Spettatore piemontese: Num. 15

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Nível 1

N.o 15.

Citação/Lema

. . . . Scribere jussit Amor.

7. Agosto 1786.

Nível 2

Nível 3

Exemplo

Fidelio~i amava appassionatamente Aretilla~i, che non era al suo Amore insensibile. Ma siccome l’amarla fu in Lui Necessità; così non sarebbe stato che Imprudenza il tentar di farla sua Sposa. – Era Aretilla~i figliuola unica di assai Ricco Negoziante, Uomo anzi duro, ed avaro non però incapace di qualche subitaneo impeto di buon Senso quasi per felice Accesso: il quale aveala destinata in Moglie ad un suo già attempato Collega. Rimasta priva di Madre fino dalla più tenera sua Fanciullezza, avea Ella sempre posto particolare Studio nel secondare in ogni cosa il paterno Volere. La Sopraintendenza ai Domestici, la Cura delle Faccende giornaliere, il Libro delle Spese, l’Attenzione alla Cucina, Canova, Guardaroba, Dispensa occupavano nella prematura Zitella quel Tempo, che sogliono dare ai Trastulli le sue Coetanee. In somma avrebbe dovuto il Padre essere contento di lasciare il Governo di sua Casa nelle mani d’una tal Figlia, se non avesse già prefisso tra se di consegnarlo alla Cura di novella Consorte, che intendeva di prendersi. Chepperò parevagli d’aver maestrevolmente ben provvisto ai Vantaggi della Figliuola con eleggerle uno Sposo, il cui Retaggio risarcisse la Diminuzione della paterna Eredità, nel Caso ch’egli (come non dubitava punto) venisse ad aver nuova Prole. – Degna peraltro di grande Compassione era la Sorte di Aretilla~i, obbligata per le paterne Convenienze a rendersi per sempre infelice con un Uomo, alle cui Nozze aver dovea invincibile Avversione. Era Aretilla~i fanciulla tenera, ed avvenente; lo Sposo destinatole era vecchio, sudiccio, schifignoso. Un Cuore ella avea liberale, e gentile; Sordidezza, Viltà, Avarizia era il di lui distintivo Carattere. E dove lo Spirito di Lei era di nobili Cognizioni adorno; la di lui Scienza non estendevasi oltre dell’Abaco. Ma ben più poderose Cagioni ancora sottinfluivano all’Abborrimento d’un così male accozzato Matrimonio! – Fidelio~i – Il sovramenzionato Fidelio~i era Commesso di Negozio al Padre di Aretilla~i: giovin Uomo, che nato a Speme migliore, ed ottenuta conseguente Educazione, con dei rari Talenti fu da non propizia Fortuna confinato (per proccacciarsi il Vitto) ad essere subordinato Scritturale in un Banco di Negoziante. Fosse motivo di Risparmio nel Vecchio, o fosse conosciuta superiore Capacità nel Garzone, questi venne dal Padron richiesto di attendere nelle ore disoccupate a coltivare la Giovinetta Aretilla~i in quei Talenti, che da lui erano posseduti. Il dolce Incarico, che per Dovere aveva incominciato, proseguì Fidelio~i per Affetto! E l’Ingegno della vaga Fanciulla, che ogni girono più disviluppavasi, offeria Attrattive all’Occhio del Giovin Maestro tanto più moventi, quanto goder in certo modo poteva d’avervi parte. La sensibil Gratitudine poi nella tenera Discepola erasi accesa a poco a poco a quel grado di Calore omai, nel quale tempra Amore i suoi Dardi. Che più? divennero senz’avvedersi, quanto più dirsi possa, l’uno dell’altro ardentemente accesi? – Perchè vaneggi, o mia Immaginazione! (dicea un giorno Fidelio~i a se stesso) – Tu voli dietro l’ombra d’una Speranza, di cui non potrai giammai realizzare l’Oggetto! – Supponi ancora che Aretilla t’ami! – Che perciò? – Nè il Padre, che altro non vede che il proprio Interesse, mancherà di beffarsi della Passione dell’uno e dell’altro; nè tu devi rivolgere la Debolezza, che per te nutre Aretilla, nella Disgrazia che seguirebbe alla Disobbedienza paterna! – Tali erano li Soliloquj di Fidelio~i. – Dall’altra parte Aretilla~i immaginava Ragioni da commovere il Padre nell’Indole, nelle Doti, e nell’Opera quasi necessaria di Fidelio~i per l’Esecuzione degli Affari del Negozio. – Proponea perfino di palesargli la Passione che notriva pel Giovine! – e che finalmente non poteva esser felice con altri che con Fidelio~i! – Così andavano vaneggiando i due Amanti, quando il Padre d’Aretilla~i intimò alla Figlia il positivo Comando di disporsi a ricever la mano di Lucrone~i, suo Collega, ed Amico. Rimase attonita la Donzella a sì inaspettata Proposta! Ma, ripigliando tosto il suo Coraggio, gittossi ai piedi del Padre, Perchè (dicendogli con le Lagrime agli occhi) volete discacciarmi, o Padre, dalla Casa vostra? – Io non ti scaccio dalla mia (rispose il Padre volendo sollevarla); e di più ti costituisco Padrona nella Casa del mio Amico. – Ah non sia mai ch’io m’alzi di questo Pavimento (soggiunse ella con veemente passione) se non sospendete la sentenza crudele! – Sì Figlia mia (replicolle freddamente il Padre alzandola pur per forza). Tu avrai tempo tre giorni per digerire la tua fanciullesca Apprensione, mentre sì compie