La Gazzetta Veneta: N. 75

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N.o 75.

Mercoledì addi 22. Ottobre 1760.

Che contiene Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico.

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L’Autore de’dubbi

Carta/Carta ao editor

Al Signor Paolo Colombani~i Perchè il Gazzettiere s’obbliga di non pubblicare altre carte intorno a’dubbii da me promossi? se non vuole altri dubbii pazienza; ma vuol egli, ch’io manchi al debito della civiltà, e ch’io non risponda alla Polizza dell’Autore della Notte Criticata? So che non mi farà questo dispiacere; e non vorrà che il detto Autore m’accusi di mala creanza. Il Sig. Abate Chiari sì gentile, e sì pieno di civiltà, (come si può vedere dalla sua Polizza) facilmente se ne potrebbe offendere. Direte dunque al Signor Gazzettiere, da me stimato, e amato, ch’egli mi faccia questo piacere, e stampi la presente risposta; ch’io per intelligenza più facile, ho quì posta in forma di Dialogo.

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Polizza, Risposta.

Diálogo

Pol. – Il Signor Colombani~i è pregato di far sapere all’Autore de’dubbii contro il mio Prologo Intitolato la Notte Critica ch’io non mi degno di rispondere alle difficoltà sue. Risp. Quasi quasi direi, che non sappia; ma poi egli promette che risponderà. Dunque in fatti non si degna; e io glielo credo, poichè il suo carattere è di non badare a chi ha gli occhi aperti, e pensa. Mi par di leggere in lui un carattere espresso dal Signor di Voltaire nel suo Fanatismo Scena vi. Atto iii.

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Citação/Lema

Loin de moi les mortels assez audacieux Pour agir par eux mèmes, & pour voir par leurs yeux; Quiconque ose penser n’est pas nè pour me croire. Obeir en silence est votre seule gloire. Savez-vous qui je suis?
Pol. Chi è capace di promuovere dubbii tali nella buona Poesia non è assolutamente capace d’intenderne le risposte. Risp. I miei dubbii non furono promossi da me nella buona Poesia; ma nella contraria affatto alla buona; per procurare, che la buona faccia avanzamento. Nella buona Poesia non si dubita, nè ho dubitato mai. Ora che mi sono spiegato, può essere, ch’egli mi creda capace d’intedere le sue risposte. Pol. Volendo però dargli quel consiglio amorevole che darebbe ad uno Scolaro il Maestro .  Risp. I maestri sono, o stipendiati dalla vigilanza pubblica per l’educazione della gioventù, o vengono eletti, e pagati privatamente. L’Autore della notte, si crea Maestro da sè, e vuol insegnare, a dar consigli non invitato; e senza conoscere lo scolare, gli dice: Pol. L’esorto ad abilitarsi un po’ meglio nella Poetica Scuola, perchè non intende nè il Greco, nè il Latino. Risp. Forte conghiettura, e franco giudizio. Dal dubitar sopra le cose sue ne viene in conseguenza, che non si sappia né il Greco nè il Latino, e chi dubita non è abilitato nella Poetica Scuola. La Poetica Scuola m’ha insegnato, che ut Pictura Poesis erit, cioè un imitazione guidata dal buon senso, e buon gusto, che l’uno insegna quel ch’è giusto, e vero, l’altro quel ch’è buono, e bello; dove ritrovo, che mancano l’uno, e l’altro, in cambio di dire apertamente va male, per civiltà dico d’aver dubbio. Nè mi lascio ingannare dal suono, e dall’armonia de’versi: ne adduco due esempii. Quando dubitai se Venezia era bene investita del carattere d’una Persona, che va a domandare alla Fortuna un giorno, e una notte in grazia d’una Compagnia di Comici. Volli dire. Alla gravità d’una Città qual è Venezia non conviene questo carattere così basso. Tanto è vero, che questo carattere nel suo fondamento è falso, e non conveniente, che volendola l’Autore ingrandire con le parole, la fa dare nello strano, e fa che per mantenere la sua gravità dica alla Fortuna:

