Citazione bibliografica: Antonio Piazza (Ed.): "Num. 90", in: Gazzetta urbana veneta, Vol.4\090 (1790), pp. 717-724, edito in: Ertler, Klaus-Dieter / Dickhaut, Kirsten / Fuchs, Alexandra (Ed.): Gli "Spectators" nel contesto internazionale. Edizione digitale, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.2653 [consultato il: ].


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Num. 90.

Mercordì 10. Novembre 1790.

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Il pranzo di 207.

Questo è il terz’anno, che una numerosissima Compagnia, la quale s’è accresciuta di volta in volta offre un giocondo spettacolo nella sua riduzione a questa Osteria al segno della Luna. Ogni socio di essa contribuisce soldi dieci alla settimana, il suo capo s’incarica delle provvigioni di buone qualità, e al più discreto prezzo, li fa mangiare abbondantemente e bene, e portar via un tondo di peltro nuovo per testa con quanto loro avanza di dilicato, o di dolce; uno scudo dalla Croce, ossia l’equivalente di L. 12: 8 in altra moneta; sicchè ognuno và a casa con roba e bezzi, ed a pancia piena. Dividonsi le partite in tavole di dieci in dieci, ch’eleggono il loro capo per la prontezza e regolarità del servizio, ed hanno oltre la moltiplice varietà delle vivande, tutti i frutti della stagione, vino di cipro, rosolio, caffè, e pezzi gelati. Non manca tra gli articoli della festosa instituzione quello di spirituale sovvenimento per cui celebrar fanno alcune Messe. Ognuno portar deve il suo tovagliolino, e la sua posata.

Le tavole erano apparecchiate nella sala, e nelle camere contigue della predetta Osteria. Si ammirò il buon ordine da cui risultò il generale contentamento, e l’unione di 207 persone al pranzo seguito Domenica prossima scorsa interessò la curiosità, e piacque a molti che la videro.

Se l’esempio influisce in simili società, con una contribuzione maggiore, tanti e tanti senza incomodarsi si comporrebbero dentro l’anno un giorno di vita allegra in cui dopo aver goduto pagar potrebbero qualche debito, o una rata d’affitto, o supplire a qualch’altro bisogno.

Virtù e prezzo delle Pillole Balsamiche Astringenti che si vendono alla Spezieria in Campo a S. Marina, ed ora s’avvisano per ommissione corsa nel precedente foglio.

“Esse guariscono dal Miasma Venereo, e da qualunque fluore bianco, rimettendo gli organi nella loro attività naturale, ed asciugando ogni abitato stillicidio.

Vendonsi colla loro Ricetta a lire sei alla scatola.”

Metatestualità► Un’altra Lettera dell’Uomo disgustato del Mondo ci è venuta dalla sua campagna ove tranquillamente egli dice di vivere, e lusingasi che non s’ab-[718]bia mai a verificare col tempo il nostro presagio della sua noja. Lo desideriamo senza crederlo, e attendiamo dalla sua sincerità il nostro o suo disinganno. ◀Metatestualità

Per irritarsi maggiormente contro degli uomini s’attacca alla gratitudine de’suoi cani che lo hanno riveduto con trasporti di gioja, e preferisce il sincero di menar delle loro code, i modulati abbajamenti, e i salti della loro esultanza, a tutte le cerimonie e i complimenti della gente che mangia il suo pane di cui non potendo veder il cuore teme sempre l’insincerità, e la doppiezza. L’instinto degli animali non m’inganna, egli dice; la lingua dell’uomo di rado accordasi col suo animo. Le Fiere istesse sono più riconoscenti di lui, ma perchè si vergogna d’un confronto così umiliante spaccia per favola l’avventura di Androcle schiavo d’un Proconsole d’Africa, che aveva guarito un leone ne’diserti della Numidia; fatto riportato da Dione Cassio.

