La Gazzetta Veneta: N. 38

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N.o 38.

Sabbato, addi 14. Giugno 1760. Che contiene Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico.

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Non (sic.) tutte le storie, e le novelle che accaggiono sono cose di sostanza, o meritano d’essere scritte per sè: ma talora il capo degli uomini facendovi sopra le sue osservazioni, e tirando la materia al costume, vi trova sopra di che ragionare. Un fatto, che apparisce piccioletto di fuori, e a pena ha apparenza estrinseca, se gli fai avere la debita relazione col cuore dell’uomo, dond’è uscito diventa qualche cosa degna di considerazione.

Metatextuality

Andava io l’altr’jeri fantasticando, e chiedendo se v’era cosa nuova da mettere in questi Fogli;

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General account

m’abbattei per caso ad un amico, e trattenendoci insieme sulla via in un certo ragionamento dov’entrava dall’una parte il sì, e dall’altra il nò; uscì della bocca all’amico mio: Non è vero; e io ci giuocherei cento zecchini. In questa passa un uomo pulitamente vestito, si cava il cappello, e ci fa un inchino; e va via. Dice l’amico: Lo conoscete voi? Io no, e voi? Non lo vidi mai. Gli andiamo dietro, e io gli dico: Signor mio, per non mancare al dover nostro, la preghiamo a dirci chi ella sia; poichè ci ha salutati con tanto bel garbo, ella ci dee conoscere, e non è alcuno di noi che si ricordi di averla veduta mai. E voi avete ragione, rispos’egli, che io non ho veduto mai nè l’uno nè l’altro di voi. Ma il mio inchino non veniva a voi, disse sorridendo. Io mi sono tratto il cappello, e feci riverenza a’cento zecchini, che sentii nominare, mentre ch’io passava. Questo bastò per farci appiccare amicizia, e ragionare lungamente intorno all’amore, che gli uomini hanno al danaro, e a quel rispetto che si dee portare alle monete. Quì s’entrò a dire delle facoltà, che ha la moneta, (cose vecchie) ma il nuovo amico fece due riflessioni, degne d’essere notate. Non c’è, diss’egli, Uomo per ricco, che sia, o vestito d’oro, e d’argento, che vedendo un zecchino per via in qualunque immondezza, se non fosse osservato non si chinasse a ricoglierlo, o almeno non gli lasciasse su gli occhi, passando. E la seconda si è, soggiunse, che alcuni furarono anni sono molte migliaja di zecchini, e furono presi. In tutti i lati dove andai, sentì che furono da altri come essi chiamati balordi, ceppi, e degni d’ogni gastigo, perchè con tanti zecchini nelle mani non aveano saputo fuggire e salvarsi. Mi divisi dalla compagnia ridendo e rimasi solo camminando per quella Contrada, che si chiama Barbaria delle Tole, m’incontrai in una squadra di cinquanta ragazzi di forse undici anni ognuno, e non piú, i quali facevano una Processione. Alcuni aveano per aste in mano certi bastoncelli lunghetti, forniti con frondi d’alberi, e sopravi una candeluzza. Alcuni rappresentavano i Capi, e i Massai: molti con certe conchette di legno ricoglievano la cera che colava; e diversi presiedevano all’ordinanza della Processione. Finalmente quattro di loro ne venivano con un solajo, tutto fornito, e illuminato; e veniva chiusa la processione da molti, che seguivano con una candeluzza accesa in mano. Avrebbe detto un altro, che stai tu a vedere queste fanciullaggini? Io m’arrestai per qualche tempo. Parvemi cosa da osservarsi quell’ordine mantenuto puntualmente da’fanciulli, avvezzi a correre per le vie; il sentire un coro che stava in tuono, e tutti gli altri atti cosí bene imitati che parea una cosa vera. Partitomi di là, dissi poi fra me: Vedi come la natura è inclinata all’imitazione! Chi sapesse conoscere a che sono piegati i fanciulli in questi anni teneri, gli addestrerebbe facilmente ad ogni cosa. La via dell’imitazione è piú sicura di tutte le altre scuole. Chi conoscesse per esempio, uno atto a dipingere, io lo allogherei in casa di un Pittore, non perché gl’insegnasse a dipingere, ma perché lo tenesse seco a vedere; e ci giuocherei, che il fanciullo prenderebbe spontaneamente toccalapis, pennelli, e colori, e a poco a poco pregherebbe il pittore ad ammaestrarlo. Un altro avrà volontà di leggere, alloghisi con persone studiose, non perché lo tengano legato quasi tutto il giorno a suo dispetto con un libro in mano, ma perché vedendo a studiare, s’invogli d’imitare, e non si creda schiavo, ma stimi di poterlo fare se vuole e di lasciare se non vuole. Chi avesse detto a que’cinquanta putti con una sferza in mano: voglio che facciate una Processione; vi si sarebbero messi cotanto di mal animo, che non vi sarebbero riusciti mai. Fa un’applicazione all’educare universalmente di questa picciolezza d’una Processione di ragazzi, e vedi quanto ingrandisci la materia. In natura non c’è cosa picciola, perché osservata serve alle maggiori. Tra questi pensieri venne la notte, e s’era già avanzata verso le quattr’ore. Passai il Ponte di Rialto per venire a casa, e odo un romore, che parea, che s’aprisse l’Inferno. Sto in orecchi, e m’arresto, per fare, se occorreva, come disse Catone: Dove odi romori, va via. Ed eccoti una brigata di femmine tutte veleno di collera che si dicevano un monte di villania con una furia, che le parole si frangevano ne’denti. Qui, diss’io, non ci saranno né archibusi, né spade, io posso arrestarmi: Dietro al tuono cominciò la gragnuola. L’occhio non tirava tanto lunge, ma l’orecchio mi diceva: questo è uno schiaffo, questo è un pugno. Ad un tratto sentii un aprire di finestre dall’alto e un gridare: Su, animo, e cosí dicendo un ridere universale. Non vi fu un cane, che si tramettesse per pacificarle, tanto che quando le non ebbero piú fiato, né vigore nelle braccia, co’capelli tutti arruffati, brontolando, le si spiccarono da sé, e andarono chi quà, chi là a’fatti loro. E io dissi: Vedi bontà delle femmine! se questa mischia fosse stata fra maschi, parte ne sarebbero andati sulla bara, o alle mani del Cerusico, e parte avrebbe meritato la prigione, o il capestro. Queste buone femmine hanno sfogato la collera, con alquante ammaccature, e s’hanno fabbricato una Storia da ragionarvi sopra parecchi dì, e sono contente: Il Cielo le accompagni.
Ci sono alcuni uomini, i quali fino a tanto che vivono fuori delle Città grandi, e stanno a ragionare di Cavalli, d’archibusi, di Beccacce, e di Lepri, vengono ascoltati a bocca aperta dagli uomini di contado, i quali ammirano con la berretta in mano lo spirito, e l’eloquenza di quelli. Ma se mai entrano dove le continue faccende, e le conversazioni frequenti acuiscono gli ingegni, rendendogli pronti, e vivaci, sono come pesci fuori dell’acqua.