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Citação/Lema

Coll’anime volgari Fra lor rimbrotti amari Non vengo a te supplicatrice acerba. Vengo altera, e superba Del tuo favor per tanti lustri, e tanti, Che posso a te davanti Fastosamente dir senza tuo scorno Domando, e voglio.
Ch’è quanto dire, tu m’hai così beneficata, ch’io in iscambio d’averti obbligo, e d’esserti grata, posso voler da te quel che bramo, anzi lo voglio. Così avviene quando la prima base è falsa. L’altro esempio sono alquanti bei versi del Trionfo dell’innocenza. Un picciolo ruscelletto si dee rispettare perchè raccogliendo acque, nevi, fiumi nel suo seno divien acqua grossa, che fa tremare navi, e naviganti. Il paragone è armonioso; ma il significato e l’applicazione è falsa, contraria alle leggi, e perniziosa alla Società, perchè importa, che i Padri debbano rispettare i Figliuoli.

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Citação/Lema

Qui didicit patriae quid debeat, et quid amicis, Quo sit amore parens, quo frater amandus, et hospes: Quod sit conscripti, quod judicis officium: quae Partes in bellum missi Ducis: ille profecto Reddere personae scit convenientia cuique.
Questo po’ di latino mi fu suggerito, e mi vien detto, che vada a proposito. Pol. Così sarà egli in istato d’intendere quella più diffusa spiegazione de’dubbii suoi, che gli metterò sotto gli occhi. Risp. S’egli dirà una sola parola di spiegazione, sarà sempre una spiegazione più diffusa di quella del presente biglietto, dove non ne trovo una sillaba. Il più vien dietro al meno, non dietro al nulla. Pol. Non già per risposta a lui dovuta; ma per giustificazione mia dovuta al Mondo erudito .  Risp. Io non merito risposta, e il Mondo erudito non l’accetterà per giusta, onde col Mondo erudito non si giustificherà mai. Pol. Se arriverò mai a scoprirlo. Risp. Non sono nè invisibile nè impalpabile. Pol. L’ajuterò con tutte le mie forze a farlo ridicolo. Risp. O al Signor Abate è uscita questa espressione senza avvedersene, e ricordarsi i doveri della Società, o c’è errore di stampa, e in cambio di farlo, si dee leggere farmi. Sia come si vuole a questo punto della sua Polizza non do altra risposta. Mi riservo al tempo, in cui uscirà la sua Critica del Genio corrente, sperando che volendo egli parlare al Mondo erudito addurrà ragioni, e non si perderà in bagattelle.
Il Sig. Colombani~i è pregato dall’Abate Chiari~i di consegnare all’erudito suo Gazzettiere l’occluso biglietto; onde ne faccia quell’uso, che giudica; e ringraziandolo al tempo medesimo dell’altro biglietto suo, inserito cortesemente nelle Gazzette, se gli protesta con tutta la stima.

