Cita bibliográfica: Gasparo Gozzi (Ed.): "Numero XXVIII", en: Gli Osservatori veneti, Vol.1\28 (1761-05-19), pp. 549-553, editado en: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Ed.): Los "Spectators" en el contexto internacional. Edición digital, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.3589 [consultado el: ].


Nivel 1►

No XXVIII.

A dì 19 maggio 1762.

Cita/Lema► Verbaque provisam rem non invita sequentur.

Horat., De Art. Poet.

Apparecchia la materia, e le parole sponta-
neamente la seguiranno. ◀Cita/Lema

Nivel 2► Parecchi scrittori dicono verità così belle e manifeste, che non si può fare a meno di non prestar loro fede quando le hanno profferite. Appena gli orecchi degli ascoltanti l’hanno ricevute, l’animo vi consente e afferma dicendo: “Egli è vero, costui ha ragione, io non saprei [550] che rispondergli all’incontro.” Seneca principalmente fu uno di quelli ch’ebbero questa nobile qualità di chiudere in poche linee il vero, e di lanciarlo nelle viscere altrui con poche parole. Orazio, Metatextualidad► da cui per ora ho preso il verso soprallegato, ◀Metatextualidad fece anch’egli, il medesimo, specialmente nella sua Arte Poetica, la quale mi pare veramente un anello in cui sieno incastonate infinite pietruzze di una inestimabile preziosità, varie, risplendenti e di mirabile vistosità. In essa ritrovansi le leggi universali di quello che chiamasi con novello vocabolo il buon gusto, cioè del sapore, del garbo e della grazia che debbono avere tutte quelle arti che presero la loro origine dall’imitazione e dal diletto. Con essa alla mano di passo in passo, io tengo per fermo ch’egli si possa fare ogni sorta di osservazioni intorno agli scrittori, e prendendola, come chi dicesse, per isquadra e compasso, misurare tutto il bene e il male che in essi ritrovasi, traendone in tal modo un’infinita utilità per comporre le opere proprie, quando altrui venga la voglia di dettare. Egli è però il vero che i precetti suoi, comecchè contengano nel seno loro la verità, sono da assomigliarsi ad un baccello che comprenda molti granelli i quali, acciocchè giovino, si dee fargli moltiplicare con la coltivazione, inaffiargli e averne grandissima cura. Per esempio, io ho ora fra tutti gli altri suoi versi eletto Metatextualidad► quello che ho citato di sopra; ◀Metatextualidad fo mio conto che l’orecchio altrui sia un orticello, lo pianto e incomincio a coltivarlo, acciocchè spunti, germogli, cresca in fusto, faccia fronde, fiori o baccelli nuovi. Chi non fa a questo modo, la verità contenuta in esse poche parole riesce inutile; e non seminata, s’aggrinza e perisce nella zucca delle sementi senza pro; ed era quel medesimo il non averla ricolta.

