come sarebbe Religio con una l, e Relligio con due; con la quale Interposizione la prima sillaba di natura breve, diventa lunga. E perchè dunque non potrà scriversi sott’ombra di questa figura anche dagl’Italiani agio con la g raddoppiata? Direte forse, che niuno de’buoni Autori Italiani ha usato di questa straniera figura, usata di rado da’Latini; e per quanto pare, alla sola Lettera l affezionata? E’ che per questo? Un Uomo grande com’è l’Autore del Prologo, ha da star forse a quello, che si trova, o non si trova ne’buoni Autori? E non sapete voi, ch’egli passa per uno Scrittor Eccellente, appresso gli dotti ed eruditi suoi partigiani? Gran scrivere! Gran scrivere! Io so che uno Studente di Retorica avendo voluto tradurre alcuni versi del Celebre Autore, non ha potuto trovarne la sintassi; tanto ella, era avvolta nell’armonioso Caos delle sonore parole. Ella è maravigliosa cosa, il sentire Paradossi, Sentenze, Motti ricercati, e Sottigliezze, Descrizioni, ed il vedere voli fantastici, che qual’Isolette, ondeggiano per la vasta fantasia, dall’amor proprio messa in burrasca, e che al soffio d’ogni leggier aura di Ragione, vanno ad urtare il lido del Buon senso, ed ivi quai bollicine d’acqua frangersi, e svaporare. Vi consiglio, adunque, di sospender i vostri dubbii, perché, conoscendosi di già dagli Uomini che sanno quattro acca, l’intrinseco valore dell’Autor del Prologo, voi vi fate poco onore nel dar a divedere, che dal Cervo pretendete la generosità del Leone. Mettete l’animo vostro in pace, e persuadetevi una volta per sempre che l’Autore del Prologo è quel grande Uomo, che è. Credete pertanto alle parole del vostro buon Servitore Verax.
Copia d’un Articolo di Lettera. Un nostro Cittadino (cioè di Firenze) si crede d’aver ritrovato il modo di rendere gli Edificii, e le Case stabili, e resistenti alle scosse di qualunque più fiero Tremuoto. Questa sarebbe un’invenzione non solo da ammirarsi; ma da premiarsi, perchè d’un’utilità incredibile per il genere umano. Le novità cagionate da Tremuoti occorsi in Lisbona faranno cara una sì ingegnosa scoperta. Quanto egli promette lo esprime con cristiana rassegnazione in tal modo. “C’è persona la quale si crede d’aver trovato il modo di rendere sicuri gli Edificii da’Tremuoti. Sa essa tuttavia, e confessa, che non può l’uomo fare cosa veruna contro alla volontà del Signor Dio, e si ricorda di quello che chiaramente dice lo Scrittore dell’Ecclesiastico 46. 8. Contra Deum pugnare non est facile~i. Esamina solamente quella forza che nasce dalle cause naturali, e fa scuotere la terra, e questa è suo pensiero, e argomento. Esclude il caso (per altro raro) in cui si spacca la terra, o si sprofonda ingojando le Case, o l’altro quando terra, e case vengono dallo scoppio gittate in aria. Non è sua impresa il sostenere la terra, e stabilirla contro a tali accidenti, ma la sua intenzione, e opera, sì è fabbricare stabili, e sicure le Case.” Libri da vendere. Libri che si trovano appresso il Signor Giambattista Pasquali. Delle Malattie del Grano in erba, Trattato Storico Fisico del Conte Francesco Ginanni Patrizio Ravennate, con Note perpetue ad esso Trattato, e con altre osservazioni di Storia Naturale del medesimo Autore. In Pesaro 1759. 4. con figure. Parte Prima. Delle Malattie del Grano in erba. Parte seconda. Osservazioni ed Esperienze intorno alla sudette Malattie. Parte terza. Delle cagioni delle sudette Malattie. Parte quarta. Rimedj per le sudette Malattie. Vita del Cardinal Bernardo Dovizj da Bibbiena scritta dal Dott. Angelo Maria Bandini. Livorno 1758. 4. Ragionamento Filosofico Istorico sopra la Figura della Terra. Pisa. 1760. 