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Carta/Carta ao editor

Allo Stimatissimo Gazzettiere. Voi siete, amico mio, troppo erudito in ogni sorte di umana Letteratura, per non aver a sapere quanto sia facile la risposta a’dubbj da voi pubblicati dell’Anonimo Critico, contro al Prologo mio; e conseguentemente non vi sarà difficile di persuadervi, che possa aver pronta una tale risposta io medesimo, senza che mi costi molta fatica. Voi siete altresì troppo onesto, e bennato, per non avere a dubitar giammai, ch’io non voglia rispondere a’dubbj accennati; quando ho promesso di farlo, nella prima Operetta mia di Critiche riflessioni, che uscirà prestamente alla luce. Quindi è che io vi vorrei altrettanto ragionevole, discreto, e neutrale, per non disapprovare la maniera da me tenuta sin ora, o che sono per tenere dappoi in somiglianti risposte. Vi prego però di attribuire alla sola focosa vivezza della mia penna, quelle che voi giudicate invettive dell’alterato, e risentito animo mio. Io vi giuro per tutta quella stima indelebile ch’ho del vostro sapere, che de’dubbj notificatimi sù le Gazzette vostre, non ho fatto che ridere cogli amici miei, e che per farli ridere maggiormente, ho tenuto lo stile sprezzatore, e scherzevole, che da voi ha meritato qualche rimprovero. Foss’egli ragionevole, o nò; piacciavi di riflettere almeno, che diversamente risposto avrei ad un Critico Anonimo, il quale nelle censure sue, si fosse mostrato degno di qualche riguardo. Ad un Soldato di onore, contro di un altro Soldato suo pari, non lice, nelle querele loro, di adoperar che la spada; ma se un Soldato di onore venga villanamente, e follemente insultato da un uomo vile, maligno, e plebeo, tutte le leggi gli accordano di non disonorare la spada sua, e di adoperare soltanto il bastone. Io so, amico mio, che del bastone, dirò così, servito vi siete voi medesimo in certe Poetiche vostre censure, contro più d’uno, che non era forse competitore degno di voi; ma veramente meritava qualche più discreto riguardo, per il solo suo nome, che da me non merita l’Anonimo mio correttore ridicolo. E perchè non sarà lecito a me, in somigliante caso, di tenere quello stile medesimo, che tenuto avete voi stesso? Voi me lo avreste senza dubbio accordato, se foste stato in mio prò altrettanto indifferente e neutrale, quanto vi mostrate in favore dell’Emulo mio; non osando un Letterato par vostro nè men di decidere, se ragionevoli, o no, sieno i dubbj suoi; ed osservando la di lui modestia nello scrivere, al paragone della supposta mia collora. Non voglio credere, che questa parzialità, in voi derivi dall’esser egli noto, e forse ancora dall’esservi caro, comunque ciò sia, io sono meno collerico di quel che pensate, e non mi sarei punto alterato, se pubblicati aveste gli altri quindeci dubbj ancora, contro il Prologo mio, con gli altri ottanta sei contro la mia Tragicommedia, ultimamente rappresentata; anzi l’avrei riconosciuto per sommo favore. Ben è vero, che se dubbj tali fossero tutti stati dello stesso colore, io mi sarei guardato dal rispondere parola, siccome feci in mille somiglianti occasioni. Il sopra nome di Caca dubbj è troppo comune, e troppo screditato nel mondo, per non aver a temere che si applicasse a me pure in grazia del mio Correttore, se mi mettessi regolatamente a rispondergli. Compatitemi intanto di questa mia lunga diceria, che non crederò mai possa offendervi, quando ella è dettata da una estimazione sincera che ho del merito vostro, e da una premura inalterabile della vostra amicizia, se non giudicate di farla servire a divertimento del Pubblico, ingrossando le vostre Gazzette. Abbiate almeno la benignità di rimandarmela, ond’io la faccia servire agli amici miei, per giustificazione delle da voi biasimate mie collore. Se poi in altra occasione credete ch’io possa accrescere diletto alle Gazzette vostre con la mia penna, datemene voi un’onesta materia, che in grazia vostra, procurerò altresì di moderare il mio caldo, perchè siate servito, quanto siete, e vi confesso degnissimo di tutta la mia riverenza.

