La Gazzetta Veneta: N. 79

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N.o 79.

Mercoledì addi 5. Novembre 1760.

Che contiene Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico.

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L’Autore de’dubbii al Gazzettiere.

Brief/Leserbrief

Siete pregato di far sapere all’Autore del Prologo, col mezzo del vostro Foglio di domani, che chi segnò i noti cinque dubbii, è ritornato dalla Campagna in Venezia. Sa ch’esso Signore sta lavorando intorno alla risposta, e gli è obbligato, che pensi a favorirlo. Intanto fatemi il piacere d’aggiungerne altri tre, i quali non interrompono il vostro proponimento di non pubblicarne altri, perchè non sono del numero de’quindici, che m’avete rimandati indietro. Furono questi ritrovati da certe Signore di spirito leggendo una sera il Prologo. Eccogli Se l’arte del persuadere, e del pregare conceda, che volendosi servigio da una persona, chi prega cominci dallo strapazzo; che pare contenersi nell’epiteto: Inesorabil Dea. Se un’allegoria debba essere uguale sino alla fine, o possa mutarsi di parola in parola sino al chiudere del Periodo, come si vede in que’Versi:

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Zitat/Motto

A voi l’Adriaca Donna Pose già l’ali a tergo, ali leggiere Da sorpassar le sfere;
Ne’quali i Recitanti si rappresentano sotto immagine d’uccelli, e poi subito diventano barche.

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Zitat/Motto

Ella vi tenne Le principianti antenne In breve mar ristrette, a lei fedele.
E poi questo Mare diventa Arene, fra le quali a spiegate vele mirabilmente si naviga.

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Zitat/Motto

Ella allargar le vele Ora vi fa del favor suo ripiene In più spaziose Arene.
Indi queste Arene, sono el Teatro di S. Giangrisostomo.

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Zitat/Motto

Arene Illustri Pel nome a cui son sacre.
Onde non sono più sabbione, ma Teatro, dove cantavano i Musici.

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Zitat/Motto

Arene oh quanto Di lor Sirene al canto Famose a’tempi andati; e ben capaci Di far perdere un tratto ardire, e speme A’Marinai col lor Nocchiero insieme.
Ed ecco di nuovo le arene diventate Oceano.

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Zitat/Motto

Nocchiero fortunato, E fortunati Marinai novelli, Che in sì vasto Ocean, come a lei pare Scorge la Dea del Mare.
Chiedesi in somma se quest’allegoria sia regolata. E pel terzo dubbio, chiedesi qualch’esempio dell’aver posto ne’due ultimi Versi in desinenza agio, e coraggio. La prima voce con la g. semplice, e l’altra con la g. raddoppiata. Ci sono alcune Arti nel Mondo alle quali l’Uomo lega tanto il suo cervello, che a pena può badare ad altro: ma sopra tutte tali sono la Poesia, e la Pittura. Io non so chi abbia mai veduto Poeti a comporre, o Pittori a dipingere, e siasi tenuto dal ridere.

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Fremdportrait

I primi si mettono a sedere, e di là ad un picciolo tempo balzano su, come chi appiccasse loro il fuoco dietro, ora guardano alto, e ora basso, con gli occhi stralunati, e fanno un viso, che Dio ne guardi ognuno, e talvolta hanno sì benigno aspetto, che diresti che facessero conversazione con le Grazie, poi si rodono un’ugna, e battono un piede in terra, e finalmente scrivono due righe, e rifanno gli atti di prima. I Pittori anch’essi quando hanno quel benedetto pennello in mano e sono davanti ad una tela, chi può dire i visi che fanno? ora pingono le labbra in fuori, che è che non è aggrottano le ciglia, poi le spiegano, ora pende loro il capo sull’una spalla, ora sull’altra; o si tirano indietro, o si fanno avanti, per modo che l’Arte loro pare una Scuola d’atteggiamenti piuttosto, che d’altro. Questo avviene perchè la fantasia obbligatasi ad una cosa sola, e in essa riscaldata gli tira quasi fuori di loro, e non si ricordano per lo più di quella compostezza, che dee avere il corpo, il quale seconda i movimenti di dentro, per lo più sempre gagliardi, e non dissimili da quelli degl’invasati. E avviene ancora, che i più provetti in tali Arti poco s’intendono delle cose del Mondo, e sembrano Uomini venuti da lontanissimi Paesi.
Un caso avvenuto pochi giorni fa ad un novellino Pittore mi fece entrare in queste ciance, le quali poichè son fatte, vadano pure in istampa, come tante altre nel Mondo.