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General account

Poco tempo è che venne in Venezia uno, e non dirò di qual Paese, il quale udendo a gridare quà e colà per le vie le polizze del Lotto, senza sapere che fossero, sentendo a dire cento Ducati per quattro soldi, cento Ducati per quattro soldi, pose mano ai quattro soldi e comperò la Polizza. Il temperamento suo è tale, ch’egli si vergogna di chiedere informazione di cosa veruna apertamente; e crederebbe, che fosse peccato il mostrar di non saper tutto. Postasi dunque in una segreta saccoccia la Polizza, se n’andò ad una Bottega di Caffè, dove sedevano alcune persone in cerchio, che peravventura ragionavano di Lotto, poiché dovea cavarsi la mattina vegnente; onde a poco a poco, stando in ascolto, intese cosí in digrosso quello che sia il cavare de numeri, e il nome de’Terni e degli Ambi; ma poco altro poté comprendere, fuorché oltre a ciò a un dipresso l’ora, in cui si doveva fare l’Estrazione. Eccolo dunque la mattina alla Piazza fra la calca degli Strologhi, degl’Indovini e degli Interpreti de’sogni, i quali tutti si credono di avere indovinato, e in fine si maravigliano, che la cosa riesca il contrario della loro espettazione, e danno la colpa a tutt’altro, che all’incertezza di un giuoco. Stava l’uomo dabbene con la sua Polizza in mano. Esce il primo numero ed è uno de’suoi; esce il secondo ed è uno de’suoi, e l’ultimo, era d’altri. Grandissima fu la sua confusione per sapere s’egli avea guadagnato, o no, o che avesse guadagnato; ma sdegnandosi di chiederne parere ad alcuno ripose di nuovo la Polizza sua, e se n’andò alla solita Bottega. Quivi trovò ancora compagnia, alla quale con sussiegato, e politico parlare domandò quello che si guadagnasse uno, che si fosse abbattuto a ritrovare tre numeri. Gli fu risposto: un Terno; e chi ne avesse trovati due? Un Ambo. Domandò poi a poco a poco dove si pagasse; e gli fu risposto alla Zecca. Statosi là alquanto, per non dimostrare, che fosse tocca a lui questa sorte e per non far sapere al pubblico i fatti suoi, andò quando gli parve tempo alla Zecca, e presentandosi con sodo viso al Pagatore, gli disse: Si pagano quì le polizze del Lotto? Sí Signore, disse l’altro. Quì c’è da pagare, disse l’amico; e cosí dicendo, trae fuori la carta, e la mostra al Pagatore: Quegli la guarda, e ride, poi dice: io ho altro, che fare, vada a’fatti suoi. Come, disse l’altro. Oh! mancasi cosí di fede! Non ho io indovinati due numeri? Il Pagatore si stringe nelle spalle, e lo guarda con maraviglia e dice: Io veggo, che V.S. non sa nulla di questo fatto. S’ella avesse legati questi tre numeri ci sarebbe l’Ambo e n’avrebbe ora guadagnati cinque Ducati, e l’accrescimento; ma ci voleano otto soldi, e mezzo di giunta. L’amico, udito ciò, rispose, Signor Pagatore, scusi, ch’io non so tutte le usanze di questo giuoco; sono un uomo puntuale, e onesto; eccole i suoi otto soldi e mezzo, e mi paghi il mio Ambo è giusto ch’ella abbia il suo: Già comincia a noverare gli otto soldi. Gli fu risposto con quel proverbio: Tardi le man ec. Ond’egli se n’andò svergognato fuori di là, e avrà fino a quì fatto maravigliare mille volte gli uomini di contado della sua disgrazia.

