La Gazzetta Veneta: N. 71
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N.° 71.
Mercoledí, addí 8 Ottobre 1760.
Che contiene Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico.Nivel 2
Alle persone che villeggiano.
La sera del Lunedì 6. del corrente s’apersero i tre Teatri da Commedia. In San Lucca fu rappresentata la Compagnia dei Salvadeghi, già vedutasi sulle Scene l’anno passato; in San Samuele una Commedia di quelle dette dell’arte, che fece l’ufficio suo molto bene di tener lieta, e di buon umore l’Udienza, e in San Giangrisostomo il Padre Amoroso~i nuova Commedia, e non più rappresentata del Sig. Abate Pietro Chiari. Fu questa preceduta da un Prologo in Versi, Intitolato (sic.) la Notte critica per introduzione alle Recite Autunnali dell’anno 1760.~i Stampato appresso il Sig. Angiolo Pasinelli. Qual capriccio stimoli uno, il quale si chiama mio Amico in una Polizza a chiedermi, ch’io gli dica, s’io creda veramente che Alessandro Magno fosse Uomo di valore, io nol so. Tutti ne dicono tante meraviglie, e narrano cose sì grandi, e strane de’fatti di lui, che la fama sua mi parea confermata. Non può essere altro, dissi fra me, se non che l’Amico mio desideri, che si dica il contrario di quello, che ha detto tutto il Mondo, e che a guisa degli Antichi Retori si parli prò, e contro d’ogni cosa. Dipoi speculando alcun poco la materia, e ricordandomi varie cose, ch’io avea lette de’fatti suoi, trovo ch’egli si può grandemente dubitare di sì gran valore, anzi quasi sicuramente affermare, che quanto si legge de’suoi gran fatti sieno invenzioni de’Parabolani Scrittori. Per provare quanto più brevemente si può questa opinione, si dee riflettere, che a’tempi suoi i Filosofi erano molto bene pagati, e che da Filippo Padre d’Alessandro, Aristotile ebbe un gagliardo stipendio per essere Maestro d’Alessandro. Gli altri Filosofi, sperando anch’essi gran bene da quella Corte, come fanno i Letterati, dovettero cominciar ad adulare, e a farsi le maraviglie de’fatti di quel Fanciullo; e si sa, che nelle mani degli Scrittori sta il biasimo, o la riputazione altrui. Fino a quì sono conghietture le mie; ma andiamo avanti, e vegnamo a’fatti.Nivel 3
Ejemplo
Olimpia Moglie di Filippo, la sera che andò a Marito si sogna, che fuori del ventre suo esce una fiamma, che arde tutto il Mondo, e lo scrivono cotesti Autori per cominciare dalla maraviglia. Ingrossa, e Filippo si sogna di suggellarle il ventre coll’impronta d’un Lione; e chiamati a sè gl’indovini, uno gli predice, che ne nascerà la forza del Mondo. Che genti si sognino ogni cosa, anche la più pazza, si può credere. Pazienza. Ma vanno avanti gli Storici, e narrano, che Filippo ebbe gelosia d’una Deità, che andava a letto con la Moglie, e che avendo egli una volta ardimento di mettere un occhio alla fissura dell’uscio per chiarirsi del torto, che ricevea, ne fu gastigato dal Nume, che si posava con la Moglie, perchè accecò da quell’occhio. Vedi carità di Scrittori, che per far apparire Alessandro figliuolo d’un Nume, piantarono le fusa torte in capo al Padre di lui. Questi medesimi Scrittori sono quelli, che dettarono le sue grandi imprese, cominciando da così solenni, e manifeste bugie; ond’io non so qual fede si debba loro prestare. Dicono oltre a ciò, ch’egli