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Allgemeine Erzählung

Venne adunque il Giovane, ch’io dico, in Venezia mandato dal Padre suo, perchè alcuni de’suoi congiunti lo provvedessero di qualche valente Maestro in Pittura, conoscendo in lui una disposizione molto atta a questa nobilissima Arte, la quale quì viene con tanto valore da molti periti Uomini esercitata. Ebbe il Giovane il desiderato Maestro; e fra la natura sua a tal disciplina inclinata, e lo studio che con diligente attenzione vi fece, non molto andò, ch’egli incominciò di nascosto a dipingere qualche capriccio, e ne traeva danari. Di che oltremodo contento, e sempre più invogliandosi per l’utilità, che ne traeva, si diede a lavorare gagliardamente, e guidò a fine certi lavorietti, che piacquero ad un ricco Uomo, il quale nel compenso largamente; e dandogli animo al proseguire gli ordinò, che dipingesse da indi in poi non so quanti bei visi di Pastorelle, di Ninfe o altre Femmine, quali egli volesse, purchè le fossero belle. Il Giovane a cui a poco a poco mancava la fantasia a lavorare da sè, per impinguarnela con gli oggetti tratti da natura, n’andava col toccalapis nelle tasche, e con un libriccino, e di quanti bei visi vedeva, traea così in fretta in fretta almeno i primi lineamenti, e sbozzava in tal modo quelle bellezze, ch’egli intendea poi di dipingere. Aggirandosi egli dunque per la Città, e raunando siffatte ricchezze, s’abbattè un giorno sotto ad una finestra, dov’era affacciata una Giovane, la quale parendo a lui a proposito per farne una Venere, cominciò a fare l’ufficio suo, non sapendo punto chi ella si fosse, nè conoscendo, ch’ella s’era dipinta da sè prima, e che la sapea adoperare la biacca, e il minio molto meglio di lui. La Cantoniera adocchiato il Giovane, chiestogli che facesse, e udito, ch’egli era Pittore, entrò seco in ragionamento, e tanto gli disse, che s’accordarono insieme, ch’egli comperasse la tela, e ch’ella si lascerebbe ritrarre. Così fu fatto, e il Giovane, a cui parea di ritrarre una Reina, compiè finalmente l’opera dicendo fra sè. Vedi! fortuna ch’è stata la mia, ch’io avrò dipinta la più bella Giovane, che sia al Mondo, e la più garbata, e oltre a ciò ne sarò riccamente pagato. Così dicea, perchè la buona Donna, con certe parole si dimostrava liberale. Terminato il Ritratto egli ne fu sì pagato, che per la soverchia consolazione ammalò, ed è ancora nelle mani del Medico.

Metatextualität

Il mio buon Amico Filalete Sofronio~i, da me conosciuto solamente in ispirito, mi mandò la Lettera, che segue.

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Lettera d’Ilaria~k, a Clio~k sopra la vecchiaja.

Brief/Leserbrief

Clio~i carissima. Noi abbiam, certamente, delle passioni di mente, come abbiam delle infermità di corpo. Io ho avuto un parosismo d’una specie di pazzia, che mi è riuscita affatto nuova; sebbene, dopo averla ben’esaminata, abbia conosciuto, esser quella, la malattia di tutto il genere umano.