Metatestualità► Noi sappiamo non essere questo il solo esempio della riconoscenza de’leoni. Altri Storici di sommo credito conservarono delle memorie onorevoli alla loro spezie in casi diversi, tra i quali è meraviglioso il seguente. ◀Metatestualità

Livello 3► Exemplum► “Il Sig. Giorgio Davis, Consolo d’Inghilterra a Napoli, essendosi ritirato a Firenze per garantirsi dalla peste, che faceva di girono in girono orribili stragi in quella Metropoli, ebbe un dì la curiosità d’andar a vedere il serraglio del Gran Duca. V’era in una loggia situata in capo al medesimo, un leone che da tre anni non si aveva mai potuto addomesticare. Appena comparve il Signor Davis, questo animale gli corse incontro con tutti i segni di trasporti e di gioja, che da esso potevasi esprimere. Si alzò sulle zampe, ed a traverso i cancelli della sua loggia leccogli le mani. La Guardia spaventata dalla temerità del Console, lo tirò per un braccio, e lo pregò di non azzardar la sua vita; ma ben lontano dall’arrendersi alle sue rimostranze, egli aprì la loggia, e andò dentro. Tosto che vi fù, il leone drizzossi, gli mise le zampe sulle spalle, gli leccò il viso, poi correndo quà, e là, e saltellando di gioja pareva un cane che riveduto avesse il suo padrone dopo molti giorni d’absenza. Finalmente si separarono dopo essersi abbracciati con molta cordialità. Il grido di questo avvenimento si sparse rapidamente per tutta la Città, e mancò poco che il Console non fosse creduto un Santo. Pervenuto anche all’orecchio del Gran Duca, mandò a chiamare il Signor Davis, ed ecco ciò che questo gli raccontò.

Un Capitano di Vascello, che ritornava dalla Barbaria, mi fece dono di questo Leone, ch’era allora molto giovine. Io lo addomesticai a segno, che lo faceva venire nella mia sala da tavola a mangiare, allorchè invitava gli amici miei. Quand’egli ebbe cinque anni, ferì uno de’miei domestici, che giuocava con lui; per ciò ordinai di ammazzarlo: ma un amico mio si oppose al comando pregandomi di donarglielo. Non ho più da allora in poi saputo nulla di esso.

Sorpreso il Principe gli narrò che l’aveva avuto appunto dalla persona medesima che da lui l’ebbe in regalo.” ◀Exemplum ◀Livello 3

Riferendo questa sorprendente avventura a favore della sensibile riconoscenza d’una Fiera, non è nostra intenzione di secondare il tetro umor dell’incognito, che colla lanterna di Diogene và cercando il mal morale per ispargere l’odio suo contro di tutta la razza umana, e si fa servire le pregevoli qualità delle bestie per conculcare la ragionevole, ch’è il capo d’Opera della Divina Sapienza. Ogni medaglia ha il suo dritto ed io suo rovescio come l’avevano quelle de’Ce-[719]sari. Chi s’arresta a’soli difetti, e volta carta alle partite della virtù trova ogni Libro da lacerare. Come la perfezione non è della nostra natura, così chi ci esamina cinicamente troverà sempre da censurare, e da mordere. L’uomo saggio, il discreto filosofo non confonde in un individuo il bene col male, compatisce le mancanze, e loda i meriti: non condanna dalle apparenze: ha dell’indulgenza per i temperamenti, e non avvilisce nè calpesta i suoi simili per i vizj da’quali tutti non sono infetti. Se ci mettiamo in sospetto contro d’ognuno non si troverà più chi sia degno di fede, e il timor di fare degl’ingrati, o di premiare il vizio nascosto arresterebbe il circolo delle umane beneficenze sì necessarie alla indigenza ed onorevoli all’anime compassionevoli.

Se i libri co’quali se la passa nella sua solitudine il nostro Anonimo non son opere di arrabbiati Misantropi, gl’insegneranno certamente a trattare i suoi prossimi con fraterna benevolenza, ad avere del compatimento per i loro difetti, e una giusta estimazione per le loro virtù. Si può accordare nella scala di gradazione, che passa dal più vile insetto all’uomo, quel sentimento, quella intelligenza, quella sensibilità, quell’affetto, che nelle varie loro spezie mostrano alcuni animali, ma non si deve farle valere per sottoporgli il loro ragionevole dominatore, nè i vizj d’alcuni hanno a deturpare tutto il genere umano per renderlo oggetto d’una generale censura. Sinchè durerà nel nostro Incognito il tristo genio di prendersela contro di tutti troverà in noi un costantissimo oppositore.