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Carta/Carta ao editor

Al sig. abate Pietro Chiari~k Il Gazzettiere. Poichè vi dichiarate mio amico, sono in obbligo di corrispondervi con amicizia uguale alla vostra. Lealtà, schiettezza e un parlare aperto sono le doti principali di questo vincolo soave degli animi umani. Amico mio, dunque, io vi confesso d’avere preso sbaglio nell’intendere la Polizza scritta da voi; ma dicovi bene, che la maniera, con cui l’avete scritta, e quella, che userete nel rispondere a’proposti dubbii, se sarà tale, farà sbagliare molti altri; e quello, che voi chiamate Vivezza e scherzo, verrà facilmente preso in iscambio, per collora, ed invettiva. Lo stile scherzevole, perdonatemi, è un’altra minestra affatto. Io ho sempre sentito a dire, che questo cavasi dalla vivacità delle graziose conversazioni, e usavisi una dilicata ironia, ch’è sale, e condimento delle parole, che si dicono; onde ne riesce una certa urbanità, e grazia, che punge, come i granellini del pepe, e non più. Non è dunque maraviglia, s’io presi errore, avendo in testa, ch’altre fossero le fonti e diversi i principii del motteggiare. Ma che? ognuno ha la forma sua di pensare. A me è sempre piú piaciuto l’amaretto sale d’Orazio, e di Luciano, che lo spuntone di Giuvenale: nè mi ricordo mai d’avere assalito chicchessia con altro, che con berte, e baje, e so d’aver solo orticheggiato; ma non percosso. Ma posto ancora, che gli scherzj vostri sieno leggieri, se mi concedete, ch’io vi parli da Amico, non erano a tempo. Non c’è cosa più difficile al mondo, che il cogliere la vera opportunità dello scherzare. Voi non avevate l’opportunità di farlo. Uditemi, se dico il vero. Viene assalito il Prologo vostro con alcuni dubbj (poniamo per ora, che sieno puerili, e di poca importanza) questi vengono letti comunemente; e voi dovreste pur sapere, che gli animi hanno una certa malizietta fina fina, la quale è come chi dicesse un interno pizzicore, che gli stuzzica ad approvare le accuse. Questo è effetto dell’amor proprio, e così è fatto ognuno senza sua colpa. Adunque chi legge le accuse si riscalda, e dice: Sentirò, che risponderà l’accusato. Pare a voi, che in cambio di rispondere quando ognuno attende risposta, sia il punto, e l’opportunità di scherzare? Se a voi sembrano degni di riso que’dubbj, ridete, e se volete sferzare l’Autore fatelo; ma mescolate le sferzate con le risposte, e date, come si suol dire, una picchiata alla botte, e una al cerchio; perchè gli scherzi d’uno, che fa vedere le sue ragioni, piacciono, ma finchè resta in sospetto d’avere il torto, scherzerà fuori di tempo. Vi pare, ch’io ami più voi, o l’Autore de’dubbj, dandovi con tanto candore tali amichevoli consigli? Quando avrete risposto, o risponderete, usate tutti i sali, le urbanità, e le grazie, che avrete ragione, e forse vi troverà luogo il soprannome di Cacca dubbj, se vi sarà collocato a tempo. Ma fino a tanto, che non avete risposto, pregovi da vero, e cordiale Amico, non ischerzate. L’Autore de’dubbj non so chi sia, e appunto, perchè non sò chi sia, non giudicherei alla cieca, che fosse un cervello plebeo, nè sublime. Egli non ha fatto altro, che dubitare nel suo primo biglietto, e non saprei come trar di ciò conghiettura di quello, ch’egli fosse. Oh! i dubbj suoi indicano, ch’egli sia picciola cosa! Chi sa? Finchè non veggo di più, io non saprei, che giudicarne. Per servirvi, io v’ho fatto sopra un poco di meditazione, e dicovi, che vi troverete qualche difficoltà nel rispondere. Sopra tutto il primo, che pare il più facile, è un laccio, ed un labirinto. So che non me lo crederete, e mi stimerete parziale dell’Autore de’dubbj; ma andate col calzar del piombo, perchè la cosa è quale io la dico. Finalmente vi ringrazio delle vostre cortesi esibizioni intorno la Gazzetta. Il Pubblico dee spontaneamente somministrarmi di che impinguarla, come somministrava un tempo materia all’Addislon, allo Svift, allo Steelo, e agli altri Gazzettieri, dietro alle cui tracce, benchè da lontano per la mia poca sufficienza, intendo d’andare col tempo, senza vergognarmi d’un titolo, che venne da cotesti grandi uomini illustrato. Non altro. Vi ringrazio delle cortesie vostre, e con la stessa vostra sincerità, e stima sono tutto di voi.