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Allgemeine Erzählung

Jeri, me ne stava alla finestra, e spensieratamente guardava il Popolo, che passava; quando all’improvviso un uomo, con voce da banditore, mi si fe’ davanti, gridando; Occhiali, Signora, occhiali fini, e mi fè vedere un pajo di quelle selle da naso. Mi parve, a quella vista, d’esser colpita da un fulmine, ed immediatamente, mi ritirai dalla finestra. Ed è possibile, diceva fra me stessa, che io sembri tanto vecchia, da esser creduta in bisogno di Occhiali? La mia mente, in quel punto, era così sconcertata, che non era capace di riflettere, che quegli era il costume dell’optico mercadante, d’offrir’ occhiali a tutti; e che infatti molte persone, di me più giovani, eran’obbligate d’usarli. Corsi allo Specchio; spesse fiate odioso consigliere, e con tutto il turbamento della mia mente, potei, senza ingannarmi, riconoscere, che le marche crudeli del tempo, non ancora comparivano sul mio volto. Ma questo non fu sufficiente a rasserenarmi; onde ricorsi agli anni, e facendo forza a me stessa, per esser fedele nel melanconico conteggio, trovai, che correva l’anno trenta uno della mia età. Oh Dio! da qual affanno non fui io oppressa, nel conoscermi, di soli nove anni lontana, da quel Periodo fatale, in cui appena, con quieta coscienza, possiamo dissimulare a noi medesime, la nostra declinazione? Dove era allora la mente mia? Dove la mia ragione? E non è egli vero, che non si può vivere senza invecchiare? Dove, dunque era allora in me la cognizione del comun destino della Natura? Io vi confesso, d’esser divenuta tre o quattro ore più vecchia, prima di potermi riconciliare col pensiere (sic.), da cui venivo convinta, che ad ogni momento, m’avvicinava a quella spaventevole scena della vita; ma, grazie al Cielo, mi sono finalmente rasserenata, ed ho riso della mia sciocchezza.
Non si può negare la natural avversione per i capelli canuti e per le grinze del volto, ma non può parimenti, negarsi, che questa avversione non proceda dalla contraddizione, e dalla inconvenienza, in cui è la nostra mente con se medesima. Noi ridiamo di mille difetti altrui, e non mai ci si presenta in aspetto ridicolo, la vergogna e lo spavento, che da noi si sentono nell’avanzarci verso la vecchiaja, a cui tutti desideriamo di arrivare? Vorremmo noi per avventura viver sempre, e sempre giovani? o desidereremmo, che almeno vi fosse un intervallo vacuo, e fisso d’ottanta cinque anni, fra il quindici ed il cento? Ma v’ha ella luogo questa pazzia? Se la vecchiaja fosse la sola foriera, o della morte, o delle malattie, sarebbe meno irragionevole lo spavento; ma, ahi, ogni giorno veggiamo il fior della Gioventù, preda della morte, bersaglio delle malattie: non v’è robustezza, non v’è età, non v’è grado, o condizione, che vagliano a renderci sicuri. Sarebbe mai il timore di perder il dono di bellezza, che rendesse terribile la vecchiaja? ma il vajuolo, e mille altri accidenti, rispettan forse alcun Periodo della vita? Il nome è quello che temiamo, e non l’effetto. Simili, ed altre proposizioni della nostra mente, sono sufficienti a convincerci, che la nostra immaginativa è uno sfavillante baleno di questa vita passaggera, che or ci risveglia, or ci addormenta, burlandosi di noi or con l’ombra, or colla luce. Io desidero, Clio mia Carissima, che con voi invecchi l’amore per la vostra Ilaria~i.