era molto inclinato alla caccia, e agli esercizj cavallereschi; ma che una volta invitato ad entrare ne’giuochi Olimpici, dove si trattava di mostrar cuore, e bravura, non volle andarvi, e lo coprono con una risposta che diede a chi gliene parlava, dicendo; ch’egli vi sarebbe entrato, quando i concorrenti fossero stati Re suoi pari. Io non nego, che questa espressione abbia in sè magnificenza; ma quante volte le belle parole coprono i difetti del cuore? Fece poi quel gran fatto di domare Bucefalo. Fu egli perciò altro che miglior cozzone, che gli altri suoi mozzi di stalla; i quali chi sa, che per danari non si fossero prima accordati a far le viste di temere di quel cavallo, per farlo spiccare? Il qual cavallo è lodato da loro quasi quanto il Padrone, tanto che pare, ch’abbiano tolto ad imitare Omero, e poco manca, che non lo facciano parlare, come i Cavalli d’Achille. Aristotile insegnava in due modi. Con l’uno pubblicamente, e superfizialmente, e con l’altro in segreto, e a fondo. Nell’ultima forma dicesi, che insegnasse ad Alessandro: Venne in cuore ad esso Filosofo di pubblicare alcuni Libri, e fu detto ad Alessandro allora lontano, ch’egli avea pubblicata la Scienza segreta. Il grande animo del Re si duole, e scrive al suo Maestro una lettera, ch’egli ha mal fatto a spargere il vero lume delle Scienze fra gli Uomini, e vuol egli essere il solo a sapere. La lettera si legge intera in Plutarco.
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Relato general
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Retrato ajeno
Nelle vicinanze di Trevigi è uno di questi cervelli, il quale di tempo in tempo va a lanci, e a salti, come gli pare, e come lo tocca la fantasia; e fra l’altre sue qualità ha questa, che secondo l’arte della persona, con cui parla, gli pare d’essere divenuto un artefice dell’arte sua. Per modo, che parlando con un fabbro, gli pare d’essere alle mani con un incudine, e guai s’egli immagina di picchiare col martello: s’egli ha innanzi un marangone vuol segare, o piallare, e così fa di tutte l’arti. Va egli fuori sempre con un servo, che l’accompagna per custodir lui, e il prossimo dalla sua pazzia, e perchè quasi mai non dorme, ha due servi, i quali per poter meglio sofferire la fatica si scambiano, ed or l’uno or l’altro l’accompagnano dovunque egli va, o stanno seco nelle Stanze di sua casa.
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Lettera di Giambatista Pasquali~i Librajo Veneto.
Carta/Carta al director
Mio Signore.
Allorchè mi son posto in mente, mio Signore, di dare al Pubblico la traduzione dal Francese in Italiano del celebre Dizionario Universale dei Signori Fratelli Savari~k, io vi protesto, che la mia principal mira è stata di giovare, per quanto per me si potesse, ai Popoli dello Stato Veneto, e di tutta l’Italia, presentando loro bensì il detto Dizionario, con quanto e in generale circa il Commerzio dell’Universo, e partitamente rispetto ai medesimi in lui si contiene; ma coll’idea di porre in maggior vista questa porzione tanto privilegiata dell’Europa, la quale non ha da invidiare a verun’altra parte del Mondo; cosa, e non dirò a bello studio tenuta nascosta, forse piuttosto sarà stata mancanza delle necessarie notizie non soministrate ai dotissimi Autori.