Cose da vendere. Una Scatola con entro diversi fiori di Penna all’utima moda di Parigi, chi ne desiderasse comparne (sic.), parli con il Signor Tomaso Boarotto Caffettiere a San Basso. Case da Fittare. Palazzo d’affittar con tutte le sue commodità, in Contrada di San Lio, sopra il Rio di S. Zulian. Chi vi applicasse, parli con quello dalla Malvasia al Ponte di Kà Balbi. Stanza terrena per comodo di Cano in calle del Teatro a S. Moisè. Un appartamento nella stessa calle in soler, con suoi comodi. Chiunque vorrà vederli, parlerà col Luganegher in faccia detta calle. Case da Fittare fuori di Venezia. Nella Villa di Salzano Territorio di Mestre, si ritrova un Casino con Campi due e mezzo brolivi, in presente affittato al Rever. D. Zuanne Guetti, e se alcuno desiderasse farne acquisto, parli col Sig. Paolo Colombani, che gli sarà notificato il Proprietario. Legni arrivati. Adì 11. Ottobre. Pieligo, nominato Sacra Famiglia, e Sant’Antonio di Padova, Patron Giuseppe Dabinovich, manca da Ceffalonia li 2. Settembre, da Santa Maura li 18. detto, e da Corfù li 20. detto, raccomandata a sè medemo, con 227. Fag. Uvapassa. Detto. Pieligo, nominato Sant’Anna Patron Zorzi Sbutega, manca da Boggiana 10. giorni, raccomandato a sè medemo, con 145. Fag. , e mezzo Lana Scutarina. 34. Balle Gotton. 19. Fag. Grana. 3. Fag. Pastieri di Cervo. 4. Fag. Seda. 268. Fag. Lana fina. 18. Fag. detta grossa. 14. Balle Cordoani Pelle 1883. 6. Balle Chiussoline Rosse, e Bianche Pelle 128. 27. Fag. Cera. 2. Pelle Chiussoline. 4. Balle Montonine Pelle 91. 3. Balle Cordoani, e Montonine Pelle 300. Detto. Fregadon, nominato Madonna dei Carmini, e S. Spiridion Capitan Piero Giansic, manca dal Zante 1. Mese, e da Corfù 20. giorni, raccomandato a Conte Anzolo Revedin, con 34. Botte, e 9. car. Oglio. 544. Fag. Uvapassa. 1. car. Aseo. 30. coffe; e 17. Sacchi Erba. 18. car., 14. Arnazzi, car., e Bar. Miel. 12. Miera, e mezzo, e Libre 10. Noselle a refuso. 231. Stera Semenza di Lin. 7. Balle Lin. 1. Botta, e 2. ear. , 2. casse, e 1. collo Cera zalla. 1. cassa Roba Magnativa. 1. Fagotin cera. 7. casse Bottarghe. 700. Libre Vero rotto. 500. Libre Buei di Manzo Salati. Detto. Marciliana, nominata Madonna del Rosario, e S. Francesco di Paula, Patron Antonio Gielich, manca da Ceffalonia 15. giorni, raceomandata a D. Bortolo Milani, con 65. cai Moscato. 148. Fag. Uvapassa. 6. Fag. Cecibo. 15. Detto. Trabacolo, nominato Madonna del Rosario, Patron Antonio Comello, manca da Ceffalonia 22. giorni, raccomandato a sè medemo, con 1505. Stera Semenza di Lin. 14. car., e 5. Bar. Micl. 2. Fag. Cebibo. 168. Fag., e Fagottini, 1. Mier, e Libre 400. Uvapassa. 120. Libre Formagio. 4. Bar. Vin. 16. Detto. Pieligo, nominato San Nicolò, e S. Spiridion, Patron Elia Prodano, manca da Boggiana 18. giorni, raccomandato a D. Iseppo Balovich, con 58. Fag. Lana Scutarina. 342. Fag. detta Fina. 50. Fag detta Grossa. 4. Balle Seda.

Metatextualidade

La molta materia della presente Gazzetta, non ha lasciato luogo a proseguire l’Analisi dell’Ercole al Bivio, del chiarissimo Signor Abate Metastasio. Voglia il Cielo che rimanga luogo pel Foglio di Sabbato.

Vendesi la presente Gazzetta a 5. soldi, e si ricevono le Notizie.

A San Marco. Nella Bottega da Caffè di Florian. In Merceria. Nella Bottega di Paolo Colombani Librajo. Giù del Ponte di S. Polo appresso la Calle dei Savoneri. Nella Bottega di Gasparo Ronconella Librajo. In Venezia. Per Pietro Marcuzzi Stampatore. Con Privilegio.