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Agli Amatori delle buone Lettere Domenico Deregni~i Librajo in Venezia~i, al Ponte de’Baretteri all’Insegna di Sant’Antonio. A tutti gli altri della mia professione, che pubblicano libri per giovamento, o diletto de leggitori tocca la fatica, e il pensiero di rendergli co’Manifesti noti alle Genti, e commendargli prima, che sieno usciti alla luce, per acquistare a quelli concetto, e grazia appresso al Pubblico. Non hanno di tali proemii bisogno i Poeti Latini, che volgarizzati da diversi Autori Italiani in versi, uscirono parecchi anni sono in Milano. Imperocchè se agli originali si guarda, essi furono già dal Tempo consagrati all’immortalità, e mostrati per ispecchio di secolo in secolo agli uomini, perchè in essi imparino a guidar bene i proprii ingegni. E se delle traduzioni si volesse favellare, queste ancora vennero fatte da più singolari Scrittori, che in altri tempi lontani da noi fiorissero e ne’nostri, e a noi vicini avessero fama di dotti, e d’intellegenti. Per la qual cosa pensando io di far cosa grata agli amatori delle buone lettere; ho giudicato di ristampargli nella Patria mia, conservando il Testo Latino dall’una facciata, e il volgarizzamento dall’altra, come appunto nell’Edizione Milanese si vede, acciocchè possa chiunque gli avrà alle mani facilmente fare il confronto delle versioni con l’Originale, e vedere con qual diversità di parole gli stessi pensieri vengano espressi, e come l’un linguaggio vesta quelle idee con nuova forma, che un’altro avea già altrimenti vestite. Movemi anche a questa risoluzione la difficoltà; che trovano molti, quando desiderano di raccogliere essi Latini Poeti ad uno ad uno di separate Edizioni; e conosco, che quando anche non dessi loro altro vantaggio, che dar loro i Testi Latini uniti in un Corpo non avrei fatto poco benefizio a chi gli ricerca, e principalmente a’giovanetti studiosi, a’quali spesso non riesce d’avere altro, che Stampe non buone, e forse non giungono mai a possedergli interamente. Mia intenzio ne è adunque per facilitare anche la spesa di dar fuori quella stessa Raccolta, che uscì dalle Stampe Milanesi in forma di Quarto, di darla, dico, fuori in Ottavo; usando quanta diligenza può usare l’Arte mia, acciocch’escano in un modo che sia grato a comperatori; ma principalmente per un’esatta correzione. Non affretterò però tanto detto lavoro, che la soverchia abbondanza de’Tomi aggravi quelle persone, che si degneranno d’associarsi per farne acquisto, ma moderatamente stampandone conserverò vivo il diletto del leggere, e non darò il rincrescimento di sborsare danari con troppa frequenza, se non in caso, ch’io conoscessi una gran voglia ne’comperatori di veder l’Opera in breve condotta al suo termine. Ho preso consiglio nel pubblicarla rapporto all’ordine degli Autori, seguendo il parere d’uomini dotti, e giudiziosi, di scostarmi dall’edizion Milanese, dalla qual non uscirono secondo il tempo, in cui essi fiorirono. Avran dunque il primo luogo i Poeti del Secolo migliore, volgarmente detto il secolo d’oro; e procedendo con ordine verran poscia gli altri, che vissero nell’età susseguente: onde abbiasi un ordinata serie de’Latini Poeti colla versione loro nella nostra Italiana favella. Quindi il primo Tomo abbraccierà due gentili, e colti Poeti Catullo, e Tibullo, il secondo Properzio, e andran di mano in mano uscendo anche gli altri, che dovranno comporre l’esibita Raccolta. Il prezzo d’essi Tomi Sciolti l’ho stabilito a quattro Lire Veneziane per uno per li Signori Associati solamente, mentre pegli altri mi riservo ad accrescere loro il prezzo, secondo che richiederà il mio interesse. Chi vorrà favorirmi di notare il nome suo, dovrà però all’uscire del primo Tomo pagarne due per essergli questa anticipazione compensata nel Tomo ultimo: lasciando io ad essi la libertà di pagare quattro Lire al segnar del Nome, e quattro alla consegna del Tomo, o veramente le otto Lire quando avranno da’me il primo. Dal mio lato prometto tutta la buona fede nell’esecuzione della mia impresa; e spero d’avere immaginato cosa, che sarà dal Pubblico gradita, sicuro almeno, come prima accennai, di non errare in una scelta d’Autori, che hanno avuta l’approvazione da tutte le Nazioni, nelle quali entrò genio di Studii, e faranno in tutti i tempi avvenire la delizia de’Dotti, come lo furono ne’passati. Spero che la mia diligenza troverà buon accoglimento appresso gli Studiosi, i quali non solamente mi daranno animo all’esecuzione di questa impresa; ma saranno verso di me sì cortesi, ch’io formerò disegno d’altre esecuzioni profittevoli, per rendermi sempre più degno di quel favore, che mi verrà fatto in quest’Opera.