Livello 3► Exemplum► “Il Lord, Capo della Giustizia d’Holt, vide un giorno condurre al suo tribunale uno sciagurato accusato d’assassino di strada: il delitto fu provato, ed egli lo condannò alla morte. Interrogandolo lo riconobbe per uno de’suoi compagni di studio; e non potè trattenersi dal chiedergli notizie d’alcuni de’suoi antichi condiscepoli, co’quali era egli stato in amicizia più stretto. Che fan, gli dimandò egli, Thom, William, John ec. ch’erano sì buoni compagni, e co’quali io . . . .

“Ah Mylord! rispose il reo traendo un profondo sospiro, son tutti appiccati, fuori che voi e me.” ◀Exemplum ◀Livello 3

Metatestualità► Un avvenimento quasi simile de’passati giorni fece servire d’introduzione al suo racconto il narrato aneddoto. ◀Metatestualità

Livello 3► Exemplum► Un uovo pieno di spirito sempre mal impiegato, che mai non volle farsi conoscer nobile nelle sue azioni, o nel contegno; d’anima la più bassa e plebea, che trovar si possa tra la feccia del volgo; disonore e tormento della sua illustre Famiglia; che mai non seppe adattarsi all’educazione, e agli varj stati di vita civile da essa destinatigli; che sdegnando costantemente la compagnia delle oneste e ben nate persone non si legò mai co’vincoli della confidenza che a’dissoluti e malvagj, o per il meno male col basso popolo; dopo aver fatto di tutto, viaggiato la metà del Mondo passando dagli agj delle ricchezze agli stenti della miseria, e dallo splendore delle Corti agli orrori delle prigioni, menando una vita che parrebbe un Romanzo se fosse a stampa, si ridusse a fare il ciarlatano. Era non ha molto in una Città poco lontana da questa Capitale, che dall’altro d’un banco stendeva la rete da uccellare merlotti con una rettorica ed una franchezza da gran professore consumato nell’arte d’infinocchiare gli sciocchi.

Lo conobbe, quantunque da molti anni non lo avesse veduto, un amico suo di Collegio, ed attese che sceso egli fosse dalla sua Cattedra di menzogne per interrogarlo se fosse egli veramente, o s’ingannasse nel crederlo. Son io colui gli rispose, e mi son meravigliato quando sulle galere di . . . . dalle quali sono scappato, ho trovato il mio Maestro di . . . nella Città di . . . [720] di quello che fate voi vedendomi un onorato ciarlatano, che sparge secreti a benefizio de’Popoli. Chiesegli in appresso questo attonito Signore dove fossero quegli altri loro colleghi di studio, e comuni amici, co’quali era egli andato a girare il Mondo. L’uno, udì rispondersi a sangue freddo, e con una spezie di compiacenza maligna, fu decapitato a . . . . l’altro è condannato in vita nelle carceri di . . . il terzo si esercitò così bene nell’uffizio di birro, ch’è divenuto bargello a . . . . . l’ultimo soggiacque alla frusta per la sua validità nel fare il mezzano a . . . e non sò poi più nulla di lui. Sicchè alla marca de’castighi pubblici non manca che voi, quando però vi siate sottratto sinora.

Inorridì l’uomo dabbene all’indegno scherzo, e stimando inutile una correzione all’empio che spargeva il ridicolo sulla depravazione de’costumi di quattro Giovani onesti da lui sedotti, su’delitti da loro commessi, e sulle pene che meritarono, gli voltò le spalle mandandolo alla forca da lui meritata. ◀Exemplum ◀Livello 3

Livello 3► Lettera/Lettera al direttore► A Venezia al Sig. Gazzettiere urbano.

Brescia 7. Novembre 1790.