Apparecchia la materia, dic’egli, e le parole spontaneamente la seguiranno. Oh! chi gli può negare che non debba essere a questo modo? Il nostro capo è a guisa d’una cassetta dove si ripongono varie robe, e la lingua è la dispensiera di quello che v’è dentro. Quando essa ritrova materia da poterne trar fuori, ella è pronta, spedita, presenta altrui con vivacità, con grazia. Dall’altro canto, s’ella non ritrova che poterne cavare, essendo di sua natura liberale, la vuol dare e dare, e non sapendo che, la dà aria in iscambio di sostanza; a un dipresso come fanno i pappagalli, che cianciano senza saper di che; e talvolta avvedendosi della povertà sua, si vergogna e dà a stento: tanto che tu ne hai o vento, o poco più che nonnulla. Bene! io ne sono già persuaso, dirà alcuno che mi ascolta, e non può soffrire quattro linee più in un ragionamento. Ma questa materia che dee riempiere la cassetta, per somministrare ricchezza alla lingua, come si ha ad apprestare? Qui sta il nodo; ch’egli si vorrebbe nella più giovanile età incominciar a riporre, e a riempiere il cervello e a far masserizia negli anni migliori e più atti a ricevere quello che vi si ripone. In altro modo le masserizie sembrano prese in prestanza; tu le avrai riposte con mal ordine; non ritrovi quello che vuoi quando ti abbisogna; credendo di porre la [551] mano ad una cosa, la metti ad un’altra, ne cavi quello ch’esce a caso, non quel che vorresti e che ti abbisogna; prima d’averne quel che vorresti, metti sossopra la masserizia, tutto riempi di confusione e disordine. All’incontro, se tu avrai incominciato a riporre per tempo, le robe avranno preso il luogo loro, tu n’avrai fatto pratica, vi metti la mano per abitudine, n’esce a tempo quanto desideri; quello che non vuoi, lo lasci; quello che chiedi, ti si presenta da sè, e ogni cosa ti riesce ordinata; nè tu impazzi o fai altrui impazzire col dire: Aspetta, ritorna, adagio, non è questo quel ch’io volea, anzi pure è questo, sì, no; ch’è uno sfinimento di te che dái, e una morte di chi da te riceve. Traggi il velo a questo ragionare, e vedrai che non altrimenti fa chi ragiona di cose imparate di fresco; imperciocchè egli ripete, si svia dal suo cammino, va, ritorna e cammina con tanti e così strani aggiramenti e ravvolgimenti, smarrendosi di qua e arrestandosi colà; finalmente perviene un tratto più a movere la lingua, che a dire quello che volea dire. Per la qual cosa, ridico, egli bisogna insaccare molto prima la materia, chi vuole averla a suo tempo. Che diavol di’tu? risponde uno. Mi negherai tu forse che le donne non sieno le migliori parlatoci del mondo, le più ordinate, e quelle che hanno maggiore energia e più evidenza? E quando hanno esse però riposto materia? quando hanno fatto ricolta di quello che dicono? Oh! tu vuoi pure condurmi a forza all’articolo delle femmine. Ma lodato sia il cielo, chè nè in ciò nè in altro io non ho cagione di dire se non che bene del fatto loro. Vorrestù però dire ch’esse non s’apparecchino fin da’primi anni della loro vita quelle materie delle quali debbono ragionare? che le favellino a caso e pensino improvvisamente a quello che profferiscono? Non lo credere. Io n’ho udite per mia fè a ragionare di quelle che si vedea benissimo ch’aveano la materia del loro ragionamento accumulata nell’animo fin dalla loro prima età. Nè ti maravigliare, dicendo: ciò non può essere perchè non hanno metodo di scuole; chè anzi l’hanno molto bene e molto migliore che i maschi. Imperciocchè esse imparano ogni cosa col mezzo dell’esempio, e con lo star a udire e vedere, e ricogliendo quello che loro piace, senza essere obbligate dalla sferza, nè dalla imperiosa voce del maestro. E però tu n’odi alcuna a dir male con buona grazia delle compagne sue, o ad ampliare con eloquenza la necessità, la varietà e la bellezza delle fogge, di che ella ha udite tutte le circostanze e le particolarità di questi due punti dalla madre sua più volte mentre ch’era bambina, e n’ha fatto conserva nel cuor suo, e ne cava fuori dall’intimo borsellino dell’ingegno il bisogno, e a tempo. Pensi tu che senza avere fatto questo ricco apparecchiamento di materia, la potesse parlare con tanto artifizio e con tanti vaghi colori rettorici, con quanti ella fa? No. Tu udiresti, per esempio, s’ella dice male, un fascio di villanie messe l’una sopra l’altra senza ordine, nelle quali si vedrebbe una malignità d’animo grande, e non altro pensiero fuor quello dell’addentare a diritto ed a torto; non vi si vedrebbe quella signoria e padronanza della persona che favella sopra la materia sua, che la può domare e impastare come vuole. Quante volte avrai tu udito quel modesto proemio del non voler favellare, accompagnato da una modesta verecondia che tinge alla parlatrice il viso, quasi fosse tratta a forza nel ragionamento in cui entra: e con quante galanti espres-[552]sioni non si rende ella il suo uditore affezionato ed attento? Discende poscia a poco a poco, quasi facendosi pregare, alla narrazione di qualche bel fatto, così fornito de’costumi e de’caratteri delle persone delle quali ragiona, che tu non puoi negare che da tali caratteri e costumi non dovesse derivare di necessità il fatto ch’ella ti narra. E se mai avessi bisogno di prove, non ha forse testimoni d’allegarti, o le manca fondo da trarne argomenti, anzi lacci da’quali non potresti uscire? E il tutto veste con tanto calore e dà tale anima a tutto, che non parla, ma dipinge. Sa quando è il tempo da ragionare più fredda, quando da riscaldarsi. Giunta a certi punti del suo ragionamento, quando le pare d’aver infiammati gli animi de’circostanti, esce in repentine esclamazioni, s’intenerisce, infuria. Diresti ch’ella è divenuta uno specchio, che s’aggira intorno e ti presenta al vivo tutt’i più intrinsechi pensieri di colui o di colei della quale ragiona; e se mai le sembra che l’uditore si annoi qualche poco, ricorre all’urbanità e alla sferza delle facezie, che non sono inutili, nè fuori del caso suo; ma si riversano sempre sulla persona di cui favella.