Cose perdute. Chi avesse ritrovato una Pietra per Sigillo, di cristallo di Monte, con una Testa intagliata, perduta da S. Felice venendo in Merceria, la porti dal Colombani che li sarà dato un Filippo di cortesia. Luoghi d’affittare. Ci sono due Edifizii, che vengono esibiti ad affitto, l’uno da ridurre la Seta ad Orsoglio, con la giunta di 24. Fornelli da trar la Seta, e varie casette per servigio degli Operaj. L’altro è un Lanificio per ridurre la Lana in panni d’ogni qualità, cou (sic.) Telai secondo il desiderio del fabbricatore, Stufa, Cimerìa, luoghi pel deposito della Lana, e quanto altro fosse di bisogno a tal servigio, non solo rispetto alla fabbrica; ma agli utensili, con due Soppresse una da fuoco, e l’altra da acqua, Tintoria, Follo, e Chiovere, e in somma con tutto quello, che si richiede ad una fabbrica intera. Chi volesse prendergli a fitto, e desiderasse più minuta notizia delle circostanze ne parli al Signor Paolo Colombani, Librajo all’Insegna della Pace. Case da Fittare. Palazzo d’affittar con tutte le sue commodità, in Contrada di San Lio, sopra il Rio di San Zulian, paga all’anno Duc. 300. Chi vi applicasse, parli con quello dalla Malvasia al Ponte di Cà Balbi. Stabile d’affittar in Rio Terrà con tutte le sue commodità, Riva, Corte, Pozzo buono, e Magazzeni, paga all’anno Duc. 240. Le chiavi sono in Kà Donado in Rio Terrà. S. Barnaba casa d’affittar in Calle della Vida paga all’anno Duc. 40. Le chiavi sono dal Linarol a S. Barnaba. S. Agnese casa d’affittar segnata lettera Q paga all’anno Duc. 30. Le chiavi sono da Corona Valentini, alla Casa segnata Letera E S. Apponal Magazen in corte di Kà Bianchi, paga all’anno Duc. 4. Le chiavi sono da Bernardo Tomasi ivi vicino. Bottega sopra la Fondamenta al Ponte de’Pignoli, che guarda sopra il Rio de Baretteri, paga all’anno Duc. 60. Le chiavi sono da quel della Malvasia vicino. S. Ternita in Corte, Casa d’affittar appepian, paga all’anno Duc. 6. Le chiavi sono da Donna Lucietta in faccia la detta casa. S. Maria Mater Domini Casa d’affittar, paga all’anno Duc. 24. Le chiavi sono da Giacomo Vielmin sotto la casa suddetta. Case da Fittare fuori di Venezia. Palazzo d’affittar nella Villa di Salzano Territorio di Mestre, dove è discosto miglia sei in circa con sue Barchesse latterali, nelle quali vi è luogo per l’Agente, Graner grande, Caneva, Tinazzera, Lisciera, Scudaria propria da otto Poste, ed altra da due, Rimessa da Carrozze, commodo da tener Piante al coperto, con Cortile spazioso in faccia Brolli due latterali ed Orto, situato il detto Stabile nella Strada Maestra, che conduce a Miran e Noal. Sotto la detta Agenzia vi sarà da ducati 1200. di Entrata composta di affitti, Casette, Livelli e Possessioni con l’Osteria in detta Villa. Chi vi applicasse parli con l’Agente di Kà Donado in Rio Terrà. Avviso Sono avvertite quelle Persone, che volessero far ridurre la Seta ad Orsoglio, che c’è uno, il quale s’esibisce di prendere la seta al prezzo della pratica, e tanto di restituire l’Orsoglio, e gli stracci, quanto di restituire peso per peso: con un’aggiunta, che quegli, il quale vorrà ridurre la Seta in Orsoglio, non avrà bisogno di dare alcuna anticipazione; ma soddisferà al pagamento del lavoro dappoicchè sarà terminato, e al tempo della consegna dello stesso Orsoglio, assicurando altrui di tutta la puntualità, e onoratezza nel lavoro. Quegli dunque il quale volesse far ridurre la Seta in Orsoglio in molta quantità, o poca, con le sopraddette condizioni, oltre alle quali n’avrà anche altre vantaggiose, faccia capo col Caffettiere della Regina d’Ungheria sotte (sic.) le Procuratie Vecchie.

Vendesi la presente Gazzetta a 5. soldi, e si ricevono le Notizie.

A San Marco. Nella Bottega da Caffè di Florian. In Merceria. Nella Bottega di Paolo Colombani Librajo. Giù del Ponte di S. Polo appresso la Calle dei Savoneri. Nella Bottega di Gasparo Ronconella Librajo. In Venezia. Per Pietro Marcuzzi Stampatore. Con Privilegio.