Favorirete dar notizia al Gazzettiere della Gazzetta universale di Firenze, che le Piramidi d’Egitto sono andate a Costantinopoli a far una visita al Gran Signore spinte dal grande desiderio di vedere anche tutte le donne del suo Serraglio. Oh direte che sciocchezza mi scrivete da dare a quel povero galantuomo! Niente Signore, egli lo crederà senza fatica, avendo annunziato al Num. 88. della sua Gazzetta in data di Milano dei 27. Ottobre: che il Corpo d’Armata comandata dal Principe di Potemkin abbia già battuto un grosso Corpo di Prussiani, e che siasi già fortificato nel Territorio del Re di Prussiae: di più si vuole che per tale notizia l’Imperatrice delle Russie abbia fatto cantare il Te Deum collo sparo di mille cannoni.

Egli non sa che il mentovato Principe trovasi nella Bessarabie a 6. o 700. miglia di distanza almeno, e che tutta la Polonia nella sua maggior distanza vi si frappone. Ma mi risponderete ch’egli non sa la Geografia. Alla buon ora se avessi saputo questo non vi avrei incomodato con la presente. Scrivetegli adunque che non prenda più lucciole per lanterne. Vivete felice, e sono. ◀Lettera/Lettera al direttore ◀Livello 3

Livello 3► A Noi.

Brescia 7 Nov. 1790.

“Siamo col dolor di veder partire a momenti questo nostro amabilissimo Rappresentante Eccellentiss. Albrizzi carico di vera gloria. Ogn’ordine di persone non ha che a lodarsi del Ecc. Sua per le rare sue doti, che hanno fatto rimaner contenta tutta questa popolazione. L’affar poscia delle strade pubbliche restaurate mercè dello stesso Eccellentiss. Rapresentante, e con grandissima sua spesa, eternerà la sua memoria anche ai posteri. Non è da porsi in dimenticanza li dovuti elogj alla persona dell’Illustriss. Signor Carlo Tenente Alessandri de’Fanti Italiani ajutante dell’Eccellenza Sua, quale si è captivato colle dolci sue maniere, e disinteresse l’amore di tutta la città, e territorio, e così accolga il tributo, che viene dettato da vera giustizia e verità.

A’giorni scorsi fu trattata l’Eccellenza Sua colla Dama Zenobio di lui Consorte unitamente al Nostro . . . . . . . . . . . . . . . . . dalla Nobil Famiglia Fenaroli fu del Nob. Sig. Conte Bortolo in quella loro deliziosa Villa di Erbusco dove si trattenne per alcuni gironi la Nobile comitiva lautamente trattata da quei Nobili Signori conti Fratelli; e con tutta la stima [721] passo a segnarmi esibendomi ad ogni suo comando.”

N. N.

P. S. “Il giorno 5. corrente per sedare le dissensioni che vi erano in Rovato quadra delle principali di questo Territorio, si è degnata l’Eccellenza Sua intervenir personalmente a quel Cons., e da padre amoroso parlò a’vecchi, e nuovi originari esortandoli alla quiete, e a non disunirsi in due partiti causa di tanti torbidi e dispendj inutili di detta Comunità, e però si spera, che si uniformeranno ai desiderj di un sì ottimo Padre.” ◀Lettera/Lettera al direttore ◀Livello 3

Metatestualità► La nostra dichiarazione sul merito de’Nobili Provisori della Città di Brescia, ha infervorato il zelo di que’che ci tengono informati della loro vigile ed utile amministrazione, ad iscriverci in quest’ordinario due lettere delle quali riportiamo l’essenza ne’seguenti estratti. ◀Metatestualità

3. Novembre.

“Visitate le Beccherie si trovò in mostra da un beccajo della carne proibita dalla Legge. Il delinquente in vece di sottomettersi usar voleva delle violenze, e giunse sino a delle minaccie contro del Nobile benemerito Provvisore, che soprantendeva a quella visita. Fu egli legato da’birri, e condotto nelle prigioni soggetto alla Giustizia dell’Eccellentissimo nostro Rappresentante, ed alla giusta soddisfazione dell’offeso Soggetto.

5. Detto.

Il Nobile Signor Provvisore Alessandro Vulosi instancabile a favore de’poveri Venerdì mattina di buonissima ora si portò alle Pescherie per invigilare su’generi di que’venditori. Si ritrovò da uno d’essi delle rane non iscorticate come vuole la Legge, onde fatte portar via si dispensarono parte alli RR. PP. Del Corpus Domini, parte alli RR. PP. Mendicanti di San Giuseppe.