8. Delle Monete, e dell’Istituzioni delle Zecche d’Italia, dell’antico, e presente sistema d’esse, e del loro intrinseco valore, e rapporto con la presente Moneta dalla decadenza dell’Impero sino al Secolo XVII. per utile delle Pubbliche, e private ragioni. Dissertazioni del Co:Gianrinaldo Carli Rubbi. Tomo terzo, con l’aggiunta di un’Appendice. In Lucca 1760. in 4. Le Dissertazioni contenute in questo terzo Tomo, sono le seguenti. I. Del valore, e della proporzione de’Metalli Monetati coi Generi in Italia, prima delle Scoperte dell’Indie, col confronto del valore, e della proporzione de’tempi nostri. II. Della giusta riduzione, o ragguaglio delle antiche Monete fino al Secolo XVII. con le correnti nelle principali Città d’Italia: in cui si ragiona intorno all’importamte argomento delle restituzioni nel caso di minorazione di peso, o di valore intrinseco nella Moneta, per via di dimostrazione di fatto. Gli opuscoli dell’Appendice sono i seguenti. Supplemento alla Dissertazione Settima Intitolata. Ricerche Istoriche intorno all’Istituzione delle Zecche d’Italia. Supplemento alla Dissertazione Intitolata, del valore, e della proporzione de’metalli Monetati ec. Delle Monete della Città e ducato di Reggio di Lombardia dall’anno 1223. fino all’anno 1730. Excerpti del MS. di Francesco Balducci Pegolosti, esistente nella Riccardiana di Firenze. Case da Fittare. Casa d’affittar in calle della Madonna sulla Riva del Vin a Rialto, paga all’anno ducati quaranta. Chi la vuole parli con Anna Mattei quivi vicina. Palazzo d’affittar in capo la Fondamenta S. Severo, paga all’anno D. 500. Un altra Casa nell’istesso luogo, paga all’anno ducati 38. La stessa Anna Mattei, ne darà le necessarie notizie. Legni arrivati. Adì 5. Novembre. Pieligo Patron Andrea Chiribiri, venuto da Marcasca, Spalatro, con 5. Miera Fifgi. 2. Bar. Miel. 17. Bar. Sufini. 8. Fagotti Cera. 5. Rodoli Rassa in più cavezzi. 4. casse Candelle di Seo di Tramesso. 3. cai Oglio. 1. Balla Becchine, e Boldroni a refuso. Detto. Pieligo, Patron Marco Guadagnin, venuto da Traù, Sebenico, e Zara, e Umago, con 3, (sic.) cai Oglio. 7. Miera Fighi. 4. Balle Becchine, e Boldroni a refuso. 1. Mier Miel. 31. Pan Seo. 1. Rodolo Rassa in più Cavezzi. Detto, (sic.) Peota, Patron Domenico Patronito, venuto da Parenzo, con 35. Bar. Miel. Detto. Bracera, Patron Antonio Sbisà, venuto da Rovigno, con 3. cai Oglio. 6. Sacchi Gripola. Detto, Bracera, Patron Giusto Scolin, venuto da Trieste, con 3. Bar. Fil di Ferro. 14. Bar. chiodi. 3. car. Orzo Todesco. 1. Fag. Libri. 2. Bar. Latoni. 1. Bar. Padelle. 20. Mazzi Lamarini. 6. Bar. Sortiti. 3. Balle Telle. 80. Pezze Formaggio. 1. car. Terlisi. 2. Miera Fighi in Bariletti. 60. Fassi, e 3. Botte Azali. 5. Botte Tabacco di Germania. Detto. Pieligo, Patron Zuanne Dominis, venuto da Marcasca, con 17. cai Vin. 2. cai Oglio. 42. Mogliazzi Fighi. Detto. Pieligo, Patron Nicolò Agnich, venuto da Marcasca, con 24: (sic.) cai Vin. 7. Mogliazzi Fighi. Detto. Pieligo, Patron Tommaso Marovich, venuto da Cattaro, con 30. Pelle Boldroni. 34. Miera Castradina. 1. Casson Farina. 398. Pezze Formaggio Morlacco. 225. Mogliazzi, e Masteladi. 2. Fagotti Rame vecchio. 1. casson Candelle di Seo. Detto. Polacca nominata Sant’Antonio, Capitan Domenico Hranotich manca da Ceffalonia 32. giorni, raccomandata D. Nicolò Sola, con 13. cai Moscato. 28. Fag. Cebibo. 2. cai Moscato, e Vin. 144. Fagotti Uvapassa.

Vendesi la presente Gazzetta a 5. soldi, e si ricevono le Notizie.

A San Marco. Nella Bottega da Caffè di Florian. In Merceria. Nella Bottega di Paolo Colombani Librajo. Giù del Ponte di S. Polo appresso la Calle dei Savoneri. Nella Bottega di Gasparo Ronconella Librajo. In Venezia. Per Pietro Marcuzzi Stampatore. Con Privilegio.