quel, che ancor rimane, dei Preparativi necessarj. – Tre giorni! (ripetette essa tremando, e brancolandosi sovra una Sedia, su cui cadde svenuta). Il Padre, chiamate le Fantesche, lasciò la Figlia alla loro Assistenza: ed affrettossi dove Lucrone~i col Notaro attendevalo ad effetto di distendere il Contratto. - Cominciava appena ad aprir gli occhi Aretilla~i, quando entrò all’ora usata Fidelio~i: il quale colpito dalla Scena, di cui era intieramente ignaro, poco mancò che non isvenisse anch’esso. – Che mai vi accadde, a mia Damigella! (domandolle con voce tremante Fidelio). Non rispose con la bocca Aretilla~i: ma, volgendo in lui le eloquenti Pupille, fece entrare nell’animo dell’Amante tutta l’Energìa del più patetico Discorso. – Mio Padre mi sacrifica fra tre giorni a Lucrone~i! (disse Aretilla~i a Fidelio~i nel più compassionevole tuono come prima le Serve diedero a lei agio di parlare) – Oh Cielo! (esclamò Fidelio~i quasi colpito da improvviso Fulmine) Ora! – Ora sento tutto il Peso della mia Povertà! – Che mi consigliate di fare? (gli domandò Aretilla~i porgendogli teneramente la mano). – Io (tenendo quasi estatico la Mano d’Aretilla~i a’suoi Labbri atteggiato dalla più veemente Passione) – Ah! poichè debbo consigliarvi (diss’egli)! Farò cedere la Passione! – la più accesa Passione alla Ragione! – Io vi consiglio di . . . . . sposarlo! – Io credea che m’amaste! (rispose freddamente Aretilla~i ritirando la sua mano) – Ah più della Luce! più di questi miei Occhi! più senza dubbio di questa mia vita stessa! (soggiunse tosto Fidelio~i con la più espressiva Energìa ritenendo pur la mano di Lei, ed inginocchiatosele davanti). Ed è (vi giuro) la più fatal Prova del mio verace Amore, questo Consiglio che il mio Labbro ha osato di prononciare! – Quale Stato? qual Casa? o quale Asilo ho io da offrire al nostro fuggitivo Amore? – Io, che potrei soffrir tutto, ah non potrei soffrire il minimo de’Patimenti vostri! Ed è però certo, o mia amata Aretilla~i, che gravose Angustie nel principio diventerebbero ancor peggiori nelle dure Conseguenze! – Sì, mia diletta Donzella, non potrebbe l’odio mio tirarvi sopra Male peggiore di quello che necessariamente farebbe il mio funesto Amore! L’Ira d’un Padre severo! – forse la Diseredazione! – I Riflessi ingiuriosi d’un Pubblico maligno! – I Disagi presenti! – L’Anzietà delle Angustie future! . . . . . Mentre Fidelio~i esprimeva queste Cose col più vivo calore ai piedi di Aretilla~i, spalancata in un subito la Porta della Camera, videro il Padre arrestarsi sulla Soglia con occhi fulminanti di Collera. Allato a lui un po’così sul dietro torceva Lucrone~i il brutto Ceffo in una grottesca Maraviglia: ed il Notaro, che avevano seco, innalzava in punta de’piedi le scrignute Spalle, ed allungava il nodoso Collo per adocchiare da tergo. – Son queste, o Scellerato, le Lezioni, che ti richiesi di dare alla mia Figlia? (disse iratamente avanzandosi il Padre d’Aretilla~i a Fidelio~i, che erasi alzato tutto confuso) – Signore! (rispose il Giovine ripigliando quella Franchezza che suole inspirare l’Innocenza) i Termini ingiuriosi, che so di non meritare, affatto non mi muovono! Il Torto poi di chi m’ingiuria avrei imparato in ogn’altro Incontro a reprimere in altra guisa: presso di voi non posso che così (inginocchiandosi) giustificarmi. – Non ho, Signore, che due Cose sole adirvi: L’una, che l’opportunità di trovarmi solo con sola, che voi m’avete non data, ma comandata, mi fece amare vostra amabilissima Figlia più di me stesso. L’altra si è, che nell’atto medesimo, in cui testè m’avete sorpreso, io non facev’altro che persuadere l’afflittissima vostra Figlia ad ubbidirvi per suo e per vostro bene nello Sposo medesimo, che le avete destinato! – Oh! oh! (disse allora Lucrone~i sgarbatamente sogghignando) Mercanzia rifiutata porta considerabile Ribasso! – Gittogli così l’occhio adosso il Padre di Aretilla~i, cui il Motto villano irritò a segno da ispirargli senso migliore sulla Sorte dei due Amanti: e, senza badargli oltre, verso la sua Figlia rivolto, è vero (dissele tranquillamente) quanto asserisce Fidelio~i? – Ah tutto! – tutto è vero! (risposegli Aretilla~i gittandosi anch’essa a’suoi piedi con trasporto). E debbo aggiungere di più,, ch’io non meno amo l’onestissimo Giovine di quello ch’egli ami me stessa: e sposata a tutt’altro che a Lui, non sopraviverò lunga Vittima alla mia Disgrazia! – Sorgete entrambi e lieti Sposi, e miei Figli! (soggiunse allora il commosso Padre teneramente abbracciandoli) Mia Famiglia, cke (sic.) intendeva d’aumentare io stesso forse con intempestive iterate mie Nozze, abbia da voi soli felice Accrescimento! Ed il Notaro quì, e ‘l mio degno Compadre Lucrone~i non saranno quà venuti inutilmente!

Torino presso G. M. Briolo
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