7. Detto.

Domenica mattina di bel nuovo si sono trovati rei li fornaj caduti pria già in pena. Il prenominato Nobile Provvisore ne diede parte al nostro benemerito Eccellentissimo Rappresentante Padre de’poveri, rimettendo il castigo alla sua retta giustizia.

Vedonsi intorno delle banderuole di carta colle arme delle due rispettabili Nobili Famiglie de’Provvisori, che son portate da’fanciulli, e da’poveri avanti, intorno, e dietro d’essi quanto vanno in visita, come segni di trionfo della loro lodatissima umanità.”

Noi non considereremo mai come inezie da escludere ciò che a parte a parte fa evidentemente conoscere la fermezza dell’animo nell’amor del giusto, nella protezione effettiva de’miseri sì spesso abbandonati alla rapacità de’venditori de’generi i più necessarj alla vita; e ciò che finalmente può essere d’utile esempio ad un’inescusabile indolenza, e di spavento agl’ingordi divoratori de’poverelli.

[722] Rallegrandosi de’progressi della Nazione Alemanna nel Teatro Comico, ch’è giunta ad avere degli Autori da farsi tradurre da’Francesi, e dagl’Italiani, un Individuo della medesima ci somministra un nuovo Saggio del moderno suo gusto nella Poesia Lirica, colla seguente

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Canzone pastorale
Di Cronegk. A clori.

Traduzione dall’Alemanno.

Ingrata Clori addio; men vo fuggendo

Entro l’orror de’solitarj boschi

La mestizia a cercar; vivi felice:

Per te fo voti ancora;

E l’ultima di pianto amara stilla,

Che restera sulla gelata guancia

Del moribondo amante tuo fedele,

Sì, ti benedirà, benchè crudele.

La perdita di me non senti adesso;

Hai folle gioventù che ti circonda,

E seco lei tu dell’amor di Tirsi

Obblii la tenerezza.

Un giorno alfin verrà (Clori io nol bramo)

Ma oh Dio! verrà quel giorno, in cui tu stessa

E del disprezzo e del rigor ti adiri,

E la mia vita, e l’amor mio sospiri.

Deh tu perdona a un orgoglioso senso

Figlio però del ver: non manda il Cielo,

Spesso non manda ad abitar la terra

Anime così fide,

E tenere così, come la mia.

Così sensibil core e passionato

È caro al mondo: e tu con tant’orgoglio

Mentr’io l’offria, protesti dir nol voglio?

Quando quest’alma da’suoi lacci sciolta

Di nuovo verso il Ciel spiegherà il volo;

Tu punta d’un secreto pentimento

In questa cheta valle,

Clori, verrai; tu andrai chiedendo intorno

Agl’innocenti abitator campestri

[723] Di me novella, e adrai dicendo: in queste

Erme sponde, o pastor, Tirsi vedeste?

E d’essi alcun risponderà pietoso:

Dianzi il vedemmo errar pensoso e tacito,

E ricoperto di tristezza il volto

Per la romita valle;

Spesso le nostre belle eran seguaci

Di lui coll’occhio, e dicean sospirando:

O felice la ninfa, a cui l’Amore

Destinato ha costui per suo pastore.

Spesso soletto del ruscello in riva

Stavasi a contemplar la mormorante

Onda tranquilla, e spesso alle bell’ombre

Sedea di queste piante;

E quì quando serene eran le notti,

La melodia della soave voce

E della lira i teneri concenti

Sciogliea, legando i cor, fermando i venti.

Or più non stassi del ruscello in riva

A contemplarne l’onda mormorante

Or più non erra per la valle aprica,

Nè più si asside all’ombre;

Nè s’ode più nelle serene notti

La melodia della soave voce,

Nè della lira i teneri concenti.

Che i cor sapean legar, fermare i venti.

Vedi basso colà, vedi quell’ermo

Boschetto? in seno a lui riposa in pace

Il cadavere suo. Colà, si dice,

Che l’ombra sua pur anco

Errando vada; e colà spesso vede

Commosso il passaggier danzando intorno

Delle Ninfe il bel coro, e qualche volta

I canti lor su quella tomba ascolta.

Deh vieni allora, vieni, o Clori ingrata,

A visitar di Tirsi tuo la tomba.