In fine chiude il suo ragionamento in un modo che non si usa nella eloquenza de’maschi; perchè avendo ella introdotto l’entusiasmo nei circostanti, e tutti avendogli commossi, non è già ella sola che faccia la perorazione; ma diventa in sul finire quasi l’intonatrice di un coro, viene assecondata dalle voci di tutti gli uditori che aiutano il suo termine, tirati tutti dalla forza di lei nella stessa eloquenza. Non avrebb’ella potuto giammai seguire così bell’ordine senza interruzione veruna, se non avesse fin da’suoi più teneri anni notato con diligenza i costumi altrui, riposti nella sua memoria più fatti, e con essi formata la facilità del confrontare le cose passate con le presenti, e far conghietture intorno alle cose occulte ed anche intorno alle avvenire. Quello ch’io dico dell’argomento del dir male d’altrui, sì l’affermo io di tutti gli altri adoperati dal gentilissimo sesso delle donne: e s’io avessi più lungo tempo, mi darebbe l’animo di esaminargli a uno a uno, e di mostrare che hanno apparecchiata già da lungo tempo prima la materia de’loro ragionamenti. Ma quello ch’io non fo per ora, sì lo possono fare molti più penetrativi ingegni del mio, e ricercare con la loro diligenza quello ch’io per ora non posso. Si potrebbe esaminare la loro eloquenza principalmente in materia d’amore, nella quale, con tutto che i maschi vadano a studiare le scienze, possono dire che eglino hanno la lingua mozza appetto di quelle; e ben se n’avveggono quando sono confrontati a ragionare con esse. E se mai ci fossero alcuni pochi maschi superiori a loro in questo genere di eloquenza, saranno di quelli i quali non avranno fatto altro studio a’giorni loro, e avranno raccolta materia fin da’primi anni; non di quelli che tocchi all’improvviso dalla passione, si trovano impacciati a spiegare i loro sentimenti. La qual cosa tanto più fa prova a favore del mio presente argomento.

Chi volesse a passo a passo seguire con la mente il filo di così fatta ricerca, farebbe il più grato e più piacevole studio che fosse ancora stato fatto giammai. Imperciocchè egli potrebbe mettersi dinanzi agli occhi, per istudiarvi dentro, due persone, l’una che avesse corteggiato le femmine fin da’primi anni dell’età sua, e l’altra che per caso fosse stata presa al laccio di fresco dopo di essersi occupata per tutta la sua [553] passata età in altre faccende. Io concedo ancora che il grado della passione fosse maggiore in quest’ultima, che nella prima: e pure si sa che la passione è uno degli ordigni più atti a comunicare mobilità alla lingua. Che ne avverrebbe perciò? Io son certo che il primo già avvezzo per lungo tempo agli artifizi, alle quistioncelle, alle gelosie, al rappacificarsi, al quistionare di nuovo, sarà in mille doppi più eloquente di quest’ultimo, il quale per la novità della materia sfogherà la sua passione in belle guardature, in passi più garbati che può, talora in ispremere qualche lagrima dagli occhi, e se vorrà parlare gli mancheranno le parole, come colui che non è stato alla scuola per tempo, e non avrà fatto incetta di materia sufficiente e in guisa abbondante, che gli somministri vocaboli da profferire.

Metatextualidad► Io so bene che alcuni immaginano fra sè ch’io sia per addurre di ciò qualche esempio; ma non occorre che io lo adduca. Ognuno che vive al mondo, se ha occhi, avrà potuto conoscere e vedere che dico il vero, e forse potrà in sè medesimo comprendere che non è menzogna quanto affermo; e vedrà quanta diversità passa fra l’uomo accostumato nelle cose, e un altro a cui le riescono affatto nuove. ◀Metatextualidad

Nivel 3► Carta/Carta al director► Signor Osservatore.

Perchè avete cominciato a darci la Vera Storia di Luciano, e poi non proseguite? Ditemi almeno la ragione, e sono tutto vostro

N.N. ◀Carta/Carta al director ◀Nivel 3

Nivel 3► Carta/Carta al director► Signor N.N. stimatissimo.

Perchè chiedete voi la Vera Storia di Luciano, se altri molti m’hanno pregato di non proseguire? Cerco d’appagare quanto posso ognuno, ma scrivendo al pubblico, conviene che m’attenga ora ad una cosa e ora ad un’altra. Abbiate pazienza. ◀Carta/Carta al director ◀Nivel 3 ◀Nivel 2 ◀Nivel 1