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Example

Domenica passata nacque sul Territorio Vicentino questo accidente. Una Pastorella pasceva le sue pecorelle sopra una montagnetta non molto discosta dalla Valdeifiori, e stavasi in pace a sedere. Quando all’improvviso sorse un crudelissimo nembo, che scoppiò in lampi, tuoni, e pioggia, che si versava largamente. La Giovane, preveduto il caso poco prima, non avendo tempo di salvarsi a casa sua, adocchiato nella montagnetta un sasso, che usciva in fuori, ed era dentro cavato a guisa d’una picciola spelonca, correndo quanto poté il piú si fece casa di quella grotta e sfavasi ottimamente riparata da tutte le ingiurie della pioggia, e del vento. Ma la miserella non sapea la sorte crudele, che le soprastava, perché scoccata dal cielo una folgore, venne a piombo, e appunto a colpire il sasso, sotto a cui giaceva, sicché tutto l’infranse, e lei sotto la rovina schiacciò, ed uccise. Difficilmente può l’umana accortezza guardarsi da casi tali; il meglio è non istudiarvi sopra per non tremare ad ogni baleno, e tuono. Pochi dí fa ne scoccò una qui in Venezia in una casa, dov’erano molte persone raccolte, ed empié tutti di spavento, e tuttavia altro male non fece, se non che aperse un armario fitto in una muraglia.

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Example

All’incontro mi ricordo d’un Villano da me conosciuto, e che tutte le cose sue le faceva col piede del piombo. Questi trovandosi in un bosco, in cui è una Chiesicciuola dedicata a San Lionardo, e lavorando quivi con altri suoi compagni, si levò un tempo orribile, onde egli con altri due si ritrasse sotto una Quercia. Gli venne in mente, che le folgori feriscono piú spesso i luoghi alti, lo disse a’suoi compagni, ed essi per timore della pioggia non si mossero di là; e all’incontro andò egli a ripararsi dietro ad una muraglia della Chiesetta. Non sí tosto vi giunse, che la saetta scoppiò sul muro, e l’uccise; e i suoi compagni furono salvi.

Metatextuality

Quella medesima persona che nell’altro Foglio notò i particolari segreti de’belletti, mi manda un’altra Polizza con queste parole.

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Letter/Letter to the editor

Essendo stato nell’orto del Signor Marchese N. N. ebbi occasione di mangiare delle Ciregie senza osso. Domandai al suo Giardiniere il segreto di questa bizzarria, e mi rispose. Si prende la pianta tenera del Ciregio, e tanta se ne taglia via, che rimanga sopra terra due piedi soli. Fendesi poi per lo mezzo fino alla radice, e se na cava con diligenza tutto il midollo dall’una parte, e dall’altra della fenditura; indi si riunirà, legandola forte, sicché stia benissimo serrata, e coprirai la fessura con sterco di bue fino alla sommità, la quale a capo di un anno si salderà, e rampollerà alcuni ramicelli, i quali innestati producono le ciregie senza nocciolo. Lo stesso Giardiniere mi diede ad annasare una certa Latuca, la quale avea un gratissimo odore; e tale la fa riuscire, ponendo le sementi d’essa dentro a’semi del Cedro, ovvero infondendole per alquanti giorni in alcun’acqua odorifera, e poi seminadole in un bene apparecchiato terreno. Molti altri notabili segreti cercherò di ricavare da lui, de’quali ho veduto l’esperienza, e di quando in quando ve ne farò partecipe.