Infelice amator! riposa in pace,

Dirai tu forse, e allora

Qualche sospiro t’uscirà dal seno;

Riposa in pace: ah perchè mia fierezza

A sì tenero cor poteo far guerra.

Misero Tirsi! Or sei fatt’ombra e terra. ◀Livello 3

[724] Teatri.

Furon domenica interrotte le repliche della tragica rappresentazione il Don Gusmano del Sig. Giuseppe Foppa, da lieve incomodo sopraggiunto alla prima donna, per cui ebbe d’uopo d’una cacciata di sangue. Rimessa lunedì in iscena ebbe quest’azione de’nuovi applausi.

Nella stessa sera si replicò per la sesta volta a San Gio: Grisostomo la Commedia tedesca tradotta nella nostra lingua, col titolo sei piatti e nulla più. Il cattivo tempo non le accordò gran concorso, ma dagli spettatori che v’intervennero udita fu con attento silenzio, e applaudita. S’invitò dal Sig. Belloni per una sera di questa settimana ad un’altra Commedia dello stesso Autore alemanno, tradotta in italiano dalla medesima nobile penna, che tradusse la prima intitolata Chi l’avrebbe creduto? Ossia il Cugino di Lisbona.

Quando vediamo riprodotte sulle nostre scene, le belle vecchie Commedie dell’impareggiabil Goldoni, conosciamo la loro decisa superiorità su quelle dell’attuale Teatro de’tedeschi sì per le quattro unità prescritte dalle Leggi della Poesia Comica di tempo, luogo, azione, e caratteri, che per la famigliarità imitatrice della natura, e per quel ben maneggiato ridicolo che tocca particolarmente i nostri costumi. Ma quando tra moderni e moderni, parlando sempre di Commedie, e non delle solite Rappresentazioni sotto il cui nome hanno franchigia tutte le meravigliose stravaganze che stordiscono il Popolo, si viene a un confronto, troviamo più interesse, più genio, più novità nel Teatro Tedesco che nel nostro. L’abbiamo veduto nel Pittore Naturalista, nell’Avviso a’Maritati, ne’sei Piatti e nulla più, e forse il vedremo anche nel Cugino di Lisbona, tutte produzioni dell’Autore medesimo, che si trova in Amburgo al servizio d’una Compagnia, che lo paga bene, e mette a traffico i suoi talenti per le comiche scene dopo aver sofferto un giro di vicende sublimi. E tanto più ammirar si deve il suo ingegno quando riflettasi, che le sue composizioni devonsi necessariamente assoggettarle a mutilazioni, a cangiamenti, a riforme accessorie, non meno per aver licenza di recitarle tra noi, che per ispogliarle di ciò ch’è proprio del genio della sua Nazione ed urterebbe troppo quel della nostra. Ad onta del discapito che soffrir devono gli Originali da tali indispensabili arbitrj, tanto lor resta da empire per più sere i nostri Teatri, da riscuotere applausi, e dar far dire a chi se ne intende: Che se hanno de’gran difetti han anche delle grandi bellezze, e che si stà meglio in Germania che in Italia di Poeti Comici. Potesse almeno questa verità umiliante scuotere la pigrizia di cert’ingegni, che sforzandosi in gara di dare un successore al Goldoni giungerebbero forse a rimettere sulle nostre scene in qualche credito la vera Commedia sopraffatta dal fasto, e dagli ornamenti de’Drammi tragici, delle Tragicommedie, delle Rappresentazioni ec. ec. ed abbandonata senza trovar una dotta mano che la sollevi dalla sua caduta dopo che le manca l’appoggio del suo benemerito ristauratore.

Commedie per questa sera.

A San Luca.

Le Stravaganze degli ‘Amanti Com. di Carattere.

A S. Gio: Grisostomo.

Clementina, e Dalmanzi Com. di Carattere.

A Sant’Angiolo.

Bianca, e Guiscardo Rap. tragica.

Morti.

N. H. s. Zuanne Soranzo della Parrocchia di S. Moisè d’anni 82.

S. E. N. D. Antonia Foscolo fu di s. Marco. ◀Livello 2 ◀Livello 1