E veramente ad uno, che abbia spirito Italiano in petto, qual non fa compassione il vedere l’Articolo del Commerzio d’Italia ristretto solamente in tre Fogli, e mezzo; laddove sino a trentacinque ne occupa quello della Francia? Nel che lodo io bene al sommo l’animo nazionale degli attentissimi Compilatori, i quali non hanno risparmiato fatica alcuna per raccogliere, unire, e collocare nel maggior lume le cose della loro Patria, e del lor vastissimo Regno, col numerare e Città, e Borghi, e Ville, e Prodotti, e Arti, e Manifatture, e Porti, e Spedizioni, e Monete, e Utili, e Aggravj; e tutto ciò; che concerne al negozio interno, o al di fuori; anche in ogni più minimo luogo degno in qualsisia maniera di non essere trasandato, al qual effetto non può non aver dato mano e il Pubblico, e i Particolari; ma non posso non amaramente dolermi, che la nostra Italia per fatal sorte abbia ottenuto sì poco luogo. Venezia, Genova, Livorno, e Sicilia, alla sfuggita si può dir toccare, con pochissime altre Città dell’Italia, empiono tutto l’Articolo della medesima. Nè già maggior comparsa fa poi l’Italia in tutte le voci sparse nel Dizionario: bensì la Francia ha l’ascendente da per tutto; e vi sono, o celebrate le sue manifature, o esaltati i suoi prodotti, o dimostrata la maniera di maggiormente ancora avvantaggiarsi. A questo han posto attenzione anche gl’Inglesi; e vedendo il loro Articolo di Commerzio ridotto nel Savari a soli sette Fogli, e mezzo, con saggia avvedutezza hanno adattato nella propria lingua tutto il medesimo Dizionario al Commerzio particolare della lor Nazione.
Cosa dunque dobbiamo far noi, che vantiamo i nostri maggiori per modelli, e maestri all’altre Nazioni? Voi sapete, mio Signore, qual cuore io nutra in seno per la mia Patria spezialmente, e per lo Stato del mio benignissimo Principe; e poi per tutta l’Italia, a cui ben forti legami strettamente mi tengono unito, per considerare, se desidero con tutta la premura di comparire e suddito non affatto inutile, e servitore ossequioso, e di questo, e degli altri Stati, che formano questa (diaciamolo pure) la più bella, la più feconda, la più ingegnosa parte dell’Europa, e del Mondo. Ma che? Sarebbe o vano, o non compiuto ogni mio tentativo, se oltre i sussidj, che proccurerò, e spero ottenere dalla mia Patria, non fossi anche ajutato dagli altri Figli, che vivono da lei discosti; oppure dagli abitanti degli altri Stati a noi vicini, somministrandomi tutte quelle notizie, che possono giovare a questa mia per comun vantaggio meditata intenzione.
Pertanto rivolto a Voi, mio Signore, che non solamente siete nato a voi stesso; ma parte della vostra vita impiegate in favor della Patria; parte in benefizio degli altri Popoli, che sono ad essa soggetti, e priego, e supplico di voler prendervi anche questa lodevole fatica in raccogliere, e trasmettermi le cose spettanti al Commerzio della vostra Città, dei Castelli, e delle Ville, e d’ogni altro luogo sotto della medesima, colle Arti, manifatture, prodotti, e loro quantità, e qualità, e coi pesi, misure, Fiere, Mercati, e quanto appartenesse al negozio o interno, ed esterno; sicuro, che farete cosa grata al Pubblico, ed al Privato, per l’utile, che scambievolmente ne ricaveranno; e se lo permetterete, si farà a suo luogo onorata ricordanza del vostro nome. Non vi aggiungo stimoli maggiori; perchè già siete di natura inclinato a far bene altrui; in ciò vi trovate un grandissimo, particolar piacere.
Il primo di Marzo del venturo anno consegnerò a’Signori Associati il primo Tomo contenente gli Articoli di Commerzio d’altre Nazioni; e soprattutto quel della Francia, ch’è il più esteso di tutti; e susseguentemente darò il secondo Tomo coll’Articolo spezialmente del Commerzio dell’Italia, se il Ciel m’ajuti, e quei, che vorran cooperare in sì degna impresa; il che ora a voi fo palese, acciocchè mi possiate mandare a tempo quelle notizie, le quali unite a tante altre, che aspetto dall’altre Città, faran vedere, quanto il Cielo abbia privilegiato l’Italia e coi frutti della terra, e colle finezze dell’ingegno.